Come nasce il progetto “Violenza stop. Nuove strade da percorrere” e quali sono i suoi obiettivi?

Come Gruppo R lavoriamo da molti anni nel campo della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere, offrendo risposte integrate e personalizzate per le donne che vivono situazioni di violenza domestica. Uscire dalla violenza richiede un lungo periodo di tempo, che è diverso per ogni donna, i procedimenti civili e penali sono spesso lunghi e le effettive opportunità di inserimento o di reinserimento sociale e lavorativo complesse, soprattutto per una donna con minori a carico o senza una rete di supporto. Noi, come Gruppo R, crediamo che sia importante comunicare questa complessità. Uscire di casa è il primo passo da cui poi inizia un'altra parte altrettanto importante e spesso faticosa. Il nostro lavoro è supportare le donne in queste sfide ed essere al loro fianco, sia in un'ottica di orientamento che di motivazione e ricostruzione di fiducia in sé. Grazie ai fondi dell’8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai abbiamo potuto avviare un nuovo progetto che prevede tre azioni principali, prima tra tutte l’apertura di un nuovo spazio sicuro e protetto. Una nuova casa rifugio per l’accoglienza di donne vittime di violenza e i loro figli e figlie, con il valore aggiunto di un progetto personalizzato di accompagnamento e inclusione sociale e fornendo supporto psicologico e legale. L’obiettivo non è solo la messa in sicurezza della donna, ma anche il recupero dell’autonomia, il reinserimento e l’elaborazione della storia di violenza. La seconda azione infatti prevede l’accompagnamento alla reintegrazione socio-lavorativa per l’indipendenza economica. A tale fine, Gruppo R ha a disposizione una équipe multidisciplinare: operatrice del mercato del lavoro, psicologa ed educatore. La terza azione riguarda il supporto psicologico per i minori accolti nelle case rifugio che sono vittime di violenza assistita, con effetti dal punto di vista fisico e cognitivo, ma anche comportamentale e sociale.
Cosa si intende per violenza assistita e cosa prevede il progetto in tale direzione?
La violenza assistita è stata definita dal CISMAI (Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso dell'Infanzia) come “il fare esperienza da parte del minore di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulti e minori”. Il progetto prevede l'attivazione di percorsi per i minori che ad oggi a livello di servizi non ci sono o fanno fatica ad esserci. Psicologhe e psicoterapeute che hanno competenze specifiche in ambito di trauma e di violenza lavorano per supportare bambini e bambine in un percorso di rielaborazione e di conoscenza delle emozioni vissute. Quando il procedimento civile non è definito, spesso non è così scontato o alle volte non è assolutamente possibile avviare un percorso psicologico, perché la responsabilità genitoriale è di entrambi i genitori, fino a quando il tribunale non stabilisce diversamente. Come cooperativa sociale nasciamo nel 2000, la nostra R richiama molti significati: la rinascita, il riscatto ma anche relazioni di reciprocità, di responsabilità nei confronti della comunità e della collettività. Ma soprattutto la R di rispetto. E il rispetto è il prerequisito necessario per qualsiasi forma di intervento, soprattutto nell’ambito della violenza.
Come avviene il reinserimento lavorativo e quali sono i maggiori ostacoli che queste donne vivono?
Quando si pensa al tema del reinserimento lavorativo parliamo di una nuova possibilità e una maggiore opportunità di indipendenza economica. Allo stesso tempo significa parlare di formazione e orientamento lavorativo. È un percorso a tappe. La violenza ha delle conseguenze che ricadono su chi la vive e l’ha vissuta, che influenza il proprio modo di percepirsi, il tema dell'essere capace e di poter avere nuove possibilità, perché spesso molte donne non hanno mai lavorato fuori casa. Quindi talvolta non si parla di reinserirsi nel mercato del lavoro ma di inserirsi per la prima volta. Questo necessita un avvicinamento graduale perché spesso queste donne sono anche madri e tavolta di origine straniera, quindi con una barriera linguistica e senza una rete famigliare che può supportare nell’organizzazione della quotidianità. La complessità è tanta ma vediamo donne veramente determinate che ad esempio prendono la patente oppure un titolo di istruzione, e questo innesca tanta fiducia in sé e nelle proprie competenze. Come ho detto prima abbiamo una équipe anche specializzata, persone professioniste formate anche in ambito di ricerca lavorativa perché il mercato del lavoro è molto competitivo, chiede da una parte molta flessibilità e dall'altra è poco disponibile a venire incontro a delle esigenze specifiche. Questo incide nelle reali opportunità… per tale ragione è altrettanto fondamentale costruire relazioni significative con il mondo del lavoro, aziende ed enti di formazione, per individuare delle opportunità personalizzate che possano accogliere questi bisogni specifici. Avere una rete nel territorio di realtà diverse che comprendano e conoscano il tema permette di accogliere la specificità di ogni persona.
Come possiamo agire a livello individuale e locale affinché questi terribili e sempre più diffusi atti di violenza possano cessare del tutto? Quali sono queste “nuove strade da percorrere” previste dal progetto?
Ognuna e ognuno può avere un ruolo attivo nel contrasto alla violenza di genere, per offrire servizi è necessario essere esperti ma non per essere parte di un cambiamento sociale collettivo. È fondamentale essere presenti, attivi e informati!
Credo che il cambiamento passi dalla conoscenza del fenomeno e del nostro contesto socioculturale, per poterlo affrontare con consapevolezza. Dobbiamo chiederci se ciò a cui siamo abituati non possa essere rivisto, ripensato, messo in discussione, se alcuni nostri comportamenti possano in qualche modo avere delle alternative. Questa è sicuramente una nuova strada possibile da percorrere. Creare spazi di accoglienza più umani e integrati, investire nella prevenzione, coinvolgere attori nel territorio e creare una rete per lavorare insieme. Queste sono altre strade possibili che cerchiamo di percorrere per non pensare al fenomeno della violenza solo in un'ottica di protezione ma di possibilità di generare un cambiamento e di restituire la libertà. Ricostruire un futuro nuovo e diverso per tutte le persone.