"Riflettere, unirsi, agire: dialoghi per un futuro comune" è il titolo del convegno che si è tenuto sabato 29 novembre al Centro Congressi dell'Università La Sapienza, a Roma.
L'iniziativa è nata dalla collaborazione tra l'Istituto Buddista italiano Soka Gakkai, The Club of Rome, La Fondazione Aurelio Peccei, L'Università La Sapienza, The Fifth Element e La Fondazione Be the Hope, in occasione dei quarant'anni dalla pubblicazione italiana del volume Campanello d'allarme per il XXI secolo, il dialogo tra Aurelio Peccei, co-fondatore del Club of Rome, e Daisaku Ikeda, presidente della Soka Gakkai internazionale.
Un dialogo ancora oggi di sorprendente attualità che affronta il tema delle crisi planetarie, tutt'ora evidenti, in un confronto da punti di vista diversi, con lungimiranza quasi profetica.
L'iniziativa ha riunito studiosi, rappresentanti della società civile, giovani e organizzazioni impegnate sui grandi temi della sostenibilità, della pace e della responsabilità verso le generazioni future, per riflettere, appunto, unirsi e agire insieme. Una mattinata ricca di contributi e di dialoghi per guardare insieme al futuro riflettendo sul presente e sulle risorse che, come esseri umani, siamo in grado di manifestare, condividere e mettere insieme per costruire una comunità globale umana pacifica, giusta e sostenibile.
La mattinata si è aperta con i saluti di Alice Ferrario (Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai), che ha delineato l’obiettivo di rimettere al centro il dialogo come strumento trasformativo: «Ci ritroviamo oggi nello spirito di portare avanti una preziosa eredità lasciata da questi maestri che hanno condiviso dialoghi e amicizia sincera, uniti dal desiderio di aiutare l'essere umano a comprendere la propria realtà, i propri limiti e i pericoli a cui l'umanità sta andando incontro, ma avendo fiducia e convinzione dell'esistenza di un patrimonio di risorse interiori inesplorate tanto necessarie in questi tempi».
Antonella Polimeni, Rettrice dell'Università La Sapienza, impossibilitata a partecipare di persona ha voluto comunque inviare un video messaggio in cui ha sottolineato l’importanza dell'incontro affermando: «La cornice delle ricorrenze che celebriamo — dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, all’Accordo di Parigi, fino al recente Patto sul Futuro — ci ricorda quanto sia urgente un impegno comune, fondato sulla conoscenza, sull’ascolto reciproco e sulla capacità di costruire visioni condivise». Queste sfide chiamano il mondo accademico a un ruolo attivo e responsabile tanto nella formazione quanto nella ricerca e nel dialogo con le istituzioni e i cittadini, ha affermato la Rettrice, e «il confronto che deriverà dalle presentazioni di questo convegno rappresenta un’occasione preziosa per riaffermare l’importanza della cultura, della cooperazione, del rispetto del pianeta e della responsabilità verso l’umanità intera. Aurelio Peccei e Daisaku Ikeda avevano posto questioni e riflessioni già quarant’anni fa, che oggi risuonano con forza rinnovata».
Dopo un saluto informale e commosso da parte di Riccardo Peccei, professore Emerito, figlio di Aurelio Peccei, Livio De Santoli (Prorettore alla Sostenibilità, Università La Sapienza) nel suo intervento ha sottolineato l'importanza del carattere multidisciplinare e interdisciplinare dell’incontro, che riunisce prospettive diverse, e il significato del titolo che richiama l’importanza di riflettere, unirsi, agire, «tre elementi che, separati, non possono aiutarci ad affrontare i problemi enormi che abbiamo davanti. Ma se riusciamo a compiere l’operazione complessa di pensare a ciò che va fatto, unirci verso un obiettivo comune provenendo da competenze diverse, e mettere in campo azioni concrete, assumendoci una responsabilità personale e sociale, allora forse il mondo può essere ancora salvato. Lo dicevano già quarant’anni fa, Peccei e Ikeda, con una visione strategica straordinaria. Che siamo qui oggi a parlarne ancora, cercando soluzioni, è molto significativo».
Carlos Álvarez Pereira (Segretario generale del Club of Rome), impossibilitato a partecipare in presenza ha inviato un messaggio di saluto: «Sono certo che la ricchezza degli interventi nutrirà dialoghi fruttuosi e significativi. Al centro delle mie riflessioni in questi giorni c’è la necessità di creare nuovi modi di dare senso agli avvenimenti del mondo, per poter prendere decisioni diverse. Se ascoltiamo molti esperti e leader, soprattutto occidentali, il futuro sarà pieno di scontri e conflitti. Ma questo scenario, pur probabile, mi ricorda le tragedie greche, in cui il protagonista, reagendo con paura alla profezia dell’oracolo, finisce per accelerarne l’avverarsi. Per evitare tragedie che si autoalimentano, dobbiamo lavorare sullo scenario meno probabile: quello fondato su speranza e amore, che apre la strada a un mondo equo, pacifico e sano — la nostra stella guida». Non è un generico ottimismo sul futuro, ma un invito alla riflessione, all’unione e all’azione, mosse da speranza e amore, se solo apriamo le nostre prigioni mentali ad altri modi di interpretare il mondo.
«La vita emerge sempre attraverso la strada meno probabile» ha concluso Carlos Álvarez Pereira «offrendo nuova bellezza e nuova verità. In questi tempi difficili, questo è il messaggio di speranza attiva che vorrei lasciarvi».
In seguito è intervenuta Anna Conti, vicepresidente dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai tornando sul tema del dialogo: «Nell’insegnamento di Ikeda, il dialogo non è solo uno strumento: è un ponte indispensabile per trasformare i conflitti in opportunità di incontro e crescita reciproca».
«Non possiamo più rimandare - ha continuato - procedere da soli o ignorare l’interdipendenza che ci unisce tra noi e con la Terra. È sorprendente come Peccei e Ikeda avessero già individuato, quarant’anni fa, la radice comune delle crisi globali: la disconnessione tra esseri umani, tra esseri umani e natura, tra presente e futuro. E con lungimiranza indicavano anche la via d’uscita: la rivoluzione umana, il processo attraverso cui ogni persona può riscoprire il proprio valore e il proprio potere trasformativo. Un cambiamento interiore che genera cambiamenti esterni significativi».
«Il titolo del convegno - ha sottolineato Anna Conti - sintetizza magnificamente questo percorso. Riflettere, perché senza consapevolezza rischiamo soluzioni parziali. Unirsi, perché nessuna sfida globale può essere affrontata da soli. Agire, perché la riflessione diventa forza solo se si traduce in impegno concreto, quotidiano e condiviso. Anche la seconda parte del titolo — Dialoghi per un futuro comune — è fondamentale, perché evidenzia la centralità del dialogo. Sono certa che, oltre agli interventi, saranno preziosi anche gli scambi informali e le riflessioni che ognuno di noi porterà con sé». E da questo coinvolgimento diretto nasce il passaggio dedicato alla pace, che gli autori considerano cruciale sopra ogni altro tema. Il tono si fa più urgente: la pace è un compito che richiede uno sforzo straordinario e collettivo. E conclude citando le parole degli autori: «C’è un problema di fondo che dovrebbe unirci nel compimento di uno sforzo supremo: la pace. Vi esortiamo a unirvi a noi, serrando i ranghi, facendo tutto il possibile per rettificare in misura decisiva uno stato di cose avviato ad assumere forme estreme».
Enrico Giovannini (Direttore scientifico ASviS e professore Economia statistica, Università Tor Vergata) nel suo intervento ha affermato che dobbiamo accogliere l’incertezza e combattere la paura, «perché ormai la scienza - grazie alle neuroscienze - ci ha insegnato che quando la paura supera certi livelli reagiamo in modo totalmente irrazionale, creando quel circolo vizioso: tendiamo ad arraffare ancora di più, ad orientarci ancora di più sul brevissimo termine, preoccupandoci solo del futuro immediato».
«Oggi, quando parliamo di “unirsi”, oltre che di riflettere e di agire, accettare di superare le nostre diversità è forse l’elemento più difficile, perché anche noi - di fronte alla paura e all’incertezza - tendiamo a rafforzare il nostro io, a irrigidirci, invece di cooperare. E allora la domanda è: come cooperare concretamente? Giovannini ha poi ricordato alcune recenti acquisizioni come l’introduzione, all’unanimità del Parlamento, nell’articolo 9 della Costituzione della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. Inoltre, modificando l’articolo 41, si è stabilito che l’attività economica non può svolgersi contro la salute e contro l’ambiente, mentre una legge approvata qualche settimana fa stabilisce che tutte le nuove leggi dovranno essere valutate per l’impatto che avranno sui giovani di oggi e sulle generazioni future.
«È un cambiamento epocale - ha commentato Giovannini - ma è un cambiamento che va tradotto anche nei comportamenti quotidiani. È un principio che parla di sostenibilità e di giustizia tra generazioni».
Dobbiamo smetterla di parlare dei giovani: dobbiamo iniziare ad ascoltarli. Abbiamo bisogno di un pensiero nuovo, di strumenti nuovi per creare - come è stato richiamato - un futuro equo, sostenibile, di benessere. Riuscire a superare la paura, creare speranza e trasformarla in azione.
I tre panel
Filo conduttore del convegno i tre temi principali del libro Campanello d'allarme per il XXI secolo, oggetto di tre panel successivi: "L'essere umano e la natura", "L'essere umano e i suoi simili" e "La rivoluzione umana", messi in relazione con le più importanti iniziative contemporanee a livello internazionale. Quest'anno ricorrono infatti i decennali dell'Enciclica "Laudato sì", dell'adozione dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dell'Accordo di Parigi, e proprio l'anno scorso i membri delle Nazioni Unite hanno rilanciato questi impegni con l'adozione del "Patto sul futuro" e con la "Dichiarazione per le future generazioni".
In particolare Gianfranco Bologna (The Club of Rome, Fondazione Aurelio Peccei) e Robert Harrap (Soka Gakkai Europa), nella sessione intitolata: “Lo spirito del dialogo tra Aurelio Peccei e Daisaku Ikeda - L’umanità del futuro” hanno condiviso la propria esperienza personale raccontando ognuno il proprio incontro gli autori del libro. Gianfranco Bologna racconta: «Aurelio, viaggiatore instancabile, conosceva profondamente il mondo e percepiva la gravità delle tensioni ambientali, sociali, politiche. Quando ci incontrammo, nel ’76, discutemmo spesso di questo: dove stiamo andando? Non soltanto dove andiamo come esseri umani fuori da noi stessi, nello spazio, ma dove stiamo andando con il mondo, con il futuro, con la natura. Che cosa significa il nostro rapporto con la natura? Che cosa significa il rapporto tra gli esseri umani e le strutture che abbiamo costruito per governare il mondo?»
«Aurelio diceva sempre che i problemi non erano solo quelli legati ai limiti esterni - le risorse della natura, la loro capacità di rigenerazione, l’impatto umano - ma c’erano anche i limiti interni: quelli dell’essere umano, della società, dei nostri sistemi di potere, della nostra capacità di cooperare».
«Che cosa ho imparato da Aurelio Peccei? - ha continuato - Ho imparato moltissimo. Sono stati anni decisivi per me: una persona capace di tenere insieme i pezzi, di unire le conoscenze. Questo è il fondamento della sostenibilità. Più conosciamo scientificamente, più comprendiamo che noi siamo natura. Siamo fatti della stessa materia, delle stesse leggi fisiche e biologiche. È ridicolo pensare di esserne separati. Ma per affrontare le sfide del presente serve un nuovo modo di fare scienza: non più frammentata, ma connessa».
«Senza la guida e l'incoraggiamento di Daisaku Ikeda, non credo che avrei iniziato a scoprire o esprimere il mio potenziale interiore e la mia creatività – ha affermato Robert Harrap. Ma più che gli incontri personali sono stati lo studio che ha dedicato ai suoi scritti a cambiare la sua vita. Il libro Campanello d’allarme è un dialogo meraviglioso, nato da un’amicizia durata quasi dieci anni. Due uomini dalle origini diversissime, ma entrambi nutrivano profonde preoccupazioni per il futuro del pianeta e per il modo in cui gli esseri umani interagiscono tra loro. «Non erano d’accordo su tutto, ma erano determinati a capire cosa potessero imparare l’uno dall’altro. Questo, per me, è già un messaggio potentissimo: si può avere un dialogo utile e fecondo senza essere d’accordo su tutto, e senza imporre il proprio punto di vista o la propria agenda».
Il futuro che nasce dal dialogo
E a proposito di dialogo, alla fine di ogni panel nell'aula della Sapienza accade qualcosa di non usuale in simili contesti: il pubblico riceve una domanda per confrontarsi con la persona seduta accanto: “Quanto ti senti parte della natura?” e “Che cosa possiamo fare ora per le generazioni future?”
E le risposte dei partecipanti sono state raccolte come spunti di riflessione e dialogo da riprendere anche nel futuro. In questo modo prende vita qualcosa di simile a ciò che Peccei e Ikeda avevano immaginato: la creazione di un campo di umanità condivisa. Non si "parla" soltanto di dialogo: lo si mette in pratica, perché senza dialogo non c’è rivoluzione umana, e senza rivoluzione umana non c’è futuro.
Occorre un cambiamento che passa per i legami, per la responsabilità reciproca, per il ritrovare la propria voce e quella dell’altro. Un dialogo capace di generare idee, alleanze e azioni concrete. E questo convegno lo ha mostrato con semplicità e radicalità: il futuro non è ciò che accade, è ciò che siamo disposti a diventare insieme.
Il video integrale del convegno è disponibile a questo link:
https://www.youtube.com/watch?v=d0hNr9O7Zb0











