La forza della Speranza

Con la musica voglio trasmettere gioia

iNRassegna - puntata del 13 giugno 2025

Apriamo le porte dell'amicizia con un grande cuore e un grande sorriso

La nostra mente: alleata o nemica?

La forza della Speranza edito da Esperia è un saggio pubblicato in forma di dialogo tra Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale, e il premio Nobel per la pace argentino Adolfo Pérez Esquivel. Il dialogo affronta temi quali la solidarietà, la saggezza dei popoli e delle donne, la resistenza ai totalitarismi, la ricerca di un’azione efficace e la valorizzazione delle diverse culture, con lo scopo di trovare una via per la pace. Gli autori, per mezzo della parola e degli esempi di vita, cercano di trasmettere ai giovani il valore dell’impegno energico e appassionato per la pace, la speranza e la giustizia per i loro popoli e per tutti i popoli della Terra. Nonostante essi siano cresciuti agli antipodi del mondo e hanno abbracciato diverse religioni, Buddismo e Cristianesimo, sono uniti dal desiderio profondo di lavorare per la pace. Nella prefazione al libro, Daisaku Ikeda usa queste parole per descrivere il loro legame:



<blockquote class="wp-block-quote">
«Le amicizie vere non scoloriscono con il trascorrere del tempo; piuttosto, gli anni fanno risaltare e amplificano la loro lucentezza. Così è stato per il legame di amicizia che ho potuto stringere con il dottor Pérez Esquivel, con cui ho condiviso una saggia e valorosa consapevolezza dei diritti umani nel mondo contemporaneo» (La forza della speranza, p. VII)
</blockquote>



E in risposta Esquivel afferma:



<blockquote class="wp-block-quote">
«Il Giappone, l’Argentina e l’America Latina sono geograficamente distanti, con una grande diversità culturale, spirituale e di pensiero; tuttavia, ci sentiamo legati dalla fratellanza e uniti; la distanza scompare quando la parola cammina, quando condividiamo valori. La memoria e la ricchezza spirituale sono i corsi dei fiumi e i mari, che si ritrovano nell’unità dell’universo» (Ibidem, p. XV)
</blockquote>



Sia Ikeda sia Pérez Esquivel hanno vissuto sulla propria pelle l'ingiustizia e la detenzione in carcere. In questo dialogo, oltre agli incontri fondamentali per la loro formazione e a episodi significativi della loro vita, condividono le pratiche nonviolente per contrastare l’oppressione del potere. Si confrontano dunque sull'importanza dei movimenti di protesta delle persone comuni e di un impegno civile e appassionato per la Pace e la Giustizia. Ikeda scrive:



<blockquote class="wp-block-quote">
«Solo attraverso l’unità le persone comuni possono vincere le forze repressive. E, come lei stesso afferma, è d’imprescindibile importanza creare un’organizzazione che faccia da fulcro o pilastro, attorno alla quale sviluppare la solidarietà popolare. Lo dimostrano i grandi movimenti del XX secolo, come quelli promossi, tra gli altri, dal Mahatma Gandhi e da Martin Luther King. Una delle lezioni che ci ha offerto il XX secolo, segnato da continue violenze e dall’orrore dei due grandi e terribili conflitti bellici, è l’impellente necessità di fare affidamento sulle organizzazioni votate alla pace. Sebbene vivere isolati ci dia l’illusione di essere liberi e di non avere vincoli, alla fine questo tipo di scelta porta al fallimento. La cosa più difficile, ma più importante per la vittoria, è essere solidali fra di noi e lavorare assieme, strettamente collegati» (Ibidem, pag. 63)
</blockquote>



Affinché i giovani non perdano la speranza di poter decidere il destino di un popolo o del pianeta partendo dalla prospettiva della coscienza individuale dei propri diritti, nel loro dialogo Ikeda e Pérez Esquivel affermano con forza che un mondo migliore sia possibile, e lo trasmettono con tutta la loro esperienza. Fanno un vero e proprio appello alle giovani generazioni a cui affidano il testimone della speranza:



<blockquote class="wp-block-quote">
Ikeda: «Con lei e con numerose personalità del mondo con cui ho avuto il privilegio di dialogare, concordo sul fatto che il futuro del genere umano è nelle mani della gioventù. Siamo disposti a prestare di volta in volta sempre maggiore attenzione ai giovani; vogliamo coltivare legami di solidarietà con tutte le persone d’azione che lavorano per la risoluzione dei problemi globali, soprattutto tra le nuove generazioni»
</blockquote>



<blockquote class="wp-block-quote">
Esquivel: «La SGI è uno spazio che contribuisce alla formazione dei giovani e a costruire nuovi paradigmi di vita, di pace e rispetto, di cui ciascuna persona e ciascun popolo è meritevole. Desidero dirle, dottor Ikeda, che la considero una di quelle persone coerenti tra il dire e il fare. Mette in azione la parola e le imprime la sua forza spirituale. Le auguro di continuare con il suo impegno per il bene dell’umanità. In un’occasione, dissi ai giovani della SGI Argentina quanto fosse importante mettere in pratica i suoi insegnamenti, poiché ogni cosa che lei trasmette proviene dal suo impegno come costruttore di pace e dalla sua profonda saggezza; li spronai ad applicare quei valori, principi di spiritualità e sapienza nei loro luoghi d’azione, per cambiare la loro realtà e la società» (Ibidem, pag. 202)
</blockquote>



Questo dialogo rappresenta una risorsa e un tesoro inestimabile per affrontare le sfide contemporanee. La saggezza di questi autori, che hanno dedicato le loro vita ai movimenti non violenti, rappresenta un modello di speranza per il futuro dell’umanità.



<h5 class="wp-block-heading has-primary-color has-text-color has-link-color">GLI AUTORI: </h5>



Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai Internazionale (SGI) e leader del movimento buddista che si richiama all'insegnamento di Nichiren Daishonin, è stato attivista, filosofo, educatore e poeta. Per oltre settant'anni Ikeda si è dedicato a diffondere l'umanesimo buddista in tutto il mondo e a costruire le fondamenta per una cultura di pace. Ha fondato l’Università Soka, che conta sedi in Giappone e negli Stati Uniti, e di molte altre istituzioni che si impegnano nella ricerca di soluzioni alle molte crisi dell’epoca contemporanea. Nel 1983 è stato insignito del premio delle Nazioni Unite per la Pace.



Adolfo Pérez Esquivel, premio Nobel per la Pace 1980, artista, giurista, attivista per i diritti umani, è uno dei padri dell'Argentina contemporanea. Nel 1976, dopo il golpe militare, ha contribuito alla costituzione di vari istituti in difesa dei diritti umani e ha sostenuto le famiglie colpite dalla repressione. Arrestato nel 1977 a Buenos Aires, è rimasto in carcere per quattordici mesi e in libertà vigilata per un periodo altrettanto lungo. Durante la reclusione ha ricevuto il Memoriale per la Pace Giovanni XXIII e, nel 1999, il premio Pacem in Terris.



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<figure class="wp-block-image aligncenter size-full is-resized"><a href="https://esperiashop.it/libri-e-riviste/la-forza-della-speranza"><img src="https://wp-nr.ilnuovorinascimento.org/site/wp-content/uploads/2025/06/3627__71562.jpg" alt="" class="wp-image-56051" style="width:552px;height:auto"/></a></figure>

A quando risale la tua passione per la musica?



Fin da bambino ho avuto questa passione per la musica, suonavo su qualsiasi cosa trovassi, avevo creato una batteria con pentole e coperchi. A quattordici anni mia mamma mi fece trovare una vera batteria e io andai al settimo cielo. Poi, quando avevo vent’anni ho avuto la possibilità di studiare con due maestri, e il caso vuole che fossero entrambi membri della Soka Gakkai, oltre che due grandi della musica. Le lezioni di musica erano molto intense e le ho portate avanti per diversi anni. Nel 1991 ho iniziato a praticare il Buddismo grazie a Jessica, che poi è diventata mia moglie e madre dei nostri figli, lei praticava già da un annetto. Ero affascinato dalla sua convinzione verso la pratica, ma io mi sentivo già felice così, anche grazie alla nostra relazione. Poi ci fu un episodio. Tornando una sera da una birreria, l’amico che stava guidando andò contro un pilone, l’impatto fu così forte che ruppi il parabrezza catapultato fuori dall’auto. In ospedale continuavano a ripetermi quanto ero stato fortunato perché sarei potuto morire. In quel momento mi resi conto di cosa significa “protezione” per il Buddismo e iniziai a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Sin da subito sentii una grande energia che cresceva, e da lì non ho mai più smesso.



In che modo il Buddismo ti ha aiutato a dare forma alla tua carriera?



Sia per quanto riguarda lo studio dello strumento, sia per lo sviluppo della mia carriera ho sempre pensato che siano importanti la costanza, la tenacia e la passione. In tal senso il Buddismo mi ha aiutato a mantenere una grande determinazione. In teoria tutti sappiamo che ci vogliono coraggio e dedizione, però a volte mantenerle è veramente difficile. Questo lavoro non è tutto rose e fiori, ho vissuto dei momenti a livello economico di vero terrore e la pratica buddista mi ha permesso di affrontarli. Praticando anche con mia moglie siamo riusciti a trasformare tante situazioni che sembravano un po’ tragiche, ma poi in realtà si sono rivelate la spinta per fare ulteriori esperienze, e di questo sono molto grato. C’è un incoraggiamento del maestro Ikeda a cui ritorno spesso:



<blockquote class="wp-block-quote">
«Quando la determinazione cambia, tutto inizia a muoversi nella direzione che desiderate. Nell’istante in cui decidete di vincere, ogni nervo e fibra del vostro essere si orienteranno verso quella realizzazione. D’altra parte, se pensate “non funzionerà mai”, proprio in quel momento ogni cellula del vostro essere si indebolirà, smettendo di lottare, e tutto volgerà verso il fallimento» (Giorno per giorno, 20 settembre)
</blockquote>



In queste poche righe, incoraggianti ma anche severe, Sensei dichiara che recitando Daimoku e dedicandosi sinceramente si può realizzare qualsiasi cosa. La grande promessa del Buddismo è che tutto si può fare, ma noi siamo chiamati a metterci tutto il nostro essere e il nostro impegno. Per far questo devo risvegliare la mia determinazione, che in alcuni momenti è un po’ smarrita...



C’è un momento particolare in cui hai approfondito la relazione con il maestro Ikeda?



Un ricordo molto prezioso è quando ho incontrato Sensei il 29 maggio del 1994 durante il Garden Party che si svolse al Centro culturale di Firenze. Facevo parte degli sbandieratori, suonavo il tamburo, e per prepararci all’evento avevamo recitato tanto Daimoku insieme e provato la coreografia mille volte sotto al sole, vestiti in costume medievale. Finalmente arrivò il gran giorno, eravamo tutti emozionatissimi e pronti a esibirci quando, cinque minuti prima dell’inizio, ci comunicarono che la nostra esibizione davanti a Sensei e a tutti i membri non poteva più svolgersi per questioni di tempo. Non riuscivamo a crederci… dopo mesi di allenamento e tutto quel Daimoku, ci sentivamo negare la possibilità di esibirci. Sconsolati, ci guardavamo smarriti. Venti minuti dopo arrivò comunque Sensei, si accomodò nella postazione dove si sarebbe dovuto sedere e cominciò a ringraziare e ringraziare ancora, non so quante volte disse grazie. In quel momento ho compreso cosa significhi avere un atteggiamento di cura e dedizione verso gli altri. La sua sincerità era arrivata al cuore di tutti noi! Ci sarebbe tanto piaciuto esibirci ma ci rendemmo conto che non era quella la cosa importante, grazie a quella attività eravamo cresciuti nella fede, ci siamo scambiati le nostre esperienze e abbiamo compreso il cuore del nostro maestro.



Nel dialogo tra Sensei e i due jazzisti Hancock e Shorter si legge: «Una grande esibizione è la manifestazione di una condizione vitale altruistica, che trascende la ricerca egoistica della gratificazione momentanea, o il desiderio di acquisire denaro, potere e fama. Si tratta di accettare la sfida di intraprendere la strada “meno percorsa”, coraggiosamente e senza paura, per manifestare autenticità e originalità – sono questi i fattori specifici che danno vita alle grandi esibizioni» (Storie di vita, Jazz e Buddismo, p. 66). Secondo te, in cosa consiste una “buona esibizione”?



Ho avuto la fortuna di esibirmi in contesti molti diversi, a volte in situazioni più intime con poche persone, altre volte su grandi palchi davanti a un vasto pubblico. Ma qualunque sia il contesto, recitando Daimoku io cerco il contatto umano, cerco di trasmettere la mia passione attraverso la musica. In questi ultimi anni ho iniziato un progetto di arte di strada e il rapporto con il pubblico lì è completamente diverso, perché devi catturare l’attenzione ed essere molto empatico. Per me è un bel termometro per capire se sto facendo una buona esibizione o meno. Ritornando alla domanda, infatti, per me una buona esibizione è quella che ti fa entrare in empatia con le persone con cui stai suonando e con gli spettatori. Anche in contesti più grandi ho sempre cercato di mantenere questo contatto, sicuramente come batterista io gioco un po’ in difesa, non sono un frontman, ma la mia intenzione resta sempre quella, il desiderio di trasmettere speranza, e prima di un concerto recito Daimoku con questo obiettivo. La musica ha il potere di infondere gioia, può trasmettere un grande incoraggiamento, ma a volte a seconda del nostro stato vitale possiamo trasmettere anche preoccupazione... L’arte di strada mi dà sempre la possibilità di mettermi di fronte alla realtà. La mia determinazione è di trasmettere alle persone l’amore per quello che faccio, ma più profondamente gli strumenti che abbiamo per incoraggiare gli altri sono infiniti, sta a noi usarli o meno. Avere un’attenzione per le persone che stanno affrontando difficoltà e trovare le parole giuste per incoraggiarle.



Per molti anni hai suonato con i Malfunk, la famosa band indie rock che hai fondato. Allo stesso tempo hai sviluppato vari progetti musicali che ti hanno portato a suonare in diversi contesti, dai grandi palchi a situazioni più intime. Come ti aiuta il Buddismo a metterci sempre la stessa passione, a prescindere dalla situazione?



Dipende dallo stato vitale! Dal mantenere la determinazione di portare gioia in qualsiasi contesto, piccolo o grande che sia e grazie al Buddismo sono convinto di esserci riuscito! L’esperienza con i Malfunk è stata fantastica perché respiravamo un senso di libertà sconfinato, facevamo proprio ciò che avevamo sempre desiderato: dischi, tournée… in quel periodo avevo parlato di Buddismo a tutta la band e recitavamo Gongyo insieme prima di ogni concerto. Sul palco eravamo scatenati e riuscivamo a coinvolgere tutto il pubblico. È stato un periodo bellissimo. Adesso è cambiato il contesto ma la passione è la stessa, e soprattutto non è cambiata la mia determinazione di portare gioia. Con questa decisione si crea una sorta di attrazione mistica e mi capita spesso che qualcuno mi chieda come mai ho sempre il sorriso. Spero di non smettere mai di nutrire questo spirito perché i contatti umani sono così pieni di valore, e anche se a volte un confronto può essere conflittuale, da un dialogo si esce sempre migliori. Se ci si concentra su questo ogni nodo si scioglie. In questo momento la mia principale esibizione consiste in una band di blues swing molto variopinta, la gente si diverte tantissimo! Ho modificato un risciò e ci ho messo sopra la batteria, attraverso un concorso con il comune di Firenze abbiamo vinto un bando che ci permette di portare avanti questo progetto d’arte di strada.



C’è un messaggio che vorresti dare ai giovani e alle giovani che stanno per intraprendere un percorso artistico e musicale e si trovano ad affrontare sentimenti di rassegnazione?



Penso che il Daimoku è sempre la cosa più importante, riuscire a recitare un Daimoku “senza riserve” affidandoci completamente. Il rischio che si corre è quello di andare davanti al Gohonzon influenzati dalla nostra mente. Non dobbiamo confondere la realizzazione di un obiettivo con la realizzazione della felicità, perché questo è un po’ pericoloso, può capitare anzi capita spesso che le cose non vanno come ci siamo immaginati. Se invece recitiamo Daimoku per la nostra felicità e per la felicità degli altri le cose poi si realizzano, anche quelle che pensavamo impossibili e che magari sono andate in maniera diversa da come ci eravamo immaginati, ma i benefici arrivano, arrivano eccome!



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Di seguito lo script della terza puntata di iNRassegna, un podcast di Il Nuovo Rinascimento



Care amiche e cari amici, vi diamo il benvenuto a una nuova puntata di iNRassegna, il podcast settimanale della redazione di Il Nuovo Rinascimento. iNRassegna vuole offrirvi un modo semplice per restare in contatto con i contenuti della rivista. Ogni puntata vi proporremo una carrellata dei principali articoli pubblicati durante la settimana, oltre a consigli pratici per esplorare il sito e novità audio. Un appuntamento veloce, ma ricco di spunti – da ascoltare ogni venerdì, ovunque vi troviate. "iNRassegna, tutto ciò che serve per restare sempre in contatto con Il Nuovo Rinascimento.”



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Frankie: Oggi è VENERDI 13 GIUGNO&nbsp; io sono Frankie e come sempre iniziamo la rassegna degli articoli pubblicati su&nbsp; ilnuovorinascimento.org. con Lucrezia direttamente dalla redazione



Lucrezia: Ciao a tutte e tutti e bentrovati a questa nuova puntata! Nel numero 918 de Il Nuovo rinascimento è stato pubblicata una bella notizia! Il presidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai ha avuto l’onore di porgere il saluto a nome di tutto l’Istituto, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che era&nbsp; alla “cittadella della pace” di rondine. È stato un incontro breve ma molto significativo perché mette in luce la sintonia tra istituzioni e società civile nel comune impegno alla pace, al disarmo e alla riconciliazione dei popoli. La Soka Gakkai Italiana sostiene con l’8x1000 le attività di Rondine che da anni accoglie giovani che provengono da aree di guerra e li accompagna in un percorso formativo al cui centro c’è il dialogo e la trasformazione positiva del conflitto.



Frankie: Tutte le news piu recenti le trovate raccolte nella sezione “report e news” del nostro sito che si aggiorna ogni settimana con notizie, eventi e approfondimenti.



In questa sezione troverete anche news ed info dal nostro ufficio 8x1000, come il racconto dell'evento conclusivo di FR*CINEMA, la rassegna cinematografica LGBTQIA+ che si è svolta a Roma e che ha visto una partecipazione straordinaria: oltre tremila presenze al Cinema Troisi e migliaia di visualizzazioni sui social.



Ma non è tutto: è stata anche annunciata la seconda fase del progetto con un concorso per la realizzazione di un cortometraggio sul tema della parità e dei diritti, che ha già ricevuto 450 candidature. Un segno importante di quanto sia forte il desiderio di raccontare storie inclusive e significative.



Sempre grazie ai fondi dell’8x1000, un altro progetto di grande valore è "Participation 4 Change", che promuove azioni concrete contro il cambiamento climatico coinvolgendo scuole, giovani e comunità locali nelle province di Firenze e Siena. Questa settimana abbiamo pubblicato un Intervista a Chiara Cecotti, responsabile del progetto. Iniziative educative, laboratori, tavoli di progettazione e eventi culturali stanno dando vita a un vero e proprio piano d’azione per il clima costruito insieme dai cittadini. Una bellissima testimonianza di partecipazione attiva e cittadinanza responsabile.



E infine a proposito di attualità, sempre nella sezione News trovate anche i Report dalle regioni e le notizie più recenti dalla Soka Gakkai italiana. Dateci un'occhiata, magari c'è qualcosa che riguarda proprio la vostra zona!



Lucrezia: Il 7 giugno è stato pubblicato un editoriale del presidente Alberto Aprea. In questo editoriale si ribadisce la brutalità della guerra, ricordando le migliaia di vittime innocenti e milioni di sfollati. Il presidente Aprea ricorda l’importanza di schierarsi contro qualsiasi crimine calpesti la dignità umana e incoraggia ognuno e ognuna di noi a unirsi nel Daimoku del ruggito del leone per la fine di ogni conflitto, e per far germogliare i semi della pace nel cuore di tutta l’umanità.



Frankie: Proseguiamo con la nostra rubrica "Spazio alle domande". La trovate anche nella sezione dedicata sul menu principale del nostro sito. La domanda di questa settimana ci porta al cuore della nostra pratica: «Come posso sviluppare maggiore controllo sulla mia mente?». Una domanda potente, alla quale rispondiamo attraverso le parole del Gosho e degli insegnamenti del maestro Ikeda. Lì dove spesso ci sentiamo ostaggio dei nostri pensieri e delle emozioni, il Buddismo ci invita a non combattere la mente, ma ad allearla. A risvegliarla.Diventare padroni della propria mente non è questione di forza di volontà, ma di fede. Come dice il maestro Ikeda: «Essere padroni della propria mente significa vivere sulla base della Legge e non essere trascinati qua e là da una mente che vacilla. Significa vivere ispirati dalla nostra Buddità».



Lucrezia: La scorsa settimana si sono tenute in tutta Italia le riunioni donne e giovani donne! Delle belle occasioni per rafforzare i legami di amicizia e sostegno reciproco, unendosi ancora di più per vincere nella propria vita e nella società. Abbiamo quindi pubblicato un report di queste riunioni, con le bellissime foto che ci avete inviato da tutti Italia e anche due esperienze!



Frankie: Continuiamo con la nostra rubrica dedicata alla lettura e all'ascolto del Gosho. Questa settimana vi invitiamo a rileggere insieme un passaggio degli scritti di Nichiren Daishonin, che potete trovare nella sezione "Rileggiamo il Gosho" sul sito ilnuovorinascimento.org. Il Gosho si intitola "Virtù invisibile e ricompensa visibile". Infatti in questa lettera Nichiren incoraggia il suo discepolo Shijo Kingo proprio con queste parole: «Si dice che dove c'è una virtù invisibile ci sarà una ricompensa visibile». Un messaggio che ci invita a credere nel potere invisibile della nostra determinazione e del nostra ichinen.



E se desiderate approfondire lo studio degli scritti di Nichiren, vi ricordiamo che è online la "Biblioteca di Nichiren", una libreria digitale aperta a tutti, con le traduzioni italiane dei volumi 1 e 2 della Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, il Sutra del Loto (compreso di prologo ed epilogo) e un utilissimo glossario. Potete accedere direttamente cliccando sul logo che trovate nel footer, in fondo alla nostra pagina o dalla homepage del sito sgi-italia.org oppure cercando "biblioteca di nichiren" su qualsiasi motore di ricerca. Uno strumento prezioso, gratuito e consultabile in qualsiasi momento: per chi vuole iniziare a leggere il Gosho o per chi vuole ritrovare con facilità un passo da condividere o approfondire.



E non finisce qui: nella sezione "Audio e podcast" del sito trovate anche una playlist dedicata alla lettura dei Gosho, con la selezione degli scritti già disponibili in formato audio. La playlist è accessibile liberamente anche sul nostro canale SoundCloud, insieme a&nbsp; tutti i nostri podcast



Lucrezia: Volevo anche ricordarvi che mercoledì scorso è stata pubblicato il primo materiale di approfondimento per il corso nazionale futuro! In questo primo articolo, i responsabili nazionali hanno preso spunto da alcuni brevi estratti de “La rivoluzione umana” vol 12, capitolo “Nuova alba”, nel quale Sensei Ikeda diventa terzo presidente della Soka Gakkai. In questo capitolo Daisaku Ikeda ribadisce anche il ruolo centrale dei membri del Gruppo futuro in quanto protagonisti di una nuova alba per l’umanità. Parlando del significato del termine “alba” e del motivo per cui il primo e ultimo capitolo del romanzo si intitolano, rispettivamente, “Alba” e “Nuova alba”, Sensei scrive che:



«Alba significa fine della notte, la prima luce del giorno seguente, l’inizio di qualcosa di nuovo. I membri del gruppo futuro hanno la missione di creare la prossima epoca partendo sempre da una nuova alba»



Frankie: Per non perdere nessuna novità iscrivetevi alla nostra newsletter cliccando sul pulsante in alto a destra che trovate sulla homepage del sito.&nbsp;



📩 E se avete suggerimenti, domande o desiderate condividere la vostra esperienza scriveteci all’indirizzo nuovo.rinascimento@sgi-italia.org



Siamo alla conclusione di questa terza puntata di iNRassegna. Grazie per averci seguito. Grazie Lucrezia.



Lucrezia: Ciao a tutte e tutti, grazie Frankie e vi aspettiamo alla prossima puntata di iNRassegna!



Frankie: Ogni giorno su ilnuovorinascimento.org trovate nuovi articoli, approfondimenti ed esperienze. Seguiteci anche sui nostri canali social per non perdere neanche una novità, e vi diamo appuntamento a venerdì prossimo per una nuova puntata di iNRassegna.

«Si deve diventare maestri della propria mente e non lasciare che la mente sia la propria maestra». Ho letto questo passo che mi ha molto colpito nel Gosho Lettera ai Fratelli (RSND, 1, 447). Per me non è facile mettere in pratica questa indicazione. Come posso sviluppare maggiore controllo sulla mia mente?



Spesso ci sentiamo ostaggio dei nostri pensieri, delle nostre emozioni o tendenze. Ma dal punto di vista del Buddismo di Nichiren, la mente non è un nemico da combattere, bensì un’alleata da risvegliare. La fede ci permette di orientare la nostra mente verso la creazione di valore e di trasformare ogni situazione in un’occasione di crescita. Nel cuore dell’insegnamento di Nichiren Daishonin risuona con forza l’esortazione a diventare "maestri della propria mente” e a non lasciare che la mente “sia la propria maestra", come in Lettera ai fratelli o Risposta al prete laico Soya. Ma cosa significa, concretamente, diventare padroni della mente? In un’epoca in cui gli stimoli ci travolgono, questo concetto appare quanto mai attuale e utile. Ne Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, il Daishonin afferma che «la vita in ogni singolo istante permea l’intero regno dei fenomeni e si manifesta in ognuno di essi» (RSND, 1, 3). La nostra vita è un tutt’uno con la vita dell’universo. Il nostro cuore, o mente, è il crocevia dove questa realtà si manifesta. La pratica buddista ci permette di liberarci dalle illusioni e di manifestare la Buddità così come siamo: i pensieri, i sentimenti, le emozioni, anche se spesso sembrano sfuggirci di mano, sono strumenti attraverso i quali costruiamo la nostra esistenza. Nichiren afferma inoltre che «se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente» (ibidem, 4). La realtà, quindi, non è qualcosa di oggettivo e fisso, piuttosto è il riflesso dinamico della nostra condizione interiore. Diventare “padroni della mente” quindi significa imparare a dirigere consapevolmente la direzione del nostro cuore verso la felicità e la creazione di valore, e il mezzo per farlo è la pratica buddista fondata sulla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo. La recitazione del Daimoku infatti ci permette di risvegliare il potenziale della nostra vita, e la condizione per farlo è credere che la Buddità esiste dentro di noi, in questo istante, così come siamo. Nichiren afferma: «Quando invochi myoho e reciti renge, devi sforzarti di credere profondamente che Myoho-renge-kyo è la tua vita stessa» (ibidem, 3). Recitare Daimoku con fede è dunque un atto rivoluzionario: significa credere che anche nel momento di maggiore oscurità siamo in grado di cambiare, di manifestare la nostra Buddità. È lì che risiede il potenziale per realizzare enormi cambiamenti, sia dal male al bene sia dal bene al male. La differenza è la direzione che imprimiamo al nostro cuore – o mente. Per riuscirci è necessario un esercizio costante. Ogni pensiero, anche il più semplice – “non sopporto il mio collega”, “non ce la farò mai”, “non cambierà nulla” – può diventare il punto di partenza per un cambiamento, se affrontato con la consapevolezza e il coraggio della fede.



La mente nella visione buddista è uno strumento potentissimo che bisogna imparare a utilizzare al meglio, in direzione della felicità. Proprio perché è in grado di generare sia illusioni che saggezza, essa è il campo su cui mettere in atto la nostra rivoluzione umana. “Siamo ciò che pensiamo”, si dice, ma il Buddismo va oltre: siamo ciò che scegliamo di pensare, ciò che decidiamo di credere. Ogni pensiero, ogni opinione, anche la più inconsapevole, non solo orienta le nostre azioni e plasma la nostra percezione del mondo, ma dà forma alla realtà. La nostra sfida quotidiana, dunque, è non lasciarci travolgere dai pensieri negativi, dalle apparenze o dai propri limiti. Diventare “padroni della mente” significa anche riconoscere quando essa ci inganna: ad esempio, quando ci fa credere che la felicità dipenda dalle condizioni esterne, o che il nostro valore dipenda dal giudizio degli altri. Per far questo è necessario studiare il Gosho e seguire l’esempio del maestro. Sensei scrive:



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«Farsi dominare dalla propria mente significa vivere un'esistenza egocentrica e, in ultima analisi, essere trascinati qua e là da una mente che vacilla sempre, finire preda dell'egoismo e sprofondare nell'oscurità o ignoranza. Al contrario, diventare maestri della propria mente significa vivere sulla base della Legge. Nel Buddismo un maestro è colui che guida le persone connettendole alla Legge, insegnando loro che la Legge dalla quale dovrebbero dipendere esiste nella loro stessa vita. I discepoli, a loro volta, cercano il maestro che incarna la Legge ed è una sola cosa con essa; prendendolo come modello, si impegnano nella pratica buddista. Così facendo conducono un'esistenza che consente loro di diventare maestri della propria mente» (Lezione su Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, Esperia, pp. 75-77)
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Grazie alle parole del Gosho e del maestro Ikeda, riusciamo a orientare i nostri pensieri verso il rispetto e la fiducia. Esercitandoci nella pratica buddista coltiviamo pensieri che affermano la dignità della vita, nostra e degli altri. È nella relazione con il maestro che possiamo trovare ispirazione per cambiare la direzione della nostra mente e riuscire a vivere la nostra quotidianità in modo ricco e soddisfacente.



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«Citando il passo delle scritture: “Si deve diventare maestri della propria mente e non lasciare che la mente sia la nostra maestra”, il Daishonin conferma quale sia la via che dovrebbero intraprendere i praticanti buddisti. Essere “padroni della propria mente” significa fare dei princìpi del Buddismo la nostra guida, grazie allo studio. Lo studio è anche il metro di misura per verificare se il nostro comportamento e stile di vita sono corretti oppure no. È uno specchio che ci mostra chi siamo davvero. Lo studio è come un faro che illumina il nostro cammino verso la realizzazione di kosen-rufu e il conseguimento della Buddità in questa esistenza, indipendentemente dai tre ostacoli e dai quattro demoni che tentano di intralciare la pratica buddista. L’atteggiamento etico e morale cambia quando si apprende che tutti gli esseri viventi possiedono la natura di Budda e che la Legge di causa ed effetto governa le nostre vite nel passato, nel presente e nel futuro» (NRU, 24, 132)
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Ogni sfida può diventare un’occasione per esercitare la nostra mente. Anziché fuggire dalle difficoltà, possiamo decidere di affrontarle con il Daimoku, affidandoci alla Legge mistica. Anche quando la fatica o il dubbio sembrano insormontabili, possiamo recitare Nam-myoho-renge-kyo per ritrovare la forza e la lucidità necessarie per non arrenderci e trasformare qualunque veleno in medicina.



In definitiva, diventare padroni della propria mente significa credere fermamente di essere Budda, anche quando la realtà sembra mostrare il contrario. Significa imparare a guardare la vita attraverso gli occhi della Legge mistica, superando l’apparenza delle illusioni. È scegliere, giorno dopo giorno, di direzionare il nostro cuore verso la creazione di valore. Una direzione che può cambiare completamente la nostra vita. La frase del Gosho citata nella domanda prosegue con queste parole:



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«[…] si deve diventare maestri della propria mente e non lasciare che la mente sia la propria maestra. Qualunque difficoltà possa sorgere, consideratela passeggera come un sogno e pensate solo al Sutra del Loto» (RSND, 1, 447)
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