Questo speciale è ispirato alla figura di Jesse Owens, campione di atletica degli anni ’30. Afroamericano, nato e cresciuto nella povertà e nella segregazione razziale, nel 1936 Owens partecipò alle Olimpiadi di Berlino, la rassegna che aveva lo scopo di celebrare il Terzo Reich e la “razza ariana”. Ma Jesse Owens era determinato a vincere in nome del suo popolo e di tutte le persone che come lui erano state discriminate.
Il suo coraggio, la perseveranza e la dedizione a un grande ideale lo portarono a una vittoria strepitosa, conquistando quattro ori e infrangendo i record mondiali fino ad allora stabiliti.
La sua storia di riscatto è un’ispirazione per chi, a dispetto delle difficoltà, non si arrende e punta alla vittoria nella vita.
Il maestro Ikeda scrive: «Jesse Owens, che vinse quattro medaglie d’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936, qualche tempo dopo affermò che la vita interiore di un individuo è la vera Olimpiade. La vita in sé è un’Olimpiade in cui lottiamo ogni giorno per migliorare i nostri record personali» (Giorno per giorno, Esperia, 23 giugno).
Il potere della Legge mistica
Un aspetto cruciale del Buddismo del Daishonin è coltivare lo spirito di non arrendersi alle difficoltà, uno spirito invincibile. Nella vita, come in una lunga corsa, si possono incontrare battute di arresto e venti contrari che ci spingono a desistere dall’andare avanti. Daisaku Ikeda spiega che grazie alla Legge mistica possiamo realizzare pienamente la nostra vita.
Nichiren Daishonin promette che, indipendentemente dalle nostre circostanze, recitando Nam-myoho-renge-kyo possiamo indirizzarci verso una felicità che durerà per l’eternità.
La fede nel Buddismo del Daishonin inizia risvegliandosi alla realtà che il grande stato vitale del Budda esiste dentro ognuno e ognuna di noi.
In questo senso il Buddismo del Daishonin non è una “fede dipendente” nella quale le nostre preghiere sono una richiesta di aiuto rivolta a qualche potere esterno. È una lotta per credere nel nostro potenziale e manifestare la nostra Buddità intrinseca. Perciò il Daishonin afferma: «Rafforzate la vostra fede giorno dopo giorno e mese dopo mese» (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1, 885). E giunge a dire che, se ricerchiamo la Legge fuori di noi, per quanto possiamo recitare Daimoku non conseguiremo la Buddità e la nostra pratica sarà «un’infinita e dolorosa austerità» (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND, 1, 4). Ricercare la Legge fuori di noi significa cercare le cause e gli effetti della felicità o della sfortuna al di fuori della nostra vita.
E si traduce nell’addossare agli altri la responsabilità di ciò che ci accade, o lamentarci di persone o circostanze.
Il Buddismo del Daishonin ci permette di superare con fiducia i problemi della vita senza farci scoraggiare, compatirci o pensare: “Non so fare niente!” o “Non ce la posso fare!”.
Il potere della Legge mistica ci permette di sconfiggere nettamente la nostra oscurità fondamentale che cerca di svilire la suprema nobiltà della nostra vita.
In altre parole, recitare Nam-myoho-renge-kyo è una battaglia contro l’oscurità fondamentale che cela la verità secondo cui noi stessi siamo Budda. Perciò richiede una seria dedizione.
Recitando Daimoku possiamo vincere i nostri dubbi e rompere il guscio del nostro piccolo io. Nam-myoho-renge-kyo è il potere fondamentale che può trasformare anche il dolore in una fonte di creatività (cfr. BS, 193, 35).
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LA LEGGE MISTICA
Nichiren Daishonin stabilì una pratica semplice ma profonda per permettere a tutti di manifestare la natura illuminata della vita attraverso la recitazione di Nam-myoho-renge-kyo.
Nam-myoho-renge-kyo è la Legge fondamentale dell’universo, o Legge mistica, e costituisce la causa che permette di conseguire la Buddità in questa esistenza.
L’insegnamento più importante del Buddismo, contenuto nel Sutra del Loto, è che la Buddità esiste eternamente in tutte le persone. In altre parole, conseguire la Buddità non significa diventare esseri straordinari ma sforzarsi di manifestare la natura di Budda nella propria vita. Questo è lo scopo del Buddismo.
Il Daishonin materializzò la verità fondamentale di Nam-myoho-renge-kyo nella forma del Gohonzon, l’oggetto di culto davanti al quale si recita la Legge mistica.
Il Gohonzon è la rappresentazione della condizione vitale del Budda, e ha la funzione di manifestare la stessa condizione vitale nella nostra vita, grazie a una preghiera forte e concentrata.
La pratica buddista consiste nel recitare Nam-myoho-renge-kyo per far emergere la nostra natura di Budda e adoperarsi affinché quante più persone possibile possano fare altrettanto.
Il coraggio di alzarsi da soli
Per il Buddismo il coraggio non è separato dalla quotidianità o al di là della nostra portata. Si trova proprio qui, nella nostra vita.
[…] Ogni persona, indipendentemente dall’età o dal genere, può tirar fuori coraggio. Possiamo vincere sulla nostra debolezza interiore con il ruggito del leone di Nam-myoho-renge-kyo e agire per superare tutti i limiti autoimposti che ci inducono ad arrenderci o ad accontentarci (BS, 193, 31).
LO SPIRITO DI ALZARSI DA SOLI
Lo spirito che sta alla base del nostro movimento Soka è lo spirito di alzarsi da soli, che si fonda sull’iniziativa personale e sulla fiducia in se stessi e che il primo e il secondo presidente della Soka Gakkai, Tsunesaburo Makiguchi e Josei Toda, hanno manifestato nella loro vita.
L’iniziativa e la fiducia in se stessi sono l’essenza dello spirito della Gakkai.
La profonda filosofia buddista che studiamo e mettiamo in pratica insegna che la vita di ogni singolo individuo è incomparabilmente preziosa, dotata di saggezza e di un potenziale vasto e illimitato come l’universo.
[…] La strada che porta alla pace passa dall’incremento del numero di persone capaci che abbiano lo spirito di alzarsi da sole.
Quando incoraggiate qualcuno, create speranza. Quando fate crescere qualcuno, aprite la strada verso il futuro. Quando stringete rapporti con qualcuno, diffondete la pace (NR, 524, 7).
RACCOGLIERE IL CORAGGIO DI UN LEONE
In una lettera ai suoi discepoli, Nichiren Daishonin scrive: «Ognuno di voi deve raccogliere il coraggio di un leone e non soccombere di fronte alle minacce di chicchessia. Il leone non teme nessun altro animale e così neppure i suoi cuccioli» (Le persecuzioni che colpiscono il santo, RSND, 1, 884). Il punto importante di questo passo è la fede per raccogliere «il coraggio di un leone». Il Daishonin afferma che proprio in mezzo a grandi persecuzioni è necessario che ognuno diventi un re leone e affronti coraggiosamente le avversità. L’essenza del Buddismo consiste nell’assunto che tutti possiedono dentro di sé il coraggio, o il cuore, di un re leone, che corrisponde al mondo di Buddità. È difficile descrivere il mondo di Buddità, ma da un certo punto di vista si può paragonare proprio all’atteggiamento del leone che non teme nessun altro animale, come una forza vitale che riesce ad affrontare con fermezza qualsiasi avversità.
[…] Avere il cuore di un re leone significa manifestare il massimo coraggio e la forza vitale intrinseca che emergono grazie a una ferma determinazione, cioè il potere del mondo di Buddità. Il leone è il re di tutti gli animali. Se riusciamo a manifestare questo cuore coraggioso non abbiamo niente da temere (BS, 183, 24).
Felicità per sé e per gli altri
Cosa ci permette di sperimentare la felicità? In questo brano Daisaku Ikeda spiega che fin quando rimaniamo chiusi in noi stessi non sentiamo alcuna felicità, ma quando ci prendiamo cura degli altri, quando cioè li aiutiamo a tirare fuori la loro forza vitale, anche la nostra forza vitale aumenta. Nel Buddismo ciò equivale alla pratica di shakubuku: condividere con gli altri l’insegnamento buddista e diffondere la filosofia della sacralità della vita
Negli insegnamenti del Buddismo troviamo queste parole: «Se si accende un fuoco per gli altri, si illuminerà anche la propria strada» (RSND, 2, 996).
Le azioni intraprese per illuminare la dignità degli altri generano la luce che rivela i nostri aspetti più nobili. Per quanto sia difficile la nostra situazione o profonda la nostra angoscia, conserviamo sempre la capacità di accendere la fiamma dell’incoraggiamento: questa luce disperde non solo l’oscurità della sofferenza altrui, ma anche quella che avvolge il nostro cuore. Questo è un messaggio essenziale del Buddismo (BS, 164, 17).
LA FELICITÀ ESISTE QUANDO È CONDIVISA
La felicità è qualcosa che dobbiamo raggiungere per noi stessi e sperimentare nella nostra vita personale. Ma, allo stesso tempo, una felicità individuale che esclude quella degli altri non è vera felicità. Accontentarsi di stare bene senza preoccuparsi degli altri è egoismo. Allo stesso modo, anche mettere da parte la propria felicità e preoccuparsi solo di quella altrui non è sufficiente. La vera felicità è una condizione in cui siamo felici insieme agli altri. La felicità esiste solo quando è condivisa. Quando accade qualcosa di buono abbiamo voglia di condividerlo con gli altri, con la famiglia, gli amici, i compagni di fede, il maestro. La felicità cresce e si espande in questa rete di relazioni in cui condividiamo gioie e dolori. (BS, 181, 50)
Una vita dedita a un grande ideale
Impegnarsi per realizzare il proprio voto personale, la promessa di dedicarsi alla propria e altrui felicità – spiega Daisaku Ikeda – permette di rendersi conto della propria forza interiore, creando valore positivo anche nelle circostanze più impegnative
La filosofia buddista adottata dai membri della SGI stimola le persone a vivere con quel senso di determinazione che si può formulare come impegno a realizzare un voto, una promessa profondamente sentita.
Tale filosofia incoraggia le persone a considerare l’ambiente circostante come l’arena in cui realizzare la propria missione nella vita, anche quando si trovano assediate da grandi difficoltà, e ad aspirare a realizzare storie personali che diventeranno fonte di speranza duratura.
La disponibilità ad affrontare le difficoltà fa sgorgare negli esseri umani il potere di trasformare persino un luogo di tragedia in un palcoscenico dove realizzare la propria missione.
Nichiren Daishonin incoraggiava i suoi discepoli a vivere sfidando direttamente i problemi, restituendo così, grazie al loro esempio, la speranza a coloro che si trovavano in situazioni analoghe.
Vivere dedicandosi alla realizzazione di una promessa o di un voto è radicalmente diverso dall’attendere passivamente che altri prendano l’iniziativa o dallo sperare lamentosamente in un cambiamento.
Non si tratta di quel tipo di promessa che viene abbandonata quando le condizioni rendono difficile onorarla, ma è piuttosto un’impresa che portiamo a compimento con tutto il nostro essere, perseguendola contro ogni avversità a prescindere dal tempo necessario per realizzarla, a riprova che stiamo conducendo un’esistenza significativa.
I membri della SGI aspirano a vivere la propria esistenza come Bodhisattva della Terra, e cioè a condurre una vita dedicata al compimento di un voto, qualcosa che il Daishonin identificava come un aspetto essenziale della pratica buddista.
Impegnarsi per realizzare il proprio voto personale permette di rendersi conto della propria forza interiore, creando valore positivo anche nelle circostanze più impegnative.
Questo modo di vivere significa anche stare al fianco delle persone che soffrono cercando di costruire la felicità per sé e per gli altri, sostenendosi e incoraggiandosi a vicenda (Proposta di pace 2014, BS, 164, 11).
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MAESTRO E DISCEPOLO
La non dualità di maestro e discepolo è il cardine del Buddismo. Il maestro è sempre qualcuno che conduce una vita basata su una grande missione e apre la strada ai discepoli. Il compito dei discepoli è imparare sinceramente dal maestro, espandere il cammino da lui aperto e prolungarlo, ereditando la sua fede e il suo spirito di guidare le persone alla felicità.
Lo scopo della religione è rendere felice ogni persona, ma è possibile che anche un insegnamento che aveva questo intento originale finisca per limitare le persone. Cosa occorre perché non si verifichi una tale distorsione? Una forte relazione con il maestro.
Maestro e discepolo non sono posti su due piani diversi, dove uno è superiore all’altro. Sono compagni che si impegnano insieme con lo stesso, profondo desiderio: costruire un mondo in cui l’ideale del rispetto della dignità della vita sia largamente diffuso.
I membri della Soka Gakkai considerano come eterni maestri i primi tre presidenti della Soka Gakkai, grazie alla cui dedizione altruistica il Buddismo di Nichiren Daishonin si è diffuso in tutto il mondo, conoscendo uno sviluppo senza precedenti nella storia.
Una vittoria autentica
Vivendo la realtà quotidiana sulla base della filosofia buddista del rispetto della vita - spiega Daisaku Ikeda - possiamo stabilire una condizione vitale libera e indipendente dalle circostanze esterne. In questo modo possiamo realizzare una vittoria autentica e la creazione di una società pacifica
Una vittoria autentica non si ottiene se si vacilla continuamente fra la speranza e la paura per ciò che ci attende in futuro. Il Buddismo è ragione.
Solo se affrontiamo la vita con uno stato mentale sereno e limpido – forgiato coltivando la nostra forza interiore e purificando la nostra fede – possiamo far emergere da dentro di noi le meravigliose funzioni della vita che ci indirizzano verso la vittoria.
Purificare e rafforzare costantemente noi stessi attraverso la fede: questo cammino di crescita personale interiore basato sulla Legge mistica è la via diretta verso un’autentica vittoria della vita. Per noi della SGI ciò significa una pratica regolare di Gongyo e Daimoku mattina e sera e lo svolgimento delle attività per kosen-rufu.
La Legge mistica è la Legge fondamentale che abbraccia e dà significato a tutte le cose ed è il nucleo, il fondamento dell’armonia.
La vera vittoria nel Buddismo consiste nel trasformare l’incomprensione in comprensione, il conflitto in fiducia reciproca e la divisione in unità, attraverso il potere della Legge mistica. La vittoria certa per la quale il Daishonin esorta i discepoli a lottare consiste nella realizzazione della propria felicità e di quella degli altri attraverso il potere armonizzante della Legge mistica (BS, 146, 45).
Dove c’è la sfida, c’è lo sviluppo.
Dove c’è la sfida, c’è la speranza.
Dove c’è la sfida, c’è la gioia.
Dove c’è la sfida, c’è la felicità.
Dove c’è la sfida, c’è la vittoria.
(NRU, 26, 89)
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LA RIVOLUZIONE UMANA
Il Buddismo mira a liberarci dalle sofferenze di nascita e morte fornendoci il mezzo per risvegliarci alla verità immutabile, cioè alla nostra natura di Budda.
Gli insegnamenti buddisti più antichi insegnavano che gli individui potevano arrivare all’Illuminazione solo attraverso enormi sforzi negli studi dottrinali e nelle pratiche meditative. Al contrario, gli insegnamenti del Daishonin sostengono che tutti noi, quali che siano le nostre capacità e le nostre circostanze, possiamo accedere alla verità fondamentale.
Praticando i princìpi del Buddismo del Daishonin, portiamo a termine il processo della rivoluzione umana, riuscendo a trasformare ciò che precedentemente potremmo avere considerato un destino prestabilito, al quale dovevamo rassegnarci. Affrontando le vicissitudini della vita quotidiana sulla base degli insegnamenti di Nichiren Daishonin, possiamo stabilire uno stato di felicità assoluta e indistruttibile, indipendente dalle nostre circostanze.
Traboccanti di vitalità e di fiducia, possiamo fronteggiare e superare qualunque sfida, in particolare le sofferenze legate alla malattia, all’invecchiamento e alla morte. Possiamo risvegliarci al nostro illimitato potenziale e farlo emergere per realizzare i nostri sogni.
Il fine ultimo della pratica buddista, parallelo al nostro risveglio individuale e inseparabile da esso, è quello di creare una società pacifica fondata sull’eguaglianza e la giustizia radicate nel rispetto per la natura di Budda innata in ogni individuo (I misteri di nascita e morte, Esperia, pag. 210).
In prima persona
Impegno, tenacia e determinazione
Senza lasciarsi sconfiggere dai limiti che incontra, Francesca trasforma il karma in missione: le difficoltà legate alla disabilità del figlio diventano l’occasione per sostenere tante altre realtà come la sua, realizzando lei stessa una famiglia armoniosa
Sono cresciuta con una madre che ha fatto molta fatica a esprimere i suoi sentimenti.
Non mi sono mai sentita accettata da lei e per questo ho sempre fatto fatica ad accettare me stessa.
I miei rapporti sentimentali sono stati segnati dal senso di insicurezza, condizionati da ciò che “l’altro” voleva che io fossi. Anche la relazione con il padre dei miei due bambini si rivelò un fallimento e il nostro rapporto iniziò a lacerarsi in modo definitivo dopo la diagnosi di autismo al più piccolo.
Decisi di lasciare il lavoro – ero farmacista – per dedicarmi ai miei figli e mi iscrissi a un nuovo corso di laurea. Entrai nell’associazione di famiglie con figli autistici, impegnandomi nel sostenere le altre famiglie e raggiunsi alcuni obiettivi, ma senza mai provare gioia. Intanto mio figlio più grande iniziava a dare evidenti segni di malessere. Non vedevo via di uscita.
A novembre 2015 per il tirocinio universitario fui assegnata a una struttura dove incontrai una ragazza che mi parlò della pratica buddista. Una sera, dopo l’ennesima lite con mio marito, iniziai a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Ancora non sapevo che questa azione avrebbe cambiato la mia vita.
Poco dopo aver iniziato a praticare mi sentii abbastanza forte per dire al mio compagno che volevo mettere fine a quell’assurda convivenza e lui, incredibilmente, fu d’accordo.
Il mio cambiamento aveva determinato in lui un atteggiamento completamente diverso.
Il maestro Ikeda spiega: «È un comune difetto umano dare la colpa delle proprie sofferenze ai fenomeni esterni – le altre persone, le circostanze al di fuori del nostro controllo e così via – anziché cercarne le cause dentro se stessi. Ma se assumiamo la non dualità della vita e del suo ambiente come principio base della nostra vita (esho funi), acquisiamo la consapevolezza che la causa fondamentale di tutti i nostri problemi non si trova nell’ambiente, bensì dentro di noi» (I misteri di nascita e morte, Esperia, pag. 161). Avevo sperimentato che recitando Nam-myoho-renge-kyo potevo realizzare qualsiasi cosa e nel giro di pochi anni, grazie anche all’incoraggiamento dei compagni di fede, trovai i finanziamenti per realizzare nella mia città un progetto che accarezzavo da tempo ma che sembrava impossibile: una “stanza multisensoriale” capace di alleviare i disturbi dei bambini autistici, migliorandone la qualità di vita.
È stata inaugurata nel 2018 con grande risonanza nazionale, molti articoli e un servizio RAI.
In seguito tramite congressi, eventi con le scuole e iniziative benefiche sono riuscita a raccogliere importanti contributi per la nostra associazione, grazie ai quali oggi siamo in grado di pagare sia le terapie dei bambini di molte famiglie in difficoltà, sia progetti di ampio respiro, come l’acquisto e la ristrutturazione di una cascina destinata a diventare una struttura aperta alla comunità. Inoltre, dal 2019 mi è stata affidata la presidenza del Centro per l’Autismo di Novara e Vercelli, una struttura che ha in carico centosessanta persone dai due ai cinquanta anni.
È lì che ho affrontato il lockdown e la sfida di aiutare “in remoto” i nostri ragazzi e le loro famiglie, mai così fragili e isolati, e i dipendenti di cui dovevo proteggere il posto di lavoro.
Anche in quei momenti ho scelto di affidarmi al Gohonzon. Abbiamo ricevuto notevoli contributi che ci hanno consentito di ripartire con le attività in presenza e a domicilio.
Per tutto questo c’è una sola parola: gratitudine! Scrive Daisaku Ikeda: «Solo nella misura in cui ci preoccupiamo dei problemi e delle sofferenze degli altri e agiamo per la loro felicità e il loro benessere possiamo accumulare i “tesori del cuore” e stabilire una condizione di felicità nella nostra vita che nessuna difficoltà o avversità potrà distruggere» (MDG, 2, 129).
Nella mia vita personale, grazie all’equilibrio raggiunto con il padre dei miei figli, ho visto i miei bambini rifiorire.
Federico, il più piccolo, negli ultimi anni ha fatto progressi incredibili, al punto da avere un profilo ad “alto funzionamento”, con grandi autonomie e abilità sociali impensabili anni fa.
Alessandro, il più grande, è diventato protagonista del percorso di crescita del fratello aiutandolo ad acquisire gran parte delle sue autonomie, e ha maturato un senso di responsabilità e una determinazione nel perseguire i suoi obiettivi incredibile per la sua età. E oggi, oltre a essere uno studente brillante, sta inseguendo il suo grande sogno di diventare un calciatore professionista.
Da parte mia, sono riuscita a laurearmi per la seconda volta con il massimo dei voti. Oggi riesco a guardare mia madre con gratitudine, riconoscendole ciò che ha fatto per me. Non avrei mai ottenuto questi risultati senza dedizione: la pratica buddista è impegno, tenacia, determinazione. Ho sperimentato che recitando Nam-myoho-renge-kyo al Gohonzon con sincerità, seguendo il cammino di maestro e discepolo, nessun obiettivo è così grande da non poter essere realizzato.
Il coraggio e la gratitudine che emergono dal Daimoku
Dopo un’adolescenza sofferta per i ripetuti episodi di bullismo, Simone conosce il Buddismo e trasforma la sua vita. Ispirato dagli incoraggiamenti del maestro Ikeda, affronta le sue paure con il Daimoku, facendo degli aspetti più dolorosi della sua vita il trampolino per realizzare le sue vittorie in famiglia, nello studio e sul lavoro
Ho incontrato il Buddismo due anni fa, all’età di ventidue anni, mentre frequentavo l’ultimo anno di università in Scienze e tecnologie alimentari. In quel momento della mia vita sentivo dentro di me l’urgente necessità di fare il tanto temuto “coming out” sulla mia omosessualità con i miei genitori e con le persone a me più care. Ero immerso nella paura e nei ricordi di un’adolescenza di bullismo e discriminazione.
Durante il periodo delle superiori i compagni di tutta la scuola mi avevano disprezzato e insultato, in classe e nei corridoi, arrivando a mettermi le mani addosso. Non ebbi nemmeno il coraggio di parlarne con i miei, i quali scoprirono da soli ciò che stavo attraversando.
Gli anni successivi non furono facili, soffrivo spesso di tachicardia e mi sentivo a disagio in mezzo alle persone.
Fino a quando il desiderio di cambiamento e di felicità irruppe nella mia vita.
Grazie all’incontro con il Gohonzon e il maestro Ikeda, la mia esistenza iniziò a cambiare. Serbando nel cuore le parole di Nichiren Daishonin: «Quando c’è da soffrire soffri, quando c’è da gioire gioisci, considera allo stesso modo sofferenza e gioia e continua recitare Nam-myoho-renge-kyo» (Felicità in questo mondo, RSND, 1, 607), mi lanciai a capofitto in una nuova vita. Di lì a poco riuscii a parlare con i miei genitori e con tutte le persone con le quali non ero più disposto a mantenere questo segreto. Volevo vivere con sincerità e con gioia.
Le cose cominciarono a cambiare velocemente. A giugno partecipai al mio primo zadankai e trovai la calorosa famiglia Soka ad accogliermi. Ne rimasi colpito.
Essendo sempre stato cattolico, fu un vero cambiamento iniziare a praticare una religione totalmente diversa, sia per me sia per i miei genitori, che ebbero più facilità ad accettare la mia omosessualità che la pratica buddista. A fine giugno decisi di ricevere il Gohonzon ma mia madre si oppose perché credeva che la Soka Gakkai fosse una setta.
All’inizio mi arrabbiai, ma i miei compagni di fede mi incoraggiarono a recitare un forte Daimoku per riuscire a farle capire il cambiamento e la felicità che il Buddismo mi stava dando.
In pochi giorni mia madre cambiò idea, e tutto divenne ancora più semplice quando incontrò i miei compagni di fede.
Nonostante avessi rivelato la mia omosessualità, continuavo a sentire una forte paura del giudizio degli altri e una radicata collera verso coloro che per anni mi avevano pesantemente bullizzato. Studiai da subito le guide del maestro Ikeda e compresi che ero io il primo a giudicare coloro che mi discriminavano. Accolsi il fatto che dovevo essere io ad accettare per primo me stesso, e non gli altri.
Oggi, praticando il Buddismo quotidianamente, ho tirato fuori quella forza necessaria per riuscire a provare gratitudine anche verso coloro che mi hanno creato tanto dolore, e li ho perdonati.
Nel 2019 ho affrontato tutte le difficoltà che si sono presentate nel concludere i miei studi universitari. La chiave per rialzarmi a ogni esame che fallivo è stato il coraggio che emergeva dal Daimoku, insieme all’incoraggiamento continuo del maestro Ikeda e dei compagni di fede e al sostegno caloroso dei miei genitori. In quel periodo una cara amica alla quale avevo parlato del Buddismo ricevette il Gohonzon. Fu una gioia senza limiti! Ora restava l’ultimo esame prima della discussione della tesi di laurea, che volevo concludere entro la fine dell’anno.
Senza arrendermi, il 9 dicembre del 2019 mi sono laureato! La gioia più grande è stata la gratitudine che ho sentito verso i miei genitori, verso la Legge mistica, verso i compagni di fede, ma soprattutto la gioia che deriva dal legame con il maestro Ikeda che con le sue parole mi ha accompagnato verso la vittoria.
Qualche mese prima pensavo di non avere un legame abbastanza forte con lui, ma poi ho capito che era solo un pregiudizio verso me stesso e che il legame con il maestro sta nel perseguire assieme a lui il grande obiettivo di kosen-rufu e la propria rivoluzione umana, senza vacillare e senza retrocedere.
Il 2020 si sta rivelando un anno molto significativo. Ho superato il periodo del lockdown recitando quanto più Daimoku ho potuto e partecipando a tutte le riunioni online della Soka Gakkai.
Inoltre, ho sostenuto con tutte le forze le attività dei ragazzi del Gruppo futuro: l’aver vissuto un’adolescenza così pesante fa ardere in me la missione di sostenerli con tutto il cuore. Ho legato al successo di questa attività diversi obiettivi personali, e li ho realizzati tutti.
In particolare, proprio nel periodo in cui mi impegnavo di più per sostenere i ragazzi, sono stato chiamato da un’azienda per un nuovo lavoro nel settore dei miei studi, cosa molto difficile in questo momento di pandemia. Una vittoria della quale io stesso sono stupito!
Tutte queste esperienze arricchiscono la mia fede. Sono grato al mio maestro e rinnovo ogni giorno la mia promessa di contribuire sempre al nostro movimento per la pace.
Esprimendo la mia vita così com’è
Grazie al Buddismo e al legame con il maestro, Laura riesce a trasformare diversi aspetti della sua vita. Durante il lockdown realizza anche uno dei suoi sogni: far emergere la sua creatività e lavorare come visual designer
I miei genitori hanno iniziato a praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin quando avevo dieci anni, e dieci anni dopo anche io sono diventata membro della SGI.
Grazie al Buddismo ho trasformato molti aspetti della mia vita: ho trovato la forza di cambiare il percorso di studi che avevo iniziato, mi sono laureata in Graphic Design e ho iniziato da subito a lavorare in questo campo con grandi soddisfazioni.
In questi anni, però, ho sempre combattuto con un “demone interno” che mi ripeteva quanto io non fossi mai abbastanza e che l’unico modo per essere accettata dal mondo fosse quello di annullare i miei desideri e le mie emozioni.
Nel 2017 la fine di una lunga relazione ha fatto sì che tutto ciò venisse amplificato, sentendo sempre meno il valore della mia vita. Quell’anno durante il corso buddista dei giovani a Chianciano, ricordo di aver promesso profondamente a Sensei che entro il 2020 avrei trasformato quel senso di inadeguatezza per far fiorire la mia vita in tutti i campi.
Non sapevo ancora cosa volesse dire, sentivo solo un grande vuoto e la voglia di riempirlo mi portava continuamente a scappare. Mi sono trasferita a Londra e poi a Milano, dove questo vuoto si è fatto sempre più grande e ho iniziato a soffrire di attacchi di panico. Ricordo la continua paura di stare da sola, la fatica di allontanarmi da casa, ma anche la difficoltà di rimanerci.
Cercando nuovamente di scappare da tutto, mi licenziai dalla mia agenzia e, dopo la fine di un’altra storia d’amore, tornai a Mestre, a casa dei miei genitori.
Nulla aveva più senso, avevo perso completamente l’appetito e l’unica cosa che mi teneva a galla erano le parole del maestro Ikeda che mi prometteva che l’inverno si trasforma sempre in primavera e che chi soffre di più, sarà più felice.
Perché mai non dovevo credergli?
Con il sostegno costante delle mie compagne di fede – alle quali sarò sempre grata – continuavo a recitare Daimoku cercando di tirare fuori l’acqua da un deserto sempre più desolato e secco.
Non sentivo nessun desiderio, ma recitavo Daimoku per riuscire a sentire nuovamente la voglia di vivere.
Sono certa che l’attività per gli altri fatta nella Soka Gakkai mi abbia permesso di non arrendermi nei momenti cruciali.
Ho avuto anche la buona fortuna di incontrare una brava psicologa che mi ha supportata nel modo migliore che potessi desiderare. I mesi passavano e io piano piano iniziavo a riprendermi. Decisi che avrei festeggiato l’inizio del 2020 con una grande voglia di vivere. Il mio potenziale creativo stava finalmente uscendo e mi stava permettendo di incoraggiare tutte le giovani donne che incontravo. In quei mesi, il modo in cui affrontavo la situazione ha incoraggiato quattro amiche a iniziare a praticare, due delle quali hanno deciso di ricevere il Gohonzon, rivoluzionando la loro vita.
Incoraggiare chiunque mi circondasse era diventato l’unico modo per riuscire a sentire il valore della mia stessa vita.
Capii che non potevo più accontentarmi, che potevo davvero desiderare senza limiti.
Davanti al Gohonzon decisi che entro il 16 marzo, giorno di kosen-rufu, avrei trovato un lavoro stimolante che mi permettesse di usare la creatività a sostegno delle persone.
Di lì a poco un’amica mi chiamò per dirmi che nella sua azienda cercavano personale.
Andai subito a fare il colloquio e scoprii che cercavano esattamente quello che avrei voluto fare io. Nel giro di una settimana iniziai a lavorare come Visual Designer in un’agenzia il cui focus è migliorare l’esperienza delle persone tramite il dialogo. Questo nuovo lavoro mi ha dato la spinta per riconoscere nuovamente in me la voglia di creare.
Durante la quarantena, infatti, sono riuscita a sviluppare dei progetti personali di comunicazione. Ho lavorato con tutta me stessa per riuscire a superare ogni limite, proprio in quella situazione in cui i limiti fisici erano i quattro muri della mia camera.
In pochi giorni i miei lavori sono arrivati oltre oceano e un’agenzia di Miami mi ha proposto un’importante collaborazione.
Ho iniziato a esprimere davvero la mia vita, senza adeguarmi alle situazioni e alle persone. Non serviva più scappare: la mia missione era lì e scavando dentro di me avrei potuto superare ogni barriera e far fiorire ogni campo della mia vita, così come avevo promesso a Sensei.
Negli ultimi mesi, quest’apertura mi ha permesso di accogliere molte altre cose, come la volontà di acquistare una casa tutta mia e, non ultima, la conoscenza di una persona con la quale non ho bisogno di annullare nessuna parte di me. Non potrei essere più felice!
Ora mi sveglio la mattina con il sorriso e sono profondamente grata a tutto quello che ho vissuto. Ho capito che in ogni momento spetta a me decidere se continuare a reprimere alcune parti di me per paura di soffrire, oppure sfruttare ogni aspetto della mia vita per incoraggiare gli altri. Miro al 2030 con la volontà di seguire la seconda strada, esprimendo la mia vita così com’è, senza più paura di disturbare, senza più nascondermi, fidandomi di chi sono e dei fiori che posso far sbocciare dentro e fuori la mia vita.