Trascrizione della puntata
Bentornati su “FRAGRANZE” un podcast di IL NUOVO RINASCIMENTO che racconta storie di vita quotidiana di chi, grazie al Buddismo, è riuscito a trasformare la propria vita e a farla fiorire.
«Il ciliegio ha un tronco robusto, il susino un profumo delicato e il pesco un colore meraviglioso. Quando arriva la primavera ciascuno di loro sboccia a modo suo, producendo dei fiori unici».
Mi chiamo Elena Cavallone e questo non è un podcast sul giardinaggio, ma sulla saggezza del Buddismo praticato dalla Soka Gakkai, una scuola laica che si basa sugli insegnamenti di Nichiren Daishonin, vissuto nel tredicesimo secolo.
In questo spazio parleremo degli ostacoli che ognuno di noi può incontrare lungo il cammino; che si tratti di relazioni complicate, difficoltà sul lavoro, sogni che faticano a realizzarsi o semplicemente di quel senso di rassegnazione che ci accompagna, ecco il Buddismo permette di affrontare in maniera diversa quelle situazioni che ci fanno soffrire.
Perché siamo tutti dei Budda, ma spesso ce lo dimentichiamo.
Che cosa vuol dire essere una persona solida? Avete presente quando incontriamo qualcuno e percepiamo che quella persona è radicata? È una sensazione difficile da spiegare, non dipende da come parla, da quello che fa nella vita o come si muove. Inoltre, la solidità non ha nulla a che vedere con la durezza d’animo, con il non far trasparire le proprie emozioni. Io la definirei come la capacità di essere centrati ma, allo stesso tempo, saper fluire con gli eventi della vita.
Oggi vi voglio raccontare la storia di Viola. La sua è un’esperienza in cui credo che si rivedranno molte persone. Viola inizia a praticare il Buddismo di Nichiren Daishonin durante l’adolescenza, a causa di tensioni in famiglia e di difficoltà tipiche di quell’età.
VIOLA: C’erano veramente difficoltà più grandi di me in quel momento e quindi non avevo più strategie da poter usare. E credo che questo sia stata la mia più grande fortuna perché nel momento in cui ci si trova di fronte a delle situazioni veramente senza via d'uscita si è disposti a provare, a provare, a riprovare finché qualcosa non si muove.
Negli anni Viola sperimenta molte volte l’efficacia della pratica buddista, che consiste nella recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, ovvero quello che nel Buddismo di Nichiren viene chiamato Daimoku. Chi ha ascoltato gli episodi precedenti forse ha già familiarizzato con i principi alla base della pratica buddista. Ma, per chi ci ascolta per la prima volta, è bene spiegare che l’insegnamento principale del Buddismo di Nichiren è contenuto nel Sutra del Loto. In questo sutra viene dichiarato che tutti gli esseri viventi sono dei Budda e che possono manifestare la loro Buddità (o Illuminazione) nella forma presente e nella vita di tutti i giorni. Siamo tutti dei Budda perché la vita stessa è Buddità e Nam-myoho-renge-kyo è il nome di questa Legge che permea l’universo. Recitare Daimoku quindi permette di far emergere la propria Buddità.
Per Viola il Daimoku diventa uno strumento importantissimo per affrontare qualsiasi difficoltà. Fino a quando qualcosa nella sua vita inizia a bloccarsi. Tutto ha inizio nel 2015, anno in cui si trova a vivere una profonda crisi esistenziale. È un momento molto buio: ha trent’anni e sente di non aver realizzato niente. E sul fronte studi le cose non vanno meglio. A causa di un problema economico non riesce più a dare gli esami. Le prova tutte: parla con i professori, cerca dei lavori alternativi, ma nonostante tutti i gli sforzi deve rinunciare all’università.
VIOLA: Mi sentivo proprio in una strada chiusa sotto tutti i punti di vista: familiare, sentimentale e anche quello che riguardava la mia realizzazione personale. Il problema era che io già praticavo da tanto tempo e avevo fatto tante esperienze buddiste e anche tanti sforzi quindi in quel momento entrai veramente in crisi. Mi sono proprio chiesta: ma tutto quello che ho fatto, se mi ha portato a questo enorme fallimento allora è sbagliato? Proprio in quel momento anche mio padre si ammalò, si aggravò. Aveva già 78 anni e quindi decidemmo con mia sorella di portarlo a vivere a casa sua a Bologna e io fui costretta in qualche modo dalla situazione a trasferirmi a Bologna a casa di mia sorella per assistere mio padre nell'ultimo periodo della sua vita. Fu molto molto difficile riuscire a sostenerlo mentre io stessa stavo vivendo questa crisi esistenziale.
In momenti come questi, in cui sembra che tutto stia andando nel verso sbagliato, oppure quando la nostra vita sembra ferma, stagnante, è facile guardare alla vita degli altri e assistere ai loro successi con un certo senso di frustrazione.
VIOLA: Avevo intorno a tutte le mie amiche che si erano laureate o si stavano laureando, tutte fidanzate, che decidevano di mettere su famiglia, insomma, e io invece ero sempre lì ferma. Tra l'altro spesso erano persone che io stessa avevo incoraggiato. Loro vincevano, loro realizzavano le loro vite, io rimanevo sempre, sempre ferma. Mi sentivo veramente come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me, come se io non andassi bene così come ero, che in qualche modo io dovevo dimostrare a me stessa e agli altri che valevano, quando in realtà una delle cose più belle del Buddismo è che ci spiega che noi siamo dei Budda solo per il semplice fatto di essere nati, di essere al mondo.
ELENA: Nonostante stessi dubitando della pratica, ha comunque continuato a recitare Daimoku, giusto?
VIOLA: Quando stai male, facendo Daimoku senti subito che qualcosa cambia dentro a livello proprio di condizione vitale e quindi in quel momento per me fare Daimoku era anche come respirare. Però volevo vedere una prova concreta, volevo vedere dei risultati nella mia vita. Avevo questa grande lotta interiore perché c'era una parte di me che mi portava a non credere nelle mie possibilità, nelle possibilità della vita e una parte di me che invece voleva farlo, voleva farlo tantissimo.
In quel periodo Viola si dedica a diverse attività all’interno dell’Istituto buddista che la portano a contatto anche con molti ragazzi e ragazze che frequentano l’università. Si occupa delle questioni logistiche come organizzazione delle riunioni, degli spostamenti e di incoraggiare quei ragazzi. Ma ogni volta che Viola incontra qualcuno, si insinua quello che succede a molte persone cioè la cosiddetta “sindrome dell’impostore”, ovvero sentirsi inadatti a svolgere un compito o un’attività che, invece, gli altri ci credono capaci di fare.
VIOLA: Ovviamente nell'attività studenti si approfondisce molto come mettere in pratica il Buddismo nello studio, nella realizzazione personale all'università. Per me è stato un grande allenamento perché non mi sentivo in grado in quel momento di poter sostenere degli studenti, sentendomi io per prima una fallita in quei campi. Quindi ogni volta che dovevo incontrare uno studente mi ricordo che il fatto di sentirmi responsabile per la sua felicità mi spingeva a fare Daimoku per avere una condizione vitale così alta da riuscire a sentire il mio valore a prescindere da quello che avevo realizzato o meno nella mia vita.
Mi racconta che mentre è alle prese con questa crisi esistenziale e il suo senso di inadeguatezza, le capita di leggere un testo scritto da Nichiren Daishonin dal titolo “Gli otto venti”, che le apre gli occhi, o forse il cuore, sulla sfida che stava attraversando.
VIOLA: “È una lettera che Nichiren Daishonin scrisse a uno dei suoi più fedeli discepoli, Shijo Kingo, che era particolarmente emotivo e quindi con questa lettera voleva dirgli di non farsi influenzare dalle vicissitudini della vita. Perché a, prescindere dal momento che stiamo vivendo, siamo dei Budda e credere o non credere in questa cosa fa la differenza”.
In che modo fa la differenza esattamente? Che cosa intende Viola con questo? Vi leggo un passo di questo testo.
L’uomo saggio merita di esser chiamato tale perché non si lascia sviare dagli otto venti: prosperità, declino, onore, disonore, lode, biasimo, sofferenza e piacere. Non si esalterà nella prosperità né si lamenterà nel declino. Gli dèi celesti sicuramente proteggeranno chi non si piega di fronte agli otto venti» (Gli otto venti, Raccolta degli scritti di Nichiren Daishonin, vol. 1, pag. 705 )
Finché si tratta di prosperità, onore, lode e piacere a prima vista non sembra esserci nessun problema. Anzi, in generale, la nostra società li considera proprio come degli obiettivi da raggiungere. Quello che semmai cerchiamo di evitare come la peste è il declino, il disonore, il biasimo e la sofferenza. Secondo il Buddismo, però, la cosa importante è non farsi sviare o scoraggiare da questi venti che comunque sono fugaci e passeggeri. Tutto dipende da come utilizziamo le circostanze della vita. Per esempio, un licenziamento può portarci a crollare, ma anche a scoprire capacità inaspettate e a crescere. Oppure, ricevere lodi può incoraggiarci a fare meglio, ma può anche gonfiare il nostro ego e farci diventare arroganti e magari poi peggiorare la nostra situazione.
Daisaku Ikeda, il maestro spirituale dei membri della Soka Gakkai, scrive: “In genere le persone apprezzano i quattro venti favorevoli e cercano di evitare i quattro venti avversi, ma anche quelli favorevoli non rappresentano altro che forme di felicità relativa e temporanea. Se permettiamo che a guidarci siano considerazioni relative a guadagni o perdite a breve termine, oppure le reazioni dell’opinione pubblica, se ci facciamo ossessionare da ciò che gli altri pensano di noi, concentrandoci solo su aspetti formali e superficiali trascurando ciò che è veramente importante, nei momenti difficili di grande cambiamento non avremo alcuna possibilità di successo. È essenziale forgiare un io solido che sia impenetrabile agli otto venti.”
Gli “otto venti” sono quindi una metafora di ciò che rischia di farci perdere la nostra direzione interiore: l’attaccamento al piacere, la paura della sofferenza, il desiderio di riconoscimento o il timore del giudizio altrui. La vera sofferenza per il Buddismo, non è il dolore o la perdita in sé, ma dimenticare che tutti noi abbiamo la natura di Budda. E la vera felicità nasce dal riuscire a manifestarla nella vita quotidiana. Per resistere agli otto venti, il Buddismo ci incoraggia a forgiare un io solido, grazie alla pratica buddista e alla recitazione di Nam-myoho-renge-kyo, che diventa quindi la bussola per non lasciarsi travolgere dalle circostanze.
VIOLA: Essendo in quel momento per me così forte il senso di sconfitta, era fondamentale non lasciarmi influenzare. Io non avrei ricercato così tanto il valore della mia vita e la dignità della mia vita se non avessi incontrato così tante difficoltà. Invece proprio in quel momento le ho trovate.
Viola descrive questo processo come una sorta di allenamento che la porta poco a poco a costruire solidità interna. Il momento cruciale in cui questa solidità si manifesta arriva con la morte del padre, che per Viola ovviamente rappresenta un momento di grande dolore ma, allo stesso tempo, diventa anche un’occasione per ripartire.
VIOLA: Mio papà ha concluso la sua vita e lo abbiamo accompagnato facendo una bellissima esperienza io e mia sorella e da quel momento in poi ho preso coraggio e ho deciso di provare a realizzare quello che veramente volevo, chiedendomi proprio quale fosse la mia missione. Che però a dir la verità, non riuscivo a capire bene cosa volesse dire “missione”. Fino a che, a un certo punto, mi sono chiesta: ma che cos'è che io so fare bene, che mi piace fare e che può essere utile agli altri?
Quando Viola parla di missione, non intende la missione nel senso letterale del termine. Non c’è nessuno spirito di sacrificio o di dedizione assoluta che viene attribuito al concetto di missione nel Buddismo. Piuttosto, è molto interessante soffermarsi sul fatto che in giapponese la parola “missione” (shimei) è scritta con due caratteri che significano “usare la propria vita”. Come scrive Daisaku Ikeda, “Ognuno di voi è una persona con una missione unica, apparsa in questo mondo per contribuire alla pace e alla felicità di tutta l’umanità nel ventunesimo secolo”. Recitando Daimoku, in sostanza, emerge dentro di noi il desiderio di utilizzare la vita per realizzare il proprio potenziale e contribuire al benessere altrui. Si desidera manifestare la propria Buddità e riconoscere quella degli altri. Ciascuno ha un suo modo per farlo e non esiste un modo migliore di altri per “usare la propria vita”. Ikeda, infatti, continua dicendo: “Anche se non siete ancora sicuri dei vostri sogni e non avete ancora chiari i vostri obiettivi per il futuro, recitando Daimoku e studiando con impegno aprirete la strada alla nobile missione che solo voi potete compiere”.
VIOLA: Ho proprio fatto sinceramente forse per la prima volta nella mia vitaquesta domanda e recitando così sinceramente è emersa proprio la mia passione, che è sempre stata quella per il disegno, che però io ho sempre messo un po’ a tacere perché vengo da una famiglia molto creativa e in confronto a loro mi sono sempre sentita meno brava. Quindi mi ero convinta di non essere portata per disegnare o per utilizzare questa mia creatività. Facendo Daimoku su questa cosa ho trovato il coraggio di seguirla. Probabilmente tutta quella sicurezza che avevo costruito dentro mi ha portato proprio a fregarmene un del giudizio degli altri quindi a dirmi “non importa se sono bravissima però è quello che amo fare e quindi lo porto avanti”.
Da lì ho trovato il coraggio di iscrivermi a un corso di grafica.
In quegli anni stavo vivendo anche contemporaneamente a tutto il resto, una sofferenza sentimentale molto importante, perché avevo una storia d'amore, diciamo per lo più non corrisposta e quindi mi sentivo molto molto impotente ecco rispetto a questo dolore. Mi ha incoraggiato tanto una frase del presidente Ikeda che condivide con i giovani in un libro scritto apposta per i giovani studenti in cui lui racconta dell'amore di Dante per Beatrice e che è stato per tutta la vita un amore platonico, un amore non corrisposto che però ha permesso a Dante veramente di tirare fuori tutto il suo potenziale e il presidente Ikeda descrive l'amore in questo modo, come una forza capace di farci crescere e sviluppare senza limiti. E quindi mi sono resa conto che in quel momento dipendeva da me decidere se farlo diventare questa forza capace di farmi sviluppare senza limiti questo amore, oppure se decidere di viverlo piangendo e chiudendomi a casa. All'inizio stavo sul divano a piangere e poi piano piano facendo Daimoku ho deciso di trasformarlo in questa forza. E anche da questo è nata la decisione il coraggio di riscrivermi a una a una scuola, insomma, così grande perché avevo 36 anni ma i miei compagni di studi ne avevano almeno dieci meno di me.
ELENA: Non ti spaventava l’idea di cominciare un percorso di studi abbastanza lungo a questa età?
VIOLA: Mi ci è voluto un po’ di coraggio per mettermi in discussione. E anche un grande sforzo per trovare i soldi per farlo. In realtà ognuno ha il suo tempo e ognuno ha vite diverse. A volte io vedo dei ragazzi, degli studenti che veramente lottano tantissimo, ma hanno anche altre priorità oltre allo studio o oltre il lavoro. A volte la vita ci mette di fronte a delle cose imprevedibili che dobbiamo affrontare e quindi veramente ognuno ha i suoi tempi e il suo modo soprattutto. Ecco mii ricordo che sì, ho affrontato tutto il corso di studi proprio cercando veramente di svilupparli il più possibile.
Per mantenersi durante gli studi, Viola lavora in un ristorante come cameriera. Gli sforzi sono tanti ma anche la determinazione è forte e così dopo due anni si diploma.
VIOLA: La cosa incredibile è stata che proprio in quel momento ho rincontrato una persona importantissima che tra l'altro è la persona con la quale ho scambiato il primo bacio nella mia vita. E dopo vent'anni che non ci vedevamo ci siamo innamorati di nuovo e stiamo vivendo questa bellissima storia adesso, meravigliosa. Ma la cosa più bella che mi ha colpito tantissimo, è che le prime volte in cui ci vedevamo io ero anche un po’ timorosa e mi ricordo che lui mi diceva “non siamo fortunati a vivere questa storia, ce la siamo costruita, ce la siamo meritata”, cioè quest'amore ce lo meritiamo. Questa cosa veramente mi ha colpito tantissimo perché io arrivavo dopo un periodo di grande costruzione, quindi sentirmelo dire proprio con le sue parole è stata un’emozione, enorme, una grande prova concreta per me.
Ma nell’estate successiva alla conclusione degli studi, Viola si trova di nuovo davanti a un punto morto e a fare la cameriera per sopravvivere. Riemerge allora la frustrazione, insieme al pensiero che tutti quegli sforzi fossero stati inutili. Adesso di anni ne aveva trentotto e nessuna esperienza lavorativa nel settore della grafica. Non poteva fare a meno di chiedersi chi avrebbe mai avrebbe potuto assumerla, con tutta la concorrenza mondo del design?
VIOLA: A un certo punto, proprio facendo Daimoku, mi sono resa conto che la difficoltà non era esterna a me, ma in realtà ero io ad avere profondamente paura di non essere all'altezza della strada che avevo intrapreso e questo in qualche modo mi impediva anche di vedere le possibilità che avevo intorn. C'è un principio buddista meraviglioso che si chiama esho funi, che spiega proprio come il nostro ambiente risponde, è un po’ come se fosse l'ombra di quello che noi abbiamo nel cuore e quello che abbiamo nel cuore fosse il corpo di quest'ombra. Quindi noi ci ostiniamo tanto a cambiare le cose al di fuori di noi, ma in realtà, partendo proprio dal nostro cuore, possiamo veramente raddrizzare anche l'ambiente intorno. Per fare questo a volte non basta la testa no, non basta la nostra convinzione, la nostra determinazione. Perché ci sono tante cose a livello profondo che interagiscono. Quindi il Daimoku è veramente quella cosa che ci dà accesso proprio a una saggezza che va molto più in profondità e che ci permette appunto di pulire anche i nostri sensi per vedere meglio la nostra vita, per pensare meglio anche nella nostra vita, per agire meglio.
ELENA: In che modo si è manifestata in concreto questa saggezza?
VIOLA: Da lì è iniziata proprio una bella battaglia di Daimoku e una battaglia anche diciamo nelle azioni. Quindi ho cominciato a mettere delle azioni quotidianamente. Mi ricordo che mi alzavo la mattina e facevo minimo 1 ora di Daimoku e mandavo i curriculum in pausa pranzo, facevo Daimoku e rimandavo curriculum. E così per mesi è andata avanti. Avrò mandato veramente boh, 50-100 curriculum al giorno. Però la cosa che mi colpiva è che non avevo mai neanche una risposta, neanche una, e quindi questa cosa a un certo punto ha cominciato proprio a scoraggiarmi tantissimo. Mi son proprio detta che dovevo assolutamente riuscire a sconfiggere questa mia debolezza interiore e assolutamente credere nel mio potenziale infinito, perché l'avevo sperimentato, sapevo che c'era e quindi decisi proprio di aprire ancora di più la mia vita e cominciai a fare Daimoku per riuscire a desiderare la felicità anche degli altri, anche di un'altra persona. Proprio in quei giorni mi trovai a parlare con la dog sitter della nostra cagnolina, che è una ragazza giovane di 26-27 anni, la quale stava molto male perché in quel momento non riusciva a trovare lavoro e l'unico lavoro al quale avrebbe veramente voluto mandare il curriculum in realtà richiedeva una laurea magistrale che lei però non aveva conseguito. In quel momento lì io ho sentito che essermi aperta con lei quel giorno non era un caso no e ho sentito veramente che potevo sostenerla, potevo fare qualcosa di concreto per la sua felicità. Quindi l'ho proprio incoraggiata tantissimo in quel momento e le ho parlato anche ovviamente del Buddismo e di tutto quello che il Buddismo mi ha insegnato, tanto che mi chiese di provare a fare Daimoku insieme ed è stata veramente una grandissima emozione. […] Da quel momento in poi ho iniziato a fare ancora di più. Sono andata personalmente a consegnare i curriculum a chiunque: li ho portati a delle case editrici e non mi hanno risposto, quindi li ho portati a delle librerie. Veramente tutto quello che poteva essere in qualche modo inerente al mondo della grafica e pur sapendo che insomma il mio desiderio sarebbe stato quello di lavorare in un'agenzia grafica anche per poter continuare a imparare. Solo che portare questi curriculum è stato un ostacolo dietro l'altro. Addirittura, la prima volta mi si bloccò la ruota della macchina. Mi sembrava proprio di sentire l'attrito che sente un aereo prima di decollare e questa cosa mi faceva vivere alti e bassi perché ci mettevo tanta determinazione, però poi mi scoraggiavo di fronte a tutte queste difficoltà. Insomma mi chiedevo “ma perché è tutto così difficile, perché è tutto così complicato?”
A questo punto viene da domandarsi: “Ma il Buddismo non dovrebbe insegnare il non attaccamento ai desideri? Non è forse il desiderio stesso la fonte della sofferenza?”
Gli insegnamenti di Nichiren Daishonin puntano alla trasformazione del desiderio, e non della sua eliminazione. Desideri e attaccamenti, in realtà, alimentano la strada verso l’Illuminazione. E questa è una grande differenza.
Il Buddismo distingue i benefici della pratica in “visibili” ed “invisibili”. Per esempio: nuovo lavoro, la vittoria su una malattia, un matrimonio felice e così via sono la parte visibile di un processo profondo, a volte doloroso, di presa di coscienza e trasformazione interiore. La maggior parte di noi vive in società mutevoli, stressanti, immersi in una quotidianità complicata, fatta di bisogni reali, e la prospettiva di annullare il desiderio e ritirarsi su un monte per meditare in solitudine è poco praticabile. Le sfide della vita e i desideri diventano uno stimolo molto più efficace verso la pratica buddista rispetto allo scopo astratto di “Illuminazione” realizzato attraverso il distacco da tutti i desideri e gli attaccamenti. Superare i problemi, realizzare obiettivi a lungo accarezzati: questa è la sostanza della vita d’ogni giorno, da cui ricaviamo un senso di realizzazione e felicità. E su questo punto non solo il Buddismo, ma anche tante altre discipline che si applicano alla crescita personale sono d’accordo. Ma l’esperienza di Viola e tutte le esperienze raccolte in questo podcast ci dicono anche qualcosa in più del modo in cui la pratica buddista “usa” i desideri. Quando si desidera fortemente qualcosa, questa motivazione può dare una tale intensità alla nostra pratica da portarci a una maturazione spirituale. Anche l’impulso più banale e illusorio può essere trasformato in qualcosa di più ampio e nobile. E questo avviene in maniera molto naturale se si pratica correttamente. Man mano che la pratica progredisce, i nostri desideri si allontanano dalla loro sfera di egocentrismo e si espandono, comprendendo la felicità delle nostre famiglie, degli amici, della comunità e, in definitiva, di tutto il mondo. La natura del desiderio così si trasforma profondamente e ci porta a un’espansione della nostra spiritualità. : da materiale diventa esigenza di vivere una vita spiritualmente più appagante.
VIOLA: A un certo punto continuando a sostenere questa ragazza mi ricordo che lei un giorno mi chiamò e mi disse, proprio subito dopo aver fatto Daimoku, che l'avevano assunta proprio per quel lavoro che riteneva impossibile e per me fu una gioia pazzesca. Insomma, attaccai e andai proprio a fare a recitare Daimoku per anche con questo senso di gratitudine e felicità per lei. E mi contattò una mia cara amica, mi scrisse che nella sua agenzia grafica di agenzia di pubblicità, una delle più importanti in Italia, qui a Firenze, dove lavorava da qualche anno, una ragazza stava andando in maternità e che quindi avrei potuto mandare il curriculum e io non me lo feci ripetere due volte. Quindi mandai subito il curriculum e però non ho ricevuto nessuna risposta.
Dopo venti giorni, ho cominciato a essere profondamente frustrata. Andai dal mio compagno e gli dissi “basta tanto ormai è chiaro che non mi hanno presa neanche lì. Quindi oggi andrò a portare il curriculum al ristorante sotto casa”. E ed è stato lui, pur non praticando, a dirmi: «.ci devi credere fino in fondo. Finché non saranno loro a dirti che non ti hanno presa, tu ci devi credere fino in fondo.» E a me questa cosa mi ha proprio colpito tantissimo e mi sono chiesta ma perché non riescono a credere in questa cosa fino in fondo? Non capivo perché non riuscissi a tirare fuori questa decisione assoluta: succeda quel che succeda questa cosa la realizzerò. Ogni scusa era buona per dirmi “no, non ce la farò”. Rimasi veramente molto colpita perché fu come se avesse messo luce sulla mia debolezza. […] Colsi questo messaggio e dissi: «ok, allora oggi faccio Daimoku fino a che non sento di aver vinto dentro il cuore su questa mia insicurezza, la mia paura, la mia rassegnazione. E facendo tanto Daimoku veramente è stato un istante, ho visto un pensiero, come se mi si fosse fermato davanti, materializzato davanti agli occhi. Questo pensiero mi diceva che non era giusto che io fossi felice, perché nel mondo stavano succedendo tante cose brutte. Perché nel mondo, proprio accanto a me, era scoppiata una guerra. In Ucraina e in Palestina le persone erano oppresse e sofferenti veramente oltre ogni limite. Nel Mediterraneo continuamente succedevano stragi e quindi sentivo che tutto sommato io avrei anche potuto farne a meno di questo lavoro. Che me ne sarei fatta della mia felicità sapendo che tutti gli altri stavano così intorno a me? Questo pensiero è una grandissima illusione.
Se pensiamo alla nostra vita, la tendenza è quella di pensarla come qualcosa di separato rispetto alla vita degli altri. Ci siamo noi da una parte e il resto del mondo dall’altra. Diventa perciò facile rassegnarsi e sentirsi sopraffatti dall’ambiente. Il pensiero di Viola va proprio in questa direzione. Il Buddismo invece afferma che tutti i fenomeni dell’universo sono profondamente interconnessi e legati da una reciproca relazione. È il principio dell’“origine dipendente”. Per capire meglio in che cosa consiste, i testi buddisti usano l’esempio della rete di Indra. È una rete dove a ogni nodo che la compone è collocato un gioiello. Ogni gioiello riflette la luce di tutti gli altri e la sua luce è a sua volta riflessa dagli altri gioielli. Si crea così un gioco di riflessi che rende questa rete immensamente luminosa e quando un gioiello si muove nella rete, anche gli altri sono influenzati da questo movimento. Ogni gioiello della rete umana e dei fenomeni è un’entità di Nam-myoho-renge-kyo. Ma per percepirci come un gioiello intrinsecamente collegato a tutti gli altri dobbiamo risvegliarci a questa consapevolezza.
VIOLA: Ho continuato a fare Daimoku, ricordandomi invece che tutti noi, sia gli esseri umani che l'ambiente che ci circonda, siamo interconnessi. Ognuno nella sua vita ognuno nella sua condizione ognuno con la sua sfida davanti per quanto piccola possa sembrare. Se noi manteniamo viva la speranza, manteniamo viva la fiducia, manteniamo alta la vita, questo non può non influenzare anche tutto il resto perché siamo legati. E quindi ho proprio pensato se io trasformo la mia piccola vita, il mio piccolo ambiente in una vita felice, in un ambiente felice, questa felicità si propaga come un'onda. Quindi questo è il contributo più grande. Vincere al lavoro, paradossalmente, è vincere sulla mia rassegnazione, sulla mia oscurità che fa parte di ogni essere umano. Ma se io vinco sulla mia oscurità, ho vinto su un pezzettino dell'oscurità di tutta l’umanità, per tutti. Lì ho sentito davvero il ruggito del leone nel cuore. Ho proprio sentito che non c'erano dubbi. Cioè, io avrei assolutamente vinto su questa rassegnazione interiore e l'avrei fatto proprio col Daimoku. In quel in quel momento! E quindi ho cominciato a recitare per la felicità di tutti e di tutte, ho sentito che non c'era limite. E è stato pazzesco perché ho finito questa recitazione, ho aperto la mail e c'era la convocazione al colloquio per questa agenzia. Era proprio cambiata la direzione del mio cuore. Non era più orientata alla perdita, ma era orientata proprio alla conquista ecco di questa cosa e quindi da quel momento cominciai a sentire che tutto mi sosteneva. Quel giorno ho sentito veramente che ogni cosa che facciamo quando la facciamo col cuore, quando la facciamo veramente con sincerità torna sempre indietro.
ELENA: Che cosa vuoi dire esattamente?
Il Buddismo parla di causa ed effetto. C'è questa legge di causa ed effetto che regola tutto l'universo ed effettivamente ogni nostro pensiero, parola, azione è una causa che mettiamo. Solo che certe volte è faticoso mettere delle cause buone. Noi certe volte vorremmo semplicemente pensare solo a noi stessi, ad esempio, oppure non prenderci fino in fondo le nostre responsabilità, oppure vorremmo scaricare le nostre rabbie sugli altri, come se questo non causasse poi qualcosa. Ecco, la rivoluzione umana, secondo quello che spiega il Buddismo, è proprio lo sforzo che una persona fa per riuscire a mettere le migliori cause possibili nella sua vita, ovvero le cause che creano maggior valore. Ogni volta che ho deciso di creare valore anziché distruzione, guardandomi indietro, ho visto che quell'azione lì è stata fondamentale per me per gli altri, anche a grande distanza nel tempo è come se si producesse un valore da quelle azioni che non si spegne mai, continua nella vita a emergere ed è bellissima questa cosa.
Dall’esperienza di Viola, che copre un arco di dieci anni, capisco che la solidità è qualcosa che si costruisce giorno per giorno. Che la saggezza e uno stato vitale alto sono il frutto di una pratica costante. Questa è la chiave per costruire un io forte, capace di resistere agli otto venti – come dicevamo prima – e di raccogliere i frutti di ciò che si è seminato anche dopo molto tempo.
VIOLA: Quest'anno sono stata assunta da questa agenzia a tempo indeterminato; quindi, è stata veramente una vittoria incredibile. E ovviamente il mio desiderio come Viola è quello di costruire una famiglia armoniosa e di valore e di continuare a crescere e migliorarmi comunque sempre come illustratrice, come grafica, perché sento di avere ancora tantissimo da imparare. Però qualsiasi ruolo io ricopra nella mia vita, quello che desidero è contribuire alla realizzazione della visione del presidente Ikeda del mondo. Che sempre più persone possano imparare a credere nel loro infinito potenziale e veramente vincere su se stesse sempre di più.
Come afferma Daisaku Ikeda: «Credo nell’esistenza di un altro tipo di desiderio umano: io lo chiamo il desiderio fondamentale, e credo che sia la forza che sospinge attivamente tutti gli altri desideri umani nella direzione della creatività. È la fonte di tutte le energie motrici intrinseche alla vita; essa rappresenta anche il desiderio di unire la propria vita alla vita dell’universo e a trarre da esso l’energia vitale».
“La fragranza interna otterrà protezione esterna”, questo principio buddista afferma che quando la nostra natura di Budda emerge dall’interno, attiva anche la natura di Budda nella vita degli altri. Trasformando il nostro cuore possiamo trasformare qualsiasi aspetto della nostra vita e creare valore a partire dalla situazione che stiamo vivendo. Io sono Elena Cavallone e vi do appuntamento alla prossima puntata di “Fragranze”, un podcast a cura della redazione di Nuovo Rinascimento. Per non perdere gli episodi di questo podcast iscrivetevi al canale di Nuovo Rinascimento su Spotify, Apple Podcast e Soundcloud.
A presto e fate sentire la vostra fragranza!