Maria Grazia Ruggerini è una ricercatrice, scrittrice che si è occupata per anni di svolgere un lavoro di ricerca in ottica di genere sul tema del lavoro, dell’aborto e dell’immigrazione. Ha collaborato con alcuni centri antiviolenza, tra cui quello di Palermo “Le onde” e ha lavorato in ambito europeo come responsabile della rete “Network Women in Decision Making”, per poi concentrarsi sulle condizioni delle donne in altre culture, coordinando dei progetti sui diritti delle donne in Tunisia, Marocco e Algeria. È anche socia fondatrice dell’associazione LeNove-studi e ricerche
Può tracciarci un quadro generale della situazione attuale riguardo la violenza di genere?

Il tema della violenza è un tema che ha assunto nel corso del tempo delle sfaccettature molto più articolate ma senza perdere, a mio avviso, la centralità della violenza degli uomini contro le donne. Con questa “centralità” non intendo sottovalutare altri tipi di violenza, ma solo specificare che la violenza sulle donne è il perno da cui si diramano altre violenze “patriarcali”, cioè frutto di questo tipo di cultura. La violenza è cambiata molto negli anni, basti pensare alla nuova veste che ha dato il mondo digitale. La questione si è modernizzata, usando strumenti diversi, soprattutto di comunicazione. Ci sono stati cambiamenti e modernizzazioni che non hanno portato al superamento della violenza, ma solo ad una realtà più complessa. Anche guardando i numeri, fa riflettere che l’età di chi commette e subisce questa violenza stia diminuendo sempre di più.
Quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per smascherare la violenza ed educarci a riconoscerla e decostruirla?
Nell’epoca digitale è necessario porre l’accento sulla questione etica nell’uso di questi nuovi mezzi. Questo si può fare attraverso l’educazione, a partire dalla scuola dell’infanzia. L’educazione sessuale anche è un altro elemento essenziale per gli adolescenti, che hanno libero accesso a siti pornografici che trasmettono per lo più un'idea di prevaricazione e violenza. I ragazzi e le ragazze vanno educati alla sfera emotiva e sessuale, ma senza repressione che non serve a nulla. I giovani vanno educati all’etica. Tutto parte dall’educazione dall’età infantile per decostruire gli stereotipi, che poi si può approfondire e ampliare nel corso della loro crescita.
Alcune persone vedono il femminismo come in contrapposizione agli uomini, perché e come possiamo trasmettere il fatto che non sia così?
Specifico che dovremmo parlare di femminismi e non di femminismo, ci sono una molteplicità di movimenti femministi che si differenziano tra di loro; quindi, sarebbe più corretto parlare al plurale. Tornando alla domanda penso che ci sia necessità che il mondo maschile costruisca un proprio percorso, noi donne non possiamo e non dobbiamo farlo al posto loro. Nell’ultimo periodo si sta riflettendo sulla possibilità di collaborare tra centri antiviolenza e centri per uomini violenti, ma io ritengo che le donne si siano fatte un proprio percorso, abbiano avviato un movimento in modo autonomo e che anche gli uomini debbano fare altrettanto mettendo in discussione quel modello patriarcale che in fondo ingabbia anche loro. Ci sono casi come l’associazione “Maschile plurale”, che sul piano culturale ha fatto un lavoro egregio col quale ci si è confrontati spesso e devo dire che personalmente ho ricevuto molti stimoli da loro. Lo scambio, se c’è, deve essere dialettico, portare a un arricchimento, però ognuno deve continuare dei percorsi di autonomia.
Di fronte all'ennesima notizia di femminicidio di violenza come fa lei a non perdere la speranza come possiamo fare noi a non perderla?
La mia speranza è maggiore in questo aspetto della società che non per quanto riguarda un mondo in guerra, dove i conflitti sono talmente radicati, radicali e a volte insensati che i femminicidi sono una parte di un discorso più ampio. Non possiamo quindi fermarci solo al tema dei femminicidi, perché sono la punta dell’iceberg all’interno di una società che esercita una violenza quotidiana che uccide anche più della morte. In questo contesto bisogna trovare dei punti di forza su cui si agisce prevenendo la violenza. Questo è possibile costruendo degli spazi collettivi, dove si possa agire in autonomia, ma unendosi verso un obiettivo comune. Un punto fondamentale della prevenzione è l'ascolto, anche all’interno di una relazione tra donne per cui se una persona sta subendo violenza si sente libera di manifestare il proprio disagio e farsi sostenere nel cambiare quella situazione. La mia speranza è operativa, pragmatica, per questo penso che sia necessario mettere in atto delle prassi anche nel pubblico per sostenere dei servizi di sostegno e tutela per combattere su tutti i livelli la violenza di genere.
C’è un messaggio che desidera condividere con i giovani e le giovani per trasformare questa eredità patriarcale che ci ingabbia tutti e tutte?
Credo che la cosa fondamentale sia dare loro molta fiducia e spazio. L'importante è che ci sia una storia nuova, ma credo che dobbiamo stare molto attente, come generazione femminista degli anni passati, a non ingabbiare queste giovani generazioni, a essere noi a provare a capirle e non passivamente, ma attraverso uno scambio. Il rischio è che noi - parte di una generazione del passato - possiamo essere molto dogmatiche, ponendoci quasi su un piedistallo. Dobbiamo invece imparare ad ascoltare, anche a dire quando non siamo d'accordo, ma partire da un'accettazione delle differenze e pensare che il loro contributo è fondamentale non solo per quanto riguarda la capacità delle nuove generazioni di muoversi con maggiore maestria nel mondo digitale, ma per i loro contenuti emotivi, le loro esperienze. Per cui il messaggio che vorrei trasmettere è più indirizzato alla mia generazione che non a quella di oggi. Cerchiamo di essere più aperte e aperti, non passivamente, ma con il desiderio di condividere e apprendere da queste nuove generazioni: lo scambio dovrebbe essere alla pari.
C'è qualcosa che lei pensa come donne sia importante tenere a mente?
Reputo che la capacità di mettersi in relazione, di creare una dialettica, un dialogo sia fondamentale non solo per realizzare il rispetto di ogni persona ma per un arricchimento reciproco. Metterei al centro il tema della “pratica della relazione” come azione che andrebbe realizzata costantemente sia tra donne, che tra donne e uomini.
