Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

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22 gennaio 2025

L’educazione come strumento di resilienza e di pace

Intervista ad Ambra Malandrin, Protection ed Education coordinator e referente del progetto "Costruire futuri"

Abbiamo intervistato Ambra Malandrin, referente del progetto “Costruire futuri: promuovere la pace attraverso l’educazione” finanziato dai fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai e promosso dall’Associazione Un Ponte Per. Il progetto promuove la pace attraverso l’educazione non formale e iniziative di protezione nella città di Raqqa, in Siria

immagine di copertina

La situazione di crisi umanitaria in Siria è molto delicata, ci sono gravi carenze dei servizi essenziali, tra cui l’istruzione. Si stima che 2.4 milioni di bambini siano fuori dal sistema educativo e si assiste a un altissimo tasso di analfabetismo. I minori della fascia 12-14 anni vengono mandati a lavorare e le bambine sono costrette a sposarsi.
La città di Raqqa è ancora segnata dall’occupazione dell’ISIS (Daesh, così definito in vari paesi mediorientali. Il termine Daesh è preferito a ISIS, perché delegittima l’organizzazione, evitando di riconoscerla come Stato o rappresentante dell’Islam, e riflette il rifiuto delle comunità locali, che lo usano per sottolineare la loro opposizione). Questa occupazione ha sfaldato il tessuto sociale e ha portato all’aumento del lavoro minorile, dato che le famiglie vivevano in condizioni economicamente degradanti.
Uno degli obiettivi del progetto è di fornire un’educazione non formale per eliminare il divario tra chi va a scuola e chi no: a causa dei costi elevati e della mancanza di strutture molte famiglie non riescono a sostenere la formazione dei figli e delle figlie. Attraverso il progetto forniamo loro alfabetizzazione e competenze numeriche di base per donne analfabete, corsi di recupero scolastico per bambine e bambini fuori dal sistema educativo, per facilitarne il reinserimento nella scuola formale; corsi di supporto extrascolastico per bambine e bambini che, nonostante frequentino la scuola, incontrano difficoltà nello studio a causa di disagio sociale o scarso supporto educativo.
Nell’ambito dell’educazione non formale rientrano anche la formazione alla costruzione della pace e alla risoluzione dei conflitti. Un altro obiettivo invece riguarda la protezione e il supporto psico-sociale che mira a sostenere lo sviluppo di una resilienza personale per superare problemi derivanti da situazioni di crisi e traumi e per contrastare abusi, lavoro minorile e violenza di genere.

Il vostro contributo è stato fondamentale, a partire dal 2022 abbiamo raggiunto in soli sei mesi 4.400 individui con progetti di protezione, attraverso sostegno individuale, attività ricreative e supporto psico-sociale. Nel 2023 abbiamo raggiunto 18.000 persone tramite campagne radio e sessioni individuali, con iniziative di sensibilizzazione incentrate su temi quali: la prevenzione alla violenza di genere, la protezione dei minori, i diritti delle donne e delle persone con disabilità.  Abbiamo assistito a un impatto positivo sulla popolazione, in particolare a Raqqa dove sono stati realizzati degli spazi sicuri per le ragazze sopravvissute alla violenza di genere. Quest’anno, con l’inserimento di altre attività educative e di peace-building, abbiamo raggiunto in soli tre mesi circa 130 bambini e donne con attività educative, 160 con interventi di protezione e più di 10.000 persone con un programma radio per la Giornata Internazionale della pace. Inoltre, facciamo formazione allo staff locale sui temi della violenza di genere in modo da rendere il progetto sostenibile per il futuro.

L’educazione “non formale” è flessibile e risponde a diverse esigenze delle persone. Tre sono le sue componenti fondamentali: integrare nel sistema educativo nazionale i bambini che sono rimasti esclusi, andando a colmare quel vuoto formativo che non gli permette di seguire le lezioni con i loro coetanei. La seconda componente è la preparazione scolastica, ossia i corsi dopo scuola, per sostenere i ragazzi che hanno difficoltà nello studio a causa di disagio sociale o scarso supporto educativo ed economico e per questo motivo lasciano la scuola. Questo aspetto dell’educazione non formale include un tutoraggio per alcune materie, come la matematica, le scienze e l’inglese. Nei nostri centri c’è una stanza dove i bambini possono rimanere tra un corso e un altro per svolgere i compiti con un insegnante che li aiuta, in modo che possa essere per loro un’occasione di approfondimento.
L’ultima componente è il calcolo di base e alfabetizzazione per le tutrici. In questo modo vengono migliorate le competenze pratiche delle donne ma anche rafforzato il loro ruolo educativo all’interno della famiglia, promuovendo una maggiore autonomia e aumentando le loro possibilità lavorative. Si integra sempre l’educazione alla pace all’interno delle attività ricreative, ad esempio della risoluzione dei conflitti e del cambiamento climatico e sono previste sessioni miste con circa 500 partecipanti per creare un dialogo con la comunità e ridurre le tensioni intergenerazionali, ma anche per sviluppare una maggiore consapevolezza civica.

Gli spazi sicuri di UPP-DOZ sono ambienti protetti dove donne e bambini possono accedere a supporto psicosociale, attività educative e servizi di protezione in un contesto inclusivo e rispettoso. Uno di questi Spazi sicuri è dedicato alle ragazze e un altro a bambini e adolescenti. Il loro fine è quello di garantire protezione, ad esempio al loro interno vi è un approccio integrato che prevede sessioni educative di empowerment, come educazione emotiva e di pace.
Si parla anche di violenza di genere, matrimonio precoce e lavoro minorile. I casi di violenza di genere sono ancora molto elevati, uno fra questi è il matrimonio forzato che vede circa l’80% delle bambine di 15 anni costrette a sposarsi.
Per questa ragione all’interno dei nostri centri le donne trovano staff formato da UPP (case workers) che possono effettivamente sostenerle nei casi di violenza e possono accedervi più facilmente perché si trovano negli stessi luoghi dove le donne si recano per altre attività; quindi, non sono tenute a dichiarare apertamente ai propri familiari (spesso gli stessi abusanti) che stanno andando al centro antiviolenza per chiedere un supporto.
Vi sono inoltre attività ricreative e ludiche e sessioni di formazione genitoriale, che hanno l’obiettivo di implementare la capacità di protezione dei minori all’interno delle famiglie. Molti sono i corsi che prevedono il rafforzamento del sostegno reciproco tra donne perché a Raqqa è molto forte l’isolamento femminile. Vi è anche un luogo predisposto a prendersi cura dei bambini più piccoli così che le tutrici possano partecipare alle altre attività mentre i bambini sono a contatto con esperti nella cura dell’età infantile.

L’impatto che vorremmo vedere è radicale e duraturo con un’enfasi sull’educazione non formale perché questa per noi è la chiave per il progresso e l’emancipazione e va portata avanti in maniera olistica.
Miriamo a realizzare opportunità di crescita aumentando l’autonomia delle persone con cui lavoriamo e questo è necessario per prevenire delle problematiche contestuali come il lavoro minorile e la violenza. Ovviamente l’educazione pacifica serve anche a questo, a rafforzare il tessuto sociale.
Vorremmo creare e mantenere degli ambienti sicuri e sostenere le persone a superare le difficoltà momentanee, come quelle attuali, in cui la popolazione siriana si trova nuovamente a vivere un momento di dura crisi, ma vorremmo che questi strumenti avessero anche un impatto a lungo termine, in quanto strumenti di resilienza, per costruire un tessuto di pace che parta dalle stesse comunità locali.

A seguito dei recenti spostamenti forzati dovuti ai cambiamenti politici e al rischio di occupazione militare, dai primi giorni di dicembre 2024, Raqqa sta affrontando una situazione emergenziale in cui tutte le scuole pubbliche sono state convertite in centri collettivi per accogliere oltre 50.000 sfollati in poche settimane. Questo ha lasciato migliaia di bambini senza accesso all’istruzione, aggravando il divario educativo già esistente. I bambini sfollati, inoltre, non frequentano la scuola, aumentando ulteriormente il bisogno di interventi di educazione non formale in contesti di emergenza. Nei prossimi mesi, monitoreremo con attenzione i cambiamenti e la crescente domanda, come dimostrato dalle lunghe liste d’attesa per i nostri corsi di educazione non formale, che superano di gran lunga le risorse attualmente disponibili.


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