Valentina: Buongiorno Giulia, dopo aver svolto attività volontaria al tuo fianco in uno dei licei di Roma dove il progetto educativo di Cambio io, cambia il mondo è stato proposto, ho il piacere di intervistarti per scoprire di più su questa iniziativa. Da dove comincia la storia che ha portato la mostra “L’eredità della vita” nelle scuole?
Giulia: Sin dall’inizio l’intenzione è stata di portare la mostra a più persone possibile e quindi anche a studentesse e studenti. Le prime attività in una scuola si sono tenute tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024, utilizzando la mostra in formato digitale. È stata un’esperienza molto positiva: alcuni docenti hanno continuato a utilizzare i nostri materiali per le attività didattiche. La cosa ci ha fatto piacere e ci ha portati a chiederci, in previsione dell’anno successivo, come portare il messaggio della campagna nelle scuole in modo che rispondesse ai bisogni di insegnanti e studenti. Così abbiamo creato un piccolo gruppo di lavoro da cui è uscita una proposta didattica, articolata in uno o tre incontri, che abbiamo offerto ad alcune scuole con cui avevamo stretto legami in occasione dell’esposizione della mostra.
Valentina: Sembra una storia che coinvolge molti attori differenti. Che ricchezza! Sarei curiosa di approfondire qual è per te il messaggio della campagna. Diresti che hai cambiato idea in corso d’opera, durante quest’anno di attività nelle scuole?
Giulia: È difficile riassumere qualcosa di così ampio e profondo in poche parole… La mia comprensione cambia man mano che approfondisco quanto Ikeda Sensei ha fatto e scritto nell’ambito della sostenibilità e del cambiamento climatico. Pensando alla sua Proposta per l’ambiente, credo che la chiave sia condividere apertamente quello che sta accadendo al nostro pianeta, esplorare le relazioni tra cause ed effetti e, grazie a questo, risvegliarci a tutto quello che possiamo fare per dare una direzione diversa. Diversa, intendo, dal riscaldamento globale e dalla distruzione continua degli ecosistemi che caratterizza questo momento storico. Possiamo ispirarci attraverso le storie raccontate dai pannelli della mostra, e attraverso le esperienze di chi ci guida quando la visitiamo. La cosa importante è proprio risvegliarci al nostro potenziale e trasformare la preoccupazione in determinazione ad agire, creando vite ancor più ricche e poetiche.
Valentina: Dalle tue parole emerge il forte senso di speranza che ho percepito sia partecipando alla formazione online, sia stando con te in aula. Come ha ricordato durante la formazione Stella Bianchi - direttrice esecutiva della campagna “Cambio io, cambia il mondo" - rispetto a tanti altri movimenti ambientalisti la specificità della prospettiva buddista è porre l’accento sul cambiamento interiore, che non può avvenire senza un senso di responsabilità, di missione e di speranza. A tal proposito, ho trovato molto efficaci le modalità con cui la mostra è stata portata nelle scuole. Ti va di raccontarle ai nostri lettori e lettrici?
Giulia: Certo, con piacere! Per me uno dei punti di partenza nel preparare le attività sono state le parole di Makiguchi in un testo che ho studiato per il mio dottorato a DePaul University. In un manuale per docenti pubblicato nel 1912, Makiguchi scrive che pensare agli studenti come a “fogli bianchi” è un errore fondamentale e uno svilimento crudele. (Andrew Gebert, “The role of community studies in the Makiguchian pedagogy”, Educational Studies, 45 (2009), pp. 146-164: 150).
In tante cose gli studenti sono spesso più esperti anche dei loro professori. Questo mi ha portata a chiedermi come fare per mobilitare quello che i ragazzi già sanno, che è tantissimo, sul tema della crisi climatica. Insieme a esperti sul tema abbiamo creato attività interattive per rendere gli studenti protagonisti, e non spettatori, della mostra “L’eredità della vita”. Questo significa che spesso in classe, ponendo le giuste domande, sono proprio gli studenti a raccontarci il contenuto dei pannelli!
Valentina: Infatti in classe camminavamo tra i banchi, facevamo domande agli studenti e abbiamo anche proposto qualche gioco per coinvolgerli, come unire tutta la classe in base a interessi comuni, collegandoci con un filo colorato. Questo era il primo di tre incontri. Che cosa è successo dopo che gli studenti hanno visitato la mostra in una maniera attiva e dinamica?
Giulia: Per il secondo incontro ci siamo ispirati alla Proposta del 2016, Il rispetto universale della dignità umana: la grande strada che porta alla pace, in cui Sensei parla di quello che Makiguchi definiva il ‘coraggio di mettere in pratica’:
«Per lui il vero obiettivo dell’educazione consisteva nello sviluppare l’abitudine a scoprire opportunità per applicare la conoscenza acquisita e ottenere il massimo effetto attraverso l’azione concreta. A tal fine ciò che occorre, più che limitarsi a fornire le risposte giuste, è “far vedere ai bambini gli ambiti in cui possono applicare ciò che hanno imparato, e concentrare la loro attenzione su questo”. […] Tale coraggio è ciò che impedisce di venire sopraffatti dalle circostanze e permette invece di creare il tipo di futuro che si desidera» (Daisaku Ikeda, Il rispetto universale della dignità umana: La grande strada che porta alla pace. Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, 2016, pp. 19-20)
Secondo Ikeda è fondamentale che l’educazione aiuti le persone ad allenare questo coraggio, per tradurre quello che imparano in capacità di agire. Cerchiamo di offrire un’opportunità di questo tipo durante il secondo incontro, in cui studentesse e studenti lavorano a gruppi: dopo aver analizzato le questioni cruciali in tema di sostenibilità nel loro territorio e nella loro scuola, lavorano assieme per ideare delle proposte di intervento. Nel terzo incontro ciascun gruppo presenta il proprio lavoro e si discute insieme ragionando sull’esperienza, dall’inizio alla fine. Ciascuno ha uno spazio per riflettere su come è coinvolto nella crisi climatica, e che cosa può fare per intervenire. Un passo dopo l’altro sono sempre più gli studenti a prendere le redini, tant’è vero che la discussione del terzo incontro è moderata in gran parte da loro, che sperimentano direttamente come dialogare in modo proficuo.
Valentina: Mi ricordo che durante la formazione molti volontari avevano espresso delle riserve sulla fattibilità di queste attività. Sembravano attività un po’ troppo ambiziose e troppi materiali per tre incontri soltanto. Sono curiosa: in quante classi siete riusciti a portarle a termine?
Giulia: In tutte le classi, per fortuna! Abbiamo lavorato con ragazzi delle medie e delle superiori, per cui abbiamo adattato il percorso alle diverse età. Il punto cruciale, nella mia esperienza, è porre le domande giuste e lavorare con una struttura efficace. Abbiamo usato uno strumento di ‘design thinking’ che divide il compito complesso di analizzare i problemi e individuare delle soluzioni in passaggi semplici e fattibili anche per ragazzi molto giovani. Spesso i ragazzi stessi erano scettici all’inizio del percorso. Alla fine della sessione, però, erano sorpresi di aver individuato delle soluzioni così ben pensate. Un ragazzo ha commentato: “È stato gratificante. Spesso veniamo considerati troppo piccoli per confrontarci con problemi reali”.
Valentina: Sembra proprio che l’obiettivo di risvegliare ognuno al proprio potenziale sia stato raggiunto. Sarebbe bello sapere che cosa pensano gli studenti delle attività che hanno svolto. Hai raccolto le loro impressioni?
Giulia: Registrare riflessioni e impressioni di studentesse e studenti è parte delle attività previste. Grazie a dialoghi e commenti in forma scritta abbiamo raccolto tanto materiale. È difficile scegliere! Ti leggo alcune risposte che riflettono il sentire più diffuso. Alla domanda “che cosa ti ha interessato/-a di più?” i ragazzi hanno risposto “sviluppare un’idea per risolvere un grande problema assieme ai miei compagni”; oppure “pensare a dei problemi attuali di cui spesso non ci rendiamo conto perché riguardano la vita di tutti i giorni”; e ancora “mi ha interessato molto l’idea che il cambiamento comincia dentro di noi. Se cambiamo il nostro modo di pensare e agire, possiamo fare la differenza nel mondo, anche con piccoli gesti locali”.
Valentina: Wow, gli studenti, sentendosi coinvolti, si sono davvero messi in gioco grazie a questa esperienza.
Giulia: È così. Quello che è successo in classe è andato molto oltre le aspettative. Se gli incontri sono andati in questo modo è stato grazie al Daimoku e all’impegno sincero di tantissime persone per cui provo una gratitudine difficile da descrivere a parole. Per me l’aspetto straordinario di questa esperienza è stato sfidarci assieme e imparare gli uni dagli altri: trasmettere il messaggio della campagna ma anche imparare dai ragazzi, dai volontari, dagli insegnanti e dalle altre persone che ho incontrato. Questo rompe ruoli e gerarchie fra chi impara e chi insegna. In qualche modo abbiamo sperimentato l’educazione come “crescita reciproca” di cui parla Sensei in La luce dell’apprendimento (Cfr. Daisaku Ikeda, La luce dell’apprendimento, Esperia, 2023, pagg. ix, 10). Sforzarci di andare oltre ai nostri limiti ha portato grande entusiasmo. Ogni mattina c’era una detonazione energetica… e non era solo dovuta al caffè. In alcune classi le proposte dei gruppi di lavoro sono diventate iniziative che studenti e insegnanti hanno espresso il desiderio di portare avanti in autonomia. In altri casi, la discussione in classe ha portato alla decisione di partecipare (o riprendere a partecipare) a iniziative ambientali locali. Gli insegnanti hanno integrato i materiali e le attività nel curriculum e hanno espresso il desiderio di partecipare nuovamente in futuro. Questa onda di entusiasmo che ha coinvolto docenti, studenti e volontari è stata la cosa più meravigliosa e sorprendente.
Valentina: Si percepisce dalle tue parole la potenza di questa energia. L’anno scolastico si sta avviando alla fine e così, immagino, anche l’attività nelle scuole. Riprenderete a settembre?
Giulia: Per fortuna l’anno non è ancora finito: le attività continuano! Dopo Cesena, Cervia, Roma e Pontassieve, saremo a Livorno nel mese di maggio. Nelle regioni dove le attività si sono già concluse abbiamo raccolto riflessioni e idee da studenti, docenti e volontari, su cui stiamo riflettendo. Ci piacerebbe poter offrire la possibilità di partecipare ad altre scuole in altri luoghi dove la mostra “L’eredità della vita” è stata esposta. Sui nostri canali social condivideremo gli aggiornamenti. Grazie per questa chiacchierata, è stata un’opportunità in più per riflettere e imparare, così come ogni dialogo con volontarie e volontari coinvolti, che ringrazio dal profondo del cuore.
Valentina: Grazie a te, è stata una bella detonazione di energia!

