Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione · Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione ·Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·

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16 ottobre 2025

Buongiorno con i giovani. Brevi letture da La nuova rivoluzione umana

immagine di copertina

Ogni giorno, dal lunedì al venerdì alle ore 07:00, sarà possibile collegarsi a un link per ascoltare in diretta la lettura di un breve brano de La nuova rivoluzione umana di circa cinque-dieci minuti, a cura di uno o una responsabile nazionale giovane.
Il link è il seguente:

Il lancio di questa attività avverrà sullo stesso link domenica 19 ottobre alle ore 19:00 e avrà durata di circa trenta minuti. È stata scelta questa data poiché è nota come il Giorno d’Italia. Infatti, il 19 ottobre 1961 il maestro Ikeda arrivò in Italia per la prima volta.

Le brevi letture continueranno ogni mattina alle ore 07:00 dal lunedì al venerdì. Appuntamento sempre allo stesso link, per circa cinque-dieci minuti, fino a venerdì 28 novembre.

“Buongiorno con i giovani, brevi letture da La nuova rivoluzione umana” sarà quindi un appuntamento quotidiano per sostenere al meglio le attività che ci vedranno protagonisti e protagoniste in questi mesi, inclusi gli zadankai dal 10 al 23 novembre e gli incontri cuore a cuore che realizzeremo nella settimana successiva, dal 24 al 30 novembre.

Buona nuova rivoluzione umana a tutti e tutte!


Mentre mangiavano Jujo espresse un interrogativo: «I credenti di Okinawa sembrano pieni di forza; traboccano di gioia e di benefici e progrediscono in maniera stupefacente. Come possono aver fatto questi progressi da soli, visto che Okinawa è praticamente una terra straniera e noi della sede centrale non abbiamo potuto esser loro vicini più di tanto?».
«Queste persone», rispose Shin’ichi, «hanno lottato con la consapevolezza di essere le sole deputate ad arrecare felicità a Okinawa. Non stanno lottando perché qualcuno ha suggerito loro di farlo. Ogni individuo ha sviluppato il suo senso di responsabilità e ha scoperto la sua missione per fare la propria parte nella realizzazione di kosen-rufu. Ecco perché sprizzano di gioia, ricevono benefici e progrediscono.»

«Capisco», replicò Jujo annuendo, «tutto dipende quindi dalla consapevolezza della propria personale responsabilità»; poi aggiunse: «Effettivamente, mi ricordo di quando frequentavo l’accademia navale. Spesso uscivamo in batello e c’era sempre qualcuno che aveva il mal di mare ma, se quella stessa persona prendeva il timone, si rimetteva per fettamente. È probabile che questa reazione sia dovuta alla tensione che deriva dal sapere che tutto dipende da te. È stato in quelle occasioni che ho scoperto che chi soffre il mal di mare lo deve al suo atteggiamento passivo, al fatto di sentirsi semplicemente trasportato qua e là, piuttosto che essere lui a condurre l’imbarcazione.» Shin’ichi aveva ascoltato con interesse la storia di Jujo. «È proprio così!» esclamò annuendo. «Anche per quanto riguarda la promozione del movimento di kosen-rufu, il coinvolgimento delle persone, così come le azioni che intraprende, differisce decisamente a seconda che esse si assumano la responsabilità di governare il battello o che si accontentino di lasciarsi semplicemente trasportare in veste di passeggeri. Chi fa il passeggero non farà altro che lamentarsi e protestare nei riguardi della barca o dell’equipaggio che lo conduce se si verifica qualcosa che non va. Persone del genere non possono progredire. «Quando ero impiegato del presidente Toda decisi risolutamente di assumermi la piena responsabilità sia dell’azienda sia della Soka Gakkai. Ero solo un impiegato e non avevo nessuna carica nell’ambito della Soka Gakkai, ma non è una questione di cariche o di qualifiche: è una questione di coinvolgimento. «Essendomi preso tutta la responsabilità, non riuscivo a essere minimamente critico, anche quando il mio stipendio era in arretrato. Non solo, ma pensavo continuamente a come fare per perfezionare il reparto dove lavoravo e alla crescita globale dell’azienda. Credo che questa mia attitudine al coinvolgimento mi sia molto utile al giorno d’oggi.»

Shin’ichi si volse verso il giovane Eisuke Akizuki. «Il presidente Toda mi raccontò una storia un giorno: una fabbrica era fallita; i suoi impianti e macchinari sequestrati e messi all’asta. Quando uno dei compratori si recò a prelevare uno dei macchinari che aveva acquistato, un operaio gli si fece incontro e lo supplicò: “Per anni e anni ho avuto cure amorose per questa macchina. Porti via anche me, se è venuto a prenderla!” Per Toda questo era un atteggiamento ammirevole, rivelava lo spirito di un artigiano. Quell’operaio non si considerava merce in vendita, uno che lavorava solo perché era pagato per farlo. Avrebbe seguito il destino della sua macchina per quanta passione aveva messo nel suo lavoro. «Il presidente Toda provava decisamente fastidio per quelli che lavoravano solo per il denaro. Sosteneva in particolare che i giovani che la pensano così non hanno prospettive nel futuro. «La stessa cosa vale per l’attività che si svolge per kosen-rufu. In qualsiasi campo, non si può sperare di padroneggiare alcunché se si ha una mentalità da mercenari. I giovani devono sempre affrontare le loro sfide con lo spirito di guidare il proprio destino. Non vi sembra che questo significhi assumersi la piena responsabilità?» concluse Shin’ichi con un allegro sorriso. Era nei giovani soprattutto che voleva instillare queste convinzioni. Nei futuri dirigenti della Soka Gakkai voleva far nascere la consapevolezza di essere i protagonisti, gli attori principali del movimento di kosen-rufu. La sua responsabilità di presidente della Soka Gakkai era di prendere a bordo del grande vascello dell’organizzazione gente di tutti i tipi e traghettarla senza rischi sulla sponda di kosen-rufu, dove pace e serenità prevalgono. Per mantenere la nave in buone condizioni, affinché potesse affrontare intemperie di tutti i tipi – nebbia, uragani, bufere e via dicendo – e sbarcare i credenti nel porto della felicità, c’era bisogno di persone di talento e dato che lui, il comandante, poteva in qualsiasi momento essere messo fuori gioco dai suoi malanni, cercava disperatamente di far crescere gente capace, che si sarebbe potuta occupare del bastimento con la sua stessa determinazione, il suo stesso coinvolgimento. Nessuno degli altri dirigenti, però, riusciva davvero a percepire ciò che Shin’ichi aveva nel cuore. Da una parte non erano in grado di intuire la grandiosità della visione di kosen-rufu che lui portava in sé. Dall’altra si cullavano nella convinzione secondo cui avendo Shin’ichi solo trentadue anni non c’era da preoccuparsi troppo per il futuro immediato. E questo soprattutto perché vedevano di persona il vigore e la forza con cui si buttava nella mischia. Questo fatto non faceva altro che confermare in loro la convinzione che bastasse lasciare a lui il timone perché tutto andasse a buon fine. Finito di cenare, ognuno si recò ai rispettivi luoghi di riunione per ascoltare e consigliare i credenti del luogo. Poi si ritrovarono ancora tutti al Komyoji, il tempio della Nichiren Shoshu della città di Naha. La cerimonia inaugurale del tempio Komyoji aveva avuto luogo a marzo. La Soka Gakkai aveva edificato e donato il tempio a seguito della richiesta affannosa dei credenti di avere un posto dove poter soddisfare la domanda sempre crescente di conferimento dei Gohonzon.
Fukuyasu Takami e i suoi compagni del posto si erano consumati i piedi per trovare un terreno adatto. Poi, dovendo richiedere un numero esorbitante di permessi per l’importazione dei materiali dal Giappone, avevano affrontato un’ulteriore odissea attraverso gli uffici della pubblica amministrazione locale. Grazie a loro e all’impegno di tutti gli altri credenti, a Okinawa fu edificato il primo tempio in territorio straniero.

Dopo aver salutato con un inchino, Shin’ichi si sedette dietro un lungo e stretto tavolo posto di fronte ai suoi ospiti. «Grazie a tutti per essere intervenuti. Allora, vogliamo cominciare?» esordì rivolto alla platea. Nel corso della riunione, Shin’ichi dedicò molto tempo per rispondere alle domande dei suoi interlocutori, più di quanto non avesse fatto durante le altre tappe del suo viaggio. Era pienamente consapevole di quanto fosse dura la vita di quei contadini e voleva incoraggiare con i consigli più appropriati quelli che, in assenza di qualcuno che indicasse loro una strada da seguire, stavano cercando una via d’uscita alle proprie difficoltà in disperata solitudine. «Vi prego, non fatevi scrupolo di chiedermi qualunque cosa. Sono qui per questo» disse. 
Immediatamente si levarono quattro o cinque mani: tutti avevano atteso con ansia quell’occasione. Per la maggior parte le domande erano incentrate proprio su questioni di sopravvivenza quotidiana. 
Piuttosto agitato, si fece avanti un uomo sui quarant’anni. «Professione agricoltore!» esordì col fare di un militare che si presenta col proprio grado. «La prego, non sia così teso» disse Shin’ichi. «Non siamo nell’esercito. Siamo fra amici, in famiglia. Si metta a suo agio, come se fosse a casa sua.» I presenti risero e un sorriso sincero illuminò anche il volto bruciato dal sole dell’uomo, che proseguì raccontando di aver cominciato da poco a coltivare ortaggi con scarsi risultati. Ora si trovava a dover far fronte a grossi debiti. Si chiedeva cosa potesse fare per superare quella situazione. 
«Per quale ragione il raccolto è stato scarso?» domandò Shin’ichi. «Credo che in parte sia dovuto al tempo...» «C’è stato qualche agricoltore che coltivando gli stessi ortaggi ha avuto un buon raccolto?» «Sì, qualcuno. Ma in generale è stata una cattiva annata un po’ per tutti.» 
«Ha avuto problemi con i fertilizzanti?» «No, non mi pare...» «Difficoltà durante la coltivazione?» Silenzio. 
«E il terreno, poi, era adatto per le varietà di ortaggi che sta cercando di far crescere?» lo incalzò Shin’ichi. «Non saprei...» 
L’uomo non fu in grado di rispondere in modo soddisfacente a nessuna delle domande di Shin’ichi. Era chiaro che aveva lavorato sodo la terra e aveva cercato di fare del suo meglio, ma questo valeva anche per gli altri. Non aveva proprio idea di quanto fosse superficiale pensare di aver fatto il possibile. 
Shin’ichi prese a parlare in modo più incisivo: «Prima di tutto dovrebbe individuare con precisione i motivi che hanno determinato la scarsità del suo raccolto, in modo da non ripetere più lo stesso errore in futuro. Per esempio, potrebbe parlare con quegli agricoltori che hanno avuto buoni risultati e prendere nota dei loro consigli. Inoltre, sarebbe importante adottare provvedimenti adeguati perché il danno non si ripeta. Le persone che svolgono seriamente la loro attività studiano i problemi di continuo e sfruttano tutto il proprio ingegno per risolverli. Se non farà altrettanto, non riuscirà a ottenere alcun risultato. Si sbaglia di grosso se pensa che soltanto perché sta praticando il Buddismo i suoi campi diverranno produttivi spontaneamente, senza alcuno sforzo da parte sua. 
«Il Buddismo è un insegnamento fondato sulla ragione più assoluta e sul buon senso. Perciò la forza della nostra fede deve manifestarsi nello studiare i problemi, nell’esercizio del nostro ingegno e in un impegno maggiore di quello di chiunque altro. Un Daimoku sincero è la sorgente della forza vitale necessaria per questo genere di sfide. Alla base del suo Daimoku inoltre deve esserci un impegno solenne.» «Un impegno?» chiese l’uomo. 
Nessuno dei presenti aveva mai sentito parlare di un concetto simile. «Sì, un impegno» ripeté Shin’ichi. «Significa fare una promessa e pregare per realizzarla.» Shin’ichi continuò con particolare vigore: «Naturalmente esistono diversi modi di intendere la preghiera. Per esempio, alcuni pregano perché le cose piovano loro dal cielo senza dover fare il minimo sforzo. Ma una religione che incoraggia un atteggiamento simile non fa altro che condurre la gente alla rovina. Nel Buddismo di Nichiren la preghiera consiste nel recitare Daimoku sulla base di una promessa solenne: l’impegno di realizzare kosen-rufu. In altre parole, bisogna pregare con questa ferma determinazione: “Io realizzerò kosen-rufu in Brasile. Perciò decido di manifestare il mio potenziale al massimo e concretizzare una splendida esperienza nel mio lavoro”. Ecco come dovrebbe essere la nostra preghiera. 
È altresì importante stabilire ogni giorno degli obiettivi chiari e concreti e quindi, sfidando i propri limiti, pregare per realizzarli uno dopo l’altro attraverso la saggezza e la creatività che scaturiscono da una tale decisione. 
In fin dei conti, nella vita la vittoria si consegue con la determinazione e la preghiera, con lo sforzo e l’affinamento delle proprie capacità. È davvero fuorviante sognare di arricchirsi velocemente sperando in un colpo di fortuna eccezionale o in un facile sistema per far soldi. Questa non è fede, è pura fantasia. 
Il lavoro ci consente di vivere e, fintanto che non riusciremo a vincere su questo aspetto della nostra esistenza non potremo dimostrare il principio secondo cui la fede si manifesta nella vita quotidiana. Quindi la prego, abbandoni questo stato d’apatia e dedichi tutto se stesso al suo lavoro con rinnovato impegno». 
«Farò del mio meglio» rispose l’uomo con gli occhi che brillavano di convinzione. 
Shin’ichi era ben consapevole delle numerose difficoltà di questi coloni emigrati in Brasile; ma per riuscire in simili circostanze essi avrebbero dovuto prima di tutto combattere contro le proprie debolezze, il vero nemico che si annidava in loro. In mezzo a difficoltà sempre crescenti è di fondamentale importanza decidere che il momento di vincere e di continuare a sfidarsi è quello presente. Proprio in questi frangenti si manifesta il benefico potere del Gohonzon, poiché le avversità non sono altro che un’opportunità per provare la grandezza del Buddismo.

Il 3 gennaio 1972 fu fondato il Gruppo XXI secolo, composto da membri del Gruppo Futuro e di altri gruppi giovanili. Shin’ichi desiderava creare un nucleo centrale di giovani che lui stesso avrebbe addestrato personalmente facendoli diventare i leader del XXI secolo. 
Nel corso degli anni il Gruppo Futuro venne creato in ogni prefettura, fin quando i gruppi furono in totale sessantaquattro in tutto il Giappone. Ogni volta che aveva l’opportunità di incontrare i membri di quei gruppi, Shin’ichi li incoraggiava con tutto il cuore, parlando apertamente con loro della storia della Soka Gakkai. In un’occasione raccontò: «Durante la Seconda guerra mondiale, quando il presidente Makiguchi fu arrestato dal governo militare e anche i suoi discepoli furono minacciati dalle autorità, molti di coloro che fino ad allora lo avevano riverito come loro maestro cominciarono a provare risentimento verso di lui e a odiare la Soka Gakkai. Alcuni di loro incolparono il presidente Makiguchi e l’organizzazione della persecuzione che stavano subendo, e maledirono il proprio maestro a dispetto di tutto ciò che gli dovevano. 
Dopo l’arresto del presidente Makiguchi, tutti i responsabili abbandonarono la fede e l’organizzazione si disgregò. D’altro canto, il signor Toda, che era stato arrestato insieme al presidente Makiguchi, provava nei suoi confronti una gratitudine enorme, arrivando a dire: “Nella sua vasta e illimitata compassione, lei [signor Makiguchi] mi ha permesso di seguirla persino in prigione”. Queste parole sono un segno di integrità e di convinzione. Questo è lo spirito di maestro e discepolo.» 
Shin’ichi continuò il suo discorso parlando della filosofia della vita: «Tutti noi attraversiamo fasi diverse nella vita. Ci sono tempi in cui stiamo affrontando enormi problemi paragonabili a una furiosa tempesta. Ma in quei periodi è cruciale andare avanti coraggiosamente, senza scappare. Quando potrete ripensare a quell’esperienza e imparare qualcosa da essa, ciò diventerà la fonte per creare valore nella vostra vita. 
Per esempio, diciamo che avete un responsabile nella Soka Gakkai che non vi piace proprio. In una simile eventualità, piuttosto che evitare quella persona o lasciare l’organizzazione, è importante continuare a praticare al meglio delle vostre possibilità. Così facendo, se riflettete profondamente sul modo in cui un responsabile dovrebbe comportarsi e poi mettete in pratica voi stessi quel comportamento, diventerete un responsabile di qualità eccellente. In ogni campo della vita, l’esperienza è un tesoro, il punto di partenza per la creazione di valore.» 
In altre occasioni, Shin’ichi praticò degli sport – come il sumo o la pallavolo – insieme ai membri del Gruppo Futuro, o posò insieme a loro per alcune fotografie commemorative. Si gettava anima e corpo nell’impegno di far crescere quegli studenti. I giovani sentivano profondamente la forte decisione di Shin’ichi di farli diventare gli eredi di kosen-rufu nel XXI secolo.

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Shin’ichi aveva detto: «La mia vittoria sarà dimostrata dal numero di persone che riuscirò a far crescere per il XXI secolo. Tutti voi siete i tesori di kosen-rufu e della Soka Gakkai. Siete la mia speranza. Qualunque difficoltà possiate incontrare, qualunque tristezza possiate provare, per quanto possiate essere criticati, per quanto possiate sentirvi soli, vi prego di non essere mai sconfitti. Tenete alta la bandiera della vittoria di Soka e fate del XXI secolo un’era di trionfo della gente comune. Sarà la mia grande fortuna se appariranno persone con questa capacità, e la mia più grande sfortuna se ciò non avverrà».

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I membri del Gruppo Futuro erano sempre nei pensieri di Shin’ichi. Specialmente quando veniva a sapere che qualcuno di loro stava affrontando qualche problema particolare, faceva di tutto per incoraggiarlo. Talvolta li rimproverava con compassionevole severità, altre volte stringeva loro un braccio attorno alle spalle esortandoli a non farsi sconfiggere. Sono necessari anni di sforzi incredibili e di dure lotte perché i giovani germogli diventino alberi imponenti che possono realizzare la loro missione. Devono sopportare tempeste e difficoltà. Shin’ichi continuò a spiegare ripetutamente questo principio ai membri del Gruppo Futuro. Alla cerimonia inaugurale del Gruppo Futuro di Tokyo n. 3, che si tenne al training center di Tokai, nella prefettura di Shizuoka, Shin’ichi e i giovani membri del gruppo lavorarono insieme per costruire un sentiero nel parco del centro, che non era ancora stato ultimato. 
Raccolsero le pietre ed estirparono le erbacce. Quando i ragazzi delle scuole elementari e medie si lamentarono che la schiena gli doleva, Shin’ichi disse: «Costruire un sentiero è un lavoro duro. Vi faranno male le spalle e la schiena. Ma quando il sentiero sarà terminato, le persone potranno percorrerlo. Io farò del mio meglio per costruire un sentiero per tutti voi, e sperò che voi farete lo stesso per le generazioni future. Perché questo è il grande sentiero di maestro e discepolo». 
In un’altra occasione, disse con voce severa: «La missione del Gruppo Futuro è di assumersi la responsabilità del futuro della Soka Gakkai, perciò non dovete attenuare i vostri sforzi. Ognuno di voi è uno Shin’ichi Yamamoto, ognuno di voi è un presidente. Voi siete i miei rappresentanti. Vi prego di diventare persone che possano dire: “fin quando ci sono io, non avete nulla di cui preoccuparvi”.» 
Shin’ichi riversava il suo intero essere in ogni incontro con quei giovani, e la sua passione, la sua determinazione e la sua preghiera li ispiravano enormemente. In questo modo lo spirito di Soka si trasmetteva dal maestro ai discepoli e sarebbe stato tramandato nel XXI secolo. 
Più di trent’anni erano trascorsi dalla riunione inaugurale del Gruppo Futuro di Tokyo n. 1 del giugno 1970, e il sole del nuovo secolo era ormai sorto. Uno dopo l’altro, i membri del Gruppo Futuro avevano coraggiosamente assunto il proprio ruolo di campioni sul grande palcoscenico di kosen-rufu. Erano diventati figure chiave in tutti i campi della società, tenendo alta la bandiera dell’umanesimo come difensori della pace. Alcuni erano educatori, altri studiosi impegnati in ricerche d’avanguardia, altri ancora avvocati che lottavano per i diritti umani. Tra loro c’erano anche uomini d’affari, musicisti e abili interpreti. 
Il trionfo dei suoi discepoli era un’enorme fonte di orgoglio per Shin’ichi, la prova della sua inconfutabile vittoria.

«L’idea di dover vivere qui» continuò la donna, «in un paese straniero che non conosco per niente, e di dover lottare duramente per provvedere al mantenimento dei miei figli mi riempie d’angoscia. Credo di avere un karma negativo piuttosto pesante. Chissà cos’altro potrebbe accadermi in futuro! Questo pensiero mi è diventato insostenibile...» 
Shin’ichi le sorrise. «Non si deve preoccupare. Finché continuerà a seguire questa fede avrà la possibilità di diventare felice in maniera definitiva. Così funziona il Buddismo! La sofferenza e la sfortuna presenti esistono affinché lei possa scoprire e realizzare la particolare missione che le riserva la vita. Tutto potrà trasformarsi in una sconfitta se si preoccuperà esclusivamente del suo karma e permetterà a esso di renderla infelice.» 
La donna fissò Shin’ichi con uno sguardo sconcertato. La persona che le aveva parlato della pratica le aveva detto che la sofferenza per la perdita del marito originava dal suo karma negativo, accumulatosi a causa delle offese commesse nelle vite precedenti. 
È vero che il Buddismo insegna che chi commette cattive azioni contro gli altri riceve degli effetti negativi che gli fanno vivere un’esistenza infelice. Questo, però, è solo un aspetto della questione. Se la teoria del karma si basasse solo su di esso, le persone sarebbero condannate a vivere attanagliate dai sensi di colpa e da un’ansia indefinita, poiché è impossibile conoscere la natura delle offese commesse nelle vite precedenti. Se ciò fosse vero, vorrebbe dire che il destino della gente sarebbe già predeterminato. Questa concezione priverebbe altresì gli individui delle loro energie e della voglia di vivere poiché li indurrebbe a essere passivi e a preoccuparsi esclusivamente di non commettere nulla di negativo. 
Il Buddismo di Nichiren si spinge ben oltre l’ambito di una superficiale causalità. Mette in luce la causa primaria di tutto e fornisce i mezzi per tornare alla dimensione pura dell’esistenza del tempo senza inizio. Questa causa fondamentale non è altro che il risvegliarsi alla propria missione di Bodhisattva della terra e dedicare la vita alla propagazione della Legge. 
«Il Buddismo insegna che i suoi seguaci scelgono volontariamente di nascere in circostanze avverse per poter aiutare gli altri» continuò Shin’ichi. «Ciò significa che, sebbene abbiano accumulato attraverso la pratica buddista il beneficio di poter nascere in circostanze favorevoli, hanno scelto di proposito di vivere tra coloro che soffrono per poter propagare la Legge mistica.» 
Shin’ichi Yamamoto proseguì citando esempi facilmente comprensibili: «Per esempio, se una donna che fosse sempre vissuta come una regina e avesse goduto di ogni lusso dovesse dire che è diventata felice grazie alla pratica, nessuno la prenderebbe in considerazione. Ma se una persona malata e di umili origini, e per questi motivi schivata da tutti, diventa felice grazie alla pratica per poi assumere un ruolo trainante nella società, questa sì che sarebbe una splendida prova della grandezza del Buddismo. Che ne dite? Una cosa simile non farebbe venire voglia di praticare anche agli altri? 
Trionfando sulla miseria, chi ha sofferto la povertà può ridare speranza a chi si trova in difficoltà economiche. Riacquistando vitalità e buona salute, chi ha lottato contro la malattia può accendere una scintilla di coraggio nel cuore di coloro che si trovano in condizioni simili. Creando una famiglia felice e armoniosa, chi ha sofferto l’angoscia della discordia familiare può diventare un modello per chi sta patendo gli stessi problemi. 
Allo stesso modo, se lei, una donna che ha perso il marito in una terra straniera di cui non parla nemmeno la lingua, diventa felice ed educa i suoi figli tanto da farli diventare persone mature e responsabili, sarà un brillante esempio per tutte le donne che si trovano nella sua stessa situazione. Susciterà l’ammirazione anche di coloro che non praticano, che addirittura verranno a chiederle consiglio. Perciò, si renda conto che più profonde e più grandi sono le nostre sofferenze, maggiori sono le opportunità per dimostrare il benefico potere del Buddismo. Si potrebbe dire che il karma è uno dei modi per definire la parola “missione”. 
Io stesso sono figlio di un umile coltivatore di alghe marine. Ho lavorato a fianco del signor Toda durante tutti i processi intentati alle sue aziende per bancarotta, sebbene avessi una salute cagionevole e soffrissi di tubercolosi. È grazie alle difficoltà e alle sofferenze che ho sperimentato, proprio come chiunque altro, che ora posso guidare il movimento di kosen-rufu come rappresentante della gente comune.» 
La donna annuiva di continuo mentre dava ascolto alle parole di Shin’ichi. 
Anche i volti dei partecipanti mostravano un sempre più attento interesse. Costoro avevano tutti sperimentato grosse difficoltà sopportando il peso estenuante delle sfide del vivere quotidiano. Shin’ichi bevve un sorso d’acqua. «Ognuno di voi potrebbe pensare di essere capitato in Brasile per caso, spinto dalle circostanze. Ma non è così» continuò con maggior enfasi. «Voi siete nati come Bodhisattva della terra per realizzare kosen-rufu in Brasile, per guidare la gente di questo paese alla felicità e per creare un paradiso eterno su questa terra. In realtà, voi siete qui proprio perché lo stesso Nichiren vi ha scelti. 
Quando realizzerete la vostra suprema missione di Bodhisattva della terra dedicando le vostre vite a kosen-rufu, il sole che è sempre esistito dentro di voi comincerà a brillare ininterrottamente. Tutte le offese commesse nelle vite precedenti svaniranno come fumo nell’aria e sperimenterete una vita mirabile, permeata di profonda gioia e di felicità.»

L’attività di Shin’ichi era sempre più febbrile col passare dei giorni. Quando si ritirava in camera dopo una giornata trascorsa fra la gente, c’era sempre un mucchio enorme di carte che aspettava di essere esaminato. Per non parlare delle volte che rimaneva in piedi fino a tardi per discutere con i suoi collaboratori diretti, cosa che avveniva poi regolarmente durante gli spostamenti in auto o in treno. Tuttavia, si riservava sempre del tempo per dare qualche consiglio personale. 
Nonostante quella immensa mole di impegni, Shin’ichi si dimostrava sempre pieno di vitalità. I suoi collaboratori più stretti, soprattutto quelli che lo avevano accompagnato nel viaggio oltreoceano, erano a dir poco sconcertati da tutta quell’energia. L’avevano visto con i propri occhi lottare disperatamente contro l’ostacolo della malattia, che aveva insidiato la sua fragile salute, mentre utilizzava ogni briciola di energia per consigliare e confortare la gente che andava incontrando. Considerato che, da quando era tornato, i suoi impegni invece di diminuire erano aumentati, ora avrebbe dovuto essere distrutto. E invece, era un dato di fatto: era sempre più esuberante. 
Tornati a Tokyo, il giorno seguente, i dirigenti si rividero brevemente con Shin’ichi alla sede centrale e uno di loro non poté trattenersi dal chiedergli come fosse possibile che dopo quel viaggio spossante e la mole di impegni cui aveva atteso al suo ritorno, fosse sempre così pieno di vita. Dove la prendeva tutta quell’energia? 
«Ho lavorato per dieci lunghi anni con il presidente Toda», rispose lui, «e in quel periodo ho combattuto una serie inimmaginabile di battaglie. Una tensione continua, non un momento di relax. Prima della mia pessima salute c’erano le responsabilità affidatemi da Toda nella sua azienda. È stato un allenamento rigoroso, sia dal punto di vista fisico sia da quello mentale. E riuscii a farcela con le mie forze. 
È indispensabile una limpida consapevolezza delle nostre responsabilità e della nostra missione. Quando, tramite il Daimoku, colleghiamo l’intimo coinvolgimento che proviamo per kosen-rufu con il Gohonzon, la nostra forza vitale sgorga costantemente da noi come in una sorgente naturale. Ecco perché cerco sempre di recitare Daimoku dovunque mi trovi, anche in aereo o in automobile.» 
«Capisco…» replicò il suo interlocutore con fare piuttosto incerto. 
«La forza vitale», continuò Shin’ichi per chiarire meglio quel punto, «non dipende solo dalle condizioni più o meno buone della nostra salute. È anche direttamente collegata alla saggezza. Di conseguenza, se godiamo di una energia vitale intensa, sarà chiaro per noi ciò che fare o non fare in quel preciso istante. Se non riusciamo a far emergere la creatività, la capacità di fare la cosa giusta al momento giusto – e magari inciampiamo nelle nostre faccende – vuol dire che non ci sentiamo seriamente coinvolti. Se invece ci facciamo guidare da uno spirito di totale responsabilità, non saremo mai fuori gioco, qualsiasi cosa tentiamo di fare.» 
Queste parole bruciarono come uno schiaffo sulle orecchie dei colleghi di Shin’ichi. Qualsiasi cosa si intraprenda, l’esito che se ne può trarre sarà totalmente diverso a seconda di come ci si pone nei confronti di essa. Se la si affronta con spirito positivo, se si è ben disposti, si avrà un risultato; se la si prende controvoglia, come se fosse un obbligo, se ne avrà un altro. 
La pietra miliare della prassi buddista consiste in una “pratica assidua e coraggiosa”, yumyo shojin. Nell’Egi hammon sho (Interpretazioni fondate sulla Legge) del ventiseiesimo patriarca Nichikan, il significato di questo assioma viene chiarito così: «Agire con buona volontà significa “pratica coraggiosa” (yu), e adoperarsi per far emergere la propria saggezza significa “pratica assidua” (myo).»
Quando affrontiamo le nostre sfide con buona volontà, sentiamo sorgere in noi una forte pulsione vitale accompagnata da una naturale saggezza; ci sentiamo pieni di gioia e di speranza, sconfinatamente e piacevolmente soddisfatti, non ci sentiamo oppressi dalla fatica. 
«Ho intenzione di diventare sempre più energico», affermò Shin’ichi fissando lo sguardo su ciascuno dei suoi collaboratori. «Pensate di farcela a tenermi dietro?» 
«Sì» risposero tutti in coro. Si leggevano serietà e risolutezza sui loro volti. 
«Bene! Allora lottiamo, con gioia e buona volontà», esclamò Shin’ichi. «Ma non fate quelle facce scure! La serietà non ha niente a che vedere con la rigidità. Anzi, la forza evoca l’immagine di chi si sente a proprio agio.» 
C’era un qualcosa avvolto in carta di giornale al fianco di Shin’ichi. Lui prese il pacco e lo piazzò di fronte a sé. 
«Guardate che belle orchidee sono cresciute nel nostro giardino», disse rivolto ai suoi compagni. «Ne comprai una piantina per centottanta yen e ora vorrei che accettaste qualcuno di questi bei fiori» concluse scartando l’involto. Alla vista del contenuto la signora Kiyohara non poté trattenere un’esclamazione di meraviglia. 
«A prescindere da quanto possiamo essere presi dai nostri impegni», disse Shin’ichi, «non dobbiamo dimenticare che esistono delle belle cose: i fiori, la natura. Il nostro animo deve saperne gioire, dobbiamo saperle gustare. E lo stesso vale per la musica, la poesia, la letteratura. 
Se non facciamo altro che lavorare, la Soka Gakkai diventerà un luogo freddo e senza cuore. Avete presente l’ideogramma cinese che indica il termine “affaccendato”? È composto di due caratteri: uno significa “cuore”, l’altro vuol dire “rovinare”. Se lasciamo che il nostro cuore si guasti non riusciremo a produrre né a sviluppare nessun tipo di cultura.» 
Calma ed equilibrio sono elementi essenziali in tutte le cose; spezzare il ritmo ogni tanto è importante. Se ne guadagna in vitalità, ci si rinfranca la mente. Non si riesce a creare nessun valore se si lavora in modo da ridursi come stracci. Il Buddismo è un insegnamento che si manifesta direttamente nella vita quotidiana. 
Il sempre più intenso vigore di Shin’ichi, a dispetto dei suoi innumerevoli impegni, sorgeva dall’abilità di padroneggiare con calma il ritmo dinamico della sua attività. Riusciva a coniugare liberamente calma e dinamismo. Ma, una volta di più, da dove sorgeva la sua energia? Dall’animo sereno ed esultante con cui inseguiva il coraggioso tentativo di esplorare e conquistare i vasti orizzonti di kosen-rufu.

Yamaguchi chiese a Shin’ichi: «Possiamo cambiare la nostra personalità attraverso la fede?» «La fede ci può aiutare a contrastare gli aspetti negativi della nostra personalità e a far emergere gli aspetti positivi» rispose Shin’ichi. «Nichiren Daishonin scrive: “Ogni cosa – i fiori di ciliegio, di susino, di pesco e di prugno selvatico – nella sua propria entità, senza subire alcun cambiamento, è eternamente dotata dei tre corpi.” 
Il Buddismo insegna il modo in cui ognuno di noi, così come siamo – allo stesso modo in cui il ciliegio è un ciliegio, il susino è un susino, il pesco è un pesco e il prugno selvatico è un prugno selvatico – può realizzare la sua felicità tirando fuori il meglio delle sue predisposizioni e del suo potenziale innato. Le persone che vanno facilmente in collera sono appassionate per natura, e solitamente vivono con un forte senso di verità e giustizia. Se tali persone si sforzano diligentemente nella fede, non si arrabbieranno più per cose banali ma riusciranno a dirigere la loro collera lottando contro la corruzione e l’ingiustizia. 
Coloro che si fanno facilmente influenzare dagli altri hanno la tendenza innata a essere gentili e ad andare d’accordo con gli altri. La fede li aiuterà a far emergere questo dono. Il processo di far emergere gli aspetti positivi delle nostre tendenze è chiamato rivoluzione umana. Ciò che conta sono i passi concreti che facciamo in questa direzione.» 
I giovani annuivano con serietà. 
Shin’ichi continuò a parlare dell’essenza della rivoluzione umana: «Fondamentalmente, significa recitare diligentemente e impegnarsi totalmente per purificare la propria vita. È importante guardare se stessi e diventare consapevoli dei propri problemi e delle proprie tendenze innate. Ognuno di noi ha dei difetti, come quello di dare agli altri la colpa della propria infelicità, di mancare di perseveranza, o di rifiutarsi di ascoltare le opinioni altrui. Questi sono difetti di fondo che impediscono la nostra crescita e la nostra felicità. 
Il problema è che la maggior parte delle persone non è consapevole dei propri difetti a meno che qualcuno non glieli faccia notare. Per questo è fondamentale avere degli amici e delle relazioni con persone più sagge di noi che tengano a noi abbastanza da indicarci severamente le nostre debolezze e aiutarci ad affrontarle e superarle. E dobbiamo pregare sinceramente allo scopo di sfidarle e di riuscire davvero a cambiare. 
Possiamo rafforzarci e migliorarci anche attraverso le attività della Soka Gakkai. Nichiren Daishonin scrive: “Forgiando il ferro, tutti i suoi difetti vengono in superficie.” Quando partecipiamo alle attività della Soka Gakkai il nostro karma talvolta si manifesta in forma di difetti come la debolezza, la vigliaccheria e l’egoismo. Ma se ci dedichiamo con successo a un’attività dopo l’altra senza farci sconfiggere, forgiamo il nostro carattere e possiamo vincere sulle nostre tendenze negative, facendo così la nostra rivoluzione umana. È dedicando la nostra vita alla missione di kosen-rufu e sviluppandoci che possiamo cambiare il nostro karma.» 
Mentre Yamaguchi ascoltava le parole di Shin’ichi, il suo viso si illuminò. Iniziò a soffiare un vento freddo, ma Shin’ichi continuò a parlare: «Quando è diventato membro, signor Yamaguchi?» 
«Tutta la mia famiglia si è convertita quando io ero alla scuola elementare» rispose il giovane. «Capisco» disse Shin’ichi. «Vede, una volta ho sentito di un giovane che era stato accettato in una delle più prestigiose università di Tokyo. Era il primo studente della scuola superiore che lui frequentava ad avere ottenuto questo risultato, e tutti i suoi vicini erano molto felici per lui. Mentre si preparava a partire per la capitale, sua madre lo prese da parte e gli disse: “Ciò che mi farebbe ancora più felice del fatto che sei stato accettato in quella università, è che tu ti dedicassi a kosen-rufu nella Soka Gakkai per tutta la tua vita, e mantenessi la fede fino all’ultimo istante, perché questa è in realtà l’unica via per diventare felice e rendere felici anche gli altri. Questa era la verità alla quale sua madre aveva dedicato la sua vita. Era l’appello accorato di una vera madre della Soka Gakkai.»
Mentre Shin’ichi continuava a incoraggiare Yamaguchi, la sua voce si fece più forte: «Troppi giovani oggi non pensano ad altro che al loro successo personale, ma in definitiva la loro vita rimane vuota. La cosa più importante come esseri umani è dedicare se stessi a kosen-rufu. Ciò che conta è cosa facciamo per gli altri e per la società allo scopo di raggiungere la felicità per noi stessi e per quelli attorno a noi. Spero che anche lei, signor Yamaguchi, farà appello al suo coraggio e si sforzerà ancora una volta sinceramente nella fede, per il bene del suo successo e della sua vittoria come essere umano.» 
«Lo farò!» rispose Yamaguchi con determinazione. 
«Una volta che lei decide di fare qualcosa, è importante cominciare subito a sforzarsi di realizzarla. Se lei pensa di trovare il tempo di farla un giorno o l’altro, l’occasione passerà e lei finirà come l’uccello delle Montagne nevose. Conosce questa storia?» 
«Sì» rispose Yamaguchi. «si trova nel Gosho. Racconta di un uccello che vive nelle Montagne nevose. Ogni notte è torturato dal freddo e decide che al mattino si costruirà un nido. Ma quando arriva il giorno, trascorre le ore pigramente crogiolandosi al calore del sole e dimentica di costruirsi il nido.»
«Esatto» disse Shin’ichi. «Oggi è il momento cruciale – ciò che facciamo proprio ora. Se non agiamo oggi, lo rimpiangeremo per il resto della nostra vita. Non voglio che qualcuno di voi debba sperimentare questo tipo di rimpianto. Lottiamo. Lavoriamo e sforziamoci diligentemente di fare della nostra vita un magnifico dramma.» 
«Farò del mio meglio! Non mi farò sconfiggere nuovamente!» rispose Yamaguchi con vigore. Shin’ichi gli strinse la mano con fermezza. Lacrime di emozione spuntarono dagli occhi sia di Yamaguchi sia dei giovani che erano vicini a lui – gli amici che erano andati a trovarlo tante volte per incoraggiarlo a partecipare alla riunione generale dei gruppi universitari. 
Quando una persona alla fine si alza nella fede, coloro che gioiscono maggiormente e ricevono il beneficio più grande sono gli amici di quella persona, che si sono presi cura di lei, che hanno recitato per lei e hanno fatto tutto il possibile per sostenerla. Tutto ciò che facciamo per kosen-rufu, per i nostri amici e per gli altri ci ritorna sotto forma di felicità e di fortuna. Questo è il principio buddista di causa ed effetto. Il Daishonin lo conferma dicendo: «Se si accende un fuoco per gli altri, si illuminerà anche la propria strada.»

Per scrivere la sceneggiatura Hashimoto aveva bisogno di raccogliere informazioni dettagliate. Per esempio, doveva farsi un’idea chiara non solo degli esterni ma anche della disposizione interna dei locali, come l’accademia privata Jishu Gakkan, la scuola elementare fondata da Toda nel 1923 in cui venne sperimentata l’educazione creativa di Makiguchi, e la casa editrice Nihon Shogakkan, che ai tempi di Toda fungeva da sede centrale della Soka Gakkai. Senza questi elementi non avrebbe potuto ambientare in modo convincente le scene del film e scrivere una buona sceneggiatura. La Soka Gakkai affidò al responsabile del dipartimento delle pubbliche relazioni, Takuzo Suzumoto, e ai suoi colleghi il compito di sostenere Hashimoto. Suzumoto, laureatosi all’Università Tohoku, aveva ventotto anni, e all’inizio aveva avuto molte difficoltà a lavorare nel settore delle pubbliche relazioni. Nei primi anni di scuola elementare aveva contratto la tubercolosi infantile e i farmaci usati per curarlo gli avevano causato un indebolimento delle capacità uditive. Poiché era originario di Sendai, nella prefettura di Miyagi, parlava anche con un forte accento del Tohoku. Circa un anno dopo essere stato assunto dalla sede centrale della Soka Gakkai, Suzumoto fu assegnato al di partimento delle pubbliche relazioni. Fu per lui una sfida molto difficile. Quando parlava con gli altri, diventava teso e nervoso a causa delle sue difficoltà all’udito, e in particolare lo spaventava il dover parlare al telefono con persone di cui non poteva vedere il volto. Se il suo interlocutore parlava troppo velocemente, non riusciva a capire neanche una parola. A volte i suoi superiori, notando le grandi difficoltà del giovane, intervenivano prendendogli la cornetta del telefono. Non passava giorno che Suzumoto non facesse errori. Appena squillava il telefono cominciava a tremare di paura e l’unica cosa che desiderava era tornare nella sua Sendai. Recarsi al lavoro lo riempiva di terrore, tuttavia grazie alle attività nella Gakkai e con il sostegno dei membri anziani Suzumoto arrivò a comprendere un punto fondamentale: “Tutti hanno un problema o una difficoltà che devono superare. Nessuno ha una vita perfetta. Ciascuno si impegna al massimo e compie seri sforzi per superare i propri problemi. La vita consiste in questo. Senza sforzo non c’è crescita. Non sto forse praticando il Buddismo affinché io mi possa sfidare?” Così ebbe inizio la sfida di Takuzo Suzumoto. Incominciò a incontrare le persone e cercava di essere il primo a prendere la cornetta del telefono, concentrandosi al massimo per afferrare ciò che gli veniva detto dall’altro capo del telefono. Trascorsi sei mesi, e poi un anno, Suzumoto si sentiva sempre più a suo agio al telefono e le persone rimanevano molto colpite dal modo sincero con cui ascoltava gli altri. Quando riconosciamo i nostri limiti e i nostri difetti e ci sforziamo di superarli, gli stessi limiti e difetti diventano i nostri punti di forza. Ciò avviene grazie al potere della fede. 

Suzumoto si riproponeva di essere sempre sincero, perché Shin’ichi Yamamoto gli aveva insegnato che le pubbliche relazioni sono uno scambio tra cuori e la sincerità è la chiave per realizzare un autentico scambio umano. Il giovane si dava da fare senza posa per raccogliere informazioni utili per l’adattamento cinematografico della Rivoluzione umana. Quando lo sceneggiatore Shinobu Hashimoto chiese del materiale sulla Jisshu Gakkan, Suzumoto visitò gli uffici del Seikyo Shimbun e tutti quei luoghi dove fosse possibile reperire delle fotografie. Se poi trovava qualcuno che aveva avuto una qualche relazione con l’accademia, lo intervistava. In questo modo fu in grado di ricostruire gli interni della scuola per Hashimoto. Suzumoto visitò anche l’ex sede centrale della Soka Gakkai di Nishi Kanda, a Tokyo. L’edificio era stato venduto ed era diventato un negozio, tuttavia la struttura originaria era rimasta intatta. Ottenuto il permesso per fare un sopralluogo all’interno, Suzumoto ispezionò i locali facendosi un’idea di come potevano apparire gli interni dell’edificio al tempo di Toda. Shin’ichi nel frattempo osservava in silenzio gli sforzi di Suzumoto.

In casa Takaoka si sviluppò una conversazione gioiosa attorno a Shin’ichi. Quando il discorso si soffermò sull’origine del nome di quella terra, “Nabari”, Shin’ichi osservò: «“Na-bari”: non è forse un bel nome? “rendere onore (haru) al nome (na)”. Vi si avverte l’entusiasmo di voler assolutamente vincere conquistando la fiducia della società, portando fieri il nome della Soka. Il mio augurio è che questa terra divenga un esempio per kosen-rufu, e che il nome di Nabari risuoni nella regione del Chubu e in tutto il paese».

Si rivolse poi agli studenti delle scuole superiori dicendo: «Sforzatevi al massimo e cercate di frequentare l’Università Soka, che ho appena fondato con l’intento di far crescere i leader del ventunesimo secolo. Non possiamo far altro che affidare a voi il futuro del mondo. Voi tutti avete un’importante missione da compiere. Per questo voglio che studiate sodo e diveniate persone capaci di manifestare tutto il vostro potenziale nella società. Quando si è giovani è importante sforzarsi intensamente e sfidarsi fino in fondo, perché ciò sarà la base del vostro modo di vivere. Se in gioventù evitate gli sforzi non sarete in grado di gettare solide fondamenta per edificare una struttura stabile della vostra vita».
Mentre pronunciava queste parole tornò da scuola Toshiko, la figlia maggiore di Takeoka, che frequentava il terzo anno delle superiori. Mineko si rivolse a lei con un sorriso: «Bentornata!».

Toshiko aveva già trovato un impiego dopo il diploma, e Shin’ichi la incoraggiò con queste parole: «Il mio desiderio è che tu divenga una meravigliosa leader delle giovani donne».
Tracciò poi su dei cartoncini due calligrafie con i caratteri “Takaoka Sakura” (ciliegio Takaoka) e “Haha-sakura” (ciliegio madre), e li donò ai membri lì riuniti. Mentre stava per lasciare la casa gli venne incontro sull’ingresso una donna che portava un bambino piccolo sulle spalle. Aveva saputo che Shin’ichi Yamamoto si trovava a casa Takaoka ed era subito accorsa. «Forza allora, scattiamo insieme una foto!», disse Shin’ichi stringendo la mano a ciascuno dei presenti.
Il pensiero di Shin’ichi era sempre rivolto a cosa fare per gli amici che incontrava, in ogni istante, e agiva sempre in questa direzione.
Gli esseri umani crescono grazie agli incoraggiamenti.
Il dialogo è l’azione di incoraggiare una persona, è quella sfida in cui spremendo le nostre vite, la nostra saggezza e la nostra forza, cerchiamo di aprire il cuore dell’interlocutore, di entrare profondamente nella sua vita e infondere il nutrimento necessario per risvegliare la sua consapevolezza, la sua determinazione.

Shin’ichi Yamamoto si diresse poi da casa Takaoka a un locale con drive-in dove si sarebbe tenuta una riunione di coordinamento con i rappresentanti di Nabari. Si trattava di un locale gestito da Ikuo, fratello minore di Shuichiro, a soli cinque minuti da casa loro.
Alla riunione avrebbero preso parte, oltre ai rappresentanti locali, i responsabili di territorio e prefettura. Essendo già ora di cena, mangiarono insieme prima della riunione.
Dopo aver discusso su come portare avanti l’attività, Shin’ichi si mise a dialogare con loro in modo informale. «La regione del Chubu - disse - adesso che le prefetture di Aichi, Mie e Gifu agiscono in unità fra loro, sta compiendo un grosso balzo in avanti. In particolar modo Aichi è divenuta ormai un solido pilastro, al pari di Tokyo e Osaka. Nel mio cuore nutro grandi aspettative per un grande sviluppo».

Adesso, a beneficio del futuro, vorrei parlarvi della questione delle “offese” (in giapp. onshitsu) che costituiscono un grande ostacolo quando si cerca di far avanzare il movimento di kosen-rufu in armonia e con gioia, e di ottenere benefici. Pur praticando questo Buddismo, se nutriamo invidia, odio o rancore verso i compagni di fede non potremo accumulare né benefici né buona fortuna, non proveremo gioia né emozione, e non vi sarà slancio nella nostra vita. In questo caso, per quanto una persona possa salvare le apparenze, la sua reale condizione sarà di infelicità. Qual è l’aspetto più importante perché ciò non avvenga? La Soka Gakkai è il mondo della fede. Ogni cosa inizia e si conclude con la fede. Quindi è fondamentale guardare ogni cosa dal punto di vista della fede. Cosa significa? Significa alzarsi con l’assoluta convinzione che ogni cosa è racchiusa nella nostra vita, dentro noi stessi, e che noi stessi siamo entità di Myoho-renge-kyo, noi stessi siamo Budda. Il Daishonin afferma: “Non pensare mai che qualcuno degli ottantamila sacri insegnamenti di Shakyamuni o qualcuno dei Budda e bodhisattva delle tre esistenze e delle dieci direzioni sia al di fuori di te” (Il conseguimento della Buddità in questa esistenza, RSND 1, 3). Credi fermamente che la suprema condizione di Buddità è innata dentro di te e, recitando Daimoku, migliora te stesso. Non vi è altra strada all’infuori di questa per sfuggire alle sofferenze e alle illusioni della vita. Questo ci insegna il Daishonin. Siamo tutti Budda fin dall’inizio. L’importante è crederlo veramente, fino in fondo. Non vi è alcun bisogno di paragonarsi agli altri o farsi influenzare da questo».

Shin’ichi Yamamoto proseguì citando il passo del Gosho Il Conseguimento della Buddità in questa esistenza che dice: «La pratica degli insegnamenti buddisti non ti solleverà affatto dalle sofferenze di nascita e morte a meno che tu non percepisca la vera natura della tua vita. Se cerchi l’illuminazione al di fuori di te, anche eseguire diecimila pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile, come se un povero stesse giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino, senza guadagnare nemmeno mezzo centesimo» (RSND 1, 3). E aggiunse: «Per riuscire a erigere uno stato vitale incrollabile, di felicità assoluta, non vi è altra strada che “lucidare” la propria vita e far emergere lo stato vitale di Buddità inerente a essa. Ma se non si riesce a credere che noi stessi siamo entità di Myoho-renge-kyo, non si può sviluppare una convinzione veramente profonda e si finirà per cercare la strada della felicità al di fuori del proprio cuore. Cosa significa?
Che vivremo in balìa dei giudizi e delle situazioni facendo dipendere il nostro stato d’animo dall’esterno. Ad esempio, tenderemo a fare confronti con gli altri in tutti gli aspetti, dallo status sociale alla situazione economica, dal carattere all’aspetto fisico. Se si pensa di essere anche di poco migliori si prova un senso di superiorità e, non essendo più in grado di mantenere una visione obiettiva di se stessi, si sviluppa un eccessivo amor proprio.

Se invece ci si sente inferiori, ci si butta giù, si diventa depressi e meschini. Inoltre, quando si è troppo sensibili ai giudizi altrui si rimane profondamente feriti a ogni minima parola o gesto, e ci si trova a nutrire odio e rancore pensando ad esempio: “Che cose terribili mi ha detto!”, “Quella persona non riconosce il mio valore”, “Non ha un briciolo di compassione”. Vi sono poi individui che ricorrono a ogni mezzo pur di attirare l’attenzione su di sé. Ma la causa fondamentale di questo tipo di offesa, in realtà, è l’illusione che offusca la nostra vita, è il ricercare la felicità al di fuori di noi e non riuscire a credere, nonostante pratichiamo, che noi stessi siamo la Torre preziosa, che noi stessi siamo Budda.
È proprio in un atteggiamento del genere che si insinuano le funzioni demoniache. Ciascuno di voi è un supremo, splendido Budda, una persona con una grande, insostituibile missione. Non vi è alcun motivo di paragonarsi agli altri. Bisogna bensì aver cura di sé e “lucidare” la propria vita, così come si è. Naturalmente se noi stessi siamo Budda, anche le persone che ci circondano sono meravigliosi Budda. Per questo è necessario nutrire il massimo rispetto e avere la massima cura dei nostri compagni di fede. Questo è il segreto alla base dell’unità della Soka Gakkai».

Nichiren Daishonin afferma: «Perciò tieni a mente queste parole e non dimenticare che coloro che abbracciano il Sutra del Loto non dovrebbero, per nessun motivo al mondo, insultarsi l’un l’altro, perché chi ha fede nel Sutra del Loto diventerà sicuramente un Budda e chi offende un Budda commette una grave colpa» (Le quattordici offese, RSND 1, 671).
Le offese ai compagni di fede si trasformano in funzioni demoniache che distruggono l’armoniosa comunità dei credenti, provocano fratture in seno alla Soka Gakkai che è l’unica organizzazione che agisce per realizzare il mandato del Budda, e distruggono dall’interno il movimento di kosen-rufu. Shin’ichi Yamamoto desiderava che nessuno dei suoi amati compagni di fede, per nessuna ragione al mondo, fosse infelice.
Ed è per questo che li aveva ammoniti così severamente riguardo all’offendere i propri compagni.

«I responsabili della Soka Gakkai - disse - devono diventare eccellenti per carattere, giudizio e leadership, persone rispettate da tutti, in cui tutti nutrano fiducia. È naturale che ciascuno s’impegni in questa direzione, ma d’altra parte siamo tutti persone comuni e potrà accadere che, trovandosi ancora a metà cammino nella propria rivoluzione umana, qualcuno manchi di sensibilità nel rivolgersi agli altri, o vi siano responsabili che non hanno sufficiente premura. Può accadere che ciò vi provochi sofferenza, ma se in situazioni del genere cedete all’odio o al rancore, questa diviene un’offesa. Qualora riteniate che ci sia qualcosa di palesemente sbagliato, ditelo francamente e consigliatevi anche con i massimi responsabili. E nel caso in cui si riscontrino comportamenti illeciti da parte dei responsabili, la Soka Gakkai deve intervenire severamente.

Se vi accorgete che l’attività ristagna a causa dei difetti di un responsabile, preoccupatevi e domandatevi cosa potete fare per sbloccare quella situazione. Il vostro atteggiamento deve essere di sostenere, non di pensare che la cosa non vi riguardi, o criticare quel responsabile.
Questo è l’atteggiamento di voler sempre approfondire la fede, che un buddista dovrebbe sempre coltivare. Dal momento che a portare avanti il movimento di kosen-rufu nell’epoca caotica dell’Ultimo giorno della Legge è un gruppo di individui “imperfetti”, può accadere che da opinioni contrastanti e sull’onda delle emozioni, sorgano conflitti. Ma la rivoluzione umana può essere realizzata solo nel “grande mare” degli esseri umani, sballottati da onde impetuose. Quando vi trovate a soffrire a causa delle relazioni umane, coglietele come buone occasioni per crescere e recitando sinceramente Daimoku trasformate ogni cosa in “carburante” per avanzare. Qualsiasi cosa accada, vi prego di portare avanti fino in fondo una fede limpida e impetuosa come una cascata».

Le persone riunite ascoltavano le parole di Shin’ichi annuendo con espressione seria. Shin’ichi aggiunse: «Gli esseri umani tendono a non guardare dentro di sé. Vi sono organizzazioni nella Soka Gakkai dove i compagni di fede non riescono a creare unità e il movimento di kosen-rufu nella zona procede molto a rilento. Quando chiedo a qualche responsabile quale sia il motivo, egli elenca una serie di cause attribuendo la colpa a questa o quella persona. Sicuramente vi saranno dei problemi anche nelle persone indicate, ma un atteggiamento del genere denota una mancanza di analisi interiore.
Infatti, non è detto che se gli altri sono in torto noi dobbiamo per forza aver ragione. Non si pensa certo di avere qualche responsabilità, o di essere in errore. In altre parole, si tende a guardare solamente al di fuori di sé e le auree parole del Daishonin e le guide della Soka Gakkai vengono usate come metro di giudizio per misurare e criticare gli altri. Invece gli insegnamenti del Buddismo dovrebbero essere il metro di giudizio per misurare il proprio modo di vivere. Se si cade in errore su questo punto, si corre il rischio di deviare nettamente dal corretto cammino della fede.

Per questo desidero che voi, per essere felici, viviate fino in fondo rimanendo fedeli a voi stessi e portando avanti la fede corretta.
Un buddista è colui che si sfida e si confronta con se stesso. Essendo il nostro microcosmo un tutt’uno con l’universo, colui che è in grado di governare su di sé riesce a trionfare in ogni aspetto della vita. Recitando Daimoku possiamo trasformare noi stessi e, così facendo, siamo in grado di trasformare il nostro ambiente. Per questo, per quanto indaffarati, non bisogna mai trascurare, per nessuna ragione, il fondamento della pratica: Gongyo e Daimoku. Se lo si considera in modo superficiale, ogni cosa finirà per girare a vuoto e non saremo più in grado di creare valore.
Vi prego di far tesoro di ogni singolo giorno, di ogni singolo istante e di condurre fino in fondo esistenze vittoriose e pienamente soddisfatte». Shin’ichi parlò fino alla fine con grande entusiasmo.
Nelle guide è necessaria la tenacia e la sincerità di voler andare fino in fondo in ogni aspetto e di voler parlare in modo chiaro e semplice fino a quando tutti abbiano compreso ogni cosa dal profondo del cuore.

È giunta la primavera!
La primavera della rinascita è qui!
I nuovi germogli della speranza
superato il freddo inverno
rompono il suolo ghiacciato
uscendo dalla terra colmi di energia, preannunciando

[l’arrivo della primavera!
I fiori del susino riempiono il giardino di profumo
[e serenità, i magnifici ciliegi in fiore danzano di gioia e
le persone cantano una canzone trionfale che
[preannuncia l’arrivo vittorioso della primavera!

Non importa quante volte veniamo calpestati,
noi non ci lasceremo sconfiggere.
Non importa quanto siano dolorose
le tribolazioni che ci affliggono,
noi continueremo ad avanzare a testa alta.

Avanti, avanti, avanti sempre!

Non esistono onde impetuose o tempeste violente che
[ci possano fermare!
Possediamo lo spirito invincibile e indistruttibile
del Michinoku.

Nel nostro cuore
arde lo spirito combattivo dei Bodhisattva della terra
e la grande compassione del Budda
brilla di una luce dorata.

Abbiamo una missione eterna
che dobbiamo portare a compimento in questa
[esistenza.
Abbiamo fatto il grande voto Soka di maestro
[e discepolo
per condurre tutte le persone alla felicità e costruire
[una comunità prospera.

Amici miei!
Trasformate la tristezza in coraggio.
Trasformate il karma in missione.
Aprite un varco nell’oscurità
e fate sorgere il sole del mattino nei vostri cuori.

Avanzate, danzando come dei soli che rinascono
annunciando l’arrivo della primavera nel Michinoku!

Pagg. 5-9

Shin’ichi desiderava parlargli della vera forza necessaria alla realizzazione di kosen-rufu. «Signor Shiba, per poter davvero costruire una nuova era per il nostro movimento Soka a Fukushima non basta limitarsi ai progetti a breve termine e ad hoc, o a nuove linee guida sulle attività. Basi solide si gettano attraverso la trasformazione dell’atteggiamento di ciascun membro, rendendo ognuno capace di dare nuovo slancio ed energia alla propria vita. È pertanto fondamentale che lei faccia emergere dei veri campioni che siano orgogliosi delle loro origini e che si dedichino a kosen-rufu. «La Soka Gakkai è cresciuta così tanto a Fukushima grazie alla strenua lotta dei pionieri in passato. Non bisogna mai dimenticare come i pionieri abbiano dedicato tutto loro stessi a kosen-rufu, con la massima devozione, senza mai ritirarsi di un solo passo, nonostante offese e persecuzioni». I responsabili in viaggio con Shin’ichi lo avevano informato del fatto che a Fukushima generalmente facesse piuttosto freddo a metà marzo, ma quel giorno le temperature erano straordinariamente tiepide. Nel giardino era stato collocato un vaso con un ciliegio che stava iniziando a fiorire. «A Fukushima è arrivata la primavera» disse Shin’ichi ai responsabili. Osservò nuovamente il centro culturale per poi rivolgersi a Shiba: «È davvero un bel posto questo. È il castello di Fukushima. Questa è la nuova partenza della grande nave Aizubandai. Ciò che più conta è il modo in cui verrà utilizzato questo centro per promuovere kosen-rufu. Il completamento dei lavori di costruzione non costituisce certo la fine, rappresenta bensì l’inizio di una lotta nuova e più importante. «Quando una situazione si consolida e diventa familiare, la tendenza dei membri è quella di abituarcisi, dando le cose per scontate e dimenticando tutti gli sforzi fatti in passato dai pionieri. Così, nel momento in cui gli si presenta la più lieve delle difficoltà, essi iniziano a lamentarsi e a battere la fiacca.

«Il punto essenziale consiste invece nell’accogliere una bufera di sfide e di intraprendere aspre lotte nel corso della giovinezza. Non c’è nulla di più preoccupante del vedere i giovani diventare negligenti e apatici. «Kosen-rufu è una lotta eterna. Nichiren Daishonin dichiarò coraggiosamente: “E tuttavia non sono scoraggiato”.(2) Imperterrito, egli condusse la sua lotta per la propagazione dell’insegnamento corretto del Buddismo nonostante le persecuzioni. Questo è lo spirito del Daishonin e della Soka Gakkai. «Molti dei nostri membri hanno iniziato a praticare questa religione facendo seri sforzi con l’obiettivo di diventare felici a dispetto di circostanze disperate fatte di malattie, conflitti familiari e innumerevoli altre difficoltà. «L’unico modo per superare tutti i nostri problemi e costruire uno stato di felicità indistruttibile consiste nella pratica per sé e per gli altri. Come scrive il Daishonin: “Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri”.(3) Oltre a studiare il Buddismo e a recitare sinceramente, dobbiamo anche dedicarci alla condivisione degli insegnamenti con gli altri, mantenendo vivo il fuoco della torcia della propagazione. «È esattamente ciò che la Soka Gakkai e i nostri membri hanno fatto, dando così l’opportunità a tantissime persone di ottenere benefici dalla pratica, dando prova concreta di autentica felicità. Questo è il motivo per cui i membri della Soka Gakkai nella prefettura di Fukushima e nella regione del Tohoku sono cresciuti così tanto». Shin’ichi parlava con fervore, trasmettendo con chiarezza il suo messaggio. Giunto nei pressi del laghetto del giardino del centro culturale, Shin’ichi Yamamoto osservò: «Anche se nel passato abbiamo ottenuto grandi risultati, perdere di vista lo spirito combattivo e la pratica assidua dei giorni pionieristici comporterà inevitabilmente l’inizio del declino di kosen-rufu. Se ciò dovesse accadere, le persone non potranno più trasformare il loro karma e diventerà impossibile adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese. «La vera lotta ci attende. Intendo pertanto incoraggiare con tutto il cuore i nostri membri pionieri a non indietreggiare o a non cedere nella lotta per kosen-rufu. «Se smettiamo di impegnarci, tutti gli sforzi fatti finora saranno vani. Come scrive il Daishonin: “Se ti fermi a metà strada non potrai mai far scaturire il fuoco dalla pietra focaia”.(4) Se ci arrendiamo a metà del percorso non potremo mai realizzare il grande voto di conseguire la Buddità in questa vita. Tutti i traguardi raggiunti finora svaniranno come neve al sole. Non esiste disgrazia o spreco peggiore. Questo è ciò che spero voi tutti ricordiate per il bene del futuro. «Come insegna il Daishonin: “La vita è limitata, non dobbiamo lesinarla. Ciò a cui dobbiamo principalmente aspirare è la terra del Budda”.(5) I nobili maestri e discepoli Soka devono continuare a lottare con tutte le loro forze fino all’ultimo istante di vita. Come sapete, questo è quanto quanto fecero Makiguchi e Toda ed è ciò che farò anch’io. Coloro che continuano ad avanzare in qualsiasi circostanza sono davvero felici e vincitori nella vita. Essi sono dei Budda e dei Bodhisattva della terra. «Per queste ragioni spero di riaccendere nel cuore dei membri del Gruppo guide personali che hanno aperto la strada agli albori del nostro movimento lo spirito di una nuova partenza». Il Gruppo guide personali era stato fondato agli inizi della Soka Gakkai, mentre nell’agosto del 1974 in ogni prefettura e relative sedi venne istituito un comitato per le guide personali con relativo responsabile. Successivamente, il Gruppo guide personali venne istituito anche a livello di capitolo, settore e gruppo. Questo gruppo era composto da praticanti con molta esperienza e che vantavano una lunga storia di innumerevoli sfide vinte attraverso la fede buddista. Erano persone dalle vite brillanti, modelli da cui trarre ispirazione per approfondire la fede che non smettevano di adoperarsi per kosen-rufu, dando il massimo nell’incoraggiare le generazioni più giovani e nel dare consigli di fede ai membri. Shin’ichi cominciò a parlare delle qualità delle diverse generazioni di membri: «L’attuale generazione che ora è sulla trentina d’anni costituisce il fulcro della nostra organizzazione a Fukushima e in altre prefetture. La generazione dei giovani che stanno salendo sul palcoscenico di kosen-rufu è piena di forza ed energia. «Sono i miei preziosi discepoli, che sostengo sin da quando sono stato nominato terzo presidente. Molti di loro sono diventati responsabili dopo la fondazione della nostra organizzazione e, di conseguenza, non hanno mai sperimentato le ardue sfide degli inizi, quando i membri venivano spesso evitati o trattati senza rispetto a causa del loro impegno nel condividere il Buddismo con gli altri. «Di conseguenza, alcuni responsabili devono ancora sviluppare la capacità di realizzare kosen-rufu di fronte a circostanze tanto avverse. Pur essendo persone brillanti e intelligenti, fondamentalmente non hanno avuto modo di forgiare una convinzione incrollabile nella fede o di far emergere il vero spirito di condivisione e propagazione di questo Buddismo. «Possono anche essere bravi nel gestire l’organizzazione, ma quando si trovano di fronte a una grossa difficoltà, esitano e cedono facilmente. Per conseguire la vittoria in una sfida davvero difficile, dobbiamo avanzare con coraggio ed essere pronti a dare il nostro massimo. Non emergerà mai un vero campione della propagazione di questo Buddismo tra persone indecise e che mancano dello stesso spirito che animava i nostri pionieri. «Se oggi i nostri giovani responsabili smettono di crescere e di svilupparsi come persone, la Soka Gakkai andrà incontro alla degenerazione e non avrà più futuro. «Kosen-rufu consiste nello sforzo incessante di raggiungere luoghi inesplorati. Si tratta di un’impresa incredibilmente ardua. Non dobbiamo mai aspettarci che sia semplice. L’egocentrismo, la codardia, la svogliatezza, la noncuranza o la disonestà frenano il potenziale degli individui. «In ogni cosa che facciamo, comprese la propagazione e i consigli di fede, possiamo conseguire la vittoria se affrontiamo ogni sfida dando il nostro massimo. Dedichiamoci al sostegno di ciascun membro con sincerità e calore. Questa è la strada che percorrono i campioni».

Shin’ichi parlò poi dell’imminente Anno della salute e della gioventù della Soka Gakkai, affrontando come prima cosa il tema della salute. Dopo aver spiegato il modo in cui il Buddismo analizzava le cause della malattia, passò a spiegare in cosa consistesse la vera salute. 
«La salute non è semplicemente assenza di malattia» disse. «E non è mero benessere fisico. La vera salute è una condizione in cui sia il corpo sia la mente sono impegnati profondamente e con vigore in un processo creativo. La vera salute è la capacità di superare ogni forma di avversità e utilizzare anche le peggiori circostanze come trampolino di lancio per una nuova crescita.
In poche parole, l’essenza della salute consiste in un costante rinnovamento e ringiovanimento. L’entità fondamentale che rende possibile questo rinnovamento della vita può essere percepita dentro di noi come mondo di Buddità, o stato vitale del Budda. Credo che il Buddismo, che apre la strada a questo rinnovamento nel mondo reale, insegni il modo di coltivare la salute al livello più profondo.» 
Scoppiò un applauso vigoroso. 
Dopo aver spiegato il vero significato della salute, Shin’ichi parlò della gioventù, dicendo che la fonte della giovinezza è la vitalità, e che i giovani, nonostante non siano ancora completamente maturi, rappresentano una potente manifestazione di forza vitale che permette di raggiungere regni sconosciuti, un’energia vibrante che permette un costante rinnovamento, un ardente senso di giustizia e di passione. La chiave per mantenere la vera salute e per brillare di giovinezza, continuò, è mantenere in vita gli ideali della gioventù fino alla fine. Osservò che in tutta la storia del Buddismo, coloro che erano riusciti a cambiare le cose erano rimasti giovani per tutta la vita. 
Shin’ichi sottolineò che Shakyamuni aveva continuato a insegnare agli esseri viventi che ricercavano la Legge fino al momento in cui era entrato nel nirvana. Nichiren Daishonin continuò a scrivere lettere e trattati e a istruire i suoi discepoli e seguaci anche durante l’ultimo anno della sua vita. E nella storia della Soka Gakkai, il primo presidente Tsunesaburo Makiguchi, che era morto in prigione per le sue convinzioni, aveva coraggiosamente parlato del Buddismo ai suoi aguzzini; il secondo presidente Josei Toda aveva continuato a fare progetti per kosen-rufu e a offrire i suoi consigli fino agli ultimi istanti della sua vita. 
Shin’ichi disse: «Le vite di predecessori di questo genere, che hanno incarnato gli insegnamenti del Buddismo, ci offrono un ideale di ciò che significa essere un grande essere umano, a ritmo con l’universo, e condurre una vita di eterna e brillante giovinezza. Seguiamo il loro esempio e conduciamo una vita giovane e sana, piena di vitalità e vigore finché siamo vivi!» 
I membri applaudirono con forza in risposta alle parole di Shin’ichi. 
Shin’ichi aggiunse con grande convinzione: «Nam-myoho-renge-kyo è il principio fondamentale che pervade, sostiene e dà vita all’universo e all’esistenza umana. Attraverso la nostra pratica buddista noi armonizziamo le nostre vite con quel principio e siamo in grado di godere di vera salute e giovinezza». 
La lotta per kosen-rufu incrementa la nostra vitalità e pervade la nostra vita di salute e giovinezza. Ecco perché il Daishonin scrive: «Diventerai più giovane e accumulerai fortuna». Coloro che si dedicano a kosen-rufu godono di eterna giovinezza. 
I partecipanti ascoltavano le parole di Shin’ichi Yamamoto con gli occhi scintillanti e attenti. Shin’ichi riconfermò che l’obiettivo fondamentale della Soka Gakkai era kosen-rufu, e sul piano individuale questo obiettivo si manifestava negli sforzi costanti per far conoscere agli altri il Buddismo di Nichiren. Osservò che condividere gli insegnamenti del Daishonin con gli altri è l’essenza della pratica buddista nell’Ultimo Giorno della Legge ed è la vera missione dei Bodhisattva della terra e dei discepoli del Daishonin. Affermò inoltre che il movimento per diffondere la filosofia buddista che avrebbe consentito a tutte le persone di far emergere la propria natura di Budda è una lotta fondamentale nella società contemporanea, indispensabile per rivitalizzare l’umanità e stabilire come punto fermo la dignità e il valore di tutte le forme di vita. 
«Per fare questo ulteriore passo in avanti, lo scopo della Soka Gakkai come organizzazione di individui laici che sostengono il Buddismo è promuovere una fiorente cultura basata sul rispetto della dignità e del valore della vita. A livello individuale i membri della Soka Gakkai dovrebbero sforzarsi di dare un contributo positivo alla società rendendola un luogo più armonioso per tutti e cercare di creare comunità e luoghi di lavoro ricchi di valori umani». 
Shin’ichi proseguì dicendo che l’obiettivo di fondo nel diffondere la Legge mistica e costruire una società e una cultura veramente umanistiche è quello di adempiere all’impegno buddista di consentire a tutti gli esseri viventi di manifestare la propria illuminazione interiore; queste attività non sono in realtà altro che due aspetti della stessa motivazione di base. «Kosen-rufu – o, in altre parole, condividere gli insegnamenti del Daishonin con gli altri – aiuta le persone intimamente, dando loro la forza di cambiare loro stesse. Allo stesso tempo, la creazione di una fiorente cultura umanistica basata sul rispetto della sacralità della vita attiva un insieme di circostanze che sostengono le persone nel loro ambiente culturale e sociale. 
In particolare, riguardo a questo approccio esterno e ambientale che porta tutte le persone all’illuminazione, il Daishonin scrive nel suo trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese terra: “Se il paese viene distrutto e le famiglie sterminate, dove ci si potrà rifugiare? Se vi preoccupate anche solo un po’ della vostra sicurezza personale, dovreste prima di tutto pregare per l’ordine e la tranquillità in tutti e quattro i quadranti del paese”. In altre parole, il raggiungimento di una pace duratura in questo mondo è il grande obiettivo della nostra pratica». 
La frase «Ordine e tranquillità in tutti e quattro i quadranti del paese» significa una società pacifica. Come scrisse il pensatore americano Ralph Waldo Emerson: «Una cosa è certa: le religioni sono obsolete quando non danno origine a riforme».

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Poi affrontò il ruolo della Soka Gakkai nella società, sottolineando che la missione fondamentale della religione, in un momento di grandi cambiamenti e turbolenze, è quella di fornire a ciascun individuo una fonte di vitalità interiore e risvegliare in ogni persona la capacità di contribuire a riportare la società su un percorso stabile, solido e positivo. Disse: «Il ruolo sociale e la responsabilità della Soka Gakkai riguardano l’impegno in una lotta spirituale che si sprigioni dal profondo del nostro essere e sia diretta contro le forze esterne della violenza e dell’oppressione politica ed economica, forze che negano la dignità e il valore della vita umana». 
Tale potere spirituale può essere sviluppato attraverso il dialogo diretto e l’interazione personale tra individui. Poiché la politica internazionale era governata dalla forza politica o militare, Shin’ichi credeva fermamente che l’unico modo per alzare un sipario su una nuova era fosse il dialogo umanistico. Il suo impegno nel dialogo infatti aveva contribuito ad aprire la strada alla pace e all’amicizia tra Giappone, Cina e Unione Sovietica.

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I volti luminosi degli ascoltatori riflettevano determinazione ed entusiasmo. Shin’ichi Yamamoto citò il passo di Gosho: «È come macinare cento erbe per preparare una pillola oppure per prepararne cento. La medicina avrà il potere di curare la malattia sia che si prepari una pillola, sia che se ne preparino cento». Riferendosi a questa similitudine, disse: «Ognuno di voi è la Soka Gakkai nella sua interezza. Siate certi che la Soka Gakkai non può esistere in nessun’altra forma. Il Buddismo di Nichiren Daishonin insegna che ogni individuo è qualificato per questa nobile missione».
Ognuno di noi è la Soka Gakkai, e le nostre relazioni con i membri intorno a noi, con i nostri gruppi e settori sono la Soka Gakkai. Questo è il motivo per cui kosen-rufu avanza nella misura in cui sviluppiamo noi stessi e ci impegniamo al massimo per gli altri e per la società. La Soka Gakkai può trionfare solamente quando ognuno di noi si alza e trionfa egli stesso. 
Nelle organizzazioni l’individuo si adegua al gruppo. La Soka Gakkai però è un’organizzazione umanistica basata sull’unità nella diversità, che si sforza di permettere a ciascun individuo di realizzare il pieno potenziale e la propria personalità. Lo scopo dell’organizzazione è espandere kosen-rufu. È un nobile sforzo per radicare una filosofia del valore della vita in ogni persona, e per proteggere la dignità umana permettendo al contempo alla propria individualità di risplendere. Non siamo meri ingranaggi all’interno di un’organizzazione; ognuno di noi possiede la Soka Gakkai dentro di sé e averne consapevolezza può servire come fonte di orgoglio e coraggio e come principio guida per la nostra vita. In altre parole, la forza della Soka Gakkai deriva dal fatto che essa esiste in ognuno di noi come individui, radicata nella profondità del nostro essere».

I membri degli Stati Uniti erano decisi ad aprire la strada verso la pace. La truce realtà della Guerra del Vietnam pesava in particolare su di loro. Parecchi dovettero andare a combattere nel Vietnam, o perché erano militari di carriera o perché venivano arruolati d’ufficio. La sofferenza di questi giovani uomini e delle loro famiglie era particolarmente straziante. 
Rike era un viceresponsabile del Gruppo giovani uomini delle Hawaii ed era arruolato nella marina. Ricevette l’ordine di partire per il Vietnam proprio poco tempo dopo la prima proposta di Shin’ichi per un cessate il fuoco avanzata alla riunione generale del Gruppo giovani nel novembre del 1966. 
Rike era veramente angosciato alla prospettiva di andare nel Vietnam, comprendendo che sarebbe potuto essere ucciso o avrebbe dovuto uccidere lui stesso altri esseri umani. Desiderava tornare in patria sano e salvo, sia per amore della sua famiglia, sia per poter realizzare la sua missione per kosen-rufu. Inoltre, come buddista, sapeva che togliere la vita era sbagliato. Allo stesso tempo, tuttavia, non poteva disobbedire agli ordini. 
Consapevole che combattere per la propria patria era il compito di un soldato, Rike non sapeva cosa avrebbe dovuto fare. Continuò a pregare, ma quando alla fine fu imbarcato su un cacciatorpediniere diretto in Vietnam era ancora in uno stato di angoscia mentale. Le onde dell’Oceano Pacifico erano burrascose e la nave veniva sballottata proprio come il cuore di Rike. Sulla rotta verso il Vietnam la nave fece scalo in Giappone. Dopo essere sbarcato al porto di Yokosuke, nella prefettura di Kanazawa, Rike ne approfittò per recarsi immediatamente alla sede centrale della Soka Gakkai di Tokyo, sperando di potere incontrare il presidente Yamamoto. Shin’ichi lo accolse con un largo sorriso, ma Rike non sorrise di rimando. Piuttosto, la sua imponente figura sembrava raggrinzita e il suo volto era pallido. Tramite un interprete, il giovane disse a Shin’ichi: «Sto andando in Vietnam. Potrei dover uccidere qualcuno, o essere ucciso io stesso». 
Dopo avere ascoltato le sincere preoccupazioni di Rike, Shin’ichi gli disse con calore: 
«Non deve preoccuparsi. Ha il Gohonzon, non è così? Il Gohonzon risponderà a tutte le sue preghiere. In qualunque circostanza, non dimentichi di recitare Daimoku. Anche io continuerò a pregare per lei fin quando non tornerà a casa sano e salvo». 
Rike sentì un coraggio rinnovato sorgere dalla profondità del suo essere. Una volta arrivato in Vietnam fu assegnato come cannoniere su una corazzata. 
Rike continuò a recitare Daimoku sinceramente pregando di non venire ucciso e di non dovere uccidere nessun altro essere umano. Ma un giorno si trovò nel mezzo di una battaglia. 
Attraverso le cuffie Rike ricevette il comando di fare fuoco. Non aveva altra scelta che obbedire. Si aspettava di udire un grande boato ma non accadde nulla. Il suo cannone non funzionava. 
Rike passò diversi giorni a cercare di aggiustarlo, ma il suo periodo di servizio in Vietnam finì prima che potesse sparare un solo colpo. Sapeva che si era trattato di un beneficio della fede. 
[…]

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Col passare dei giorni, una nube opprimente ricoprì la società americana. I giovani, in particolare, si sentivano totalmente privi di speranze. Vivevano nella costante incertezza e nella paura, non sapendo se e quando sarebbero stati mandati in guerra. A causa della loro angoscia e della loro frustrazione molti si diedero all’alcol o alle droghe e diventarono dei ribelli. 
Anche i giovani soldati di ritorno dal Vietnam soffrivano terribilmente. Alcuni avevano perso le braccia o le gambe durante i combattimenti, e tutti dovevano fare i conti con dolorose ferite psicologiche. Altri erano tormentati dalle immagini dei loro commilitoni a cui era saltata la testa in combattimento o dei vietnamiti che essi stessi avevano ucciso. Non pochi di loro divennero dei «cadaveri viventi» persi nell’abisso della disperazione e dell’apatia. 
Molti giovani americani si sentivano impotenti di fronte al monolitico apparato dello stato orientato inesorabilmente verso la guerra. 
I membri del Gruppo giovani della Soka Gakkai americana, convinti che il Buddismo fosse un insegnamento che poteva eliminare per sempre la guerra dal mondo, studiavano avidamente gli scritti di Nichiren Daishonin e le lezioni del presidente Yamamoto. 
Tramite il loro studio arrivarono a comprendere profondamente che la guerra è il prodotto di ciò che il Buddismo chiama funzioni demoniache, in sanscrito mara. Il termine mara è tradotto in cinese nelle varie scritture buddiste come «uccisore», «ladro di vita» o «distruttore». Si manifesta attraverso i desideri terreni e le illusioni che tormentano la mente degli individui, tolgono la vita e distruggono la saggezza. 
Secondo il Buddismo, il Re demone del sesto cielo è la quintessenza di questa forza negativa e distruttrice. La vera natura di questo re demone è il desiderio di schiavizzare gli altri e di manipolarli a proprio vantaggio. 
Benché nel Buddismo questa forza sia personificata nel Re demone del sesto cielo, di fatto è una forza che risiede nel cuore umano. Quando essa prende il controllo dei cuori delle persone, queste sono spinte a mettere in atto comportamenti omicidi e distruttivi e a fare la guerra. 
Che cosa può sconfiggere il Re demone del sesto cielo? Solo una cosa: lo stato vitale della Buddità. 
Discutendo questo punto, i giovani americani conclusero che fondamentalmente è il popolo stesso a essere responsabile, è il popolo che forma i governi, che provoca le guerre e che può creare la pace. A meno che la natura demoniaca inerente alla vita umana, caratterizzata dall’odio e dall’impulso a distruggere e a dominare gli altri, non sia vinta e sostituita dalla condizione vitale della Buddità, la vera pace non può essere realizzata. I giovani compresero che, per quanto sia importante che i governi portino avanti negoziati di pace, il fondamentale sentiero per la pace si trova solo nella trasformazione dello stato vitale interiore di ogni individuo. In altre parole, la sola risposta è la rivoluzione umana, un processo che stabilisce un’indistruttibile roccaforte di pace nel cuore di ogni persona. 
I giovani americani capirono anche che sebbene la propagazione della Legge mistica possa sembrare un cammino lungo e tortuoso, in realtà è il sentiero più sicuro e più diretto verso la pace. Afferrando l’insegnamento buddista che in tutti gli individui è innata la natura di Budda e che ogni vita è infinitamente preziosa, i giovani convennero che se questa grande filosofia avesse messo radici nei cuori delle persone, il desiderio di uccidere o di fare la guerra sarebbe stato eliminato. 
In questo modo, i membri americani promisero insieme che avrebbero dedicato la loro vita a diffondere gli insegnamenti del Daishonin mirando alla realizzazione della pace mondiale.

Dopo i saluti di vari responsabili, Shin’ichi prese il microfono per tenere il suo intervento: «Grazie per essere venuti nonostante il caldo di oggi; sono l’ultimo a parlare, per cui spero che mi sopporterete.» 
Shin’ichi aprì il suo discorso in modo informale: «La crescita del Gruppo studenti significa crescita della Soka Gakkai. Il vostro progresso è il progresso di kosen-rufu ed è collegato direttamente al processo di pace in Giappone e nel mondo. Spero che siate coscienti della vostra grande missione e procediate con fiducia.» 
Shin’ichi aggiunse che diversi esponenti di punta in vari settori non avevano stima della Soka Gakkai perché influenzati dalle calunnie dei mass media. Chiese al Gruppo studenti di correggere tutti quei malintesi e di creare le basi per una comprensione della reale essenza della Gakkai. 
Come esempio di questa situazione citò il fatto che alcuni avevano affermato che la Gakkai volesse fare del Buddismo di Nichiren la religione di stato del Giappone. Disse: «In occasione della riunione generale dei giovani uomini di quattro anni fa [nel 1958], ho affermato con la massima chiarezza che la Soka Gakkai non intende fare niente del genere, perché sarebbe una violazione dei principi fondamentali della nostra dottrina religiosa. Questo è un insegnamento valido per tutti. Nichiren afferma di aver creato “il supremo oggetto di culto sulla terra”. Egli non ha mai scritto che il suo insegnamento dovesse diventare una religione nazionale né noi della Soka Gakkai abbiamo mai perorato questa causa. Questa è una critica del tutto infondata. 
Una religione autentica è collegata alla vita delle persone e si diffonde e si sviluppa tra loro con naturalezza. Se il governo dovesse riconoscere il nostro Buddismo come religione nazionale, questo significherebbe forzare gli individui ad accettare una fede per mezzo dell’autorità. Gli insegnamenti del Daishonin ne sarebbero sviliti. Questo Buddismo è una religione per tutto il mondo e per tutta l’umanità: se diventasse appannaggio di una nazione, la sua diffusione nel resto del mondo rallenterebbe. Inoltre, una religione del genere cadrebbe nei rituali e nella formalità e non sarebbe fondata sulla fede sincera dei credenti.» 
Shin’ichi poi aggiunse: «Se il Buddismo del Daishonin diventasse religione di stato, non avremmo più nessuno in Giappone a cui farla conoscere; di conseguenza, sarebbe difficilissimo cambiare il nostro karma e compiere la rivoluzione umana. Sarebbe un bel guaio per tutti noi!» 
Concluse infine il discorso con una proposta: «Vorrei chiedervi di interrogarvi su quale sia l’insegnamento superiore: quello di Nichiren oppure altre filosofie e sistemi di pensiero? Vorrei che faceste una libera ricerca per capire quale fra le tante filosofie dia una rappresentazione completa della vita umana e proponga una soluzione alla sofferenza; quale di queste si interessi alla vita quotidiana e possa essere verificata nei fatti. Se con la vostra ricerca concluderete che questo Buddismo è la filosofia più alta, allora vi chiedo di trasformare questa vostra convinzione in realtà. Abbracciare l’insegnamento del Daishonin significa diventare amici di ogni persona e dedicare la propria vita ad aiutare coloro che soffrono.» 
Shin’ichi aveva una fede assoluta nel Buddismo. Sapeva che se gli studenti avessero intrapreso questo studio comparato, avrebbero capito qual era l’insegnamento più profondo. 
In quel periodo la maggior parte dei membri del Gruppo studenti non aveva una forte fede. Alla fine degli anni ’50 molti giovani giapponesi, galvanizzati dal dibattito sulla revisione del Trattato di Sicurezza tra Giappone e Stati Uniti, avevano abbracciato il marxismo. Nonostante la maggior parte degli studenti della Gakkai riconoscesse che senza una rivoluzione umana personale, come enunciato dal Buddismo, non ci sarebbe stata una riforma della società, molti erano ancora del parere che questa sarebbe stata la via più lunga. 
Le reazioni degli studenti della Gakkai nei confronti delle proteste studentesche erano state molto differenti. Alcuni, anche se non desideravano esporsi in prima persona, si mostravano simpatizzanti perché magari avevano degli amici coinvolti. Altri, convinti che la rivoluzione sociale avesse priorità assoluta, avevano partecipato attivamente alle proteste, inclusi i tumulti del 15 giugno 1960 in cui ci furono alcuni feriti. 
Nonostante le proteste studentesche, un nuovo Trattato di Sicurezza venne stipulato; la delusione si diffuse rapidamente nei campus universitari di tutto il paese. Fu questo il momento in cui molti capirono che il Buddismo del Daishonin era la filosofia essenziale per realizzare un cambiamento sociale. La maggior parte dei membri del Gruppo studenti tuttavia, non avendo studiato a fondo né il Buddismo né l’allora prevalente filosofia marxista, non era in grado di affermare con sicurezza la superiorità dell’insegnamento del Daishonin. 
Shin’ichi voleva che gli studenti sviluppassero un forte desiderio di conoscenza. 
Senza un serio studio non si può apprezzare il valore della filosofia buddista. Studiando e comparando l’insegnamento del Daishonin ad altre religioni si diventa sempre più consapevoli della sua profondità.

Infine arrivò il momento del discorso di Shin’ichi Yamamoto. 
Era felice di vedere emergere e crescere nella Soka Gakkai, un raduno di persone comuni, così tanti giovani eccezionali dotati di saggezza e coraggio. Il requisito fondamentale delle persone di cultura è conoscere i pensieri e i sentimenti di coloro che vengono relegati ai margini della società. Devono abbracciare una filosofia e un credo che diano priorità alla tutela delle persone. 
Congratulandosi con il Gruppo studenti per il ventunesimo anniversario della sua fondazione, Shin’ichi iniziò il suo discorso ricordando come suo padre, che aveva gestito un’attività di lavorazione delle alghe, gli avesse detto con enfasi che da quel momento in poi sarebbe stato sempre più importante studiare e acquisire conoscenze. Shin’ichi aggiunse che, in ogni ambito, lo studio è indispensabile per rispondere e affrontare i cambiamenti dei tempi, e che le persone capaci, dotate di conoscenza e saggezza, svolgeranno un ruolo significativo nel progresso di kosen-rufu. Guardando al futuro della Soka Gakkai, sottolineò: «Il XXI secolo sarà per noi un periodo cruciale, il più importante. Sarà il momento in cui tutti voi entrerete in scena, occupando una posizione centrale. Non dimenticate mai che lo studio, l’allenamento e la pratica buddista che state portando avanti oggi vi serviranno per prendere il vostro posto su quel grande palcoscenico. Pertanto, a prescindere da quante difficoltà possiate incontrare, vi prego di continuare a perseverare con tenacia, a impegnarvi al massimo e a migliorare voi stessi. 
Il numero di leader eccezionali che faremo crescere nel XXI secolo determinerà il corso del XXII e del XXIII. Per questo motivo, desidero ribadire che il XXI secolo sarà per noi decisivo.» 
I giovani sono i protagonisti del futuro. 
Il poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht (1898-1956) scrisse: «Se vogliamo raggiungere questo [cambiamento] rapidamente, / avremo bisogno di te e del tuo sostegno.» 
Shin’ichi serbava sempre nel cuore la guida del suo maestro Josei Toda, che lo aveva esortato a stabilire i suoi obiettivi mirando ai successivi duecento anni. Per fare ciò, Shin’ichi si era concentrato prima di tutto sui decenni a venire e aveva profuso tutte le sue energie nel vincere giorno dopo giorno, mese dopo mese e anno dopo anno. 
La realizzazione di una visione lungimirante inizia vincendo ora, nel momento presente. L’importante è dedicarci con tutte le forze a ogni compito e attività da portare a termine nell’immediato, raccogliere le sfide che ci si presentano dinanzi e innalzare con fierezza il vessillo della vittoria. Le lotte di oggi diventano la speranza di domani e in seguito le brillanti e concrete realizzazioni del futuro. Ora è il momento di creare una preziosa storia di lotta seria e appassionata che adornerà le nostre vite. La voce di Shin’ichi si fece più appassionata. 
«Tutti voi possedete grandi qualità e talenti. Ma c’è una cosa che non dovete mai perdere di vista: la fede. Non abbandonate mai la pratica buddista. Il destino di un individuo, la sua felicità e altre questioni fondamentali come la vita e la morte non possono essere risolte unicamente attraverso la scienza, la politica o l’economia. Solo il Buddismo di Nichiren, che espone la Legge fondamentale dell’universo, ci consente di risolverle e di realizzare nella nostra vita una felicità indistruttibile. 
Il Daishonin afferma: “Sia che venga tentato dal bene o venga minacciato dal male, chi lascia il Sutra del Loto si condanna all’inferno.” Vi prego di incidere queste parole nei vostri cuori e di seguire fino in fondo il grande cammino di kosen-rufu
Cosa significa tutto questo in termini concreti? Naturalmente, è importante che lavoriate sodo per diventare indispensabili nei vostri rispettivi ambiti, ma dovreste anche assumervi una qualche responsabilità all’interno della Soka Gakkai, l’organizzazione dedita a kosen-rufu, e impegnarvi al massimo per fare di ogni vostra attività un successo. 
Le preghiere di una persona che desidera la felicità degli altri, si assume la responsabilità di kosen-rufu e fa del suo meglio nelle attività dell’organizzazione sono davvero potenti. Una persona del genere è piena di forza vitale. Inoltre, dedicarsi alla felicità dei membri e delle persone della propria comunità permette di armonizzare la propria vita col ritmo della Legge mistica. La nostra è la pratica buddista per accumulare un’illimitata buona fortuna. Desidero che ricordiate sempre che è questo il modo per realizzare la vostra rivoluzione umana e accelerare il processo di trasformazione del vostro karma. Una volta che avrete iniziato a lavorare, potreste trovarvi in circostanze tali da non poter partecipare alle attività della Soka Gakkai quanto vorreste. Ma quei momenti saranno decisivi. È proprio in occasioni del genere che dovete decidere che quello è il momento cruciale, in cui impegnarvi a incontrare gli altri membri per incoraggiarvi a vicenda e cercare di partecipare il più possibile alle attività. Desidero che rimaniate sempre strettamente uniti all’organizzazione e diventiate meravigliosi leader della Soka Gakkai.» 
Kosen-rufu non può essere realizzato senza la Soka Gakkai, l’organizzazione che porta avanti l’intento del Budda. Allontanarsi da essa significa allontanarsi dal corretto cammino di fede dedito alla propria e altrui felicità. 
Shin’ichi desiderava che tutti i membri del Gruppo studenti diventassero vincitori nella vita e conducessero un’esistenza di suprema felicità e realizzazione. Parlò con forza: «Probabilmente tra di voi c’è qualcuno che sta soffrendo a causa di vari problemi. Forse sognate di avere un giorno una vita perfetta, priva di sofferenze, completamente diversa da quella attuale. 
Ma la vita è una lotta costante contro i problemi. Saranno sempre lì. Ciò che fa la differenza è se vi lasciate sconfiggere o meno da questi. Una persona felice è una persona che non si lascia sconfiggere da nulla. Per quanto dolorose siano le difficoltà che vi assalgono, continuate a recitare Nam-myoho-renge-kyo e ad andare avanti finché non le avrete superate. Questa è la chiave per sperimentare un autentico senso di realizzazione, gioia e felicità. Questo è il vero potere della nostra fede e della nostra pratica. La giovinezza è il periodo in cui forgiare un saldo nucleo interiore in modo da poter affrontare ogni genere di avversità. L’unico modo per farlo è impegnarsi attivamente a sviluppare le proprie capacità all’interno della Soka Gakkai e lucidare e rafforzare la propria vita. 
Come giovani che avete abbracciato la missione di diventare grandi leader del XXI secolo, vi esorto ad accorrere dalle persone intorno a voi che potrebbero essere in difficoltà per incoraggiarle con tutti voi stessi e parlare loro del Buddismo. Così facendo, potrete coltivare il vostro carattere e le vostre qualità di leader, che vi permetteranno di ispirare gli altri, approfondendo allo stesso tempo la vostra convinzione nel Buddismo di Nichiren. 
Nutrendo le più grandi aspettative nei loro confronti, Toda diceva sempre ai giovani: “Vi affido il futuro della Soka Gakkai.” Finora ho sempre risposto alla sua fiducia. 
Ora tocca a voi. Vi affido con tutto il cuore il XXI secolo. 
Voi che siete parte del più ammirevole gruppo al mondo di studenti che sostengono la Legge mistica, voi che siete successori nei quali la nostra cara famiglia Soka ripone le sue più grandi speranze, lavorate insieme, in armonia, per creare una nuova epoca, dedicando la vostra vita alla felicità delle persone! 
Nutrendo aspettative illimitate in ciò che riuscirete a realizzare grazie al vostro intelletto e alla vostra passione, desidero concludere il mio discorso affermando ancora una volta: “Affido a voi il XXI secolo!”»

Alle 8.30 le tribune dello stadio erano già piene. Il tabellone dei risultati era stato ricoperto con un telo bianco su cui era scritta, in caratteri giapponesi la parola “Vittoria!” Questa non era solo il tema della Soka Gakkai per l’anno a venire, ma rappresentava anche il sentimento di ognuno di quei giovani che si erano impegnati duramente per quell’evento. 
Avevano dedicato le loro energie per realizzare il sogno ispirato dal saggio Giovani, siate patrioti!, che Josei Toda aveva scritto nel 1954: «Giovani, si alzi anche uno solo di voi! Seguirà un secondo e poi un terzo. Una volta che centomila patrioti si riuniranno in questo modo, allora, più splendente della stessa luce, sarà possibile portare felicità alle masse sofferenti...» 
Sebbene la parola “patriota” suonasse un po’ antiquata, esprimeva bene le speranze che Toda nutriva verso i giovani della Soka Gakkai. Con il termine “patrioti” indicava quei giovani che si sarebbero dedicati alla costruzione della felicità e della pace globale. Toda credeva fermamente che quando centomila di questi “patrioti” avrebbero unito le loro forze, si sarebbero potute costruire solide fondamenta per una nuova era. 
Quando il saggio apparve nel numero di ottobre ’54 del Daibyakurenge, il primo a prendere l’iniziativa di trasformare queste parole in realtà fu Shin’ichi Yamamoto, a quel tempo responsabile della Divisione giovani, che era deciso a realizzare lo scopo di centomila membri della Divisione giovani uomini. 
Sebbene all’epoca il numero non superasse diecimila, Shin’ichi promise: “Anche da solo, porterò a termine il sogno di Sensei, costi quel che costi!” Accettò la sfida e si dedicò con ogni energia al raggiungimento dello scopo, chiedendo ai suoi compagni di fede di unirsi a lui per far diventare il sogno del loro maestro una realtà. 
In risposta alle richieste di Shin’ichi, i giovani iniziarono a unirsi e il raggiungimento dei centomila membri divenne il loro scopo comune. Nel dicembre del 1957 i membri della divisione erano settantottomila. Shin’ichi sentiva che avrebbero raggiunto lo scopo nel giro di un anno; nel frattempo però Toda si era ammalato e una volta guarito era comunque molto debole. 
Nel gennaio 1958 Shin’ichi disse al suo maestro: «Sensei, quest’anno raggiungeremo il nostro scopo di centomila membri della Divisione giovani uomini.» «È meraviglioso!» rispose Toda. Sedendo sul futon, gli occhi brillavano di gioia. «Quando centomila giovani sono uniti, possono raggiungere qualsiasi cosa. È giunta l’alba di una nuova epoca.» «Sì» disse Shin’ichi «una volta realizzato il nostro scopo celebreremo l’avvenimento riunendo i centomila patrioti, desidero proprio che lei lo veda.» «Sì, mi piacerebbe. Mi piacerebbe tantissimo» rispose, annuendo varie volte. 
Josei Toda non visse abbastanza da ascoltare l’annuncio del raggiungimento del suo sogno. Morì il 2 aprile 1958. La Divisione giovani uomini raggiunse lo scopo sei mesi più tardi, alla fine di settembre di quello stesso anno. Shin’ichi era profondamente dispiaciuto. Aveva tanto desiderato che Toda fosse presente per vedere la forza e l’energia della prossima generazione della Soka Gakkai. 
Con Shin’ichi come responsabile, quei centomila giovani divennero la colonna portante dell’organizzazione. E quando egli divenne presidente, si unirono a lui per portare a tre milioni il numero di famiglie aderenti alla Gakkai. All’inizio del maggio 1961, il numero dei giovani uomini era arrivato a circa duecentocinquantamila. Shin’ichi aveva proposto di organizzare una riunione con centomila rappresentanti, intesa come nuovo inizio per la gioventù. […] 

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«Ora, un discorso del nostro presidente...» annunciò una voce al microfono. Quando Shin’ichi si alzò, esplose un applauso. Poi, lo stadio fu avvolto dal silenzio. Gli occhi di centomila giovani si concentrarono su di lui. 
«Gioisco con voi per la decima riunione generale della Divisione giovani uomini. Penso a quanto sarebbe felice Josei Toda se oggi fosse qui con noi.» 
«I potenti della Terra, quelle nazioni che dovrebbero guidare il mondo verso una direzione positiva, stanno affondando l’umanità nella paura a causa dello spiegamento di armi nucleari. Anche qui in Giappone i leader, la cui prima responsabilità dovrebbe essere quella di proteggere i diritti del popolo, si sono intossicati con il potere. 
Shin’ichi poi si riferì alla causa di questa situazione: «Perché sembra non esserci fine all’infelicità che piaga il Giappone e il resto del mondo? La risposta a questa domanda diventa evidente se la esaminiamo alla luce del Buddismo di Nichiren Daishonin: tutto ciò accade perché né i leader della società né la gente comune possiedono una filosofia che possa guidarli. Oppure, se ne hanno una, non è una filosofia che possa dirigerli verso la felicità. «Al contrario, noi della Soka Gakkai abbracciamo il grande insegnamento di Nichiren, tramite il quale possiamo attuare la rivoluzione umana e creare la pace nella società. Continuiamo quindi a proclamare coraggiosamente che questa filosofia di vita è il più alto degli insegnamenti per la felicità umana.» 
Un grande applauso che esprimeva approvazione irruppe dal pubblico. Shin’ichi attese che finisse prima di continuare: «Il mio più grande desiderio è che ciascuno di voi sia un vincitore nella vita e riesca così a provare la validità del Buddismo del Daishonin. Prego solo per la vostra crescita: voi giovani rappresentate un tesoro per la Soka Gakkai e una speranza per l’umanità. Questo è tutto ciò che volevo dire oggi. Grazie per i vostri sforzi.» 
Il discorso di Shin’ichi fu breve e preciso. Affermò che in un’epoca senza filosofie il Buddismo di Nichiren costituisce un principio guida per portare la felicità alla gente. […]

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La storia ha visto molti giovani – ispirati dall’amore per il proprio paese o spinti dal sogno di una società ideale – combattere per un cambiamento radicale. Molti di loro però hanno fatto ricorso alla forza o alla violenza per realizzare i propri scopi. Ciò che distingueva i giovani della Soka Gakkai era che essi cercavano di cambiare lo stato delle cose armati solo della forza dello spirito. Si dedicavano a un cambiamento graduale e pacifico della società basato sulla riforma interiore di ogni individuo. Questo, al fine di dare avvio a un’epoca in cui la gente sarebbe stata sovrana. La riunione generale dei centomila giovani della Soka Gakkai potrebbe essere considerata un incontro che rappresentò l’emergere di un nuovo rinascimento umano.

La convinzione della Soka Gakkai è la profonda convinzione nel potere del Buddismo di Nichiren e nel Gohonzon. È la grande convinzione che i membri della Soka Gakkai, che diffondono la Legge mistica, sono Bodhisattva della terra, sono seguaci e discepoli del Daishonin. Ed è la salda convinzione che vinceremo sicuramente nella nostra lotta per realizzare kosen-rufu. Shin’ichi Yamamoto disse ai membri di Izu: «La fede, in una parola, è convinzione. La convinzione diventa un principio spirituale, un nostro credo incrollabile, che a sua volta va a costituire le fondamenta del nostro modo di vivere.» Shin’ichi rispose poi alla domanda su come poter sviluppare una forte convinzione nella fede: «Un modo è accumulare molte esperienze in cui otteniamo risultati tangibili della pratica buddista nella nostra vita. Una persona con tali esperienze è forte, poiché arriva a percepire il potere del Gohonzon con la sua stessa vita. «Ovviamente, è allo stesso modo importante approfondire la comprensione degli insegnamenti buddisti, in quanto può servire da catalizzatore che ci motiva a impegnarci nella pratica buddista. Ma la teoria da sola non basta. Conoscere qualcosa a livello puramente razionale e teorico è ben diverso dal conoscerla con la propria vita. «In alcuni sport come il kendo e il judo, non si diventa forti semplicemente imparando le regole e le mosse da compiere. Bisogna allenarsi duramente e partecipare a numerosi incontri, per imparare con il proprio corpo, con la propria vita, come vincere e cosa fare in una determinata situazione. Solo così si possono affinare capacità e tecnica. «Lo stesso vale per la fede. Sperimentare il potere della fede è la via diretta per acquisire e sviluppare convinzione. Nella vita incontriamo ogni sorta di difficoltà e problemi, grandi e piccoli. A volte potremmo trovarci in una situazione di stallo sul lavoro, nelle relazioni interpersonali o familiari, e così via. Potremmo essere coinvolti in un incidente o ammalarci. Alcuni di noi potrebbero sentirsi frustrati perché non riescono a introdurre nessuno al Buddismo di Nichiren. Tuttavia, è importante considerare ciascuno di questi problemi o difficoltà come una sfida personale, recitare seriamente daimoku e impegnarsi nelle attività della Soka Gakkai. Così facendo, riusciremo sicuramente ad aprire una breccia e realizzare una svolta decisiva nella nostra vita. A volte risolveremo i nostri problemi uno alla volta, altre volte tutti insieme, proprio come afferma il Daishonin: “Le sofferenze dell’inferno svaniranno immediatamente.” Saremo inoltre in grado di costruire un io invincibile, al punto che anche se i nostri problemi dovessero persistere, non ci lasceremmo influenzare né sconfiggere da essi. Questo perché la nostra pratica buddista ci consente di espandere ed elevare la nostra condizione vitale. «Accumulando esperienze in cui superiamo le difficoltà grazie alla fede, possiamo approfondire e rafforzare la nostra convinzione nel potere del Buddismo di Nichiren Daishonin.» La Soka Gakkai è un raduno di Bodhisattva della terra che si assumono la responsabilità della missione senza precedenti di kosen-rufu. Riguardo al praticare la Legge mistica, Nichiren Daishonin scrive: «Devi non solo perseverare tu, ma anche insegnare agli altri.» Quando ci impegniamo nelle attività della Soka Gakkai per kosen-rufu – attività per la felicità nostra e degli altri – l’immenso stato vitale dei Bodhisattva della terra, traboccante di una gioia sconfinata, pulsa dentro di noi. Agli albori della Soka Gakkai, i membri si dedicavano con gioia a condividere il Buddismo di Nichiren con gli altri mentre affrontavano problemi personali come malattie, difficoltà finanziarie o discordie familiari. Pochissime persone, tuttavia, erano disposte ad ascoltare con mente aperta ciò che essi avevano da dire. I membri venivano spesso derisi e insultati, talvolta persino ostracizzati dai loro vicini e dalla comunità locale. Ma nonostante tutto, non si arresero mai. Perché? Perché i membri più anziani nella fede li avevano avvertiti che nel momento in cui si fossero impegnati a diffondere la Legge mistica avrebbero sicuramente in contrato ostacoli del genere, e che questo era in perfetto accordo con ciò che era stato predetto negli scritti del Daishonin e nel Sutra del Loto. Tutto questo trasmise ai membri gioia e convinzione, e li motivò a dedicarsi alla propagazione del Buddismo con una determinazione ancora più forte. Sfidarci con coraggio fa nascere in noi una gioia immensa, e al tempo stesso rafforza e consolida la nostra convinzione. Questa gioia e questa convinzione, a loro volta, fanno scaturire in noi una potente forza vitale, che funge da spinta propulsiva per superare le difficoltà e condividere il Buddismo con gli altri. In altre parole, la forza dei pionieri della Soka Gakkai risiedeva nei loro sforzi appassionati e sinceri di condividere la fede con gli altri. Di conseguenza, il grande stato vitale dei Bodhisattva della terra, l’immensa gioia di essere discepoli del Daishonin, pulsava nei loro cuori. Ciò permise loro di continuare ad avanzare, senza lasciarsi intimorire né sconfiggere da nessun ostacolo. Non esiste una fonte di forza più grande che condividere la Legge mistica con le persone che ci circondano. Continuando a impegnarci in tale direzione possiamo sviluppare una fede forte e salda. Shin’ichi disse ai membri di Izu: «La forza della Soka Gakkai risiede nel fatto che i suoi membri hanno ereditato la potente convinzione dei presidenti Makiguchi e Toda. Percorrendo il sentiero corretto della fede, verremo sicuramente avvolti dalla radiosa luce dei benefici. «Vincere è un percorso, un processo che dura tutta la vita. Inoltre, la nostra vita continua eternamente attraverso le tre esistenze di passato, presente e futuro. Anche se in questo momento ci troviamo in circostanze difficili, continuiamo ad andare avanti con fiducia e convinzione, con uno spirito tale da poter dichiarare a gran voce: “Guardate cosa sono in grado di realizzare!”»

A Shin’ichi piaceva parlare con i giovani. Mentre conversava con diversi giovani uomini e responsabili della Divisione studenti presso il Centro culturale di Kanagawa a Yokohama, disse: «Sono passati più di sei mesi da quando la Soka Gakkai è ripartita con nuovo slancio. Come stanno i giovani? Hanno uno spirito alto?» Il responsabile della Divisione giovani uomini rispose: «Tutti si stanno impegnando con grande serietà. Ma noi giovani siamo rattristati dal fatto che non sia più lei a parlare e a dare consigli di fede durante le riunioni.» Shin’ichi rispose in modo molto diretto: «Se è così che vi sentite voi giovani, allora dovreste agire. Se non lo fate, siete solo degli spettatori, non i protagonisti. I giovani devono assumersi la piena responsabilità ed essere la forza trainante dello sviluppo». Il giovane responsabile rispose con un’espressione perplessa: «Noi suggeriamo idee per organizzare nuove attività, ma la Divisione uomini di solito non le approva». Shin’ichi disse con un sorriso: «Questo succede in ogni organizzazione e società, in misura maggiore o minore. I giovani elaborano nuove idee e progetti, e i più anziani vi si oppongono. «Le persone anziane sono ricche di esperienze di vita. Hanno consolidato un nucleo di princìpi e approcci di cui hanno provato la validità, e tendono a giudicare ogni cosa basandosi sulla loro esperienza. «Essendo sostenuti dalla saggezza dell’esperienza, le loro valutazioni sono solitamente corrette. Ma le persone più anziane tendono anche a reagire negativamente a tutto ciò con cui non hanno familiarità. E quando i tempi cambiano drasticamente, il loro approccio basato sull’esperienza passata diventa inutile. Se non riescono a riconoscerlo, possono commettere errori di giudizio. «I responsabili della Divisione uomini devono esserne consapevoli e sforzarsi di ascoltare le idee dei giovani. «Come responsabile della Divisione giovani», continuò Shin’ichi, «dovrai affinare la tua capacità di persuasione, in modo da ottenere l’appoggio alle tue idee da parte dei responsabili delle Divisioni uomini e donne. «Devi essere in grado di spiegare chiaramente, in modo organizzato e logico, il motivo per cui le tue proposte dovrebbero essere adottate. È anche importante illustrare le basi delle tue idee, citando dati concreti ed esempi reali. Se quello che esponi è ragionevole, nessuno può contestarlo. Nichiren Daishonin scrive: «Il Buddismo è ragione e la ragione vincerà sul tuo signore».(11) Parlare del Buddismo agli altri è il mezzo migliore per sviluppare le tue capacità persuasive. «È importante anche possedere l’ardente passione della gioventù. Quando i giovani successori chiedono con sincerità e ardore di iniziare qualcosa di nuovo, il loro entusiasmo ispira naturalmente le persone a sostenerli. Quando riuscirai a toccare il cuore delle persone, la situazione cambierà drasticamente. «È necessario inoltre stabilire dei precedenti di successo. Se i tuoi piani e le tue proposte sono innovativi e creano sempre nuovo slancio per il nostro movimento, le persone saranno desiderose di ascoltare le tue idee. In altre parole, i risultati positivi creano fiducia. «Non rinunciare e non scoraggiarti solo perché nemmeno una delle tue idee è stata ancora accettata. Se pensi che ciò che stai proponendo sia veramente necessario e importante, esamina eventuali difetti o problemi che sono stati segnalati, correggili e presenta la tua idea nuovamente. Devi persistere.» Le parole di Shin’ichi erano suffragate dalla sua stessa esperienza. Nel marzo del 1954 era stato nominato responsabile di staff della Divisione giovani, una nuova carica che prevedeva la pianificazione e la supervisione delle attività della Soka Gakkai. All’inizio, il consiglio direttivo della Soka Gakkai aveva espresso dubbi su quasi tutte le sue proposte. Anche l’incontro di atletica della Divisione giovani che aveva suggerito di organizzare, e che sarebbe diventato l’antesignano dei successivi festival culturali per la pace, inizialmente non ricevette il loro sostegno. Ma dopo che diversi eventi di quel tipo furono organizzati e apprezzati da tante persone, essi divennero un segno distintivo della Soka Gakkai. Era una vittoria della forza dei giovani. Shin’ichi aggiunse: «Non è esagerato affermare che ci sono tante opinioni quante persone esistono. Ed è più che naturale che le persone di generazioni diverse abbiano opinioni differenti. «Quando si organizza una riunione di discussione, per esempio, alcune persone chiedono che la riunione si svolga in una sera della settimana, mentre altre preferiscono che si svolga nel fine settimana. Alcuni desiderano che si svolga la domenica mattina o il pomeriggio, mentre altri suggeriscono una mattina o un pomeriggio dei giorni feriali. Ma alla fine bisogna prendere una decisione e questo significa scegliere il giorno e l’ora adatti alla maggioranza. «Una volta che si è presa una decisione dopo averne discusso tra di voi, è importante agire in unità e fare il massimo sforzo possibile per assicurare il successo della riunione, anche se non avverrà secondo le vostre preferenze. «Coloro che organizzano l’incontro di discussione dovranno inoltre pensare ai membri che non possono partecipare quel giorno, e trovare il modo di sostenerli in un altro modo, magari pianificando riunioni in piccoli gruppi in altre giornate, oppure cambiando il giorno dell’incontro di discussione, in modo che tutti possano impegnarsi in egual misura e con gioia nella fede e nella pratica. «Oltre che sugli incontri di discussione, le persone hanno opinioni diverse su come svolgere anche tutte le altre attività del nostro movimento. Non ci sono regole assolute né un modo perfetto di fare le cose. Ci saranno sempre dei pro e dei contro di qualche tipo. Quando si verifica un problema, tutti dovrebbero preoccuparsi di pensare a come risolverlo o almeno ridurlo al minimo. La chiave è rimanere flessibili, aperti e cooperare con gli altri». I giovani ascoltarono attentamente. Shin’ichi guardò ciascuno di loro e sottolineò: «La cosa più importante da ricordare nello svolgimento delle attività è di non scoraggiarsi, né di risentirsi quando le nostre opinioni non vengono accettate. Questo danneggerebbe non solo la vostra fede, ma in ultima istanza indebolirebbe il movimento di kosen-rufu. «Molte organizzazioni e gruppi religiosi hanno subìto frammentazioni a causa dei conflitti e dei risentimenti derivanti da opinioni e idee diverse sulla gestione. Ma la Soka Gakkai non dovrà mai imboccare quella strada!»

Nel 1951 Tokie sentì parlare del Buddismo di Nichiren da una collega di lavoro e partecipò ad alcune riunioni della Soka Gakkai. Nonostante molti membri fossero poveri, erano sempre allegri e la forza del loro ottimismo stimolava Tokie. Sperando che anche lei sarebbe diventata felice, decise di unirsi alla Soka Gakkai. Dopo la cerimonia, una responsabile della Divisione giovani donne andò ad aprirle il Gohonzon. Si trattava di Mineko Haruki, una responsabile di gruppo che sarebbe divenuta la futura moglie di Shin’ichi Yamamoto. Nonostante Tokie fosse più grande di età, Mineko le diede sostegno e la incoraggiò, insegnandole i fondamenti della fede. Tokie, che si impegnava a fondo nella pratica buddista, iniziò a guarire dalla tubercolosi. Un raggio di speranza penetrò nell’oscurità che per lungo tempo aveva avvolto la sua giovinezza. Non poteva fare a meno di pensare al ruolo che il karma aveva avuto in tutte queste sofferenze. Intuiva che non avrebbe mai potuto essere felice se non si fosse liberata dalle catene di questo suo karma. Ecco perché decise di dedicarsi alla pratica del Buddismo di Nichiren. Toda era molto preoccupato per Tokie, sapendo che aveva perso entrambi i genitori e che stava lottando con tutte le forze contro la povertà e la malattia. Una volta le disse: «Non importa quanto tu possa essere povera, non lasciare mai che lo diventi anche il tuo cuore». Tokie incise queste parole nella sua vita. In seguito decise di lavorare come dattilografa professionista a casa. All’inizio non riusciva a trovare lavoro, ma recitando daimoku chiamò a raccolta tutta la sua saggezza. Decise di scrivere dei volantini e li attaccò sui muri del suo quartiere. Di lì a poco iniziarono ad arrivare delle proposte e il suo lavoro prese il via. Presto si trovò ad affrontare un nuovo dilemma: come trovare il tempo di lavorare e fare attività. Chiese un consiglio a Shin’ichi Yamamoto, che all’epoca era responsabile generale della Divisione giovani. Egli mostrò comprensione e la incoraggiò a non farsi sconfiggere dalle circostanze. Basandosi sui consigli ricevuti, Tokie determinò di fare del suo meglio sia nel lavoro sia nelle attività per kosen-rufu, senza scendere a compromessi in nessuno dei due campi. Per quanto fosse indaffarata nel lavoro, di sera partecipava alle riunioni oppure andava a incoraggiare qualche persona. Tornando a casa tardi la notte, riprendeva a lavorare fino all’alba. Spesso si sentiva stanca e stressata. Ma ancora più forti erano la gioia e la soddisfazione che riempivano la sua vita. Venne anche ripagata da un cospicuo aumento del lavoro, tanto che poté assumere altri dattilografi per aiutarla. Tokie Tani si distinse nella Divisione giovani donne e ne divenne una delle responsabili. Alla riunione generale del 3 maggio 1958, poco dopo la morte di Toda, fu nominata responsabile nazionale. Qualcosa però la preoccupava: non era particolarmente istruita e aveva una salute cagionevole. C’erano tante ragazze nella divisione che erano brillanti, capaci e preparate. Sicuramente, pensò, sarebbero state più qualificate per quel ruolo. Tokie si impegnava a fondo nelle attività ma la sua mancanza di sicurezza era spesso evidente. Nonostante molti la considerassero un segno di modestia, si trattava di una profonda insicurezza. La sua vita sfortunata e la mancanza di istruzione la facevano sentire inferiore agli altri. Nascondersi dietro a tutto ciò tuttavia, era una debolezza che la portava a rimproverarsi. Ciò nonostante, se la pratica buddista non avesse potuto renderla capace di trasformare questo problema, cos’altro ci sarebbe riuscito? Ora che aveva accettato la carica di responsabile, era importante superare ogni difficoltà e avanzare con determinazione per il bene di tutti i membri. Questa era la sua responsabilità. Sapendo come Tokie si poteva sentire, Shin’ichi Yamamoto voleva aiutarla a sradicare la debolezza interiore che le impediva di mostrare tutto il suo potenziale. Un giorno Tokie andò da Shin’ichi per un consiglio su come avrebbe dovuto promuovere le attività della divisione in quanto responsabile. Shin’ichi le rispose piuttosto severamente: «Se non riesci a padroneggiare le tue emozioni, come potrai guidare un gruppo così grande come quello delle giovani donne? Per essere sincero, ti stai facendo sconfiggere dalla tua stessa debolezza. Se pensi di non avere le capacità necessarie, allora devi pregare con sincerità e agire per svilupparle». Tokie fu colpita da queste parole; le fecero capire per la prima volta quanto fosse debole. Con una profonda determinazione negli occhi, guardò Shin’ichi. In quel momento tutti i suoi dubbi svanirono. Da lì in avanti, contribuì enormemente alla divisione, che iniziò a crescere velocemente. Shin’ichi le spedì una breve poesia in cui esprimeva apprezzamento per i suoi sforzi: Maestosamente, ti sei messa alla guida verso un nobile ideale con la lode degli déi celesti. Tokie sentì profondamente la gioia di dedicare la vita alla propria missione. Adesso, era assolutamente convinta che la felicità non derivasse dall’istruzione, dalla ricchezza o dal matrimonio, ma consistesse nell’avere la forza di sfidare e sconfiggere la propria debolezza. Solo così sarebbe stato possibile godere di un matrimonio riuscito e di una vita veramente felice. Inoltre, comprese che perfezionarsi quotidianamente attraverso la pratica buddista e impegnarsi per la felicità degli altri sono di per sé fonti di gioia. Questa fu la sentita convinzione espressa da Tokie alla riunione generale. La giovane continuò: «Presto inizieremo un nuovo anno, l’Anno della Vittoria. Credo che lo scopo più grande per cui possiamo lottare sia la vittoria sulle nostre debolezze. Se vinciamo questa battaglia, allora potremo vincere su tutto. Coloro che trionfano su se stessi risplendono di umanità. Lo splendore della loro personalità ispirerà gli amici intorno e illuminerà il cammino verso la felicità. «Oggi, quindi, promettiamo insieme di affrontare le nostre debolezze personali e di sfidarci su tutti i fronti: nella propagazione, nella recitazione del daimoku e nello studio. Così, alla fine dell’anno, ognuna di noi si potrà voltare indietro e affermare: “Quest’anno sono proprio cresciuta”.»

Quando Shin’ichi era il responsabile della prima squadra del Gruppo giovani uomini, anche Akaishi aveva una responsabilità nella stessa formazione e contemporaneamente, nella struttura organizzativa, ricopriva l’incarico di responsabile di gruppo. Akaishi incontrava grandi difficoltà ad adempiere le responsabilità connesse a quel doppio incarico, portando contemporaneamente avanti il suo lavoro, e aveva iniziato a pensare che non era assolutamente in grado di gestire tutti quegli impegni.
Dopo aver riflettuto per un certo periodo, decise di lasciare il suo incarico nel Gruppo giovani uomini. Scrisse una lettera di dimissioni e dopo una riunione la consegnò a Shin’ichi.
Shin’ichi conosceva molto bene il carattere di Akaishi. Sapeva che era una persona sincera, ma che cedeva rapidamente alla sua debolezza e gettava la spugna prima di essersi sforzato al massimo. A meno che non superasse ora quell’ostacolo interiore, pensò Shin’ichi, avrebbe finito per condurre una vita di sconfitte senza avere mai realmente lottato. Vincitore è solo un’altra definizione per indicare chi è riuscito a superare la propria debolezza.
Shin’ichi guardò Akaishi dritto negli occhi e gli disse: «Dunque stai scappando!»
Akaishi non poté fare a meno di innervosirsi. Sentì che Shin’ichi aveva percepito acutamente la sua oscurità interiore.
Con un tono di leggero rimprovero Shin’ichi continuò: «Non c’è nulla di cui preoccuparsi. Basta che reciti Daimoku con tutto il tuo cuore e faccia assolutamente del tuo meglio in ogni impresa, senza arrenderti mai. Se farai così, vincerai sicuramente. Io ti sosterrò.»
Poi strappò la lettera di dimissioni di Akaishi: «Siamo d’accordo, allora?» disse, e sorrise calorosamente lasciando la stanza.
Shin’ichi capiva fin troppo bene i sentimenti e le preoccupazioni di Akaishi. Avrebbe potuto facilmente accettare le dimissioni di Akaishi e tranquillizzarlo dicendo: «Deve essere molto duro essere così impegnato con due responsabilità. Perché non ti prendi una pausa?» Ma se lo avesse fatto, avrebbe solo incoraggiato la debolezza intrinseca di Akaishi che lo spingeva a scappare alle prime difficoltà.
Noi cresciamo quando ci spingiamo oltre i nostri limiti, quando ci sfidiamo ad andare oltre ciò che pensiamo possibile. Così facendo, possiamo rompere il nostro guscio, diventare forti, espandere il nostro stato di vita e portare avanti la nostra rivoluzione umana. Questa è la via della pratica buddista.
Da queste considerazioni venne la decisione di Shin’ichi di spingere Akaishi ad andare avanti. Sulle prime, tuttavia, Akaishi rimase confuso. […] Avrebbe voluto parlare nuovamente con Shin’ichi, ma esitava. Temeva che se gli avesse esposto le sue perplessità, Shin’ichi lo avrebbe rimproverato nuovamente perché continuava a tentennare.
Ma alla fine raccolse il coraggio e si diresse verso la casa di Shin’ichi a Sanno, nel quartiere Ota di Tokyo. Gli aprì la porta la moglie di Shin’ichi, Mineko.
«Mi dispiace disturbare così tardi» si scusò Akaishi, «ma speravo di poter chiedere un consiglio al signor Yamamoto.» Dall’interno si udì la voce di Shin’ichi. «Ti stavo aspettando». […]
Yukio Akaishi chiese a Shin’ichi: «Tu hai numerose responsabilità e sei molto più impegnato di me. Come fai a essere sempre così calmo e padrone di te?»
«Sembro calmo e padrone di me?» chiese Shin’ichi di rimando. Akaishi annuì.
«Se appaio in questo modo, è perché mi impegno completamente in ciò che sto facendo. Sono in una posizione che mi richiede di essere concentrato in ogni istante. Devo assicurare che il signor Toda riesca a dare inizio a una corrente eterna di kosen-rufu finché è vivo. […]
«È per questo che non posso fallire. Vincere è il mio destino. Se si è fermamente determinati a vincere e si prega con tutto il cuore per ottenere questo risultato, allora il coraggio, la saggezza e la forza sgorgano dalle profondità del proprio essere.»
Akaishi annuiva pensieroso mentre ascoltava le parole di Shin’ichi.
«Se sei passivo e ti limiti a seguire le direttive, la tua vita sarà fiacca e stagnante. Resterai sempre schiavo delle circostanze. Ma se prendi l’iniziativa e affronti coraggiosamente ogni sfida che incontri, stai vivendo la vita di un campione. La tua condizione vitale si eleverà e sperimenterai una gioia senza limiti.
«Se passerai da un atteggiamento passivo a un atteggiamento attivo, benché le tue attività quotidiane rimangano le stesse, sentirai un’enorme differenza nel tuo impegno interiore e un senso di realizzazione personale. E naturalmente vedrai dei risultati. Fin quando parteciperai alle attività della Soka Gakkai, spero che tu lo faccia come un protagonista, agendo coraggiosamente nel modo che più ti si adatta.» […]
Shin’ichi propose poi di ascoltare un po’ di musica e mise un disco. L’allegra melodia dell’ouverture della Cavalleria leggera, di Franz von Suppé, riempì la stanza.
«Tira su il morale, non è vero?» disse Shin’ichi. «Per quanto intensi siano i nostri impegni, dobbiamo riuscire a rilassarci e ad ascoltare della musica di tanto in tanto. Praticare il Buddismo non significa isolarci da tutto il resto. In definitiva, kosen-rufu è un movimento per creare una cultura e un modo di vivere veramente umanistici.» […]
Akaishi fece la strada di ritorno col passo leggero e il cuore colmo di nuova determinazione. Si ritrovò a guardare in alto verso la luna e a cantare a mezza voce una canzone. Per la sua vita quello fu un importante punto di svolta.

«Conto su ognuno di voi che oggi siete riuniti qui. Se continuerete a crescere e a svilupparvi di anno in anno, io mi sentirò sempre più tranquillo.
Se, tuttavia, a dispetto delle grandi speranze che ripongo in voi, non riuscirete a raccogliere la determinazione di dare i tocchi finali al nostro movimento e sarete incapaci di creare tra voi una salda unità, non vi biasimerò, ma lo riterrò il segno della mia mancanza di fortuna.
Continuerò a seguirvi e a sostenervi per i prossimi dieci, venti o trent’anni. Tenendomi al corrente di quanti di voi se ne andranno, di quanti resteranno, e di come vi state sviluppando, penserò al modo migliore per passarvi il testimone del nostro nobile scopo di kosen-rufu.
Qualunque cosa accada, per favore abbracciate il Gohonzon per tutta la vostra vita. Voglio che salvaguardiate e proteggiate la Soka Gakkai. Questo dovrebbe essere lo spirito fondamentale dello Hosukai. Credo che noi tutti siamo uniti dal legame di maestro e discepolo. Siete d’accordo?»
Un risonante «Sì!» echeggiò nella sala. Le voci degli studenti vibravano di forte convinzione. Tutti guardavano Shin’ichi con concentrazione, i volti eccitati, aspettando che lui continuasse.
«Oggi ho piantato i semi della crescita e dello sviluppo nelle vostre vite. Ma a meno che non abbiate una forte determinazione e non vi impegniate a realizzare la vostra grande missione, quel seme non fiorirà e non darà frutti. La cosa importante è quello che fate per kosen-rufu, e non per il vostro successo mondano o il vostro profitto personale. Spero che tutti voi persevererete con pazienza e lavorerete costantemente per completare la vostra missione. Siete con me?»
«Sì!»
«Per commemorare questo giorno» continuò, «vorrei regalare a un rappresentante dei due gruppi una copia del mio libro Lezioni su Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese, che è stato pubblicato il 3 luglio. Ho scritto sul libro i loro nomi.» Poi chiamò i nomi di due rappresentanti dello Hosukai, un giovane uomo e una giovane donna.
L’annuncio fu una sorpresa, e i due rappresentanti ricevettero la copia del libro con un sorriso radioso. I loro amici applaudivano entusiasticamente.
Rivolgendosi a tutti, Shin’ichi disse: «Queste due persone rappresentano tutti voi. È importante che capiate che anche se sono loro che hanno ricevuto il libro, è come se lo avesse ricevuto ognuno di voi; spero che vi sentiate felici per loro. Se avete questo spirito, un giorno avrete la stessa fortuna. Questa è la legge di causa ed effetto e il regno della fede. Se siete invidiosi degli altri, farete solo del male a voi stessi.
Spero che leggerete molti libri in questo periodo della vostra vita. Oggi ho portato con me una copia di un libro che ho letto nella mia gioventù, Napoleone, di Yusuke Tsurumi. Vorrei che a turno ognuno di voi lo leggesse. In futuro, conto di farvi leggere altri classici della letteratura mondiale, come I tre moschettieri di Alexandre Dumas e Novantatré di Victor Hugo.»
Sul risguardo della copia di Napoleone che Shin’ichi consegnò a uno dei membri, aveva scritto: «Seguite la vostra strada individuale. Ci sono tanti libri che possono nutrire il vostro spirito nella lotta per kosen-rufu. 16 luglio.»
Quando ebbe finito di dire tutto quello che voleva dire, Shin’ichi accettò di rispondere alle domande degli studenti. Un ragazzo chiese delucidazioni sulla ricerca del lavoro, mentre un altro volle sapere cosa pensava Shin’ichi del futuro della Cina. Un altro ancora espresse il suo desiderio di lavorare per la pace e la felicità dei popoli africani.
Dopo diverse altre domande, Kimiko Kudo, una ragazza poliomielitica, espose le sue preoccupazioni: «Io vivo con mia madre, che è un’ostetrica, e in futuro conto di prendermi cura di lei. Per questo motivo, vorrei fare l’insegnante, ma con la mia invalidità ho molti dubbi di avere i requisiti fisici necessari. Per di più, non ho i mezzi per pagarmi l’università. 
Se non posso insegnare nella scuola, spero di potermi guadagnare da vivere insegnando calligrafia, e sto studiando per questo, ma non so cosa dovrei fare e sono preoccupata di quel che succederà...»
La voce di Kimiko venne meno. Dietro le lenti degli occhiali, i suoi occhi erano bagnati di lacrime. Più pensava alla sua grande missione di realizzare kosen-rufu e più si sentiva schiacciata e incapace di trovare una via d’uscita dalla sua attuale situazione. Sembrava davvero angosciata.
Shin’ichi intervenne severamente: «La fede non è sentimentalismo. Piangere non risolverà nulla!»
La tensione pervase la sala e tutti ammutolirono. Shin’ichi guardò in viso Kimiko Kudo e disse con voce ferma: «Tu hai il Gohonzon! Non devi essere dominata dalle tue circostanze. A che serve addolorarti per la tua infermità? Per quanto tu possa commiserarti, non cambierà nulla. Tutti hanno qualche problema da affrontare. Non c’è una sola persona al mondo alla quale vada tutto bene. Essere un membro della Soka Gakkai vuol dire sfidare coraggiosamente qualunque situazione e qualunque circostanza, e diventare vincitori nella vita. Il punto non è cosa ti succederà, ma cosa tu hai intenzione di far succedere.
Se davvero desideri diventare un’insegnante, allora decidi di diventarlo, qualunque cosa accada. Se non hai i soldi per l’università, puoi lavorare part time per guadagnarli. O puoi lavorare di giorno e frequentare i corsi serali. «Dedicare la vita alla propria missione non è qualcosa di idealistico. Non è un gioco intellettuale. La fede è ottenere dei risultati nella situazione in cui ci si trova e trionfare sulla realtà. La luce della fede brilla in una persona che supera le difficoltà.
La tua missione è diventare la persona più forte, più luminosa e più pura di cuore di tutte, a prescindere dalle tue circostanze, e vivere una vita in cui potrai dichiarare di essere immensamente felice.»
Kimiko si mordeva le labbra e annuiva ripetutamente mentre ascoltava.
Shin’ichi continuò: «Va bene. Non essere sconfitta. Qualunque cosa accada, non lasciarti sconfiggere. Diventa forte e fai del tuo meglio!»
Le parole di Shin’ichi erano severe ma anche colme di bontà. Poi, rivolgendosi a tutti gli studenti, disse: «Voi siete compagni di fede, amici e alleati. Se uno di voi non può permettersi di andare all’università, voglio che gli altri abbiano lo spirito di contribuire per aiutarlo! Va bene?»
«Va bene!»
Shin’ichi sorrise a Kimiko: «Non sei sola. Hai i tuoi compagni di fede, non è così? Metti da parte questi sentimenti tristi e adotta un atteggiamento positivo e allegro!»
Kimiko non era l’unica tra i presenti che stava attraversando difficoltà. Molti altri avevano un solo genitore, e nessuno di loro era benestante. Di conseguenza, tutti loro condividevano in una certa misura i sentimenti di Kimiko. Shin’ichi lo aveva percepito, ed era per questo che aveva dato un consiglio così severo a Kimiko davanti a tutti.

Dopo aver dichiarato che il Buddismo di Nichiren è l’insegnamento supremo sia dal punto di vista documentario sia dal punto di vista teorico, affermò che i principali benefici che si ottengono praticandolo sono quelli che vengono chiamati “invisibili” per il modo in cui si manifestano. «Ci sono due tipi di benefici che otteniamo con le nostre preghiere» spiegò. «Quelli che sono immediatamente visibili e quelli che non possiamo vedere subito, definiti “invisibili”. Il beneficio invisibile è il cardine del Buddismo di Nichiren Daishonin, perché è quello che porta la vera felicità. «Ci sono casi in cui subito dopo avere iniziato a praticare una persona guarisce da una malattia, ma il vero beneficio non appare in questo modo. Né tantomeno il vero beneficio è qualcosa come ricevere una grossa eredità subito dopo essersi uniti alla Soka Gakkai. Se i reali benefici della fede piovessero dall’alto senza nessuno sforzo da parte nostra, diventeremmo pigri e viziati. «Allora cos’è il beneficio invisibile? Possiamo paragonarlo alla crescita di un albero. Se guardate un albero ogni giorno, non noterete alcun cambiamento. Ma se lo osservate dopo cinque, dieci o vent’anni, vi accorgerete che è diventato alto e robusto. Analogamente, se continuate a praticare questa fede per cinque, dieci o vent’anni, il vostro karma negativo sparirà e voi cambierete il vostro destino, accumulando fortuna e ottenendo fantastici benefici. Questo è ciò che significa beneficio invisibile, il vero beneficio del Buddismo del Daishonin.» Molti membri pensavano ai benefici solo nei termini dei benefici visibili e quello che disse Shin’ichi li sorprese. Il suo scopo, tuttavia, era di insegnare quale deve essere il corretto atteggiamento nella fede. «In altre parole» continuò, «beneficio invisibile significa manifestare, attraverso la pratica del Buddismo del Daishonin, una forza vitale e una saggezza illimitate, forgiare il carattere, compiere la propria rivoluzione umana e costruire una felicità indistruttibile. «Spero perciò che tutti voi viviate le vostre vite nella Soka Gakkai, lottando costantemente per diffondere gliinsegnamenti del Daishonin, per lucidare la vostra vita e sviluppare voi stessi, proprio come un albero affonda le sue radici in profondità nel terreno e con perseveranza cresce in altezza. Così facendo, dopo dieci, venti o trent’anni scoprirete di aver raggiunto uno stato di felicità che non avreste mai immaginato. (pagg. 64-65)

Gli altri non possono renderci felici, né possono farlo la scienza o il governo. Gli unici mezzi per ottenere la vera felicità sono una forte determinazione e una nobile dedizione alla fede. Concludo il mio discorso esprimendo la speranza che tutti voi, come campioni della fede che marciano all’avanguardia dei tempi, spianerete la strada verso una vita di suprema felicità. (pag. 66)

Il Buddismo insegna che la mente abbraccia l’intero universo. Quando trasformiamo lo stato più profondo della nostra mente, il nostro intero essere cambia e questo cambiamento influenza anche il mondo in cui viviamo. Ciò corrisponde al principio di non dualità della vita e del suo ambiente e alla dottrina dei tremila regni in un singolo istante di vita. Il che significa che se un crescente numero di persone inizia a recitare daimoku con una preghiera determinata, anche la più difficile delle situazioni si risolverà. «Ogni cosa comincia da una forte determinazione. Questa determinazione ci ispirerà, ad esempio, a trovare il modo di proteggere la nostra casa o a individuare quale tipo di coltivazione ha più probabilità di resistere ai tifoni. La nostra determinazione può anche arrivare a far muovere il governo. Il nostro compito, la nostra missione è fare del posto in cui viviamo la Terra della luce eternamente tranquilla, un regno di felicità e di pace. (pagg. 68-69)

Il Buddismo insegna che noi siamo apparsi nell’Ultimo Giorno della Legge per propagare il Buddismo del Daishonin come Bodhisattva della terra. Ciò significa che tutti voi siete nati qui, nelle isole Amami, volontariamente. Perfettamente consapevoli che questo luogo è costantemente devastato dai tifoni, infestato dai serpenti velenosi e disastrato economicamente, avete accettato questo fardello karmico e siete apparsi qui come Bodhisattva della terra, facendo voto di realizzare kosen-rufu. «Se vi lamentate che queste circostanze sono più pesanti di quelle che vi aspettavate, non state ancora manifestando la vera essenza della vostra missione. In questo caso sarete incapaci di far scaturire il potere e la saggezza innati, e non riuscirete quindi ad aprirvi un varco verso la risoluzione dei vostri problemi. Solo quando raggiungerete la ferma consapevolezza della vostra missione di realizzare kose-rufu, sarete dei veri Bodhisattva della terra. Allora, mentre lotterete per compiere la vostra missione, il vostro io eterno assumerà il controllo e dalla vostra vita sgorgheranno una forza e una saggezza illimitate, che vi metteranno in grado di superare qualunque ostacolo.» I responsabili della Divisione uomini ascoltavano attentamente le parole di Shin’ichi. Guardando apertamente ognuno di loro, questi continuò: «Oggi vorrei parlare di quello che può impedire la realizzazione di kosen-rufu. Non mi riferisco alla durezza delle circostanze o alle difficoltà frapposte dal nostro ambiente, ma all’eccessivo compiacimento dei responsabili e alla loro propensione a darsi per vinti. Quando i responsabili cominciano a pensare: “La mia zona ha realizzato già tanto”, oppure: “Stabiliamo un obiettivo, ma se non riusciremo a raggiungerlo, pazienza”, allora sono già sconfitti. «Una forte determinazione è la forza motrice della vittoria. Se la perdiamo, non resta che la sconfitta.» A causa del caldo estivo e dell’eccitazione, il sudore imperlava i volti dei responsabili che ascoltavano assorti il presidente Yamamoto. «La propagazione è la linfa vitale della religione e kosen-rufu è la propagazione della Legge mistica. Se la Legge non si diffonde, la felicità di tutte le persone resterà un’utopia. Naturalmente, i modi di propagare la Legge differiscono a seconda del tempo e del luogo, ma senza una crescita costante il nostro movimento stagnerà. «Alcuni credono che, visto che la Soka Gakkai ha raggiunto un totale di tre milioni di famiglie, probabilmente non crescerà più, ma quest’idea è completamente infondata. Dobbiamo sviluppare ed espandere il movimento di kosen-rufu per tutta la vita. Se agiamo costantemente con la determinazione di diffondere il Buddismo del Daishonin e dedichiamo le nostre vite a promuovere questa grande causa, allora non ci saranno limiti allo sviluppo della Soka Gakkai. «Nelle isole Amami il nostro movimento ha fatto incredibili progressi in un tempo brevissimo. Il motivo è che vi siete adoperati senza sosta per parlare del Buddismo al maggior numero possibile di persone, senza temere alcun ostacolo. «Questo è lo spirito della Soka Gakkai. Se facciamo ardere questo spirito per sempre, trasmettendolo a ogni membro, ai nostri figli e ai nostri nipoti, senza dubbio realizzeremo kosen-rufu. Per favore, ricordate anche che “responsabile” è un altro nome per definire coloro che si assumono il compito di realizzare kosen-rufu. È importante che vi chiediate sempre quanto voi, come figure centrali dell’organizzazione, stiate contribuendo al nostro movimento. (pagg. 70-72)

Shin’ichi affermò: «Il potere del Gohonzon può non risultare evidente da un giorno all’altro, ma se ci impegniamo sinceramente nella fede buddista e nella pratica per dieci o vent’anni, possiamo ottenere risultati chiari e incontrovertibili. «La nostra vita è piena di problemi. Anche quando si partecipa alle attività della Soka Gakkai si possono incontrare persone che non mostrano comprensione e fanno venir voglia di smettere. «Alcuni di voi magari hanno problemi con i figli, o forse vi trovate in disaccordo con il coniuge. Altri possono essere in difficoltà a racimolare i soldi per spostarsi e andare alle riunioni e altri ancora possono essere alle prese con problemi di salute. «Ma Toda ripeteva spesso con grande convinzione: “Se reciti gongyo costantemente mattina e sera e fai conoscere il Buddismo del Daishonin ad altre persone, non c’è motivo per cui tu non possa vincere nella tua rivoluzione umana.  Certamente sarai felice. Questo te lo garantisco.” «Come responsabili di settore della Divisione donne, vi prego di condurre una vita felice. Allo stesso tempo, spero che farete del vostro meglio per assicurarvi che anche ogni singolo membro dei vostri settori possa condurre una vita appagante. Voi avete la responsabilità di aiutarli a diventare felici.» Shin’ichi aveva voluto infondere una fiducia profonda nel Buddismo nei cuori di tutte le responsabili presenti alla riunione. Per un responsabile il primo requisito per far avanzare il movimento di kosen rufu è l’assoluta convinzione nel Gohonzon e nella propria fede e pratica buddiste. [...]

Alla fine della riunione Shin’ichi parlò della lamentela. «I responsabili di settore sono i cardini delle attività della Soka Gakkai. So che può essere un lavoro molto impegnativo. Tuttavia, per quanto possiate darvi da fare, se passate il tempo a lamentarvi i benefici e la fortuna che potreste ricevere si estinguerebbero. Sarebbe un po’ come prendere una medicina per guarire da un brutto raffreddore e allo stesso tempo camminare sotto la pioggia senza coprirsi.» La parola giapponese per lamentela, guchi, è composta da due caratteri cinesi che significano “mal indirizzato” (gu) e “stupidità” (chi) o “ignoranza.” «So che a volte ci lamentiamo anche senza rendercene conto, ma la cosa terribile della lamentela è che ogni volta che vi incappiamo è come se una nuvola nera scendesse sul nostro cuore e il sole che dovrebbe illuminare il nostro spirito si oscurasse; a poco a poco si affievoliscono la speranza, l’apprezzamento e la gioia. Come scrive Nichiren Daishonin: “La sfortuna viene dalla bocca e ci rovina.”(2) «Le persone che si lamentano sempre tendono a creare un’atmosfera cupa e a spegnere l’entusiasmo delle altre persone intorno a loro, anche se non ne sono consapevoli. In altre parole, diminuiscono lo slancio verso kosen rufu e privano gli altri di forza vitale non consentendo loro di sforzarsi al massimo delle loro possibilità. «Non solo non riceveranno benefici, ma non potranno sfuggire alla retribuzione della loro stessa negatività. Ecco perché è importante per tutti noi ricordare questo punto e aiutarsi a vicenda per evitare di cadere in questa trappola. «Al contrario, coloro che prendono sempre l’iniziativa sono energici. Riescono a ispirare tutti quelli che incontrano, li fanno sentire maggiormente attivi e partecipi, riuscendo così a dissipare sentimenti di stallo o di stagnazione. «Come afferma Nichiren Daishonin: “È il cuore che è importante.”(3) «L’atteggiamento è cruciale, quando si pratica la fede buddista. Se siete sempre a lamentarvi e non praticate con una vera motivazione o senso di iniziativa, sarete soltanto di ostacolo a voi stesse. Cerchiamo tutti insieme di avanzare con gioia e con vitalità.» I membri della Divisione donne sono il sole della Soka Gakkai. I loro sorrisi avvolgenti e calorosi sono sorgenti di felicità che si riversano sulle persone cupe e tormentate, illuminando loro e tutte le persone intorno, soprattutto se stanno soffrendo. Il 31 gennaio, Shin’ichi prese parte a una riunione di responsabili di settore giovani donne presso la sede della Soka Gakkai, a cui partecipavano rappresentanti delle circoscrizioni di Shinjuku, Minato, Chiyoda, Setagaya, Meguro, Nakano, Shibuya e Suginami. L’incontro si svolse nella Sala Kosen presso il Centro culturale di Shinanomachi. Shin’ichi iniziò il suo discorso leggendo un passo dal Trattato Adottare l’insegnamento corretto per la pace nel paese: «Piuttosto che offrire diecimila preghiere, sarebbe meglio semplicemente bandire questo unico male.»(4) «Questa frase ci dice chiaramente che per raggiungere la prosperità e la pace nella società, piuttosto che discutere il merito dei vari metodi e programmi, sarebbe meglio prima di tutto porre fine all’unico male delle credenze erronee, la causa fondamentale di qualunque tipo di sofferenza. Questo vale anche per noi. «Facciamo l’esempio di una persona che si ammala perché non dorme a sufficienza oppure perché non si prende abbastanza cura di se stessa. Per lei trascurare la sua salute è l’unico male della sua vita. E a meno che non vi ponga rimedio, anche se mangiasse cibo di ottima qualità e in quantità adeguata, ciò non sarebbe sufficiente a restituirle la salute. Allo stesso modo, per ognuno di noi esiste un unico male che ci impedisce di compiere la nostra rivoluzione umana e diventare felici.» Tutti ascoltavano con attenzione le sue parole, con sguardi luminosi. «L’unico male potrebbe essere per esempio quando ci trascuriamo o sminuiamo noi stessi nel momento in cui le cose non vanno come avremmo sperato. Oppure quando ci rimproveriamo per i nostri fallimenti o quando rendiamo gli altri infelici, oppure se non riusciamo a lavorare in armonia per kosen rufu insieme agli altri. Anche la tendenza a rinunciare e a fuggire ogni qual volta si presenti una difficoltà è un altro “unico male.” Esistono molti altri tipi di “unico male”: per ogni persona può essere diverso e ognuno di noi ha il suo. «La nostra rivoluzione umana ha inizio quando individuiamo l’unico male della nostra vita e decidiamo di eliminarlo, recitando sinceramente daimoku e sfidandoci per risultare vittoriosi.» Shin’ichi disse poi che il tempo trascorso nella Divisione giovani donne sarebbe stato un periodo fondamentale per la loro vita, perché è il momento in cui si costruiscono basi salde e durevoli. Egli sottolineò che se volevano conseguire la felicità in questa vita, era essenziale allenare e affinare se stesse mentre erano ancora giovani, sradicando l’unico male dalla loro vita. «Batti il ferro finché è caldo!» dice il proverbio. I giovani che lucidano la propria vita saranno in grado di forgiare un carattere capace di superare qualsiasi avversità della vita. I membri della Divisione giovani donne sono i fiori bellissimi della Soka Gakkai. Già solo la loro presenza e i loro volti sorridenti alle riunioni di discussione infondono una fresca brezza primaverile e creano un ambiente allegro e rasserenante. Le giovani donne, così come i giovani uomini e la Divisione studenti, svolgono ovviamente attività specifiche, in modo indipendente dagli altri gruppi. È chiaro che ogni divisione deve concentrarsi sul proprio ambito di attività, ma allo stesso tempo è altrettanto indispensabile partecipare attivamente alle riunioni di discussione; queste sono infatti le riunioni della famiglia Soka, dove tutti i membri possono incontrarsi. Gli incontri di discussione sono la “grande terra” della Soka Gakkai. Quando il terreno è ben coltivato e fertilizzato, gli alberi crescono, i fiori sbocciano e i frutti maturano.

Hisayuki Imura, un abitante di Dokan che più tardi sarebbe diventato responsabile di settore, era tra coloro che aveva cambiato totalmente la propria vita. Si era trasferito nella zona il giorno di Capodanno del 1954, all’età di trentasette anni. Precedentemente aveva lavorato come ragioniere per una compagnia mineraria e sembrava fosse lanciato verso una brillante carriera. Ma a un certo punto l’asma che per qualche anno lo aveva lasciato tranquillo ricomparve improvvisamente, rendendogli difficile poter lavorare. Gli attacchi divennero sempre più frequenti, tanto che spesso non poteva neanche presentarsi al lavoro. Un giorno, dopo una prolungata assenza, venne licenziato. Aveva moglie e tre figli piccoli, di otto, cinque e due anni. Il suo datore di lavoro gli permise di continuare a vivere ancora per un po’ negli edifici dell’azienda. Ma la notte di Capodanno la famiglia fu costretta a lasciare la casa. 
Mentre si alzava l’alba sul nuovo anno, essi si spostavano dalla casa di un parente all’altra. Imura vagava depresso per le strade di Hakata, in cerca di un posto dove suicidarsi. Ma l’immagine dei volti dei figli glielo impediva. “Devo andare avanti, almeno per loro!” si ripeteva. Tuttavia non sapeva assolutamente dove andare. Le strade brulicavano di gente che festeggiava il nuovo anno e ogni volta che qualcuno vestito elegantemente gli passava accanto, Imura abbassava lo sguardo. 
I suoi vagabondaggi lo portarono fino a Dokan. In piedi, con lo sguardo perso tra le file disordinate di baracche, si sentì smarrito e sconfitto. Pensò che almeno per un po’ avrebbero potuto vivere lì. Trovò un posto dove tirare su una baracca: travi di legno per la struttura, pezzi di cartone e paglia per i muri e lamiere come tetto. 
La famiglia si trasferì in quella fragile baracca di appena sette metri quadrati. Dopo qualche tempo la struttura iniziò a piegarsi minacciosamente su se stessa. Imura sentiva che tutto questo rispecchiava il crollo della sua vita. 
Doveva trovare un impiego per sfamare la famiglia. Ma l’asma gli impediva di svolgere qualsiasi lavoro di ufficio, oppure di accettare un lavoro che comportasse uno sforzo fisico. Alla fine Imura decise di aprire un posto di ristoro nei pressi di una zona dove si svolgevano corse di motoscafi, vicino a Dokan. Molti degli abitanti della baraccopoli spesso si recavano proprio lì, scommettendo nelle corse tutto ciò che avevano. 
Imura e sua moglie riuscirono a organizzare un chiosco ambulante: offrivano ai clienti l’oden, piatto giapponese di carne in umido con legumi e l’inarizushi, riso avvolto da tofu fritto. Tuttavia i loro guadagni giornalieri erano davvero magri, tanto che non riuscivano a comprare il riso per i pasti dei bambini né coperte e materassi per dormire. Nel cuore dell’inverno non potevano fare altro che avvolgersi tutti insieme con la stessa coperta per tenersi caldi. In estate si diffondeva un terribile odore nella baraccopoli e le zanzare pullulavano tra i canali di scolo sotto i pavimenti delle baracche. 
L’asma di Imura peggiorò. Sentiva che era solo una questione di tempo prima che uno dei suoi attacchi lo uccidesse. Era così depresso e privo di speranza che dalle sue labbra uscivano solo lamenti e una tosse persistente. 
Fu proprio in quel periodo che Imura sentì parlare per la prima volta del Buddismo da uno dei suoi clienti. All’inizio ascoltava con un sorriso sardonico, ma il cliente continuò a raccontare la sua esperienza personale. «Anche lei può diventare felice con questa fede» gli disse. 
“Felicità” era una parola che Imura aveva quasi scordato. Il solo pensiero lo rendeva triste. Lentamente però, le parole piene di fiducia di quello sconosciuto fecero breccia dentro di lui. In quello stesso periodo suo fratello maggiore – che viveva alla periferia di Fukuoka e aveva da poco aderito alla Soka Gakkai – venne a trovarlo e gli parlò del Buddismo. Imura si sentiva scettico ma pensò che non aveva nulla da perdere, visto che peggio di così non poteva andare. Decise di unirsi alla Soka Gakkai e sperimentare la pratica. Era il novembre del 1955, erano passati quasi due anni dal trasferimento della famiglia Imura a Dokan. 
Dopo aver aderito alla Gakkai e praticato in modo corretto per un po’ di tempo, l’umore di Hisayuki Imura era decisamente migliorato; sentiva di aver riacquistato entusiasmo per la vita. Determinò profondamente di diventare felice. Si dedicò con sincerità alle attività della Gakkai e iniziò a far conoscere il Buddismo del Daishonin ad altre persone che abitavano a Dokan. 
Man mano che Imura si impegnava al cento per cento nel lavoro e nella pratica buddista, si accorse di due cose curiose. La prima era che l’asma cronica era sparita. In passato aveva avuto dei gravi attacchi al cambio di stagione, ma nella primavera seguente non ebbe nessun problema e lo stesso accadde in autunno. 
La seconda cosa che notò fu l’incredibile crescita negli affari. In pochissimo tempo gli introiti erano aumentati considerevolmente. Nonostante altri venditori si fossero stabiliti in quella zona, sembrava che il chiosco di Imura attraesse i clienti come una calamita. Egli aveva cambiato il menu, specializzandosi in udon, grossi spaghetti giapponesi serviti in brodo, e nel tempura. Decise di velocizzare il servizio e rendere più appetitosi i cibi. Grazie a questi sforzi, il suo chiosco si guadagnò la fama di essere “buono e veloce”. Alla fine riuscì a comprare un piccolo rimorchio e a trasformare l’attività in un vero posto di ristoro. 
«Un giorno aprirò un ristorante di mia proprietà» dichiarò Imura a tutta la famiglia. «Accumulerò così tanta fortuna che non potrò fallire.» Iniziò di nuovo a fare progetti per il futuro, cosa che non gli succedeva da tanto tempo.
Infuse ancora più energia nelle attività della Gakkai, sfidandosi anche nello studio del Buddismo. Più comprendeva il principio del cambiamento del karma e più si sentiva stimolato a parlare e a condividere la propria esperienza con tutti coloro che incontrava. 
Intorno a lui, molti avevano perso la speranza. Alcuni spendevano tutti i loro miseri guadagni in alcol, trascorrendo le giornate sonnecchiando per le strade. C’era anche chi donava il sangue in cambio di soldi per poter giocare d’azzardo. 
Imura non riusciva a ignorare la loro sofferenza. «Se non li aiuta un membro della Soka Gakkai, chi lo farà?» pensò. Continuò a sforzarsi, visitando le persone e parlando dell’insegnamento del Daishonin. Alcuni lo cacciavano in malo modo, ma lui non si arrendeva: si era risvegliato alla nobile missione di emissario del Budda. La gente di Dokan, ormai rassegnata, accoglieva le sue parole di speranza con estrema freddezza. Si erano dati per vinti. Una volta un uomo disse: «È tutto inutile, non c’è via di scampo da qui, non c’è speranza...» 
Portare avanti le attività di propagazione a Dokan era, in un certo senso, una lotta contro l’apatia e la sfiducia delle persone che avevano perso la voglia di vivere. Hisayuki raccolse tutto il suo coraggio e disse loro: «Non arrendetevi così facilmente! Provate questo Buddismo. Al limite, dopo, potrete sempre smettere.» 
Grazie a questo tipo di dialogo, svolto con tenacia, riuscì a trasmettere il suo sincero desiderio. Infatti i membri aumentarono notevolmente in quella zona e dopo qualche tempo Imura fu nominato responsabile del gruppo Nagahama, che comprendeva Dokan e dintorni. 
Nella baraccopoli si tenevano spesso riunioni di discussione. L’unico posto adatto tuttavia era un magazzino abbandonato. Qualche volta i membri organizzavano incontri per strada, sedendo in circolo su stuoie di paglia. Durante i fine settimana una dozzina di membri si recava alla stazione di Hakata. Prendevano il treno serale per raggiungere altre zone del Kyushu e fare attività di propagazione. Questi membri erano poveri e vestiti male, tuttavia non sentivano nessun tipo di mancanza mentre parlavano della loro promessa di guidare le persone alla felicità. 
Imura non si risparmiava nel propagare la Legge. Viaggiò per tutto il Kyushu fino ad avventurarsi nella regione di Chugoku, sull’isola di Honshu. Poco prima della sua nomina a responsabile di settore, che avvenne nel 1962, aveva fatto conoscere il Buddismo del Daishonin a più di cento famiglie. I membri del suo settore erano ancora più entusiasti di lui nel propagare la Legge mistica.
Nel 1966 Imura lasciò Dokan per aprire il ristorante che tanto aveva sognato: si trattava di un locale con annesso un appartamento dove si trasferì con la famiglia. Mantenne sempre lo stesso menu di prima, udon e tempura, ma gli affari andarono così bene che alla fine aprì un negozio di pesce e un ristorante di cucina giapponese molto raffinata. Dopo qualche tempo acquistò una casa nuova e divenne presidente dell’associazione di quartiere per parecchi anni, contribuendo attivamente alla prosperità della comunità locale. 
I membri di Dokan, che avevano fatto emergere il loro infinito potenziale attraverso la fede nel Buddismo, stavano risolvendo le loro sofferenze. Quasi tutti, lottando, avevano vinto contro la disperazione. È per questo che quando parlavano del Buddismo le loro parole risultavano credibili e trasmettevano una forte convinzione.

pagg. 149-151

Mentre l’auto lo portava al centro culturale di Takayama, Shin’ichi recitava sinceramente per la pace e la prosperità di Hida, come se volesse permeare col suo Daimoku le verdi montagne circostanti. Arrivò al centro culturale poco dopo le 11.00 e lo trovò stracolmo di membri. Shin’ichi fu accolto dalle esclamazioni eccitate di tutti i presenti. «Grazie per tutti i vostri sforzi» disse. «Questo è un luogo veramente bello. Facciamo sorgere su Hida l’alba della speranza!» 
Shin’ichi guidò un Gongyo solenne. Il centro culturale non aveva l’aria condizionata e, benché fossero accesi i ventilatori, nella stanza stipata di gente la temperatura saliva di pari passo all’eccitazione dei membri. Shin’ichi era completamente madido di sudore. 
Dopo Gongyo e alcuni brevi commenti dei responsabili che erano venuti da Tokyo assieme a lui, Shin’ichi si rivolse ai presenti in maniera amichevole: «Finalmente sono riuscito a venire a Hida, come desideravo fare da lungo tempo» esordì. «Sono felicissimo di essere qui con voi.»
I membri acclamarono e applaudirono vigorosamente.
«A proposito» continuò, «oggi è il 15 agosto, l’anniversario del giorno in cui ebbe termine la spaventosa Guerra del Pacifico. Il Giappone è risorto dalla sconfitta ed è diventato un paese prospero. Molte cose sono successe nella storia del nostro paese, proprio come accade in una vita individuale. Ognuno di noi incontra varie difficoltà. Questa è la vita, questa è la realtà dell’esistenza.
Abbracciare il Buddismo del Daishonin non significa che le proprie sofferenze e i propri problemi scompaiono. Il punto è se riusciamo a superare le avversità con fiducia e compostezza, piuttosto che venirne sconfitti. Questo è ciò che determina la felicità o l’infelicità, la vittoria o la sconfitta nella vita.
La nostra forza e la nostra grandezza di esseri umani non dipendono dalle nostre circostanze o dalla nostra posizione sociale. Un vero campione è chi, a prescindere da quanto dure siano le sue circostanze o di come peggiorino le cose, continua ad avanzare con coraggio e speranza senza arrendersi.
La fede è la fonte del potere che ci permette di aprirci un varco e di trasformare il nostro destino, per quanto severe siano le difficoltà che incontriamo e per quanto fieramente infurino le tempeste del karma. Ed è a questo che serve il Gohonzon. Spero che tutti voi continuerete a mantenere la fede nel Gohonzon affrontando miriadi di ostacoli e che, stando vicini alla Soka Gakkai, porterete avanti la vostra pratica per tutta la vita.
Se lo fate, sperimenterete un meraviglioso beneficio. Diventerete persone che nulla può sconfiggere e otterrete una felicità indistruttibile.»
Le gocce di sudore luccicavano sul suo volto e su quello di tutti i partecipanti, ma i membri erano del tutto dimentichi del caldo; pendevano dalle labbra di Shin’ichi ascoltandone ogni parola, con gli occhi che brillavano di spirito di ricerca.
Shin’ichi continuò: «Il Daishonin afferma: “Più forte è la fede, maggiore è la protezione degli dèi.” Più la vostra fede è forte, più le forze protettrici dell’universo vi aiuteranno. Il Gohonzon è dotato dell’incommensurabile potere del Budda e della Legge. È portando avanti la nostra fede e la nostra pratica in accordo con gli insegnamenti del Daishonin, cioè, detto in altre parole, è attraverso il potere della fede e della pratica che possiamo sfruttare gli illimitati poteri del Gohonzon.
Ma molte persone recitano pensando che la loro preghiera sia troppo grande per essere realizzata, dubitando così del potere del Gohonzon. Dal momento che stanno recitando con un atteggiamento negativo, ovviamente i loro desideri non si realizzeranno. Se qualcuno vi dicesse: “So che è inutile chiedertelo, ma mi daresti una mano?”, non vi fareste in quattro per aiutarlo, non è vero?
Il segreto per far emergere il potere del Gohonzon è recitare con gratitudine e con una determinazione salda e pura. Comparati all’enorme potere benefico del Gohonzon i vostri desideri sono davvero cose molto piccole. Spero che risveglierete una fede sempre più forte e otterrete con la vostra pratica benefici sempre più grandi. La prossima volta che verrò a trovarvi, vorrei che tutti voi aveste delle auto nuove, e vorrei che alla riunione indossaste raffinati kimono e completi eleganti e mi diceste: “Presidente Yamamoto, guardi quanto siamo diventati felici!”»

pag. 157

Tornando a quel 15 agosto al centro culturale di Takayama, Shin’ichi continuò a dare consigli e incoraggiamenti ai membri, sperando di toccare le loro vite. Nonostante le finestre fossero aperte, la stanza, priva di condizionamento e strapiena di gente, era una sauna. Shin’ichi era inzuppato di sudore, e diverse volte si sentì cogliere dallo stordimento a causa del caldo. Tuttavia, raccogliendo fino all’ultima oncia delle proprie energie, disse ai membri: «Spero che costruirete un magnifico giardino di felicità qui a Hida, trasformando questa regione in una meravigliosa comunità di armonia umana. Se tutti voi vi alzate con ferma determinazione, potete assolutamente farlo. Ve lo prometto.»
In chiusura, disse: «Non vi dimenticherò mai. Potrò non riuscire a venire a Hida tanto spesso, ma pregherò sempre per la vostra buona salute e la vostra longevità, per la prosperità delle vostre famiglie e della vostra comunità. Continuerò a mandarvi Daimoku. Abbiate cura di voi!»

«Congratulazioni per la creazione del nuovo capitolo, che è il risultato della vostra determinazione! Le Hawaii sono il luogo dove ho compiuto il primo passo del cammino verso la diffusione del Buddismo in tutto il mondo. Amici hawaiani, spero sinceramente che per amore della pace vi unirete a me nell’impegno di allargare il nostro movimento di propagazione, aprendo la strada alla gente di tutto il mondo. Che ne dite?»
I membri che capivano il giapponese espressero immediatamente il loro assenso e applaudirono; dopo che Masaki ebbe tradotto in inglese le parole di Shin’ichi, scrosciò un secondo applauso ancor più fragoroso del primo.
«Quando entrai a far parte della Soka Gakkai, il Gruppo giovani comprendeva appena sette persone. In quel periodo, dentro di me giurai al presidente Toda: “Un giorno diventeremo il gruppo giovanile più importante di tutto il Giappone, anche se dovessi fare tutto da solo”. Oggi i soli giovani uomini che fanno parte della nostra organizzazione sono 560mila e il Gruppo giovani della Soka Gakkai è diventata davvero il gruppo giovanile più numeroso del Giappone.
Se anche una sola persona si risveglia alla propria missione e progredisce con passione nella fede, se anche una sola persona si alza con lo spirito impavido di un leone, allora da quella sola persona si svilupperà ogni cosa.
Far conoscere il Buddismo del Daishonin è un nobile atto di compassione. Significa condividere con gli altri, sulla base di una sincera preghiera per la loro felicità, il supremo sentiero della vita che noi stessi stiamo percorrendo. Di conseguenza, la propagazione del Buddismo genera legami di genuina amicizia e fiducia. D’altra parte, la vera pratica buddista e la rivoluzione umana vanno di pari passo con la propagazione, che comincia dalla lotta interiore per sconfiggere le proprie debolezze».
Shin’ichi chiese ai presenti di raddoppiare i loro sforzi nella diffusione degli insegnamenti del Daishonin nella società.
«Quando parliamo con tutto il cuore del Buddismo ai nostri amici» continuò, «proviamo gioia e la nostra condizione vitale si espande. Questo accade perché nel momento in cui ci impegniamo in un dialogo sul Buddismo, la vita sconfinata di un Bodhisattva della Terra pulsa dentro di noi. Grazie alla pratica di propagazione, possiamo compiere la nostra rivoluzione umana. La propagazione è la diretta via per trasformare non solo il nostro destino, ma anche quello della società. Perciò vi chiedo: spiegate la bandiera della propagazione della Legge, qui alle Hawaii!»
Ascoltando le parole di Shin’ichi, i presenti sentirono il desiderio di dedicarsi alla nobile missione dei Bodhisattva della terra.
«La chiave della propagazione è l’unità. Mitsuru Kawakami è appena diventato il responsabile del capitolo Hawaii. Se c’è qualcuno, qui, che non se la sente di sostenerlo, per favore alzi la mano ora». Nessuno si mosse.
«Questo mi tranquillizza. Per spiegare il giusto atteggiamento nella fede, Nichiren Daishonin utilizza il passo del Sutra del nirvana che dice: “Basati sulla Legge e non sulla persona”. La nostra fede si deve sempre basare sulla Legge. Per realizzare kosen-rufu è necessario unirci con l’unico scopo di promuovere le nostre attività. Coloro che sono incapaci di praticare in unità con la figura centrale a causa di un’avversione personale, non si stanno basando sulla Legge ma sulle proprie emozioni. Questo è egoismo. Egoismo significa essere sconfitti dalla propria mente. Alla fine, chi si comporta in questo modo devierà dal retto sentiero della fede. D’altro canto, se proteggiamo la figura centrale saremo protetti a nostra volta. Questa è la legge di causa ed effetto.
Allo stesso tempo, spero che coloro che sono stati nominati responsabili si prendano veramente cura dei membri dell’organizzazione e lo facciano senza darsi arie e assumere comportamenti autoritari. I responsabili esistono per servire i membri. Coloro che lavorano per kosen-rufu sono tutti Bodhisattva della terra, sono tutti quanti Budda. Possiamo accumulare grandi benefici solo nella misura in cui lottiamo per incoraggiare gli altri e ci sforziamo per il bene dei nostri amici membri.
Per favore, rispettatevi e abbiate fiducia l’uno nell’altro, compensate reciprocamente i vostri difetti e aiutatevi come buoni compagni. Così facendo, creerete un’unità ferrea, che costituirà la vostra più grande forza.
Il Daishonin scrive nel Gosho che “quando fra le persone prevale lo spirito di ‘diversi corpi, stessa mente’, realizzeranno tutti loro scopi, mentre se hanno “uno stesso corpo e diverse menti non possono ottenere niente di notevole.” Se vi unirete con lo spirito rivolto allo scopo di kosen-rufu, ogni vostro sforzo porterà alla vittoria. Con questa determinazione, per favore, sviluppate vigorosamente il movimento di kosen-rufu qui alle Hawaii».

pagg. 221-222
Di tutti i fratelli, Kikuo era quello che Shin’ichi ammirava di più. Aveva molti ricordi dei giorni che avevano trascorso insieme. Un episodio gli era rimasto particolarmente impresso. Quando era ancora bambino, uno specchio che faceva parte del corredo della madre si ruppe.
Shin’ichi e Kikuo si impossessarono di due frammenti, grossi quanto un palmo della mano, e li conservarono come un tesoro. Quando ricevette la chiamata alle armi, il ragazzo portò con sé il suo frammento. Shin’ichi era convinto che sul campo di battaglia il fratello tirasse fuori quel pezzetto di vetro per tener vivo il ricordo della madre e del fratello minore che erano a casa. Spesso anche lui faceva altrettanto con il suo.

Kikuo era stato inviato sul fronte cinese e nel 1941 era tornato a casa per una breve licenza. Trattenendo a stento la rabbia raccontò a Shin’ichi gli orrori della guerra: «L’esercito giapponese si comporta in maniera brutale» gli disse. «Mi dispiace veramente per i cinesi. I giapponesi sono arroganti. Nessuno dovrebbe avere il diritto di mettere a repentaglio la vita di popolazioni che vivono in pace e non fanno niente di male. Tutto questo deve finire». Mentre raccontava le sue esperienze, gli occhi si erano colmati di lacrime: «Shin’ichi, non c’è proprio niente di esaltante nella guerra. È un assassinio di massa dove gli esseri umani tormentano i propri simili. Non dovremmo considerarci tutti fratelli?». «Ma tu sei un soldato dell’Esercito Imperiale!» aveva esclamato il giovane Shin’ichi. «Sì, certo. Ecco perché ti racconto tutte queste cose: perché ho visto la guerra con i miei occhi». Le parole di Kikuo erano rimaste incise nel cuore di Shin’ichi, che a quel tempo frequentava i corsi avanzati della Scuola nazionale del popolo Haginaka.

pagg. 227-228
La signora Yamamoto, dopo averla ricevuta, tenne stretta a lungo l’urna contenente le ceneri del figlio. Shin’ichi provò un’acuta pena nel vedere la sua mamma, che si era sempre dimostrata tanto coraggiosa, soffrire così intensamente. Un episodio, in particolare, dava un’idea della forza d’animo di quella donna. Verso la fine della guerra, per impedire che gli incendi provocati dalle incursioni aeree si propagassero da una casa all’altra, venne stabilito di radere al suolo numerose abitazioni. Questa fu la sorte che toccò alla casa di famiglia di Shin’ichi, che sorgeva a Kojiya. Di punto in bianco ricevettero un mandato di evacuazione obbligatorio e dovettero andarsene. Non avendo alternative, decisero di sistemarsi provvisoriamente a casa di un parente che viveva a breve distanza.
Avevano appena finito di traslocare tutte le loro cose, quando ebbe inizio un’incursione aerea. La nuova abita zione fu centrata da una bomba incendiaria e bruciò fino alle fondamenta.
Il mattino seguente, ancora storditi, cominciarono a rovistare tra le macerie. Non si era salvato nulla, tranne una cassa sottratta alle fiamme la sera precedente. Ma quando l’aprirono rimasero di stucco: c’erano solo delle bambole giapponesi.
Shin’ichi e il fratello minore erano riusciti a trarla in salvo dalle fiamme con molta fatica. Alla vista del contenuto, Shin’ichi si sentì svuotato di tutte le energie. I membri della famiglia fissavano le bambole con sguardo pieno di risentimento. «Scommetto che presto andremo a vivere in una casa dove queste bambole potranno ancora far bella mostra di sé!» esclamò allora la madre di Shin’ichi.
Non era certo meno delusa dei suoi familiari, ma era l’unica a sforzarsi di fare una battuta scherzosa. La tensione si allentò all’improvviso e tutti scoppiarono in una risata che risuonò tra le rovine di quella che sarebbe dovuta essere la loro nuova casa. Nel suo cuore ardeva uno spirito indomabile che infondeva coraggio a tutta la famiglia.

pagg. 242 - 243
Era ora che l’umanità spostasse la sua attenzione dalle “nazioni” agli “esseri umani”, mettendo a fuoco la consapevolezza secondo cui tutti gli uomini abitano lo stesso mondo e sono membri della stessa famiglia. A questo fine era necessaria una filosofia della vita che rispettasse le diversità, che spronasse a lottare per l’armonia e la concordia e che fosse in grado di coinvolgere tutta l’umanità. Ogni individuo avrebbe dovuto spezzare il guscio del suo egoismo, superare i propri pregiudizi e far risplendere dentro di sé la luce preziosa dell’umanità. In poche parole, era essenziale che prendesse avvio il processo della rivoluzione  umana, ovvero la riforma del singolo individuo. Era il Buddismo a rivelare i princìpi fondamentali per realizzare questo obiettivo. Kosen rufu significava instaurare un’epoca di rinnovamento umano: questo avrebbe fatto risplendere la luce della pace.

Le giovani donne che si dedicano a kosen-rufu e ai membri sono ammirevoli e dotate di un grande cuore. Tutti questi sforzi adorneranno la vostra vita sotto forma di benefici e di fortuna, secondo il funzionamento della rigorosa legge buddista di causa ed effetto.
Da buddiste dovete impegnarvi lungo il sentiero che avete scelto.
L’unico sentiero che porta alla vera felicità è quello che si basa sulle proprie convinzioni derivanti dagli insegnamenti buddisti, senza preoccuparsi di come ci potrebbero giudicare gli altri.
Shin’ichi voleva rassicurarle che anche se i loro sforzi sinceri potevano passare inosservati, i Budda e bodhisattva dell’universo erano sempre al corrente di tutto.
Il Buddismo spiega il funzionamento del karma. Cattive cause producono effetti negativi mentre buone cause producono effetti positivi. Inoltre, questa legge si applica a tutte le tre esistenze di passato, presente e futuro. I pensieri, le parole e le azioni passate creano le cause che producono gli effetti che viviamo oggi, mentre le azioni del presente si tradurranno negli effetti che sperimenteremo nel futuro.
Come scrive Nichiren Daishonin: «Chi non rispetta gli altri sarà a sua volta disprezzato». 
Tutto dipende da noi. Tutto, sia gli effetti positivi sia quelli negativi sono il risultato delle nostre azioni. Il modo per trasformare il karma negativo e creare effetti positivi nella nostra vita è praticare il vero insegnamento del Buddismo e dedicarsi completamente a kosen-rufu. Queste azioni fanno scaturire una felicità sicura e incrollabile. I praticanti dovrebbero sforzarsi di vivere con la convinzione che tutti i Budda e bodhisattva dell’universo vedono ogni loro azione.
Gli esempi dei membri del Gajokai, dei Sokahan e delle Byakuren sono intrisi di questo spirito. Il Budda osserva tutti i nostri sforzi. Le azioni coraggiose incise nella nostra vita diventeranno la causa per aprire un brillante futuro. La strada cosparsa di avversità diventerà l’aureo sentiero che ci condurrà sulla vetta della vittoria.
Molte persone pensano che la felicità sia prendersela comoda, non lavorare mai sodo e godere della ricchezza e dello status sociale, del riconoscimento e del successo senza fare alcuno sforzo particolare. Alcuni adulano e lusingano i ricchi e i potenti, aspirando a ottenere ciò che essi possiedono. Altri inseguono solo il proprio tornaconto e sono disponibili a qualunque compromesso pur di farsi strada.
Altri ancora covano invidia e rancore verso coloro che si sono affermati e cercano di causare la rovina di chi ha più successo di loro. Tutti questi esempi non sono altro che comportamenti umani basati sull’illusione che la felicità si trovi nel “mondo esterno”, al di fuori di noi.
Nichiren afferma: «Se cerchi l’illuminazione al di fuori di te, anche eseguire diecimila pratiche e diecimila buone azioni sarà inutile, come se un povero stesse giorno e notte a contare le ricchezze del suo vicino, senza guadagnare nemmeno mezzo centesimo».
Il percorso per conseguire la felicità e la Buddità in questa esistenza consiste nel lucidare il proprio carattere e manifestare la condizione vitale del Budda e del bodhisattva, che giace dentro di noi. È di vitale importanza costruire un io forte, vigoroso e imperturbabile come una montagna imponente.
Il Daishonin scrive al riguardo: «Risveglia in te una profonda fede e lucida con cura il tuo specchio notte e giorno. Come dovresti lucidarlo? Solo recitando Nam myoho renge kyo». Recitare Daimoku è il sentiero per conseguire la Buddità in questa vita. Lo si può realizzare attraverso la pratica per sé e per gli altri basata sul Daimoku. Ciò significa non solo recitare per noi stessi ma dedicarsi anche a kosen-rufu. Se siamo in grado oppure no di manifestare uno stato vitale di felicità indistruttibile dipende dalla sincerità del nostro Daimoku e da quanto ci stiamo dando da fare per realizzare kosen-rufu.
È possibile ingannare gli altri, ma è impossibile ingannare la Legge. Possiamo costruire un magnifico stato vitale quanto più preghiamo per kosen-rufu e ci sforziamo instancabilmente con dedizione. Dal punto di vista della legge buddista di causa ed effetto, la via verso la vittoria non è percorribile se non siamo seri, diligenti e leali.

La lettura di Shin’ichi terminò. Per un attimo ci fu silenzio nella stanza, ma poi tutti applaudirono vigorosamente. Alcuni si alzarono in piedi per acclamarlo. Un tempo Atsuta era stato un fiorente porto dedito alla pesca delle aringhe. Ora però la popolazione era in calo e le prospettive economiche erano abbastanza incerte. La poesia di Shin’ichi, lodando la bellezza del villaggio e mettendo in luce la sua importanza come luogo di nascita di Josei Toda, contribuì a risvegliare l’orgoglio sopito dei suoi abitanti, infondendo loro il coraggio e la speranza necessari per assicurare un solido futuro alla loro città. 
Nichiren afferma: «Non ci sono terre pure e terre impure di per sé. La differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente». La nostra convinzione interiore è ciò che determina la qualità del nostro ambiente. Se le persone abbracciano l’insegnamento corretto del Buddismo e si sforzano con una forte e onesta intenzione di migliorare il luogo in cui vivono, allora quel luogo, ovunque esso si trovi, diventerà la Terra della luce eternamente tranquilla. Questo è ciò che insegna il Buddismo. 
Nel suo cuore Shin’ichi incitò: «Amici di Atsuta, non lasciatevi sconfiggere!» 
Poi ci furono alcune esibizioni musicali. Dopo l’esecuzione in coro di alcune canzoni da parte degli alunni delle scuole elementari e medie, ci fu l’esibizione di alcuni componenti della banda musicale della Soka Gakkai di Sapporo che eseguirono vari canti popolari. I partecipanti applaudivano a tempo di musica riempiendo la sala di vibrante energia. 
Shin’ichi si alzò silenziosamente dal suo posto e cominciò a girare nella palestra distribuendo dolci e pannocchie arrostite ai bambini e a tutti i presenti, offrendo parole di incoraggiamento. I cittadini di Atsuta rimasero sbalorditi dai modi sinceri e spontanei di Shin’ichi. Per quanto una persona possa fare una buona impressione, se è altezzosa e arrogante, il suo comportamento sarà solo vuota apparenza. Il vero carattere brilla nell’umanità che una persona manifesta quando interagisce in maniera onesta e sincera con gli altri. 
Il presidente dell’associazione delle cooperative dei pescatori disse al presentatore che voleva cantare una canzone. Era contento per la realizzazione dell’evento e per aver potuto invitare l’amato discepolo del loro conterraneo Josei Toda. Profondamente commosso nel vedere Shin’ichi interagire in modo affettuoso con i presenti, sentì l’impulso irrefrenabile di alzarsi e cantare. 
Prese il microfono che era stato collocato al centro della palestra e iniziò a cantare la canzone popolare locale, Tsugaru Ohara Bushi. Aveva una voce profonda e risonante e il pubblico applaudiva a ritmo di musica. Quando ebbe finito di cantare, era già pronto a cantare un’altra canzone, ma gli si seccò la gola e non riuscì più a emettere una nota. Si schiarì la gola più volte, ma inutilmente. Shin’ichi pregò subito un responsabile della sua delegazione di andare a portargli un bicchiere d’acqua. 
L’uomo bevve l’acqua tutto d’un fiato e disse con naturale soddisfazione: «Grazie, presidente Yamamoto!» Poi attaccò con la popolare canzone dello Hokkaido Soran Bushi e proseguì con Iyasaka Ondo, eseguendole entrambe splendidamente. Il pubblico partecipò cantando i ritornelli. Invece di una sola, le canzoni erano diventate tre. Quando terminò, l’uomo si scusò per la lunghezza della sua performance e fece un inchino con aria imbarazzata. La palestra eruppe in applausi e risate. Anche Shin’ichi lo applaudì con entusiasmo. 
Seguirono l’esecuzione di alcune famose canzoni, come Aoi Sammyaku (Montagne verdi) e alcune danze popolari. I partecipanti, persone di tutte le età vestite secondo vari stili, dallo yukata giapponese alla classica camicia bianca e cravatta, formarono diversi gruppi che si misero a ballare in cerchio in mezzo alla palestra. Tutti avevano il volto illuminato dal sorriso e Shin’ichi, godendosi questo meraviglioso scambio da cuore a cuore, applaudiva a ritmo con la danza per incoraggiarli. 
Quando terminò la parte di intrattenimento, il sindaco si alzò per fare un breve discorso: «Il presidente Yamamoto ha contribuito allo sviluppo della nostra città. Ha donato libri alle biblioteche delle nostre scuole e ha inviato medici e infermieri per dare assistenza ai nostri concittadini. A nome di tutti, vorrei esprimere la più profonda riconoscenza per il suo sostegno e il suo caloroso affetto nei confronti della nostra comunità. Seguendo l’esempio del signor Yamamoto, ci sforzeremo di rendere Atsuta una comunità ideale». 
Shin’ichi fece un profondo inchino in segno di gratitudine per la sincera determinazione del sindaco. Poi toccò a lui pronunciare un discorso. Dopo aver ringraziato per il caloroso benvenuto, proseguì dicendo che essendo nato e cresciuto a Tokyo aveva sempre desiderato nascere in un luogo ricco di bellezze naturali. Poi osservò: «Considero Atsuta, una comunità armoniosa e ricca di bellezze naturali, come la mia seconda città natale. Siete d’accordo che io continui a considerarmi un vostro concittadino?» 
Gli abitanti di Atsuta applaudirono ed espressero il loro consenso con acclamazioni. «Grazie» aggiunse Shin’ichi. «Niente mi potrebbe rendere più felice.» 
Toda era grato al suo villaggio, che egli considerava “il paese” di cui parla il Buddismo, ovvero il regno dell’ambiente, uno dei tre regni dell’esistenza. Le condizioni del paese riflettono lo stato vitale delle persone che vivono in esso. Toda notava spesso che il mare e l’ambiente naturale aspro di Atsuta avevano influenzato fortemente il suo carattere. 
Shin’ichi pensò: “Se il signor Toda fosse vivo, farebbe il massimo per contribuire allo sviluppo di Atsuta. Come suo discepolo, devo proteggere questa terra e preoccuparmi del suo futuro”. 
La quintessenza dello spirito di maestro e discepolo consiste nel fare proprio il cuore del maestro, per tutta la vita. Questo era il personale voto di Shin’ichi. 
Per Shin’ichi Atsuta non era soltanto il villaggio natale del suo maestro, ma era anche il luogo in cui egli stesso aveva pronunciato la sua promessa al maestro. 
Nel 1954, mentre erano ad Atsuta, Toda aveva guardato verso il mare e aveva detto a Shin’ichi: «Io costruirò fondamenta solide per kosen-rufu in Giappone, tu dovrai aprire la strada alla realizzazione di kosen-rufu in tutto il mondo […] Oltre il mare esiste un vasto continente. È un mondo grande, immenso. In molti paesi le persone piangono in preda all’angoscia e i bambini si rannicchiano in mezzo al fuoco incrociato delle bombe. Devi illuminare l’Asia e il mondo intero con la fiamma della Legge mistica. Lo dovrai fare al mio posto». Quelle parole colpirono profondamente Shin’ichi. 
La mattina dopo, era andato da solo al porto. Nella sua mente risuonavano ancora le parole di Toda, e rivolgendosi verso l’oceano, come per liberare l’onda di emozione che gli saliva nel petto, aveva gridato: «Sensei! Realizzerò kosen-rufu in Asia. Costruirò il ponte dorato di kosen-rufu in tutto il mondo!» 
Quella dichiarazione racchiudeva il fermo proposito di Shin’ichi di dedicare la vita alla realizzazione di kosen rufu in tutto il mondo; era il possente ruggito di un leone. In quell’occasione aveva promesso a se stesso di scrivere La rivoluzione umana, un romanzo biografico che avrebbe raccontato la nobile esistenza e le gesta del suo maestro, il cui lungo viaggio per portare la felicità a tutto il genere umano aveva preso le mosse da quel piccolo villaggio di pescatori.

da pag. 16 a 18
Successivamente, Shin’ichi Yamamoto riconfermò le tre linee guida che aveva presentato otto anni prima nel corso della riunione generale dei responsabili di centro nell’ottobre del 1969: “Fukushima, avanza con ardente speranza”, “Fukushima, vinci nelle lotte quotidiane”, e “Fukushima, sviluppa una fede traboccante di forza vitale”.
«Ho messo “Fukushima, avanza con ardente speranza” come prima linea guida perché la fede buddista ha il potere di far emergere la speranza.
«La vita ci pone di fronte a molte prove e avversità. Inoltre, ognuno di noi ha il proprio karma e, come se non bastasse, quando pratichiamo con assiduità, gli ostacoli emergono inevitabilmente. Non esiste vita che sia in discesa. Per quanto nera possa essere la nostra disperazione, la fede ci consente di tenere viva nel nostro cuore la fiamma della speranza.
«Nichiren Daishonin scrive: “Mantieni la tua fede e consegui la Buddità in questa esistenza. Nam-myoho-renge-kyo, Nam-myoho-renge-kyo”. Anche quando ci ritroviamo schiacciati o paralizzati dalle circostanze, la Legge mistica ci consente di superare qualsiasi ostacolo e di stabilire uno stato vitale di felicità indistruttibile.
«La cosa importante è avere fede nel Gohonzon, recitare Daimoku con tutto il cuore e impegnarci a condividere questo Buddismo con gli altri. Così facendo, saremo in grado di trovare la via d’uscita. Siamo venuti al mondo come esseri umani con la missione di diventare forti e felici».
Shin’ichi passò a spiegare il significato della sua seconda linea guida, “Fukushima, vinci nelle lotte quotidiane”.
«Una delle lotte più importanti è quella per la sicurezza economica. Tuttavia, anziché ricercare dei modi per arricchirvi velocemente, spero che tutti voi viviate la vita con onestà, responsabilità, saggezza, creando valore e ispirando fiducia negli altri. Come buddisti, per vincere nella società dobbiamo allenarci, usare l’ingegno e impegnarci più di ogni altra persona. Non dimenticate mai che la fede buddista è la fonte della nostra prosperità. Come osserva il Daishonin: “Se un albero ha radici profonde, i rami e le foglie non avvizziranno mai”. Dovremmo affondare salde radici nel suolo della Legge mistica e da queste radici trarre il nutrimento della buona fortuna. Questo è il modo per prosperare in ogni ambito. Spero che tutti voi possiate dare prova concreta di vittoria nelle vostre lotte quotidiane e fare di Fukushima, proprio come la radice etimologica del suo nome suggerisce, l’“isola della buona fortuna”, un’“isola di felicità”».
Shin’ichi infine approfondì la terza linea guida, “Fukushima, sviluppa una fede traboccante di forza vitale”.
«La forza vitale è ciò che fa emergere il coraggio, la saggezza, la perseveranza e l’energia di cui abbiamo bisogno
per poter trionfare nella vita. Se manchiamo di forza vitale, il nostro spirito si ritroverà avvolto dalla tristezza, dal sentimentalismo, dalla disperazione e dalla rassegnazione. Ci lamenteremo facilmente e il nostro volto sarà cupo quanto il tono della nostra voce. Faremo allontanare le persone. Tutti preferiamo stare attorno a chi è ottimista e pieno di energia. Quando trabocchiamo di forza vitale e bruciamo di entusiasmo, siamo come un sole che illumina gli altri con la luce della speranza, tendiamo ad avere un approccio positivo verso le cose e più grande è l’ostacolo che ci si pone davanti, più forte arde il nostro spirito combattivo per superarlo.
Dentro di noi possediamo la grande condizione vitale di Buddità dei Bodhisattva della terra. Come afferma Nichiren Daishonin: “Il Daimoku del Sutra del Loto è come il ruggito di un leone”. Il Daimoku ha il potere di farci tirare fuori la forza di un campione dal cuore di leone.
Attraverso la recitazione la nostra vita si riempie di grande vitalità e riusciamo a superare tranquillamente
qualsiasi sfida senza mai lasciarci sconfiggere. Pertanto, mi sento di dichiarare che non c’è avversità che noi, membri della Soka Gakkai, non possiamo superare».

da pag. 72 a 74
È importante pregare con fervore proprio nel momento in cui affrontiamo le sfide più grandi. Come scrive il Daishonin: “[Pregate] con tanta convinzione come se [doveste] accendere il fuoco con legna bagnata o estrarre l’acqua dal terreno riarso”. In questi momenti, è vitale recitare con tutte le nostre forze e assoluta determinazione.
Quando recitiamo accumuliamo benefici. Possiamo manifestare un forte stato vitale e saggezza. E questa saggezza la dobbiamo usare, riflettere a fondo e agire con coraggio. È un errore pensare che basti recitare, che ciò farà cadere dal cielo tra le nostre mani un buon lavoro. 
Quando si inizia un nuovo lavoro è importante avere la giusta idea di quello che è il ruolo assegnatoci. A volte si potrebbe avere bisogno di rivolgerci ai contatti in nostro possesso. Le chiavi per migliorare la nostra situazione sono: recitare Daimoku con serietà, riflettere attentamente sul problema e agire coraggiosamente».
Incidendo i consigli di Shin’ichi nel cuore, il responsabile che gli aveva fatto la domanda rispose animatamente: «Ho capito!».
Con grande energia, Shin’ichi aggiunse: «Come membri della Soka Gakkai e come campioni, dobbiamo traboccare di convinzione nella fede, essere colmi di forza vitale e avere il desiderio ardente di affrontare qualsiasi sfida la vita voglia porci davanti. In altre parole, è importante essere energici e condurre una vita che risplenda veramente. La lucentezza di una vita che risplende illumina l’oscurità. Questa è la luce della felicità».
Come per cercare una conferma del fatto che il responsabile avesse davvero inteso le sue parole, Shin’ichi Yamamoto disse: «La nostra forza vitale è ciò che più conta. Capisce cosa intendo?».
Osservando la reazione dell’uomo, aggiunse: «Quando vengono meno i mezzi di sostentamento, la tendenza
comune è quella di cadere in depressione e, se non vi sono evidenti prospettive future, è facile lasciarsi andare all’apatia e alla disperazione. Se invece in questi momenti siete in grado di mantenere la vostra forza vitale, la vostra energia e la voglia di affrontare le nuove sfide che vi si presenteranno, potete infondere un grande coraggio agli altri. Il coraggio si diffonde con un effetto a catena. Inoltre, quando i membri della Gakkai sono positivi, pieni di energia e affrontano le sfide della vita, essi danno prova del potere del Buddismo.
Il potere della religione si manifesta nel modo in cui le persone vivono la loro vita.
In molti casi le abilità tecniche e l’esperienza specifica acquisite lavorando in miniera non potranno essere utilizzate se si cambia lavoro, altra ragione per cui la perseveranza, la forza, l’ottimismo e un atteggiamento pronto ad affrontare nuove sfide sono di fondamentale importanza. Alle aziende non interessa assumere personale dal carattere negativo e apatico.
In altre parole, più è difficile la situazione, più i “tesori del cuore” risplenderanno nella vita di coloro che si
sono forgiati con rigore. Le miniere di carbone possono chiudere e la situazione economica può essere negativa, ma i “tesori del cuore” non si possono distruggere. Essi non scompaiono. E con essi possiamo costruire qualsiasi cosa. Le avversità sono un’ottima opportunità che permette a ognuno di noi di dimostrare la grandezza della nostra fede e della pratica buddista. È in questo momento che determiniamo di vincere o perdere. Ciò che conta è vincere alla fine. E la nostra pratica buddista ci assicura la vittoria.
La prego di trasmettere queste parole a chi sta lottando per affrontare queste difficoltà: “Voi potete superare qualunque ostacolo abbiate davanti adesso. Siete assolutamente in grado di vincere. Non vedo l’ora di sapere delle vostre vittorie!”».

«La Soka Gakkai è ora diventata una grande organizzazione globale, un’enorme organizzazione per la pace e la cultura. Questo è il risultato degli sforzi e della determinazione dei vostri padri e delle vostre madri che si sono sforzati insieme a me, versando lacrime amare e lottando con tutte le forze. Abbiamo fatto proprio come ha detto il Daishonin, proprio come ha detto Makiguchi, e proprio come abbiamo promesso a Toda. Ora tocca a voi. Per i prossimi dieci, venti, trent’anni, dovete rendere la Soka Gakkai anche migliore e più forte sulle basi che sono già state poste. La vostra missione e il vostro destino eterno sono quelli di ottenere una straordinaria espansione di kosen-rufu per il bene dell’umanità».
Le parole di Shin’ichi colpirono profondamente i presenti: «La Soka Gakkai è l’unica vera e sincera organizzazione mondiale in accordo con la volontà e il decreto del Budda. Di conseguenza, alla luce degli insegnamenti del Daishonin, ci possono essere momenti in cui verrà attaccata dalle congiure delle persone malvagie. Ma spero che voi, membri del gruppo Hosukai, proprio come le radici di un bambù che sono saldamente unite tra loro nel sottosuolo, vi sosterrete energicamente gli uni con gli altri e vi alzerete in modo solidale per portare avanti kosen-rufu.
Se l’avanzata della Soka Gakkai dovesse fermarsi o addirittura retrocedere in futuro, sarà vostra piena responsabilità. Lo sarà perché siete stati negligenti. Voglio dichiarare qui e ora che la responsabilità appartiene a voi».
Era un grido che sorgeva dal profondo di Shin’ichi; trasformò quell’occasione in una cerimonia solenne di consegna del futuro di kosen-rufu ai suoi successori. I giovani fissavano intensamente Shin’ichi mentre parlava, ascoltando con attenzione ogni parola. Shin’ichi continuò: «Siete i veri figli della Soka Gakkai. Siete i miei sinceri discepoli e i successori della Soka Gakkai. I membri della Gakkai e le altre persone soffriranno se voi, miei giovani successori, mancherete di compassione o coraggio. Fissando da qui a dieci anni il vostro primo traguardo, vi esorto a proseguire con coraggio nello spirito di assumervi la piena responsabilità nei confronti della Soka Gakkai».
I responsabili centrali che partecipavano alla riunione con Shin’ichi ascoltavano con stupore. I membri del gruppo Hosukai non erano pronti né per età né per la loro posizione organizzativa ad assumersi la piena responsabilità della Soka Gakkai. Ma Shin’ichi, sulla base della sua stessa esperienza, sapeva che se si fossero alzati con serietà, non avrebbero avuto importanza l’età o la posizione, ed era certo che i membri del gruppo Hosukai potevano assumersi la piena responsabilità della Soka Gakkai.
Quando Josei Toda, il maestro di Shin’ichi, si era dimesso dalla sua posizione di direttore generale della Soka Gakkai a causa di problemi legati alle sue attività economiche, Shin’ichi aveva deciso fermamente in cuor suo che Toda avrebbe presto preso il comando di kosen-rufu come presidente dell’organizzazione, e si era impegnato da solo a proteggere il suo maestro e a trovare il modo di realizzare questi scopi.
A quel tempo aveva ventidue anni. Shin’ichi era entrato nella società di Josei Toda all’età di ventun anni. Poco dopo gli affari di Toda erano entrati in una profonda crisi, ma Shin’ichi aveva protetto fedelmente il suo maestro. Dopo aver superato tutte le difficoltà grazie all’impegno assiduo di Shin’ichi, Toda era stato nominato secondo presidente della Soka Gakkai e aveva preso il comando per kosen-rufu.
A ventiquattro anni Shin’ichi aveva avviato una campagna di propagazione come consigliere del capitolo Kamata di Tokyo e aveva raggiunto l’obiettivo di duecentouno nuove famiglie di membri in un solo mese in quel capitolo. Questo episodio era diventato la svolta cruciale nel raggiungimento dell’obiettivo di 750mila famiglie membri, che Toda aveva annunciato durante la cerimonia inaugurale della sua nomina a presidente. 
A venticinque anni Shin’ichi era stato nominato responsabile del capitolo Bunkyo di Tokyo. Grazie al suo energico impegno, quel capitolo stagnante era in breve salito ai primi posti in quanto a risultati di propagazione. Shin’ichi era ancora giovane e non nella posizione di condurre la Soka Gakkai nel suo insieme. Ma dopo aver scelto come propria la missione di realizzare la visione di Toda, aveva acceso una fiamma di vittoria senza precedenti partendo dal suo angolo dell’organizzazione e aveva continuato a realizzare progressi significativi per kosen rufu. Si possono trovare moltissime ragioni per giustificare il fatto di non tirare fuori il nostro potenziale: si è troppo giovani, non si occupa un ruolo di responsabilità sufficientemente alto, non si ha autorità, il tempo non basta, ecc. Ma quando si tratta di realizzare la missione e la responsabilità di kosen-rufu, cioè la volontà e il decreto del Budda, dettagli come l’età e la posizione sono irrilevanti. Nel regno del Buddismo e della fede che collega l’individuo all’intero universo, cose del genere non sono da considerare ostacoli. Usarle come scuse perché non si è in grado di far emergere le proprie abilità significa ignorare il proprio infinito potenziale: significa essere sconfitti dalle funzioni demoniache. La questione centrale è se la propria consapevolezza, la preghiera e la pratica sono tutt’uno con il proprio maestro nella fede. Shin’ichi era una persona che incarnava perfettamente tutto questo. Come figura centrale degli staff del Gruppo giovani della Soka Gakkai, all’età di ventisei anni, Shin’ichi era di fatto responsabile dell’intera Soka Gakkai.
Nel 1956, a ventotto anni, realizzò un primato aureo nel Kansai “sempre vittorioso”, avendo esteso la diffusione del Buddismo di Nichiren Daishonin a undicimila e centoundici famiglie in un capitolo in un solo mese. Shin’ichi aveva pronunciato una solenne dichiarazione tra sé e sé: “I membri del gruppo Hosukai sono miei discepoli! In altre parole, sono tutti discepoli che incarnano lo stesso spirito e l’impegno di Shin’ichi Yamamoto!”. A questo proposito, “Shin’ichi Yamamoto” può essere considerato un altro nome per un campione che si è dedicato a kosen-rufu insieme al proprio maestro, innalzando così il vessillo della vittoria. (NRU, 23, 264-268)


Domenica 19 ottobre, Giorno d’Italia, si è tenuto il primo incontro dell’attività “Buongiorno dai giovani – Brevi letture da “La nuova rivoluzione umana”

In questa data significativa del Giorno d'Italia - iniziamo questo viaggio, tutte e tutti insieme, con il maestro Ikeda, attraverso la lettura quotidiana di passi da La nuova rivoluzione umana. Verso due tappe importanti: la riunione di scambio con il Giappone che si terrà domenica (26 ottobre) e le attività di zadankai nelle due settimane di novembre. Come discepoli che hanno la missione di trasmettere il cuore del maestro alle nuove generazioni, determiniamo di vincere sugli obiettivi per noi più impossibili per mostrare la prova concreta. Quando prendiamo una decisione, il nostro destino inizia a cambiare, la storia cambia. Vorrei condividere con voi la mia decisione di incoraggiare le persone intorno a me a sperimentare la gioia senza limiti che emerge della pratica buddista. Leggiamo un estratto de La nuova rivoluzione umana in cui si racconta del primo viaggio di Sensei in Italia 19 ottobre 1961. Buone vittorie a tutte e tutti!

«Shin’ichi disse al signor Yamagishi: “Eccezion fatta per il signor Kawasaki, lei è il primo membro del Gruppo uomini che incontro in Europa. Sento che c’è un significato in tutto ciò. Vorrei chiederle di piantare i semi per il futuro sviluppo di kosen-rufu a Roma, aumentando i nuovi membri anche di una sola persona. Qual è la maggiore impresa per un essere umano? È lasciare dietro di sé altri che condividono i propri ideali. Visto che siamo limitati in ciò che possiamo compiere durante la nostra vita, è importante crescere persone capaci. Questo darà vita a un movimento che continuerà a diffondersi in tutta la società”. Se si pianta anche un solo seme, questo crescerà diventando una pianta che ne produrrà molti altri; ognuno di questi semi è l’inizio di una generazione di innumerevoli altri. Allo stesso modo, tutto inizia con un singolo individuo. Ecco perché è così importante curare ogni persona. Dare valore a ciascun individuo e considerarlo un tesoro è la chiave per raggiungere kosen-rufu. […] Nichiren scrisse: “Se la compassione di Nichiren è veramente grande e omnicomprensiva, Nam-myoho-renge-kyo si diffonderà per diecimila anni e più, per tutta l’eternità.” La Legge mistica è eterna. In modo simile, la pace e la prosperità basate sulla Legge mistica devono durare per l’eternità. Solo così sarà possibile creare un grande regno spirituale in cui l’umanità conoscerà il trionfo sul dominio della forza militare e sul potere autoritario. La missione della Soka Gakkai è di edificare questo regno spirituale, la terra della mistica Legge, nel cuore di ciascun individuo. Questo è ciò che si sarebbe dovuto raggiungere per aprire la strada a un nuovo futuro pieno di speranze. Ripromettendosi di compiere tutto questo Shin’ichi, mentre ammirava la luna su Roma, compose mentalmente una poesia:

In piedi,
tra le rovine di Roma,
sento la certezza che la Terra della mistica Legge
non perirà mai»

(NRU 5, 92-108)

Stiamo tenendo questo incontro anche per lanciare l’iniziativa “Buongiorno giovani. Brevi letture da La nuova rivoluzione umana”. Ogni mattina dal lunedì al venerdì alle 07:00 per cinque-dieci minuti ci si potrà collegare usando sempre lo stesso link che stiamo usando oggi. Cominciamo domani e andremo avanti fino al 28 novembre, come detto dal lunedì al venerdì alle 7 per massimo 10 minuti. Sarà un appuntamento live a cui collegarsi insieme da tutta Italia durante il quale ogni giorno un responsabile nazionale giovani leggerà un breve brano de La nuova rivoluzione umana allo scopo di incoraggiarci insieme nel vivere una giornata meravigliosa e nel procedere passo dopo passo insieme verso tutte le attività che ci aspettano! A tal proposito, la prima attività di cui vorremmo parlarvi sarà domenica prossima, 26 ottobre alle 10:00, quando ci sarà una riunione bellissima, la prima del suo genere: infatti terremo una riunione di scambio tra i giovani italiani e i giovani giapponesi della regione del Chubu. Ci saranno interventi ed esperienze sia dall’Italia che dal Chubu e anche degli interventi artistici! Sarà un punto di partenza importante che non a caso si tiene quest’anno che è il cinquantesimo anniversario della fondazione della Soka Gakkai Internazionale. Da domenica cominceremo a percorrere la strada di maestro e discepolo insieme ai nostri amici del Chubu! La riunione come detto sarà domenica prossima 26 ottobre alle 10:00 ora italiana e sarà possibile assistervi in diretta. I centri culturali di Roma, Firenze e Milano interverranno durante la diretta. Ma tutti i luoghi di Italia sono coinvolti! Infatti è previsto un link per assistere alla riunione. In ogni città e quartiere i giovani si stanno organizzando per assistere alla riunione insieme. Potete chiedere tutte le informazioni ai vostri responsabili regionali giovani! Vi saluto con un incoraggiamento del maestro Ikeda da La nuova rivoluzione umana in cui si rivolge ai membri del Chubu, tratto dal volume 30, capitolo Il voto, tra pagina 624 e pagina 628:

«“Adesso è il momento di dar vita a un nuovo corso per la cultura e la pace!” Con questo spirito, il 29 aprile, si aprì il primo Festival culturale per la pace dei giovani del Chubu, presso lo stadio della prefettura di Gifu. Circa settantamila giovani si erano riuniti per commemorare il trentesimo anniversario di kosen-rufu nella regione del Chubu. Contrariamente alle previsioni meteorologiche, che davano nuvoloso con pioggia, sopra le loro teste si apriva un terso cielo blu. […] Shin’ichi espresse la sua ammirazione per un festival “pieno di luci, di suoni e del potere della pace” e ringraziò gli ospiti che erano intervenuti, tra cui i governatori delle prefetture di Gifu e di Aichi. Quindi si rivolse agli spettatori per condividere con loro alcuni punti. “Per condurre una vita significativa e appagante è importante tornare ripetutamente alle basi e riflettere sulla direzione da prendere. Questo significa porsi delle domande: “Come vivere al meglio la mia vita?” “Qual è il vero scopo della mia vita?” “Quali sono i princìpi chiave per realizzare la pace?” In altre parole, è essenziale fondare la nostra vita su una solida filosofia. “Desidero dichiarare che noi membri della Soka Gakkai stiamo avanzando verso la realizzazione dell’ideale della pace discutendo di questa solida filosofia con molti amici e mettendola in pratica ogni giorno.” Gli applausi che accolsero queste parole echeggiarono fino al vicino monte Kinka, dove si erge il castello di Gifu. […] Vi prego di diventare persone affidabili nei vostri luoghi di lavoro, a scuola, in famiglia e nelle vostre comunità. Questo è il modo di dimostrare la grandezza del Buddismo di Nichiren e di aprire la strada alla pace.” La pioggia cominciò a cadere in quell’esatto istante, come se avesse aspettato la conclusione del Festival culturale dei giovani per la pace di Chubu. Osservando i partecipanti al festival che manifestavano tutto il loro vivace spirito giovanile, quel giorno Shin’ichi si sentì sicuro che un’indistruttibile e dorata cittadella Soka fosse stata edificata nel Chubu. Costruire un’inespugnabile fortezza di kosen-rufu nel Chubu, una regione situata a metà strada tra Tokyo e il Kansai, era il voto che Shin’ichi e il suo maestro Josei Toda avevano condiviso. Da giovane, Shin’ichi aveva dedicato a Toda una poesia: 

Ora è il momento
che i valorosi giovani si alzino 
e lottino risolutamente
per costruire il castello dorato,
l’invincibile fortezza di Chubu!

Toda aveva immediatamente risposto con un’altra poesia:

Ora è il momento di avanzare! 
Le forze del Budda
non hanno paura di nulla.
Quanto desidero vedere ergersi
l’invincibile fortezza di Chubu!»

(NRU 30, 624 - 628)

Il desiderio di maestro e discepolo era stato realizzato, e in modo splendido. Il festival culturale era stato un trionfo e un evento storico.

Sono veramente felice di poter condividere insieme oggi questa partenza che ci vedrà uniti ogni mattina da domani fino alla fine di novembre. Partendo dalla meravigliosa riunione di scambio con i giovani del Chubu di cui ci ha appena parlato Mirko, le nostre attività proseguiranno a novembre per celebrare gli anniversari del 15 novembre, che segna il secondo anno dalla scomparsa del nostro maestro Daisaku Ikeda, e del 18 novembre, giorno della fondazione della Soka Gakkai. In occasione di queste date dal 10 al 23 novembre ogni capitolo, settore e gruppo realizzerà quanti più zadankai possibile, creando molteplici occasioni per accogliere membri e ospiti. L’obiettivo è che ogni gruppo, con il supporto del settore e del capitolo e in generale di tutta l’organizzazione, possa realizzare tanti zadankai, favorendo così la partecipazione di tutti e tutte. Il desiderio, infatti, è creare le migliori condizioni per coinvolgere anche coloro che solitamente hanno più difficoltà a partecipare, come le giovani mamme o i giovanissimi del Gruppo futuro, oppure chi ha orari lavorativi che generalmente ostacolano la presenza alle riunioni.  
E non è finita qui!
 Durante la settimana successiva a questi incontri, dal 24 al 30 novembre, settimana che da programma è dedicata all’incoraggiamento, potremo incontrare individualmente le persone nuove e i simpatizzanti che hanno partecipato agli zadankai per trasmettere le basi della pratica buddista a partire da Gongyo, Daimoku e i princìpi fondamentali.
Il desiderio che ci muove è quello di ripagare il nostro debito di gratitudine verso Sensei e la Soka Gakkai, sfidandoci nell’invitare i nostri amici, familiari, conoscenti e vicini di casa per condividere la preziosa filosofia del rispetto per la dignità della vita contenuta nel Buddismo, che permette a ogni persona di risvegliarsi al proprio intrinseco potenziale di realizzare vera felicità e pace per sè e nelle proprie famiglie e comunità. Grazie alle letture mattutine che condivideremo, faremo nostro lo spirito che è alla base dei romanzi la rivoluzione umana e la nuova rivoluzione umana, ovvero la convinzione che “la rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine al cambiamento nel destino di tutta l’umanità”. Approfondendo questo potente ruggito del leone del nostro maestro, ci incoraggeremo così a realizzare profonde esperienze nella nostra vita uniti al cuore del maestro e ci impegneremo a sostenere le persone vicino a noi aiutandole a scoprire il prezioso tesoro contenuto nelle proprie vite. A questo proposito vorrei leggere alcune citazioni tratte dalla prefazione de La nuova rivoluzione umana

«All'esterno la nebbia avvolgeva la natura in un velo di silenzio e di quiete mentre io, in mezzo a questa bianca atmosfera, mi accingevo a iniziare la stesura de La nuova rivoluzione umana con in mente il ricordo del mio amato maestro, Josei Toda. Tutto questo avveniva il 6 agosto di quest'anno al centro di Nagano, presso Karuizawa, in Giappone. Proprio in questo luogo, otto mesi prima della morte del mio maestro, avevo deciso di scrivere il romanzo La rivoluzione umana con lo scopo di trasmettere alle future generazioni lo spirito e il significato della vita del presidente Toda. Il 6 agosto era anche il giorno in cui ricorreva il quarantottesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima. L'8 settembre 1957 il presidente Toda aveva reso nota la sua dichiarazione sull'abolizione delle armi nucleari e all'idrogeno raccomandando ai discepoli di diffondere i suoi ideali e di considerarli parte della sua eredità spirituale. Il mio maestro era molto sensibile all'infinita e silenziosa sofferenza della gente oppressa dalla guerra o dalla tirannia. Toda era solito dire: “Voglio liberare il mondo dall'infelicità”. Tali erano il sogno e la determinazione del mio maestro. Maestro e discepolo sono inseparabili. Quando nei miei viaggi intorno al mondo traccio il corso di un grande fiume di pace e felicità, in realtà non faccio altro che trasmettere lo spirito del mio maestro. La portata di un fiume dipende dalla grandezza della sua sorgente. A riprova della grandezza del mio maestro, kosen-rufu è progredito incessantemente sin dal momento della sua morte» (Prefazione)

Il Mahatma Gandhi affermò solennemente che “il potere dello spirito” è più potente di qualsiasi ordigno nucleare. Per trasformare questo secolo caratterizzato dalla guerra in un secolo di pace dobbiamo coltivare l'illimitato potere insito nella vita degli esseri umani. Si tratta della “rivoluzione umana”, e sarà il motivo ricorrente che pervaderà in maniera consistente tutto il romanzo. Puntando ad approfondire il legame eterno che ci unisce con il nostro maestro, costruiamo nel nostro cuore una determinazione sempre più forte nel condividere il Buddismo con i nostri amici e amiche basandoci sul desiderio della loro felicità e realizziamo meravigliose esperienze di rivoluzione umana così da celebrare gli anniversari del 15 e 18 novembre con la diffusione della saggezza, della compassione e del coraggio della Buddità e l’espansione di una rete di fiducia, amicizia e solidarietà intorno a noi, contribuendo così a creare la pace a partire da noi.

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