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12 novembre 2025

Mobilitare la solidarietà globale per affrontare le sfide della crisi climatica

In previsione della COP30 il Comitato della Soka Gakkai Internazionale per le prospettive globali ha rilasciato una Dichiarazione sul cambiamento climatico

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In questo momento critico due minacce esistenziali pongono a rischio la sopravvivenza delle generazioni attuali e di quelle a venire: il rischio crescente di uso delle armi nucleari, che ora, da dopo la fine della guerra fredda, ha raggiunto i suoi massimi livelli, e l’intensificarsi della crisi climatica che ha una dimensione tanto urgente da essere descritta come “ebollizione globale”. A gennaio di quest’anno la Soka Gakkai Internazionale (SGI) ha rilasciato una dichiarazione sulla prevenzione dell’uso di armamenti nucleari. In linea con questo impegno per la sopravvivenza e in previsione della trentesima riunione della Conferenza delle parti (COP30) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) che si sta svolgendo a Bélem, Brasile, a partire dal 10 novembre, la SGI ha rilasciato la seguente dichiarazione.

Quest’anno l’impatto delle temperature anomale sulle regioni del globo ha superato quello dell’anno scorso, considerato ufficialmente come l’anno più caldo della storia. Inondazioni e piogge torrenziali senza precedenti si verificano con sempre maggiore frequenza causando danni catastrofici di una portata che prima era impensabile. Mentre la concentrazione di anidride carbonica, il principale gas serra, ha raggiunto livelli record, tutti i principali ghiacciai del mondo stanno continuando a sciogliersi e il livello medio del mare ha toccato i massimi storici per il tredicesimo anno consecutivo. Inoltre, l’aumento senza precedenti di incendi boschivi di vaste proporzioni ha contribuito a una impennata della perdita di foreste primarie in tutto il mondo, portando ai massimi storici anche l’area totale di foreste distrutte. È stato osservato che “il futuro non è più quello di una volta”.
In passato, anche quando le società andavano incontro a vari cambiamenti, il futuro era ancora percepito come qualcosa di relativamente prevedibile. Ma adesso ovunque si manifestano situazioni critiche, in termini sia di innalzamento delle temperature sia di disastri naturali, tali che in molti paesi le persone avertono un netto e innegabile mutamento di rotta: la sensazione di essere entrati in una dimensione radicalmente diversa da qualsiasi cosa vissuta in precedenza. Mentre cresce l’incertezza per il futuro, c’è la profonda preoccupazione che, per quanto riguarda la crisi climatica, stiamo avvicinandoci a una soglia critica in due aree principali.

La prima riguarda la crescita effettiva delle temperature medie globali. Lo scopo stabilito dall’Accordo di Parigi, di limitare l’aumento della temperatura media del globo a 1,5 gradi Celsius, oggi è fortemente a rischio. Gli effetti della crisi climatica hanno già causato gravi danni ai mezzi di sostentamento delle persone e alle loro case, in particolare nei Paesi insulari del Pacifico e in altri luoghi, e il numero di coloro che ne sono colpiti continua ad aumentare. Un riscaldamento sensibilmente superiore al limite di 1,5 gradi condurrebbe inevitabilmente a danni ancor più gravi alla vita, alla dignità e ai mezzi di sostentamento di tante persone nel mondo.

La seconda area di preoccupazione riguarda il rischio crescente che la solidarietà internazionale, essenziale per affrontare queste sfide comuni, si stia indebolendo. Negli ultimi anni è diventato sempre più difficile raggiungere un accordo tra le nazioni, e misure come l’aumento dei dazi hanno contribuito ad alimentare paure per il futuro dell’economia globale. Di conseguenza la cooperazione mirata a ridurre significativamente le emissioni di gas serra sta incontrando gravi ostacoli.

In questa crescente situazione di incertezza e instabilità, un senso di rassegnazione sta iniziando a impadronirsi della popolazione mondiale, la sensazione che forse risolvere la crisi climatica sia al di là delle nostre capacità. Se tale disperazione si diffonderà, non solo inibirà lo slancio a incrementare le azioni per il clima, ma minaccerà anche l’impegno relativo alle iniziative già esistenti. Ciò nonostante, ci sono ancora molti ambiti in cui ognuno di noi, membri della società civile, può far sentire la propria voce e compiere azioni che promuovano una trasformazione più ampia. Per esempio, l’energia rinnovabile una volta era ritenuta poco pratica da molti paesi, ma adesso l’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) prevede che nel 2026 supererà il carbone come maggiore fonte di elettricità nel mondo.
Il Brasile, che ospiterà la COP30, è stato anche sede del Summit della Terra nel 1992 dove la UNFCCC e la Convenzione sulla diversità biologia (CBD) sono state per la prima volta aperte alla firma. Questi accordi epocali, insieme alla cooperazione internazionale alla quale abbiamo assistito negli ultimi anni in occasione della pandemia di Covid 19, ci devono ricordare che gli esseri umani possiedono intrinsecamente la capacità di unirsi al di là dei confini nazionali e di progredire su una strada comune. Anche di fronte a crisi senza precedenti, siamo in grado di abbracciare uno spirito di solidarietà reciproca, di unire le forze per proteggere la vita e la dignità, nostra e degli altri, rifiutando di cedere alla disperazione.
Guidata da questa convinzione, la SGI si è adoperata per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla crisi climatica e altre questioni ambientali. Fra le varie iniziative abbiamo realizzato la mostra “Seeds of Hope & Action: Making the SDGs a Reality,” (Titolo italiano: “I semi della speranza”) una iniziativa congiunta della SGI e di Earth Charter International (Carta Internazionale delle Terra) che mette in luce possibili cammini per la sostenibilità. La mostra, in dieci lingue, è stata esposta finora in ventiquattro nazioni e territori. Inoltre, la Soka Gakkai collabora sin dal 2021 con l’Organizzazione internazionale per il legname tropicale (ITTO) per contribuire alla riforestazione nell’Africa occidentale. Queste iniziative sono parte del nostro impegno più vasto a costruire una società globale sostenibile.
In questa occasione vorremmo sottoporre due proposte, una concentrata sulla società civile e l’altra sui giovani, che mirano a rafforzare la solidarietà internazionale per catalizzare il progresso delle iniziative per affrontare la crisi climatica basandosi sulle esperienze che abbiamo acquisito attraverso le attività tuttora in corso.

La prima proposta riguarda la mobilitazione della società civile. Per affrontare la crisi climatica, anche attraverso gi sforzi di ridurre le emissioni di gas serra, le misure a livello nazionale da sole non bastano. Ciò di cui c’è urgente bisogno è unire la volontà delle persone di ogni luogo nel ricercare un futuro di speranza e sicurezza. Le iniziative della società civile pongono le fondamenta per un’azione radicata nella determinazione incrollabile a risolvere questa crisi.
Le comunità religiose, con le loro diverse tradizioni di fede, possono svolgere un ruolo vitale in questa direzione. A un evento organizzato dall’Interfaith Liaison Committee (ILC) dell’UNFCCC durante la COP29 in Azerbaijan, nel novembre 2024, un rappresentante della SGI ha sottolineato il seguente punto: poiché più dell’ottanta per cento della popolazione mondiale aderisce a qualche forma di credo, le comunità di fede sono in una posizione unica per ispirare la trasformazione comportamentale essenziale per affrontare la crisi climatica.
Mentre la SGI continua a impegnarsi sui temi del cambiamento climatico in collaborazione con altre organizzazioni non governative (ONG), una particolare enfasi viene posta su tre aree chiave:

  1. Diffondere informazioni accurate sul cambiamento climatico;
  2. Dare rilievo alle voci di chi si trova in situazioni di vulnerabilità – come coloro che stanno vivendo direttamente le conseguenze del cambiamento climatico – e assicurare che siano incluse negli spazi di dialogo e decisionali;
  3. Incoraggiare, come persone di fede, l’adozione come principio guida in ogni discussione relativa al clima, di una prospettiva basata sull’umanità e sulla realtà vissuta dalle persone comuni.

Tra queste, il secondo e il terzo punto fanno riferimento all’approccio del presidente della SGI Daisaku Ikeda che durante la sua vita si è costantemente impegnato nel dialogo sviluppando proposte concrete per affrontare i problemi comuni a tutta l’umanità, tra cui il cambiamento climatico.

Nella sua Proposta di pace 2020 il presidente Ikeda diede la massima enfasi al non lasciare indietro coloro che lottano in circostanze difficili e fece riferimento in particolare agli abitanti delle nazioni insulari che affrontavano gravi eventi legati alle terre sommerse dall’innalzamento dei livelli del mare. Parlò anche delle iniziative dell’Istituto Toda per la pace, che egli fondò nel 1996, facendo notare che aveva condotto ricerche sull’impatto del cambiamento climatico sui paesi insulari del Pacifico sin dal 2018. E avvertì che: «Anche se queste persone, trasferendosi in un’altra isola, si sentirebbero più sicure da un punto di vista materiale, rimarrebbero prive di ciò che il rapporto chiama la “sicurezza ontologica” che percepivano vivendo sulla loro isola. Alla luce delle conclusioni della ricerca, è evidente che qualsiasi iniziativa per contrastare il cambiamento climatico deve assolutamente tener conto di questo genere di danni irreparabili» (BS, 200).
Inoltre, affermava il presidente Ikeda: «Quando si parla degli impatti del cambiamento climatico si ha la tendenza a concentrarsi sull’entità delle perdite economiche o su altri indicatori quantificabili, ma io ritengo sia importante considerare la sofferenza reale dei tanti individui che questi indici macroeconomici tendono a offuscare, ponendola al centro dei nostri sforzi per unirci nella ricerca di soluzioni» (Ibidem).

Secondo le proiezioni della Banca mondiale, se l’aumento delle temperature globali continuerà al ritmo attuale, il numero dei rifugiati che, in tutto il mondo, saranno costretti a lasciare i loro ambienti familiari a causa dell’impatto climatico supererà i 200 milioni entro il 2050. In tale contesto l’appello del presidente Ikeda oggi assume un’urgenza e un significato ancor maggiori.
L’ONU e il Brasile, che ospiterà la prossima COP30, hanno chiesto che le future azioni sul clima siano caratterizzate non solo dalle considerazioni politiche e dalle analisi scientifiche, ma anche dall’inclusività e dall’impegno etico. In linea con questo è stato sviluppato il Bilancio etico globale (Global Ethical Stocktake, GES), un ambito di dialogo che va al di là degli obiettivi numerici, come la riduzione dei gas serra, e chiede invece un riesame sostanziale, dal punto di vista etico, di ciò che noi, come esseri umani, stiamo facendo all’ambiente della Terra. È un tentativo di risvegliare un senso di volontà collettiva al di là dei confini nazionali e di ispirare l’umanità a scegliere nuovi modi di vivere per costruire un mondo dalle solide fondamenta etiche. Al cuore di questi sforzi c’è la consapevolezza che senza una trasformazione autentica del comportamento dell’umanità e delle sue priorità, anche le soluzioni tecnologiche più avanzate non potranno risultare pienamente efficaci.

Come primo passo in questa direzione, la SGI ha dichiarato il suo sostegno, da organizzazione basata sulla fede (FBO), all’applicazione del il Bilancio etico globale (GES). La SGI ha contribuito attivamente al processo di elaborazione del GES, in particolare grazie alle iniziative dei giovani, e recentemente ha riferito i propri risultati alla presidenza della COP30.
Noi speriamo di rafforzare la solidarietà reciproca tra le diverse tradizioni religiose per far sì che queste iniziative di importanza vitale diventino sempre più strumenti di sostegno per azioni concrete, fra cui la riduzione delle emissioni di gas serra. Ora più che mai tutte le tradizioni religiose devono essere fonti che alimentano la coscienza umana e guidano gli individui a rispondere concretamente alle sfide globali che stiamo affrontando. Inoltre, esse sono chiamate a svolgere un ruolo ancor più attivo nell’ispirare la resilienza dello spirito umano – uno spirito che rifiuta di arrendersi anche davanti alle peggiori difficoltà e che si leva deciso ad affrontare anche le prove più spaventose.
Da questo punto di vista la SGI propone che alle conferenze COP vengano create ulteriori opportunità, per le organizzazioni religiose e le FBO in genere, di riunirsi, condividere buone pratiche, imparare le une dalle altre e lavorare insieme nel trovare strade per affrontare la crisi climatica e costruire una società globale sostenibile.

La seconda proposta della SGI in questa occasione è l’istituzione di un consiglio permanente dei giovani all’interno del Segretariato della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) come mezzo per rafforzare i quadri istituzionali. Si tratterebbe di un gruppo, guidato da giovani, che ha lo scopo di esplorare e sviluppare nuove misure e strategie di applicazione mirate ad affrontare le difficoltà attuali, presentando poi queste idee alle sessioni annuali della COP.
Negli ultimi anni i giovani hanno fatto sentire le loro voci chiedendo urgentemente iniziative più energiche per il clima, per ridurre le emissioni di gas serra e condividere idee e iniziative nei rispettivi paesi e comunità. Alla base vi è la profonda e incrollabile determinazione a salvaguardare le fondamenta, non solo della sopravvivenza propria, ma anche di coloro che devono ancora nascere. Al centro, vi è il profondo desiderio di plasmare un futuro di speranza con le proprie mani.
Poiché le attuali decisioni della comunità internazionale avranno il massimo impatto sul futuro dei giovani e delle generazioni future, le richieste che vengano inclusi nei processi decisionali sono sempre più forti. Questo è essenziale nella prospettiva di raggiungere una giustizia climatica.
Su questo sfondo, nel 2022 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione storica che riconosce il diritto umano a un ambiente pulito, sano e sostenibile. È stata la prima volta che l’Assemblea generale dell’ONU ha riconosciuto formalmente questo diritto. E la risoluzione fa riferimento anche alle generazioni future come beneficiarie di questo diritto.

Negli anni la SGI ha spesso sottolineato l’importanza di integrare la prospettiva dei diritti umani nelle iniziative per il clima. Gli ambiti in cui lo ha fatto comprendono il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite e le conferenze COP annuali e anche, ad esempio, un evento collaterale durante la sesta sessione dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEA-6) che si è tenuta in Kenya nel 2024. La SGI è anche parte dell’appello globale (Global Call) per il riconoscimento universale del diritto umano ad avere un ambiente pulito, sano e sostenibile. Nel luglio di quest’anno la Corte internazionale di giustizia (ICJ) ha emanato uno storico parere consultivo in cui dichiara che gli stati hanno l’obbligo di proteggere l’ambiente dalle emissioni di gas serra e di cooperare reciprocamente nel prendere misure efficaci.
I giovani sono stati il catalizzatore in questo storico processo. Infatti, è stato il forte sostegno degli Studenti delle isole del Pacifico che lottano per il cambiamento climatico (PISFCC), un gruppo guidato da giovani, che ha indotto lo stato di Vanuatu a dare avvio ad una risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU in cui si richiedeva il parere consultivo dell’ICJ, che ha poi messo in moto il procedimento giudiziario. La passione e la vitalità dei giovani vanno incluse nel quadro internazionale su come affrontare la crisi climatica, permettendo loro di suscitare potenti ondate di trasformazione.
“Il futuro non è più quello di una volta”. Questo fu il monito che Aurelio Peccei, cofondatore e primo presidente del Club di Roma, rivolse all’umanità del XXI secolo. Tuttavia, con queste parole Peccei non intendeva solo avvisare che ci sarebbero state delle crisi da affrontare, bensì credeva che il futuro avesse deviato in maniera così netta dal modo in cui lo si intendeva una volta, che i metodi e i sistemi convenzionali non sarebbero più bastati per affrontare le crisi future. Nelle sue parole era implicita la convinzione che per trovare soluzioni efficaci la leadership andasse affidata alle generazioni più giovani.

Nella sua Proposta di pace 2020, pubblicata quattro mesi dopo lo storico Summit dei giovani sul clima indetto dalle Nazioni Unite, il presidente Ikeda rifletteva sull’opinione condivisa con Peccei riguardo al potenziale illimitato dei giovani, che entrambi avevano espresso nel loro dialogo Campanello d’allarme per il XXI secolo(1984):

«A differenza di temi come l’inquinamento e l’esaurimento delle risorse, oggetto di preoccupazione nel periodo in cui fu pubblicato I limiti dello sviluppo, le cui cause possono essere per la maggior parte individuate e analizzate separatamente, i fattori che causano il cambiamento climatico sono talmente integrati in ogni ambito della vita quotidiana e dell’attività economica da rendere molto più difficile l’individuazione di soluzioni. Proprio perché la sfida del cambiamento climatico è così complessa e richiede un approccio multiforme, possiamo considerarla un’occasione unica per gli esseri umani di esprimere in modo diversificato il loro potenziale illimitato» (BS, 200)

Anche prima di questa proposta il presidente Ikeda aveva sottolineato l’importanza cruciale di includere attivamente le voci dei giovani nella ricerca di soluzioni alle sfide globali. In una proposta del 2006 per la riforma dell’ONU, ad esempio, chiese che fosse istituita un’agenzia speciale dedicata a coinvolgere i giovani del mondo, oppure un dipartimento dei giovani all’interno dell’amministrazione dell’ONU. In linea con questa proposta, nel dicembre 2023, all’interno del Segretariato dell’ONU fu istituito l’Ufficio giovani che mira a potenziare ed espandere l’impegno dei giovani e la loro influenza all’interno delle Nazioni Unite.
Questa espansione del coinvolgimento dei giovani deve essere la massima priorità per i quadri internazionali che mirano ad affrontare la crisi climatica. A questo proposito Mary Robinson, forte sostenitrice della giustizia climatica, del dialogo intergenerazionale ed ex presidente di The Elders, un gruppo di ex capi di stato e di governo sostenitori dei ditti umani e altri statisti, insieme a Felipe Paullier, capo dell’Ufficio giovani delle Nazioni Unite, formulò il seguente appello, nel gennaio 2025:

«Le nostre complesse sfide globali richiedono la forza morale di non affrontare soltanto i problemi attuali, ma anche i rischi e le opportunità a lungo termine. Tale direzione non è intrinsecamente limitata a una sola generazione, ma viene rafforzata quando i processi decisionali includono prospettive diverse, fra cui quelle dei giovani. Coinvolgere i giovani come partner alla pari arricchisce il processo decisionale, apporta idee nuove e modi di pensare alle soluzioni orientati al futuro, recando beneficio sia alla generazione attuale che a quelle future».

In linea con questi sforzi l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai si è impegnato nel progetto internazionale Youth4Climate (Y4C) insieme al governo italiano e al Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP). Questa iniziativa permette ai giovani leader nell’ambito del clima e alle organizzazioni guidate da giovani di sviluppare e implementare soluzioni innovative ed efficaci per il cambiamento climatico. Attualmente Y4C ha dato un sostegno finanziario e cento progetti guidati da giovani in cinquantadue paesi.
Nel marzo 2024 i giovani della SGI in Giappone hanno lavorato con altri gruppi della società civile per organizzare il Future Action Festival presso lo Stadio Nazionale di Tokyo, un evento in cui si richiedevano azioni immediate per la crisi climatica e l’abolizione delle armi nucleari. Le voci di 120.000 persone, raccolte attraverso un sondaggio condotto in preparazione dell’evento, sono state alla base di una dichiarazione congiunta che da allora è sempre stata impiegata nelle attività di sensibilizzazione in corso. Nel settembre 2024 i rappresentanti della SGI hanno partecipato al Summit del Futuro presso la sede centrale delle Nazioni Unite dove hanno co-presentato eventi collaterali che condividevano con il Summit la prospettiva dei giovani.
Siamo fermamente convinti che promuovere queste iniziative che introducono il coinvolgimento costante dei giovani nel contesto di un attivismo della società civile in continua espansione, insieme all’istituzione di un consiglio permanente dei giovani all’interno del Segretariato della UNFCCC, sarà un potente segnale di cambiamento. Ora è tempo di creare spazi e opportunità in cui i giovani possano esprimere appieno il proprio potenziale e svolgere i ruoli di cui sono capaci.

Far finta di non vedere le gravi realtà che si mostrano davanti a noi non arresterà l’accelerazione della crisi. Basandoci sui due pilastri proposti - una mobilitazione globale delle persone comuni e la costruzione di istituzioni più forti in cui la presenza dei giovani sia sempre la regola - lavoriamo insieme per affrontare questa sfida epocale: proteggere non solo la vita, la dignità e i mezzi di sostentamento di coloro che vivono oggi su questo pianeta, ma anche quelli delle generazioni future.

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