La speranza muore solo quando ci lasciamo sconfiggere 

"La pace parte da noi" - le vostre riflessioni 1

L’orgoglio di far progredire la pace nel mondo 

Ogni giovane incarna la speranza di un futuro migliore

80 anni dai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki

La pace parte dall'ascolto di ogni bambina e bambino

Giovani studenti bahá'í in visita al Centro culturale di Roma

Il quaderno di Hiroshima

Con te

Il maestro Ikeda ha dedicato pagine e pagine di incoraggiamenti ai ragazzi e ragazze più giovani, i membri del Gruppo futuro. Si approcciava a loro sempre con grande rispetto, come se stesse parlando a dei giovani leader, perché credeva profondamente che avrebbero aperto le porte a un’epoca di pace e speranza in tutto il mondo. In questo incoraggiamento, tratto dal mensile della Soka Gakkai Boys and Girls News del 1° febbraio 2015, il maestro Ikeda parla di Nelson Mandela, raccontando della sua vita e incoraggiando a non arrendersi mai e a creare la speranza partendo dalle circostanze attuali, senza farsi mai sconfiggere o indietreggiare nella lotta per la pace e la giustizia&nbsp;



Forse alcuni di voi, all'inizio dell'anno, si sono entusiasticamente posti degli obiettivi, che però ora faticano a perseguire fino in fondo. Qualunque sforzo facciate verso il raggiungimento dei vostri obiettivi, anche solo per pochi giorni, è prova del vostro progresso. Quindi non scoraggiatevi, ma riprovateci da oggi: senza mai mollare e sempre rilanciando, svilupperete una grande forza interiore. Le persone davvero forti sono quelle che, nonostante le numerose cadute, si rialzano sempre e vanno avanti. L'ex presidente del Sudafrica Nelson Mandela (1918-2013), che stimo e ammiro profondamente, ha saputo dimostrare la sua vera forza come essere umano. Da molti anni nel suo paese era in vigore una legge ingiusta, che stabiliva la superiorità dei bianchi rispetto ai neri. Mandela fin dalla gioventù guidò la lotta per rendere il suo paese una "nazione arcobaleno", in cui tutte le persone fossero apprezzate come tesori e potessero vivere coltivando i propri sogni e obiettivi. A causa di ciò subì ripetuti maltrattamenti e alla fine fu imprigionato, ma non si lasciò sconfiggere in nessun modo. Dopo molti anni, riuscì a riappropriarsi della libertà, divenne il primo presidente nero del Sudafrica e realizzò il suo sogno. La maggior parte delle persone pensava che fosse impossibile o incredibilmente difficile eliminare la discriminazione razziale che da decenni esisteva in Sudafrica. Mandela, invece, nel suo cuore aveva determinato che ciò dovesse assolutamente accadere.&nbsp;Le persone che si rifiutano di cedere hanno&nbsp;speranza. E, grazie a tale&nbsp;speranza, continuano a sforzarsi verso i loro obiettivi infondendo&nbsp;speranza&nbsp;anche agli altri. Ho incontrato Mandela due volte e ho dialogato con lui. È morto nel 2013 all'età di novantacinque anni, ma il suo sorriso continua a risplendere luminoso nei nostri cuori. Da allora costruimmo una solida amicizia. Finché siamo in vita c'è&nbsp;speranza. La&nbsp;speranza&nbsp;muore solo quando ci lasciamo sconfiggere. La sofferenza è il trampolino per la crescita. Se sentite di non avere più&nbsp;speranza, createla voi stessi! Trovatela! Mandela affermò: «Dovremmo tutti ricordare che nella vita la gloria più grande non consiste tanto nel non cadere mai a terra, quanto piuttosto nel saperci rialzare ogni volta».



Sono certo che voi, giovani leoni e leonesse della Divisione futuro, condurrete una vita colma di&nbsp;speranza. Nichiren Daishonin ci incoraggia con queste parole: «L'inverno si trasforma sempre in primavera» (RSND, 1, 477). Miei giovani amici e mie giovani amiche, siate il sole della&nbsp;speranza&nbsp;che darà inizio a una futura primavera di pace!&nbsp;



Per leggere l’intero articolo e approfondire la storia di Nelson Mandela potete <a href="https://buddismoesocieta.org/a/il-trionfo-della-speranza?q=forse+alcuni+di+voi+all%27inizio&amp;fields=CONTENT&amp;searchType=EXACT" target="_blank" rel="noreferrer noopener">cliccare qui.</a>



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Ora tocca a voi…



Le parole che il maestro Ikeda rivolge ai membri del Gruppo futuro sono colme di speranza, coraggio e spirito di iniziativa. Che cosa possiamo fare noi in concreto per metterle in pratica nella quotidianità? Di seguito qualche azione quotidiana che possiamo sfidarci a portare avanti in questi giorni di pausa.&nbsp;



<ol class="wp-block-list">
<li>C’è qualcosa che ti appassionava ma che poi per mancanza di tempo, paura di fallire o altro hai lasciato indietro? Riprendiamo questi hobby/passioni con un obiettivo chiaro da portare a termine questo mese di agosto. Ad esempio… un libro che non abbiamo terminato, un disegno, un quadro, una poesia… un allenamento che abbiamo accantonato o un film che volevamo tanto vedere ma non abbiamo trovato il tempo per farlo. Ricominciamo da ora per allenarci ad andare fino in fondo </li>



<li>Accendiamo la speranza: Scrivi un sogno che vorresti realizzare, anche se in questo momento pensi di non riuscire a realizzarlo. Dopo di che, scrivi e metti in pratica una piccola azione quotidiana per realizzarlo partendo dalla domanda: cosa posso fare oggi per realizzare il mio sogno?  </li>



<li>Appunta su un quaderno o sul telefono qualcosa che hai fatto/visto che ti ha dato speranza e coraggio. Inviaci le tue riflessioni e come è andata questa sfida dell’estate! </li>
</ol>



Scrivici a <a href="mailto:nuovo.rinasciment@sgi-italia.org" target="_blank" rel="noreferrer noopener">nuovo.rinasciment@sgi-italia.org</a>

Il maestro Ikeda afferma: «Nessun problema globale può essere risolto se non a partire dalla realtà immediata: per questo le azioni intraprese da ognuno per fare il primo passo sono di importanza cruciale» (BS 103, Proposta di pace 2004 ) 



Questo incoraggiamento del presidente Ikeda è il punto di partenza della nostra pratica buddista e uno spunto di riflessione cruciale in questo periodo storico. Cosa significa, nel quotidiano, che la pace parte da noi? Ve lo abbiamo chiesto, raccogliendo tante riflessioni importanti sul tema della pace, della speranza, del dialogo... di seguito ne trovate alcune da parte di lettori e lettrici de Il Nuovo Rinascimento.



<h4 class="wp-block-heading has-primary-color has-text-color has-link-color">Con coraggio, ma soprattutto con amore</h4>



di Gisella Di Sciullo, Napoli



La pace è un percorso che ogni persona intraprende nel quotidiano attraverso dialoghi, esperienze condivise, gesti e responsabilità. Spesso quando si parla di pace viene subito in mente la guerra e immagini di popoli che combattono tra loro. Ma la pace è molto altro. Il vero conflitto è quello che ognuno nasconde nella sua anima, è da tali conflitti che nascono difficoltà sociali e di convivenza civile. Se per pochi minuti ci soffermiamo ad osservare la nostra immagine possiamo renderci conto della fortuna che abbiamo a essere vivi, smettere di lamentarci, di arrabbiarci con il mondo intorno e iniziare a cercare dentro di noi la causa di tale rabbia. Con la pratica buddista ho capito che solo con amore e solidarietà si riesce a essere più in pace, mostrandosi gioiosi e sereni, compiendo gesti gentili. Nichiren diceva che: «è il cuore che è importante»: per questo ci si deve impegnare a capire cosa fa soffrire una persona e cosa possiamo fare per farla sentire più in pace con se stessa. Penso che qualsiasi conflitto possa essere superato con fede sincera e amore, e per esperienza personale, come mamma che ogni giorno cerca con forte determinazione di sconfiggere ogni male, con coraggio, ma soprattutto con amore. Sì, amore metto nelle mie preghiere al Gohonzon, mentre con i poteri del cuore dipingo un futuro roseo, così immagino un globo intero di persone mano nella mano.



<h4 class="wp-block-heading has-primary-color has-text-color has-link-color">Con la nostra voce</h4>



di Natascia Festa, Napoli



La pace è uno “spazio sacro” che costruiamo dentro di noi, in ogni istante, con la certezza che si riverberi sull’ambiente in base al principio buddista di&nbsp;esho funi. Ognuno può sperimentare quotidianamente quello che diceva Toda: «La fede è una lotta contro i punti morti di ogni singolo individuo e dell’umanità. È una lotta tra le funzioni demoniache e il Budda. Per questo il Buddismo si occupa della vittoria» (Il mondo del Gosho, cap. XIV).&nbsp;



La vittoria non è altro che il bene che si impone con fierezza e ricaccia il male in un angolo: questa tensione attraversa tutte le nostre azioni quotidiane, ad esempio, quando decidiamo di star in silenzio di fronte a una palese ingiustizia o quando al contrario decidiamo di denunciare con la nostra voce, la nostra firma e la nostra faccia, la violazione spudorata delle regole democratiche e dei diritti umani. Costruire la pace per me è un prolungamento della preghiera, è l’azione “pulita” che segue la preghiera, smaschera la dinamica delle funzioni negative e le disinnesca.



<h4 class="wp-block-heading has-primary-color has-text-color has-link-color">Quella radicale trasformazione di noi stessi</h4>



di Vanessa Tonnini, Roma



Si va verso la pratica in cerca perlopiù di pace e felicità, e spesso, ci si ritrova “armati” ad affrontare il peggior nemico, noi stessi. Forse non a tutti capita così, ma questo è il viaggio che sto facendo io.&nbsp;L’incontro con la pratica ha avuto l’effetto immediato di dare il via a un’opera di dismissione e ricostruzione della vita. IlGohonzon ha innescato&nbsp;un ciclone di energia vitale, ma così vitale, che, al suo passaggio, ha travolto muri e impalcature, insomma un gran polverone... A farne le spese mi sembra che per prima sia proprio la casa dell’ego, costruita con tanti sforzi. È crollata la torretta, che declama per noi trame già scritte, quella che per timore solleva il ponte levatoio anche se di nemici all’orizzonte non c’è l’ombra, innesca storie che si ripetono, frequenta gli stessi attaccamenti, e sì, ci vuole pure bene a modo suo, ma per farlo ci imbambola di paure e chiude a due mandate la gabbia. La battaglia è chiara, da una parte l’ego, che ci tiene al riparo, dall’altra la fede, che opera in senso opposto e contrario, ci invita a&nbsp;partire in mare aperto, per&nbsp;fare esperienza di vita e responsabilità, in quel mistero ignoto dove incontrare la nostra vocazione o missione.



Per intraprendere il viaggio della rivoluzione umana serve&nbsp;rigore, sforzo, coraggio, come dice Sensei, perché l’inferno fuori non è nulla in confronto agli ostacoli che albergano in noi.&nbsp;Non si fa esperienza di pace senza aver combattuto prima la battaglia con noi stessi.&nbsp;E di una vera battaglia si tratta.&nbsp;Il linguaggio e le metafore usate nei&nbsp;Sutra&nbsp;e negli altri scritti di Nichiren Daishonin, sono chiari a riguardo, e non lesinano il tono militaresco. La spada affilata della fede, i guerrieri del Sutra del Loto, la battaglia per&nbsp;kosen-rufu, e poi nemici,&nbsp;traditori, e&nbsp;demoni&nbsp;da combattere… È vero che Nichiren scriveva in tempi turbolenti, in un Giappone medievale infestato di guerre civili, epidemie e crisi, e di sicuro usare termini severi era necessario a&nbsp;comunicare urgenza e spirito di resistenza. Eppure, dietro a quegli ammonimenti rigorosi si sente anche la profonda conoscenza dell’animo umano, la compassione per i destinatari di quelle parole alle prese con i guai della vita.&nbsp;



Quello che ho imparato in questi primi anni di pratica buddista&nbsp;&nbsp;è che, dopo ogni piccola o grande battaglia con noi stessi, assistiamo a una trasformazione, una sorta di epifania. Ad accendersi è una luce che si riverbera all’esterno e,&nbsp;quando non è abbastanza forte per illuminare le guerre degli altri, ci permette di non rispondere con le bombe, ma con una calma ferma e chiara che altro non è che una azione di pace.



Spesso chi non conosce il Sutra del Loto pensa che la pratica conduca in un rifugio ascetico al riparo dal male, quando accade l’esatto contrario, la fede ci invita ad abitare il mondo, e ad essere consapevoli, con i piedi ben radicati a terra, in un quotidiano fatto di tempeste, imboscate e illusioni.&nbsp;Ogni giorno si ricomincia, per compiere quella radicale trasformazione di noi stessi che ci permette di uscire in strada e sorridere, umanissimi ma fermi, protetti dalla corazza del coraggio e sostenuti dalla compassione di chi riconosce nel cuore degli altri la stessa battaglia che abita il suo.

Il sole sorge anche oggi. Allo stesso modo noi, recitando Daimoku, anche oggi facciamo sorgere il sole nei nostri cuori. Quando il sole sorge, ogni cosa è illuminata. Facendo splendere luminoso il nostro “sole della vita”, anche oggi preghiamo, ci impegniamo, viviamo fino in fondo e creiamo fortuna nella nostra vita. Questa è la traiettoria che conduce alla felicità suprema.



***



　　 Siete tutti campioni e campionesse del “bene più grande”, che custodiscono nel cuore il sole eterno della Legge mistica. Di conseguenza, riuscirete sicuramente a progredire, sconfiggendo il male e ogni avversità.



***



　　 Raccogli la tua fede, alza la testa con fierezza. Qualunque sia la situazione che stai affrontando, decidi di vincere assolutamente e prega fino in fondo. Questa è l’invincibile “strategia del Sutra del Loto”.



***



　 La Soka Gakkai è l’unica grande e pura organizzazione religiosa direttamente collegata al Daishonin. È la grande forza trainante della pace mondiale. È la grande fonte di salvezza dell'umanità. La fortuna e i benefici di tutti voi che vi impegnate con coraggio perdureranno per l’eternità, e verranno trasmessi alle generazioni future. Non dobbiamo mai dimenticare tutto questo, fonte di grande orgoglio.



***



　　 Non c’è bisogno di invidiare gli altri o di sminuirvi. La cosa importante è far risuonare il Daimoku del ruggito del leone e andare avanti con risolutezza, per voi stessi, per la società, per kosen-rufu. In definitiva, la cosa fondamentale è innalzare il vessillo della vittoria proprio lì, dove vi state sfidando.



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Gli incoraggiamenti del presidente Ikeda sono tratti rispettivamente dai seguenti testi:&nbsp;



<ol class="wp-block-list">
<li>Ikeda Daisaku Zenshu, vol. 87;</li>



<li>Ibidem, vol. 100;</li>



<li>Ibidem, vol. 137;</li>



<li>Dal messaggio di Daisaku Ikeda alla riunione dei rappresentanti di ogni Gruppo, pubblicato sul Seikyo Shimbun del 2 settembre 2007;</li>



<li>Dal messaggio di Daisaku Ikeda alla terza riunione nazionale dei responsabili del Gruppo giovani uomini, pubblicato sul Seikyo Shimbun del 14 luglio 2015;</li>
</ol>

A partire dal 26 gennaio 1983, Daisaku Ikeda ha annualmente inviato alle Nazioni Unite delle Proposte di pace riguardanti temi globali. In questa Proposta di pace, presentata nel 2017, Ikeda affronta in diversi momenti il tema della speranza. Rimarca il ruolo cruciale svolto dai giovani nella realizzazione di una società in grado di non lasciare indietro nessuna persona in difficoltà, una società in grado di realizzare occasioni di crescita ed empowerment ponendo alla base di ogni decisione il rispetto per la dignità umana. Una realtà di questo tipo, per quanto possa sembrare utopica, è invece possibile nel momento in cui ci si concentra nella costruzione di sempre più numerosi legami di amicizia in grado di trascendere qualunque differenza e anzi, farne un elemento di arricchimento e crescita reciproca



Oltre alle armi nucleari, il mondo attuale ha di fronte numerose altre gravi minacce, fra cui il susseguirsi pressoché infinito di conflitti armati e le sofferenze della popolazione rifugiata, in rapida crescita. Tuttavia, io non sono pessimista riguardo al futuro&nbsp;dell'umanità, perché&nbsp;ho fede nei giovani&nbsp;del mondo, ognuno dei quali incarna la speranza e la possibilità di un futuro migliore. […] Quando le persone si uniscono e continuano a fare tutto ciò che è in loro potere per il bene degli altri si può trovare il modo di affrontare anche le difficoltà apparentemente più ingestibili. Shakyamuni aveva un'idea profonda della dignità e della preziosità della vita. Era convinto che tale dignità esistesse in ogni persona e che fosse sempre possibile far emergere le potenzialità inerenti alla vita anche nelle circostanze più ardue. Nella società del suo tempo due erano le correnti di pensiero prevalenti. Una era una sorta di fatalismo secondo il quale il nostro presente e il nostro futuro sono interamente determinati dal karma accumulato nel passato. L'altra sosteneva che tutte le cose sono affidate al caso e che niente nella vita è il risultato di qualche particolare causa o condizione. La visione fatalistica alimentava la rassegnazione, poiché nessuno sforzo personale poteva alterare il destino e dunque l'unica scelta era accettarlo. In pratica&nbsp;privava il cuore umano della speranza. L'altra visione, che non stabiliva alcun collegamento fra le azioni e il loro risultato, toglieva alle persone ogni tipo di autocontrollo, rendendole indifferenti al male che infliggevano agli altri. […] Tutto nella vita, lungi dall'essere determinato in maniera immutabile, può essere trasformato in meglio attraverso le nostre azioni del momento presente. In tal modo il Buddismo insegna che un cambiamento della nostra determinazione interiore nel momento presente può cambiare la realtà attuale della nostra vita (giapp.&nbsp;in, causa), che produrrà risultati futuri (giapp.&nbsp;ka, effetto). Allo stesso tempo sottolinea l'importanza cruciale del "contesto delle condizioni" (giapp.&nbsp;en, relazione), che può plasmare potentemente l'interazione fra causa ed effetto. In altre parole, a seconda del contesto di relazioni che si formano, la stessa causa può dare origine a una vasta gamma di effetti diversi. Secondo questa prospettiva il Buddismo incoraggia un modo di vivere in cui, con profonda&nbsp;fiducia nella dignità e nelle possibilità della vita, stabiliamo&nbsp;relazioni di reciproco incoraggiamento e amicizia con coloro che stanno per perdere ogni speranza. […]&nbsp;Quando i giovani determinano di illuminare l'angolo di mondo in cui abitano adesso, creano uno spazio di sicurezza in cui le persone possono riacquistare la speranza e la forza di vivere. La determinazione di vivere insieme che si riaccende in questo spazio sicuro incarna l'essenza luminosa di una società globale nella quale nessuno sia lasciato indietro, e dà coraggio a coloro che, in altre comunità, affrontano difficoltà simili. I legami di amicizia sono la base che consente di resistere alle correnti dell'incitamento all'odio quando aumentano le tensioni fra i paesi o si aggravano i conflitti fra diverse confessioni religiose. Se immaginiamo i volti dei nostri amici, decisi a non permettere che la società diventi un posto in cui non si sentano accolti, possiamo agire per trasformare il conflitto in coesistenza a partire dal nostro ambiente più prossimo. Noi speriamo di riuscire a far emergere a livello globale una generazione di persone che si dedichino alla pace, che costruiscano ponti di amicizia e interrompano le reazioni a catena dell'odio e della violenza. Una marea crescente di amicizia fra le giovani generazioni non mancherà di trasformare la società. Sono fiducioso che l'amicizia fra i giovani riuscirà a invertire energicamente le torbide correnti dei conflitti e delle divisioni e darà origine a una vivace cultura di pace basata sul profondo rispetto per la diversità. […] Il movimento della SGI, con i giovani al centro, si impegnerà ulteriormente per espandere la solidarietà fra le persone unite dall'intento di realizzare una cultura dei diritti umani. Facendo risuonare una campana di speranza per l'umanità, continueremo a lavorare insieme per la creazione di una società in cui nessuno sia lasciato indietro. (La solidarietà globale dei giovani annuncia l’alba di un’era di speranza, Proposta di pace 2017, Daisaku Ikeda)



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Ora tocca a voi... 



<ol class="wp-block-list">
<li>Invia un messaggio di incoraggiamento a qualcuno/a che pensi stia affrontando un momento di difficoltà  </li>



<li>Scrivi una lettera a te stesso/a da rileggere nei momenti di sconforto, in cui senti di stare per perdere la speranza&nbsp;</li>
</ol>



Questi solo alcuni esempi di ciò che possiamo mettere in pratica durante questa settimana, il periodo estivo e in generale nella nostra quotidianità, a riprova che i piccoli gesti possono portare con sé grandi trasformazioni nell’ambiente in cui ci troviamo in questo momento. Se vuoi condividere con noi le tue esperienze e riflessioni sul tema, scrivici a <a href="mailto:nuovo.rinascimento@sgi-italia.org" target="_blank" rel="noreferrer noopener">nuovo.rinascimento@sgi-italia.org</a>

Siamo giunti a oltre la metà del 2025, un anno in cui ricorrono degli anniversari importanti per i movimenti della società civile che si spendono per un mondo in cui il rispetto della dignità della vita sia rimesso al centro in ogni ambito. In particolar modo, il 6 e il 9 agosto ricorrono 80 anni esatti dall’utilizzo degli ordigni nucleari sulle città di Hiroshima e Nagasaki, in Giappone, come coda ultima della Seconda guerra mondiale. Le conseguenze dei bombardamenti furono devastanti: le esplosioni uccisero rispettivamente 140.000 e 70.000 persone per effetto immediato delle esplosioni, e oltre il 90% degli edifici venne distrutto. Si stima che nei cinque anni successivi, a causa delle radiazioni e di problemi di salute connessi al bombardamento, le vittime innocenti salirono rispettivamente a oltre 200.000 e 140.000. Ma le persone sopravvissute, gli hibakusha, dovettero sopportare per tutta la vita gli effetti devastanti di tali bombardamenti: non solo i gravissimi problemi di salute derivati dalle radiazioni ionizzanti trasmessi anche alle generazioni successive –tanto che oggi si parla di hibakusha di terza e quarta generazione – ma anche lo stigma sociale del pregiudizio, della paura infondata che la vicinanza o il contatto con loro potesse rappresentare una forma di contagio, da qui una difficoltà estrema a rientrare a far parte di una vita sociale normale. Proprio per questo motivo, affinché nessuna e nessuno debba più sopportare gli effetti visibili e invisibili di una tale tragedia, gli hibakusha hanno raccolto uno straordinario coraggio, si sono riuniti in organizzazioni e, in molti casi dopo decenni di silenzio derivanti dalla vergogna o dal peso della loro esperienza personale, hanno deciso di parlare. Sono così diventati i capifila dei movimenti della società civile impegnati nell’ambito del disarmo nucleare, affiancati da una famiglia di hibakusha che è oggi globale a tutti gli effetti, come conseguenza degli oltre 2.000 test nucleari che sono stati condotti in ogni angolo del mondo dalla fine del secondo conflitto mondiale in poi, e che hanno causato danni alla salute, al tessuto sociale e all’ambiente altrettanto importanti. In questo senso, è particolarmente significativo che il Nobel per la Pace 2024 sia stato conferito all’associazione di hibakusha giapponesi Nihon Hidankyo, a testimonianza del loro impegno instancabile, e soprattutto di quanto sia tuttora fondamentale alzare il livello dell’attenzione su una tematica che è più urgente che mai, riportando al centro gli esseri umani. La Soka Gakkai si è sempre battuta per realizzare la visione di un mondo libero da armi nucleari. Il presidente Ikeda nell’epilogo del volume 30 de La nuova rivoluzione umana scrive:



<blockquote class="wp-block-quote">
«Avevo già deciso che volevo pubblicarne l’ultima puntata sul Seikyo Shimbun l’8 settembre, l’anniversario del giorno in cui Josei Toda rilasciò la sua Dichiarazione per l’abolizione delle armi nucleari (nel 1957). Quel giorno segna il punto di partenza delle attività di pace della Soka Gakkai» (NRU, 30, 841)
</blockquote>



Tutte le attività della Soka Gakkai hanno inizio da questo accorato appello del presidente Toda: un appello rivolto all’umanità, e ai giovani in particolare, come per promuovere alternative ai cicli di violenza incentrati sulla sopraffazione dell’altro che si susseguono senza fine. L’impegno su scala globale della Soka Gakkai si basa sulla convinzione che la realizzazione di un’epoca di pace parta dalle storie personali della gente comune – in altre parole dalla nostra rivoluzione umana. Il legame tra la nostra vita e tematiche così ampie, che sembrano lontanissime e appannaggio di pochi decisori politici, è in realtà immediato. Il presidente Ikeda scrive: 



<blockquote class="wp-block-quote">
«Come buddista credo profondamente che nessun individuo possa sperimentare una vera felicità o serenità fino a quando non sarà allontanato dall’umanità lo spettro della guerra. […] Ogni persona ha dentro di sé le cause che possono contribuire all’eliminazione dello squallore e della brutalità della guerra. Quando riflettiamo su tali fattori intrinseci alla nostra vita dovremmo ricordare il ben noto pensiero iscritto nel Preambolo della Costituzione dell’Unesco: “Poiché le guerre hanno origine nelle menti degli esseri umani, è nelle menti degli esseri umani che le parole in difesa della pace devono essere costruite”. Da un punto di vista buddista, il problema di come costruire tali parole in difesa della pace nel cuore di simili individui ha priorità su qualsiasi fattore sistematico esterno alla vita dell’essere umano, e rappresenta sia la sorgente sia il nucleo di ogni tentativo volto a conseguire la pace mondiale»&nbsp;(Proposta di pace 1995)
</blockquote>



Le ricorrenze dei bombardamenti nucleari su Hiroshima e Nagasaki costituiscono per noi cittadini del mondo l’opportunità di ripartire con un nuovo slancio e realizzando la visione dei nostri maestri. Sempre nell’epilogo de La nuova rivoluzione umana prima citato, il presidente Ikeda prosegue dichiarando la missione fondamentale a cui ha dedicato la sua vita: «Per realizzare il desiderio di pace del mio maestro ho viaggiato in tutto il mondo e lavorato a stretto contatto con i membri, così da generare una crescente ondata di umanesimo Soka». Noi, discepoli del presidente Ikeda, siamo protagonisti e protagoniste di questo flusso di persone che può concorrere a realizzare questo sogno, accettando con coraggio questo testimone, e facendo nostra l’eredità delle esperienze personali degli hibakusha, per realizzare finalmente la visione di un mondo libero da armi nucleari.

Ogni bambina e bambino possiede nel proprio cuore un tesoro inestimabile. La purezza di guardare la vita senza pregiudizi, ostacoli, separazioni; la capacità di osservare il mondo con curiosità e apertura. Dai bambini possiamo imparare tanto, a loro appartiene il futuro, quindi possiamo decidere di ascoltarli con curiosità e abbracciare una visione della vita che a volte rischiamo di dimenticare. Per questo motivo abbiamo chiesto ad alcuni bambini e bambine che cosa significa per loro che "la pace parte da noi". Ecco le loro risposte e alcuni dei disegni che ci hanno inviato.



"Per me la pace è trattare sempre bene gli altri". Cecilia, 9 anni



"Per me la pace vuol dire essere gentili". Niccolò, 6 anni



"Per me la pace è una casa felice". Yuka, 5 anni



"Per me la pace sono due carnotauri innamorati". Toshi, 7 anni 



"Per me la pace è fare amicizia". Miwa, 6 anni



<figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/08/WhatsApp-Image-2025-06-30-at-10.30.57-1024x576.jpeg" alt="" class="wp-image-57788" style="width:440px;height:auto"/><figcaption class="wp-element-caption">Artista: Yuka</figcaption></figure>



<figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/08/WhatsApp-Image-2025-06-30-at-10.30.58-1024x576.jpeg" alt="" class="wp-image-57785" style="width:440px"/><figcaption class="wp-element-caption">Artista: Toshi</figcaption></figure>



<figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/08/WhatsApp-Image-2025-07-02-at-16.58.24-1024x576.jpeg" alt="" class="wp-image-57787" style="width:440px"/><figcaption class="wp-element-caption">Artista: Cecilia</figcaption></figure>



<figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/08/WhatsApp-Image-2025-07-02-at-15.54.58-576x1024.jpeg" alt="" class="wp-image-57786" style="width:318px;height:auto"/><figcaption class="wp-element-caption">Artista: Niccolò </figcaption></figure>



<figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/08/Def-Danae-Kaori--1024x735.jpg" alt="" class="wp-image-57796" style="width:440px"/><figcaption class="wp-element-caption">Artista: Danae Kaori </figcaption></figure>



<figure class="wp-block-image size-large is-resized"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/08/DEF-Euridice-Misaki10-anni-e-mezzo-1-edited.jpg" alt="" class="wp-image-57799" style="width:440px"/><figcaption class="wp-element-caption">Artista: Euridice Misaki </figcaption></figure>

Un gruppo di studenti universitari appartenenti alla comunità bahá'í d’Italia, provenienti da diverse città italiane, ha fatto visita al Centro culturale di Roma.



La visita si inserisce nell’ambito di un seminario promosso dall’Istituto per gli Studi sulla Prosperità Globale (ISGP), un’organizzazione educativa e di ricerca fondata dalla comunità bahá'í nel 1999.



L’ISGP promuove in tutto il mondo percorsi di approfondimento per studenti universitari, con l’obiettivo di stimolare una riflessione ampia e interdisciplinare sui temi della pace, della giustizia e della prosperità globale, valorizzando il contributo congiunto della scienza e della religione.



Tra i temi affrontati anche il dialogo interreligioso, ambito che ha reso naturale e ricca la visita al nostro Centro dove, dopo aver presentato loro il Buddismo della Soka Gakkai, si è svolto un momento di scambio sincero e stimolante sui valori condivisi e sulla visione di un mondo fondato sul rispetto della dignità della vita e sull’interconnessione di tutti gli esseri umani.



L’incontro si è concluso esprimendo il desiderio condiviso di proseguire, a partire dal prossimo futuro, nel creare nuove occasioni di dialogo tra giovani con l’obiettivo di generare una rete di amicizia in tutta Italia.

Ti tocca nella profondità della vita e vi si incide in modo indelebile questo breve preziosissimo racconto nel quale il maestro Ikeda sembra aver riversato tutta l’intensità del suo sentire riguardo al tema della bomba atomica. È un libro che ogni discepolo, ogni discepola dovrebbe leggere, perché trasmette in modo vivido l’esperienza indicibile vissuta dalle vittime della bomba atomica - di cui proprio in questi giorni ricorre l’anniversario - e allo stesso tempo il valore assoluto della vita e l’imperativo di lottare per proteggerla eliminando dalla faccia della terra questa minaccia atroce. Il racconto ha inizio con un treno lanciato a tutta velocità attraverso la campagna sotto il caldo sole d’agosto. Mentre il treno viene inghiottito da una galleria dopo l’altra, Kazushiro, il protagonista, ripensa a un caro amico che proprio in quei giorni ha tentato il suicidio. È stata un’idea di suo padre quel viaggio, preoccupato per lui e convinto che una settimana di vacanza presso la zia Yaeko, che vive a Hiroshima, possa alleviare il peso che grava sul cuore del ragazzo.&nbsp;La zia Yaeko è tra i sopravvissuti alla bomba atomica.&nbsp;



Il 6 agosto del 1945, quando il micidiale ordigno venne sganciato sulla città, si trovava a circa un chilometro e mezzo dal luogo dell’esplosione. Un’esperienza terribile di cui aveva continuato a soffrire anche dopo la fine della guerra. “Chiedi alla zia di raccontarti che cosa è successo”, aveva suggerito il padre a Kazushiro. Così ha inizio questo viaggio attraverso la tragedia della bomba atomica accompagnati dalle parole di Sensei, con una semplicità e una forza di testimonianza che si incide nel cuore.



La visita di Hiroshima attraversa il presente di una città inondata di automobili e affollata di persone, solo di tanto in tanto uno squarcio si apre nel tessuto della normalità ricostruita e fa balenare una traccia dell’inferno scatenato al momento dell’esplosione. Dietro quell’apparente benessere, quel tragico istante ha lasciato su ogni cosa un segno indelebile, malgrado siano passati tanti anni. Il quinto giorno Kazushiro visita con la zia il Museo del Memoriale della Pace, dove si conservano materiali che mostrano l’entità dei danni provocati dall’esplosione. All’interno stanno proiettando un documentario con filmati di Hiroshima e Nagasaki.



«Una dopo l’altra, immagini di sopravvissuti balenarono sullo schermo. Una persona ustionata e coperta di vesciche… una seconda, un’altra ancora. Poi, un uomo con bruciature su tutta la schiena. E ancora, una madre colpita in pieno volto dai raggi termici, e neonati che non si sarebbero mossi mai più. A un certo punto apparve una ragazzina. Era in piedi, perfettamente immobile. Aveva un’aria dolce, malgrado fosse rimasta completamente calva. Guardava fisso verso la macchina da presa, e il suo sguardo era stranamente calmo e tranquillo. Che cosa stava provando questa ragazzina che era rimasta esposta alle radiazioni e aveva perso tutti i capelli? Che cos’era successo a sua madre e a suo padre? E che ne era stato di lei dopo la fine del film?&nbsp;Un’altra bambina di sette, forse otto anni giaceva distesa su un letto e si contorceva debolmente fra continui singhiozzi. Un dottore e un’infermiera facevano del loro meglio per curarla. Per un po’ il film proseguì senza audio, poi si iniziò a sentire una voce fuori campo. Disse che la bimba stava mormorando: “Mammina, mammina”. “Ancora oggi”, proseguì, “la sua voce riecheggia nelle orecchie dell’operatore che girò questo film”» (Il quaderno di Hiroshima, pagg. 54-56)



Incalzata dalle domande di Kazushiro la zia prende tempo, procrastinando il suo racconto della tragedia, che tuttavia incombe in ogni riga. Solo l’ultima sera, in tono sommesso, Yaeko comincia a parlare:&nbsp;



«Avevo più o meno la tua età, Kazushiro. Quel giorno... c’era un sole cocente, e il cielo era una lastra blu» (Ibidem, pag. 74).&nbsp;



Così comincia il suo lungo racconto. Yaeko aveva quattordici anni e frequentava il secondo anno delle superiori. La vita allora era segnata in ogni suo aspetto dalla guerra. Oltre agli adulti, anche gli studenti delle medie inferiori e le studentesse delle superiori erano chiamati a dare una mano nelle fabbriche di munizioni o nelle demolizioni di edifici finalizzate a creare barriere di terra contro gli incendi.&nbsp;Il 6 agosto del ‘45 Yaeko si trovava nel sito di demolizione già dalle prime ore del mattino.&nbsp;Le lancette dell’orologio indicavano le 8.00.&nbsp;



«In quel momento qualcuno gridò: “Ehi, c’è un paracadute!” Dove? Yaeko scrutò il cielo. L’istante successivo una luce intensa, centinaia di volte più abbagliante di quella del sole, squarciò la volta celeste.&nbsp;Yaeko cadde al suolo. Un secondo più tardi lei e le altre furono investite da una raffica di vento e da un rombo assordante, che fece tremare la terra. Yaeko si sentì sollevare in aria. Quando riprese conoscenza, si ritrovò avvolta da una tetra penombra. L’aria era permeata da una specie di fumo giallastro, e ovunque regnava un lugubre silenzio. Gli edifici erano completamente distrutti. Nessuna traccia delle sue compagne di classe. Yaeko alzò la testa. In una parte del cielo si stava sinistramente sollevando un’immensa nuvola ondeggiante inondata di luce arancione. Non aveva mai visto nulla di simile. La nube che emetteva quella strana luce diventava sempre più grande.&nbsp;Deve essere successo qualcosa di incredibile, pensò Yaeko.&nbsp;[…] Tutt’intorno si sentivano gemiti e grida. Qua e là, qualcuno cominciava a rimettersi faticosamente in piedi, gli abiti ridotti a brandelli e i capelli ritti in testa.&nbsp;[…] Le rive del fiume erano affollate di gente che vagava alla spasmodica ricerca di una via di fuga. Tutti sporchi e imbrattati di sangue, si aggiravano intorno come fantasmi. Dalle mani e dalle braccia che tenevano protese in avanti pendeva qualcosa. Guardando più da vicino, Yaeko si accorse che era pelle.&nbsp;Un bambino piccolo separato dai genitori strillava terrorizzato. Poi, d’un tratto, crollò a terra e non si rialzò più.&nbsp;Qua e là iniziavano ad attecchire incendi. In un baleno il fuoco cominciò a divampare, guadagnando forza. Le fiamme salivano verso il cielo, producendo faville che turbinavano nell’aria. Le persone rimaste intrappolate in quei vortici divennero presto nere di fuliggine mentre, vacillando, cercavano una via di scampo. Sembrava l’inferno» (Ibidem, pagg. 77-80).



«Yaeko non aveva idea di dove fosse stata o di come fosse arrivata lì. Quando si riscosse capì di trovarsi vicino al ponte Sakae. Era dunque giunta a metà percorso. La riva opposta era avvolta da un mare di fiamme. Innumerevoli corpi carbonizzati e gonfi erano sparsi ovunque, sul ponte e per la strada. Non riuscendo più a sopportare il calore, Yaeko scese nell’area sabbiosa sul ciglio del fiume. Il lido era stipato di persone seminude, perché i loro indumenti erano bruciati. In acqua galleggiavano mucchi di cadaveri. All’improvviso la zona fu investita da una ventata di calore intenso. Di tanto in tanto le raffiche generavano vortici che facevano volare per aria imposte in fiamme e lastre di stagno galvanizzato. Uno di questi turbini urtò contro la superficie dell’acqua, sollevandone una colonna che cominciò a ruotare intorno al proprio asse. Temendo di essere spazzata via, Yaeko afferrò un palo sul limitare del fiume e vi si tenne tenacemente aggrappata, mentre granelli di sabbia e spruzzi d’acqua le sferzavano il volto e le mani. Che cosa era successo a Hiroshima? Dov’erano finite le sue strade verdi e luminose, le cicale che colmavano del loro incessante frinire quella che fino a poco prima era stata una normale giornata estiva?» (Ibidem, pagg. 80-81).



Ecco alcune pagine che descrivono ciò che accadde quel giorno di 80 anni fa, e poi nei giorni, nelle settimane e nei mesi successivi. La disperata ricerca della madre percorrendo le strade affollate di persone in fin di vita, e poi la ricerca del padre, medico, rimasto notte e giorno accanto ai superstiti nel tentativo disperato di curarli, e in seguito lui stesso morto di leucemia. E ancora nei mesi successivi la morte della madre, in seguito alle radiazioni. Il dolore fa seguito al dolore, fino a portare Yaeko all’idea del suicidio…&nbsp;Ed è proprio in quel momento fatale, sospesa su un ponte, che la giovane incontra inaspettatamente il suo amato maestro delle elementari, che la lodava sempre, che la riconosce… “La morte è una scelta facile”, le dice, indovinando ciò che ha nel cuore. Anche lui ha perso la moglie e i due figli a causa della bomba, e le racconta di essere stato sopraffatto a un certo punto dalla disperazione:&nbsp;



«“Poi però, un po’ alla volta, capii qual era la cosa più importante. In qualche modo ero sopravvissuto, e se avessi sprecato la mia vita, quella vita che mi era stata risparmiata, avrebbe voluto dire che era bastata l’esplosione di una sola bomba per sconfiggerci totalmente. Ora più che mai dobbiamo dimostrare il potere dell’umanità. Persino contro un’arma terribile come la bomba A, non dobbiamo crollare, né perdere la speranza: al contrario, dobbiamo far vedere quanto può essere forte lo spirito umano. Io dovevo sopravvivere per mia moglie e i miei figli, dovevo vivere anche la parte di vita che a loro era stata tolta. Fu questa la mia decisione” […] “Credimi, Yaeko, so esattamente come ti senti. Ma non importa quante difficoltà possano nascere nella vita, lo spirito umano può superarle tutte. Il nostro animo è molto, molto più forte di qualsiasi bomba. Abbiamo il dovere di dimostrarlo per riguardo verso coloro che sono morti. Non lo pensi anche tu, Yaeko?”» (Ibidem, p. 106)



Mentre parla il maestro estrae dalla tasca e scrive qualcosa su un piccolo taccuino, poi strappa il foglio e lo porge a Yaeko. Ci sono scritte queste parole:&nbsp;



«“Il destino non decide della nostra felicità, ci dà solo la materia prima con cui operare. I nostri cuori modificano questa materia, usandola a loro piacimento. Per trovare la felicità occorre avere uno spirito indomabile, capace di sopportare qualsiasi avversità”» (ibidem, p. 107)



Nel profondo del cuore di Yaeko balena una luce. Ogni vita umana è unica e preziosa. Una volta compreso ciò, promette a se&nbsp;&nbsp;stessa di far conoscere a quante più persone possibili gli effetti terrificanti della bomba. È questo che l’ha sempre tenuta in vita, e afferma: “Ora io e gli altri superstiti vogliamo che voi giovani proseguiate la nostra missione, costruendo un mondo di pace, libero dalla minaccia delle armi nucleari”. Riflettendo sull’esperienza della zia Yaeko, Kazushiro comprende per la prima volta che dono incalcolabile sia la sua vita e quella di tutti gli altri giovani della sua generazione. E d’un tratto prova un intenso desiderio di rivedere il suo amico che ha tentato di suicidarsi. Chissà come stava in quel momento? “Nakamura non mollare!”, gli grida mentalmente più volte mentre il treno di ritorno verso Tokyo acquista velocità.&nbsp;Nakamura giace ancora ricoverato, impermeabile a qualunque tentativo di incoraggiarlo. Ma quella che inizia con il rientro di Kazushiro è un’altra storia. Non possiamo svelarvi come finisce, ma senz’altro si tratta di una vittoria clamorosa della forza dell’incoraggiamento, in una commovente staffetta di speranza trasmessa da una generazione all’altra. Il maestro Ikeda, in queste pagine finali, scrive:



«Avere un animo pacifico vuol dire non fuggire da se stessi, non cercare di evitare le avversità, e aiutare e incoraggiare chi è in difficoltà. Se tutti facessero questo, non ci sarebbero più guerre» (ibidem, pag. 145).



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Disponibile il video della nuova canzone dei Giovani Gigli bianchi “Con te”!



Lo presentiamo con le parole delle referenti nazionali dei Giovani gigli bianchi:



«Abbiamo desiderato che fosse come una costruzione in cui ogni singolo mattone arrivasse da una diversa regione d’Italia. Non abbiamo messo limite a cosa o come dovevano esprimersi attraverso i video che avrebbero mandato ed è stato incredibile: la quantità e la ricchezza di materiale che è arrivato! Grazie a uno strepitoso staff artistico e non senza sfide vinte a suon di Daimoku e dialogo, è emerso questo video, che riteniamo perfettamente in linea lo spirito delle donne italiane cha fanno parte dei Giovani gigli bianchi, ambasciatrici del cuore di Sensei nel mondo! Siamo felici di donarlo a tutte, col desiderio che irrompa anche nei vostri cuori»