Dal 24 al 27 ottobre si è tenuto a Hiroshima un evento per il disarmo nucleare chiamato ICAN Academy. Quattro giorni di approfondimenti, interventi, scambi e riflessioni a cui hanno partecipato circa trenta giovani per generare un nuovo impeto nella lotta alle armi nucleari.
A Hiroshima era presente anche Lucrezia Petrucci, membro della Soka Gakkai italiana e studentessa alla Soka University a Tokyo, che in questo articolo condivide un report degli eventi dell’ICAN Academy 2023 e le sue impressioni e determinazioni.
ICAN Academy è un programma organizzato ogni anno da ICAN (International Committee Against Nuclear Weapons), organizzazione internazionale di cui Senzatomica è uno dei principali partner, che è stata insignita del premio Nobel per la Pace nel 2017 e grazie al suo attivismo locale ed internazionale ha portato all’adozione del TPNW (Treaty for the Prohibition of Nuclear Weapons), il Trattato per l’abolizione delle armi nucleari.
Quest’anno l’ICAN Academy si è strutturata in tre sessioni:
1. Sessione di preparazione online tramite webinar, durante il mese di ottobre;
2. “Sessione di Hiroshima”: da martedì 24 a venerdì 27 ottobre;
3. “Sessione di riflessione online”, che si terrà venerdì 17 novembre.
Il tema centrale dell’Academy è diverso ogni anno, e in questa occasione è stato incentrato su “Nuclear Weapons and Global Risk” (Armi nucleari e rischio globale). Cosa vuol dire, concretamente, global risk? Sappiamo tutti, razionalmente, che la presenza delle armi nucleari – anche solo da parte di alcuni paesi del mondo – rappresenta un rischio per l’intera umanità. Ma come possiamo noi comuni cittadini comprendere, trasmettere, agire affinché il disarmo nucleare diventi una realtà globale? Questo è stato il filo rosso che ha legato ogni momento dell’ICAN Academy 2023.
L’incontro con gli hibakusha
I giorni a Hiroshima sono stati intensi, soprattutto da un punto di vista emotivo. Nel corso della settimana, ma anche durante i webinar online che hanno preceduto la sessione in presenza, abbiamo avuto la possibilità di conoscere alcuni hibakusha, i sopravvissuti alle bombe nucleari.
Dalle storie raccontate da Koko Kondo, Keiko Oguma e Kazuhiko Futagawa trapela la necessità di parlare e risvegliare l’intera umanità all’urgenza del disarmo nucleare, affinché le tragedie che li hanno personalmente colpiti non si ripetano mai più.
Alla fine del primo giorno di conferenza ad Hiroshima, dopo aver visitato il Museo della pace e aver ascoltato l’esperienza di Keikyo Oguma, ho potuto porle una domanda che non riusciva a lasciare la mia mente: «Come posso io, che ho solo avuto il privilegio di ascoltare la tua testimonianza, trasmettere l’urgenza di realizzare il disarmo a tutte le persone che non percepiscono la presenza delle armi nucleari come una concreta minaccia per la loro vita?».
Keiko mi ha guardata profondamente negli occhi e mi ha detto: «Devi trovare la tua voce; trova la tua voce, il tuo unico modo per trasmettere quello che hai ascoltato, e promettimi che lo dirai a tutti».
La sua richiesta sincera, severa, determinata, mi ha scosso nelle profondità, risvegliandomi al potere che ha la gioventù, e in generale ognuno di noi, di influenzare e trasformare il presente e il futuro.
“Siamo tutti hibakusha”
Un altro tema fondamentale che abbiamo approfondito riguarda i “Global hibakusha”. Ne abbiamo parlato con il professor Robert (Bo) Jacobs, la cui tesi, sostenuta dalla ricerca che sta conducendo sui test nucleari portati avanti negli anni successivi allo scoppio della bomba nucleare su Hiroshima e Nagasaki, sostiene che, in realtà, siamo tutti hibakusha.
Gli effetti dei test nucleari, così come delle radiazioni successive all’incidente di Fukushima e Chernobyl, continuano ad avere degli impatti devastanti sulle popolazioni di tutto il mondo. Ricercare e mettere in luce gli effetti di queste radiazioni, però, risulta molto più complicato.
È importante notare, inoltre, quanto la pratica dei test nucleari sia strettamente collegata a una mentalità coloniale che persiste ancora al giorno d’oggi. Infatti, nessun test nucleare è stato mai effettuato in Europa o in un paese considerato “sviluppato” dagli Stati occidentali.
Nessuno parla, però, degli effetti che questi test hanno avuto e continuano ad avere sulle popolazioni dei territori in cui sono effettuati tali test. Ce ne dimentichiamo, pensando che le bombe nucleari siano state utilizzate, effettivamente, solo su Hiroshima e Nagasaki. Non siamo a conoscenza, invece, delle migliaia di persone che ancora vivono gli effetti dei test nucleari, totalmente inconsapevoli che quei test fossero stati effettuati.
Ne ha parlato Mary Dickson, sopravvissuta a un test nucleare effettuato in una zona molto vicina alla sua abitazione negli Stati Uniti d’America. Si conta, infatti, che circa 928 test nucleari siano stati compiuti nel Nevada. La popolazione rimase per molto tempo inconsapevole di questi testi e dei loro effetti. Mary ci ha raccontato di come, da bambina, si divertiva a mangiare la neve, non essendo a conoscenza della radioattività di quell’acqua. È l’unica della sua famiglia a essere sopravvissuta al tumore alla tiroide che ogni persona a lei vicina aveva sviluppato a causa di quelle radiazioni. La strada per il riconoscimento del nesso tra lo sviluppo del tumore e delle radiazioni causate dai test nucleari è molto tortuosa, ma Mary insieme a tantissime altre persone continuano a lottare per questa causa.
Destrutturare la logica che sostiene la deterrenza nucleare
Ma cosa continua a sostenere la logica della deterrenza nucleare?
Molti tra gli esperti presenti all’Academy hanno sostenuto che la logica della deterrenza nucleare è profondamente legata al sistema patriarcale ancora dominante nella nostra società. È largamente diffusa, infatti, la convinzione che il possedimento di armi nucleari e la minaccia del loro utilizzo rappresentino un segno di forza, di dominazione, di potere. E questi sono aspetti che tradizionalmente sono ricollegati alla figura maschile. La pace, la risoluzione dei conflitti, il dialogo e la fiducia sono invece tematiche e istanze che generalmente sono associate alla figura della donna. Anche quando razionalmente vogliamo rifiutare questo tipo di associazioni, la nostra mente in realtà le opera istintivamente e in automatico, influenzata da una realtà dei fatti che ha caratterizzato fino a oggi la storia umana. Rendercene conto e imparare a decostruire questa visione patriarcale è un passo importante per “disarmarci” interiormente e costruire un mondo senza armi nucleari.
Uno scambio di opinioni, progetti e obiettivi
L’ICAN Academy a Hiroshima è stata un’occasione preziosa per incontrare giovani attiviste e attivisti che collaborano con diverse organizzazioni per diffondere le storie degli hibakusha in tutto il mondo.
Mi ha colpito un progetto in particolare, portato avanti dall’organizzazione ANT-Hiroshima, riguarda la creazione di video sulla vita dei sopravvissuti alle bombe nucleari e la stesura di libri per bambini, scritti e redatti da ragazzi delle scuole medie e superiori che hanno avuto la possibilità di interagire con gli hibakusha.
Terminare l’Academy scambiando opinioni, progetti e obiettivi con loro è stato incoraggiante. Ho compreso quanto possiamo fare come giovani, partendo da ciò che abbiamo di fronte a noi. Personalmente, insieme a una mia amica con cui sono partita per Hiroshima, abbiamo deciso di proporre uno scambio tra gli studenti dell’università Soka e di Hiroshima, in modo da approfondire il tema del disarmo nucleare e trovare strade creative per coinvolgere sempre più giovani nella lotta per la pace.
Qualcosa è cambiato nel mio cuore
Al termine di questa settimana, sento profondamente che qualcosa è cambiato nel mio cuore.
Ci siamo salutati condividendo i nostri obiettivi concreti per il futuro. Il mio obiettivo è trovare la mia voce, il mio unico modo per condividere queste storie, per non rimanere indifferente, per non dimenticare. È anche imparare ad accettare l’angoscia, il disagio e la sofferenza che queste storie portano con sé, senza lasciare che questa emozione oscuri il mio cuore, ma utilizzandola per agire concretamente insieme agli altri. E continuare a usare questa voce come amplificatore delle storie e delle ingiustizie che migliaia di persone hanno vissuto e continuano a vivere.
In conclusione, a livello personale vorrei invitare i giovani a partecipare in futuro a questa Academy o anche solo a visitare la città di Hiroshima. Se non fosse possibile, è importante e urgente risvegliarci alla nostra grande missione: come giovani dobbiamo assumerci l’impegno quotidiano di approfondimento e di ascolto. È un impegno che richiede la ricerca dell’intersezionalità tra i diversi temi che sono al centro dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e che hanno un impatto diretto sulla nostra vita, il nostro presente ed il nostro futuro. Potrebbero sembrare temi a noi lontani, ma sono invece profondamente legati alla nostra vita e al nostro modo di vedere il mondo.