Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione · Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione ·Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·

925  | 
29 luglio 2025

Il Tribunale di Firenze condanna AIVS: “L’Istituto Buddista non è una setta ma un ente religioso riconosciuto dallo Stato”

immagine di copertina


Con una sentenza depositata il 16 giugno 2025, il Tribunale di Firenze ha accolto le istanze del nostro Istituto all’esito di una lunga vicenda giudiziaria avviata contro l’Associazione Italiana Vittime delle Sette (AIVS) per avere quest’ultima più volte utilizzato espressioni altamente lesive del nome, dell’immagine e della reputazione dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai e dei suoi appartenenti.
A fronte di tali reiterati attacchi, l’Istituto si è dunque rivolto al Tribunale di Firenze il quale, all’esito del giudizio, ha ritenuto AIVS responsabile di aver diffuso contenuti offensivi nei confronti dell’Istituto e dei suoi membri in quanto «privi del requisito della verità nonché della continenza espositiva» e «altamente denigratori».

Gli attacchi rivolti da AIVS nei confronti dell’Istituto sono stati, inoltre, definiti dal Tribunale come «gratuiti, privi di riscontro, ampiamente smentiti e infarciti di espressioni offensive» e «un’ingiustificata e offensiva aggressione alla reputazione di parte ricorrente trasbordante il limite della continenza per sfociare nella diffusione di sentimenti di odio e disprezzo».

Il caso era nato dopo la pubblicazione online di numerosi post, articoli e video contenenti accuse gravi. Nel corso degli ultimi anni, due esponenti dell’AIVS avevano, infatti, sferrato ripetuti attacchi contro l’Istituto e la Soka Gakkai in generale, utilizzando epiteti, frasi e giudizi fortemente diffamatori, anche nei confronti dei suoi fedeli, arrivando a definire l’organizzazione come “la setta più potente, ricca e pericolosa del mondo”.

Nel giugno 2023 l’Istituto ha promosso un giudizio con cui chiedeva la rimozione dei contenuti offensivi e il risarcimento del danno non patrimoniale subìto per la compromissione della propria immagine. All’esito del procedimento, il Tribunale ha riconosciuto le ragioni dell’Istituto, ritenendo che le affermazioni diffuse dall’AIVS fossero «idonee a costituire un'offesa alla reputazione di IBISG», in quanto «prive dei requisiti di verità e continenza espositiva»; inoltre, ha riconosciuto che alla pubblicazione di video da parte dell’AIVS in cui si incitava a bruciare l’oggetto di culto dell’Istituto «dovrebbe conferirsi una valenza ulteriormente denigratoria dell’Istituto Buddista» rispetto al reato di offesa a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone.

Tra i passaggi centrali della sentenza viene smentita l’affermazione secondo cui la legge di Intesa tra lo Stato italiano e l’Istituto sarebbe stata approvata in modo anomalo grazie a un intervento politico diretto. In questo senso, il Tribunale ha riconosciuto che: «L'Istituto aveva iniziato le interlocuzioni dirette all’Intesa già nel 2001 e la legge, firmata nel 2015 e approvata nel 2016, fu definita un “atto dovuto” dopo sedici anni di attesa e votata in Parlamento all'unanimità». Allo stesso modo infondata è risultata la presunta mancanza di trasparenza nella gestione dei fondi dell’otto per mille: «L'affermazione sull'assenza di rendicontazione dell’otto per mille è stata smentita dalla documentazione fornita da IBISG».

La parte più rilevante della sentenza riguarda la dichiarazione circa l’effettiva natura dell’Istituto. Il Tribunale stabilisce infatti che: «L’Istituto Buddista non è una setta ma un ente religioso riconosciuto dallo Stato», aggiungendo che «il termine "setta" ha una indubbia connotazione negativa e che già di per sé è offensivo della reputazione di un Istituto religioso – riconosciuto tale con legge dello Stato Italiano – poiché rimanda all’utilizzo di metodi coercitivi e di condizionamento psicologico». 

La sentenza – contro la quale non si può più ricorrere in appello – rigetta anche la linea difensiva dell’AIVS, secondo cui i contenuti incriminati sarebbero semplicemente riprese di opinioni altrui. Il Tribunale precisa, infatti, che: «Anche se così fosse, difetterebbe il controllo da parte di AIVS sulla veridicità di quanto appreso – così che ciò che viene divulgato rappresenterebbe una critica all’Istituto senza riscontro di quanto altrove appreso o da altri narrato e in ogni modo mancherebbe sempre il requisito della continenza espositiva visti gli attacchi gratuiti, offensivi, denigratori e sprezzanti rivolti all’Istituto».

Il Tribunale di Firenze ha condannato AIVS e i suoi esponenti a un risarcimento economico, «a pubblicare a loro spese l’intera sentenza sulla pagina Facebook di AIVS nonché ad eliminare le pubblicazioni diffamatorie». Con questa importante decisione, viene posto un chiaro limite agli attacchi ricevuti dall’Istituto, riaffermando il perimetro giuridico entro il quale possono essere esercitati la libertà di espressione e il diritto di critica.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata