840  | 
7 dicembre 2023

Non esiste una preghiera senza risposta

In questa puntata della rubrica “Concetti chiave del Buddismo” approfondiamo il significato e l'importanza della preghiera al Gohonzon, uno degli aspetti fondamentali della pratica quotidiana nel Buddismo di Nichiren

immagine di copertina

a cura di Marta Lasen

La preghiera al Gohonzon è uno degli aspetti fondamentali della pratica quotidiana nel Buddismo di Nichiren Daishonin. In un dialogo con i giovani il presidente Ikeda ci rassicura sul fatto che possiamo recitare Daimoku per qualsiasi cosa desideriamo, che si tratti della nostra felicità o di quella degli altri. Ma come funziona la preghiera? Nel Gosho Sulle preghiere, indirizzato a Sairen-bo, leggiamo: 

«Anche se può accadere che uno miri alla terra e manchi il bersaglio, che qualcuno riesca a legare i cieli, che le maree cessino di fluire e rifluire o che il sole sorga a ovest, non accadrà mai che la preghiera di un devoto del Sutra del Loto rimanga senza risposta» (RSND, 1, 306)

Il presidente Ikeda commenta questo passo affermando:

«Che le nostre preghiere vengano esaudite è ancora più sicuro del fatto che il sole sorga a est ogni mattina. Ciò si accorda con la Legge dell’universo» (Preghiera e azione, Esperia, pag. 39)

Una preghiera che ottiene risposta equivale a una preghiera che viene esaudita e che ci permette di ottenere dei benefici concreti attraverso la recitazione del Daimoku.
I benefici che realizziamo possono essere visibili – come ricevere una promozione sul lavoro, risolvere velocemente un problema, costruire una relazione di valore – o invisibili – che riguardano cioè cambiamenti più graduali e profondi.
Anche se i benefici visibili possono sembrarci più desiderabili, in realtà sono quelli invisibili ad essere più importanti e preziosi: attraverso la preghiera costante accumuliamo infatti un’inestimabile fortuna che, nel tempo, si manifesta trasformando in positivo il corso della nostra vita. Come la crescita di un albero che passa inosservata, continuando a recitare Nam-myoho-renge-kyo, giorno dopo giorno accresciamo la nostra forza vitale, lucidiamo il nostro carattere e poniamo le cause per creare un brillante futuro.
Ne La raccolta degli Insegnamenti Orali Nichiren Daishonin spiega, a questo proposito, il significato della parola giapponese kudoku, ovvero beneficio: ku corrisponde a sradicare il male e doku a far sorgere il bene. Purificando i cinque sensi con il Daimoku, possiamo riconoscere illusioni e oscurità e aprirci al potenziale illimitato della Buddità inerente alla vita.
Per questo la preghiera è il punto di partenza per compiere una rivoluzione interiore e dell’ambiente, e il motore per diventare felici.
Ma qual è l’atteggiamento corretto nella preghiera per ottenere una risposta? Nichiren ce lo svela nel passo del Gosho Sulle preghiere in cui dice:

«Non accadrà mai che la preghiera di un devoto del Sutra del Loto rimanga senza risposta» (Ibidem)

La preghiera che ci permette di manifestare i benefici non è una preghiera qualsiasi, ma quella del “devoto del Sutra del Loto”.
Quanto stiamo mettendo in pratica gli insegnamenti di Nichiren Daishonin? Quanto ci impegniamo con convinzione per la nostra felicità e per quella degli altri, seguendo l’esempio dei tre maestri Tsunesaburo Makiguchi, Josei Toda e Daisaku Ikeda?
Il devoto del Sutra del Loto non è qualcuno che ha dei poteri speciali. È una persona comune che, spinta dal forte desiderio di trasformare la sofferenza propria e degli altri, riconosce le difficoltà che incontra non come una sfortuna da subire, ma come un’opportunità per manifestare il potere di trasformazione insito nella vita e offrire così una grande prova concreta del funzionamento della Legge mistica.
Il punto cruciale per ottenere risposta alle nostre preghiere è essere devoti e devote del Sutra del Loto che usano a pieno il potere della fede e della pratica.
Il presidente Toda era solito dire a questo proposito:

«Ovviamente quando colpite una campana otterrete un suono enormemente differente a seconda che usiate uno stuzzicadenti, un bastoncino o un batacchio. La campana è la stessa, ma se la colpite con forza risuonerà potentemente, se la colpite debolmente risuonerà flebilmente. Lo stesso vale per il Gohonzon. Il beneficio che riceviamo dipende interamente dal potere della nostra fede e della nostra pratica» (Preghiera e azione, Esperia, pag. 39)

Grazie alla recitazione quotidiana del Daimoku (pratica per sé) e all’energia che infondiamo per incoraggiare gli altri (pratica per gli altri) possiamo sviluppare una forte fede, in grado di scorrere incessante come l’acqua.
Lanciare e vincere nuove sfide, lottare contro i propri limiti e abbatterli, affrontare con coraggio ogni tipo di ostacolo e superarlo: sono tutti espedienti per accrescere continuamente la propria fede e non lasciarla languire nelle sabbie mobili dell’abitudine.
Nel coltivare la fede e portare avanti la pratica, è importante curare l’intenzione che mettiamo quando ci sediamo davanti al Gohonzon. Sincerità, convinzione, coraggio e perseveranza sono gli ingredienti fondamentali.
Qualunque sia il desiderio o la sofferenza che abbiamo nel cuore, la prima cosa è recitare Daimoku esattamente come siamo, affidando le nostre preghiere al Gohonzon con la massima naturalezza e fiducia. È necessario sciogliere qualsiasi dubbio, conscio o inconscio, secondo il principio per cui “Buddismo è vincere o perdere”. Solo la determinazione assoluta ci permette di superare qualsiasi funzione demoniaca, di raggiungere i nostri obiettivi e, in definitiva, ottenere la Buddità.
Nel Gosho La strategia del Sutra del Loto, Nichiren incoraggia il suo discepolo Shijo Kingo con queste parole:

«Un codardo non potrà mai ottenere risposta a nessuna delle sue preghiere» (RSND, 1, 889)

Come recitiamo mattina e sera durante Gongyo, la nostra pratica buddista è un allenamento a esercitarci con “coraggio e diligenza”, “oggi più di ieri” e “domani più di oggi” (cfr. I capitoli Hoben e Juryo, 29-38).
È possibile che alcune preghiere richiedano più tempo per ottenere una risposta, ma l’importante è non cedere alla sfiducia, non retrocedere di un solo passo e perseverare fino in fondo. Proprio come leggiamo in Lettera a Niike:

«Sviluppa sempre più la tua fede fino all’ultimo momento della tua vita, altrimenti avrai dei rimpianti. Per esempio, il viaggio da Kamakura a Kyoto dura dodici giorni: se viaggi per undici giorni e ti fermi quando ne manca uno solo, come puoi ammirare la luna sopra la capitale?» (RSND, 911)

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata