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29 dicembre 2023

Piccolo io e grande io

In questa puntata della rubrica “Concetti chiave del Buddismo” approfondiamo il significato di piccolo io e grande io. Questa rubrica è curata dai giovani, coinvolti dalla redazione de Il Nuovo Rinascimento grazie al sostegno del comitato nazionale di studio

immagine di copertina

a cura di Luca Fiorato

Più volte, nell’affrontare lo studio del Buddismo o semplicemente confrontandoci con i compagni di fede, ci sarà capitato di imbatterci nei concetti di piccolo io e grande io.
Spesso questi due sono espressi in forma contrapposta, e a grandi linee possiamo dire che se il grande io rappresenta quel complesso di percezione-reazione generalmente definito come atteggiamento positivo, il piccolo io ne rappresenta uno negativo.
Ma che cos’è dunque il piccolo io, e cosa il grande io?
Possiamo provare a dare una risposta basandoci sul principio delle nove coscienze.
Questo principio, in sintesi, illustra in che modo interagiamo con la realtà che ci circonda, prima percependo, poi formulando giudizi sulle cose e agendo a seconda del nostro karma e del nostro stato vitale.
Se le prime cinque coscienze spiegano come “apprendiamo” informazioni dall’ambiente circostante – quindi vista, udito, olfatto, gusto e tatto – la sesta unifica le percezioni formulando giudizi sulla realtà.
La settima coscienza è quella più vicina al termine italiano “coscienza”, ovvero il livello della nostra identità in parte conscia in parte inconscia che, traendo le informazioni dalla sesta coscienza, integra il senso morale, il sentimento religioso e anche la consapevolezza dell’io.
L’ottava coscienza invece è l’enorme voragine del karma, nella quale sono accumulati e si accumulano gli effetti e le cause delle nostre tendenze innate. La sua influenza è determinante per tutti i livelli di “coscienze” superiori, e questo spiegherebbe perché ognuno di noi percepisce e reagisce in maniere completamente diverse allo stesso fenomeno: a seconda del karma individuale percepiamo lo stesso fenomeno in modi sensibilmente diversi.
A questo punto possiamo soffermarci un attimo e notare come quanto sopra illustri una sorta di circolo vizioso: il karma influenza il nostro modo di percepire, e a seconda di come percepiamo reagiamo di conseguenza, andando ad alimentare il nostro karma con le nostre azioni, per ripetere il ciclo daccapo. Ecco il piccolo io.
Possiamo quindi introdurre il concetto di nona coscienza, ovvero la coscienza universale che sottende tutte le altre o, per usare le parole del Daishonin, «l’immutabile realtà che regna su tutte le funzioni della vita»: in altre parole la Buddità della quale ogni fenomeno – compresa la nostra vita – è manifestazione.
Attivando la nona coscienza, ovvero richiamando la Buddità della quale siamo intrinsecamente dotati, «tutta l’energia del karma, sia positivo sia negativo, si indirizza verso la creazione di valore e la mente o coscienza del nostro gruppo etnico e dell’umanità intera viene percorsa da una corrente di compassione e saggezza» (Saggezza, vol. 2, 423).
La nona coscienza ci permetterebbe quindi di uscire dal “circolo vizioso” del nostro karma: ma come possiamo attivarla? Il Daishonin afferma: «I cinque caratteri di Myoho-renge-kyo rappresentano la nona coscienza», cioè Myoho-renge-kyo è la vita universale stessa. Ecco il grande io.
Possiamo adesso farci un’idea un po’ più precisa di cosa siano piccolo e grande io: se il primo è un mondo schiacciato dalla propria visione personale della realtà, ingombrato dai propri desideri egoistici, dominato dalla paura e dagli istinti, il secondo è la terra della saggezza, del coraggio e della compassione, della libertà, della purezza e della gioia.
La prima conclusione che possiamo trarre, quindi, è che piccolo io e grande io non sono concetti statici, ma condizioni che possono cambiare all’interno dell’individuo con la trasformazione dello stato vitale. Per questo è così importante recitare Daimoku prima di ogni altra azione.
Non a caso Nichiren parla di «diventare maestri della propria mente e non lasciare che la mente sia la propria maestra » (Lettera ai fratelli, RSND, 1, 447), così come nel Sutra del Loto viene data una importanza capitale alla “purificazione dei sei organi di senso”.
Per inciso, quanto alla purificazione dei sei organi di senso, Nichiren Daishonin afferma:

«La parola benefici (kudoku) significa la ricompensa rappresentata dalla purificazione dei sei organi di senso. […] Perciò la parola kudoku significa conseguire la Buddità nella propria forma presente» (La raccolta degli insegnamenti orali, BS, 118, 52)

Ecco perché noi manifestiamo la Buddità coerentemente con noi stessi, o “nella nostra forma presente”: semplicemente, così come siamo, possiamo percepire e di conseguenza vivere la realtà indipendentemente dai nostri condizionamenti karmici. Così possiamo purificare la nostra vita, liberi dal circolo vizioso del karma. Questo significa vivere basandoci sul grande io.
Anche tutte le attività che portiamo avanti per kosen-rufu sfidandoci nella nostra rivoluzione umana non sono altro che occasioni per fare emergere il nostro karma, vedere le catene del nostro piccolo io e spezzarle sulla base di una preghiera risoluta. Scrive il maestro Ikeda:

«Possiamo rafforzarci e migliorarci attraverso le attività della Soka Gakkai. Nichiren Daishonin scrive: “Forgiando il ferro, tutti i suoi difetti vengono in superficie” (RSND, 1, 442). Quando partecipiamo alle attività della Soka Gakkai il nostro karma talvolta si manifesta in forma di difetti come la debolezza, la vigliaccheria e l’egoismo. Ma se ci dedichiamo con successo a un’attività dopo l’altra senza farci sconfiggere, forgiamo il nostro carattere e possiamo vincere sulle nostre tendenze negative, facendo così la nostra rivoluzione umana. È per questo che dedicando la nostra vita alla missione di kosen-rufu e sviluppandoci possiamo cambiare il nostro karma» (Cos’è la rivoluzione umana, Esperia, pag. 120)

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