Durante il tavolo di dialogo interreligioso la giornalista Emmanuela Banfo ha moderato gli interventi di Hamid Zariate, medico e imam, don Armando Nugnes, rettore del Pontificio Collegio Urbano, Anna Conti, vicepresidente dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, Francesca Nuzzolese, psicoterapeuta e neo docente di Teologia pratica presso la Facoltà valdese di teologia e Gadi Luzzatto Voghera, direttore Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea.
Hamid Zariate ha ricordato l’importanza della pace interiore come presupposto per la pace sociale. Ha condiviso la sua esperienza personale e professionale di medico, spiegando come il dolore e la malattia lo abbiano portato a riflettere sulla fragilità umana. «Se non c’è pace nel piccolo, non ci sarà mai pace nel mondo», ha detto, sottolineando che la conoscenza reciproca tra culture diverse è fondamentale per superare paure e pregiudizi.
Don Armando Nugnes ha affrontato la delicata questione del rapporto tra religione e violenza. Ha rilevato come il pregiudizio che associa le religioni alla violenza sia radicato nel pensiero comune, specialmente nei confronti dei monoteismi. Tuttavia, ha sottolineato come le religioni siano, in realtà, laboratori di fraternità e pace, spiegando che la violenza religiosa è spesso il frutto della manipolazione esterna per interessi di potere. Nugnes ha quindi richiamato il concetto di “fraternità universale”, promosso dalla teologia cattolica, come una visione armonica che abbraccia sia l’ecologia integrale (ne parla Papa Francesco nell’enciclica Laudato sì e che assume il termine “ecologia” come approccio a tutti i sistemi complessi la cui comprensione richiede di mettere in primo piano la relazione delle singole parti tra loro e con il tutto) sia la solidarietà umana. La fraternità, ha concluso, non è una meta, ma un metodo per la costruzione della pace.
Gadi Luzzatto Voghera ha apportato una prospettiva storica al dibattito. «Stiamo vivendo molte guerre, una particolarmente vicina», ha osservato, riferendosi alla complessa situazione geopolitica attuale. Ha poi messo in guardia contro la strumentalizzazione della religione da parte dei fondamentalismi, fenomeno che colpisce tutte le fedi e minaccia la coesione sociale. Luzzatto Voghera ha richiamato il pensiero di suo padre, Amos Luzzatto, protagonista del dialogo interreligioso, sottolineando che le religioni non devono essere personificate: sono gli uomini e le donne che possono trovare spazi di confronto e amicizia. Ha infine criticato la presunzione laicista che vede la religione come irrilevante e nega lo studio delle dinamiche religiose, causando lacune a livello educativo con gravi ricadute nella società e nella politica.
Anna Conti ha evidenziato il legame profondo tra pace e spiritualità. Ha ricordato che la pace non è semplicemente da intendersi come assenza di guerra, ma una rete di legami di solidarietà che protegge la dignità di ogni vita. Citando un poema del maestro Daisaku Ikeda, ha descritto la pace come “una luce brillante che l’umanità ricerca”. Ha quindi invitato a una riflessione sul ruolo delle religioni, che dovrebbero essere al servizio dell’umanità, non solo per il benessere spirituale, ma come strumento per costruire società più inclusive. «Ogni persona è portatrice di scintille di vita», ha detto, richiamando l’importanza della solidarietà e del superamento dell’individualismo per il bene comune.
La chiusura degli interventi è spettata a Francesca Nuzzolese, che ha esordito dichiarandosi “allergica alle parole”, sentendosi “nel privilegio di poter parlare da una certa distanza dai conflitti”, mentre un mondo traumatizzato soffre e muore intorno a noi. La sua esperienza quale psicoterapeuta impegnata nella gestione dei traumi in devastanti conflitti bellici, dalla Palestina al Ruanda, è stata per lei occasione di ricordare «quanto la Terra sia abitata da popoli profondamente traumatizzati e strumentalizzati. Come ci tiriamo fuori? Come siamo arrivati a tanto odio se gli insegnamenti delle religioni sono così chiari? Il dialogo, l’ascolto, questa è la prospettiva. Ma per ascoltare serve saper fare silenzio».
L’incontro si è concluso con una riflessione comune: la costruzione della pace è un processo lento e complesso, che richiede sia la trasformazione interiore degli individui sia l’azione collettiva per una società più giusta. I relatori e le relatrici hanno concordato sull’importanza del dialogo interreligioso come strumento per abbattere muri di incomunicabilità e promuovere una pace concreta e duratura, radicata nella solidarietà e nella fraternità tra i popoli.
Le parole ricorrenti di tutti gli interventi sono state: conoscenza reciproca e interconnessione.