Il mio viaggio con il pianoforte è iniziato settantasei anni fa, quando avevo sette anni: l’inizio di un coinvolgimento con la musica che ha plasmato per sempre la mia visione del mondo. A 14 anni ho iniziato a interessarmi al jazz, e a 23 anni la mia carriera e la mia vita hanno subito una grande svolta, quando ho avuto l’onore di entrare a far parte del Miles Davis Quintet.
Suonare insieme a Miles, con cui non avrei mai sognato di poter lavorare, è stato fondamentale. I giorni trascorsi con lui sono stati un susseguirsi di opportunità uniche.
Una sera sul palco ho suonato un accordo sbagliato; pensai di avere semplicemente distrutto quella grande serata. Invece Miles tirò un grande respiro, suonò alcune note e trasformò in magia il mio “errore”. Quel momento mi ha insegnato le infinite possibilità della musica.
Abbiamo perso Miles nel 1990. Era più di un compagno di band: era il mio maestro nella musica.
Il 15 novembre 2023 ho perso il mio maestro di vita, Daisaku Ikeda, che si è spento a 95 anni.
Nella prefazione del suo romanzo La rivoluzione umana, Ikeda ha espresso il principio secondo cui il cambiamento interiore di un singolo individuo può trasformare il destino di una famiglia, di una comunità intera e persino di una nazione. Ikeda è stato un faro di speranza e, come la musica di Miles Davis, continua a essere una fonte di ispirazione per me e per il mondo intero.
Gli insegnamenti di Ikeda, il modo caloroso e l’umanità con cui interagiva con le persone facevano emergere il valore intrinseco di ogni individuo. È stato un uomo che ha veramente messo in pratica gli ideali del Buddismo e della compassione.
Egli sosteneva che ogni persona ha una missione unica che è parte integrante del grande arazzo della vita. Questa filosofia mi ha trasmesso la convinzione che ogni singola esistenza è insostituibile all’interno della nostra comune appartenenza a un’unica grande famiglia umana. Ciascun individuo ha una missione che solo lui può compiere. Ogni missione è un pezzo fondamentale del puzzle della vita, e questo è il motivo per cui viviamo. Nessuno di noi è sostituibile.
Ikeda affermava che la sofferenza è un aspetto della vita a cui nessuno può sfuggire, ma al tempo stesso ci ha trasmesso la certezza che con una fede forte ognuno può trasformare le proprie circostanze, imparare dalle proprie lotte, “trasformare il veleno in medicina” e condurre una vita felice.
Alcuni pensano che ci siano due tipi di persone: buone e cattive. La verità è che tutte le persone hanno il potenziale per essere sia “buone” che “cattive”. Il lato buono può venire corrotto dall’avidità, dall’ego, dalla gelosia o da altri fattori. Il lato cattivo può essere trasformato positivamente da fattori esterni o interni.
Praticando il Buddismo da oltre cinquant’anni, ho imparato che non esistono “accordi sbagliati” nella vita. Un giorno, mentre recitavo Daimoku, pensando alla mia vita, alla mia famiglia e alla mia carriera musicale, improvvisamente ho capito che per mia moglie ero più di un musicista, ero suo marito, e per mia figlia ero suo padre. Sono un figlio per i miei genitori, un vicino per i miei amici della porta accanto. Essere un musicista è solo una di queste identità. Mi sono reso conto che mi ero messo in una gabbia definendomi un “musicista”. Questa consapevolezza ha fatto cadere tutti i muri, le barriere che ostacolavano una piena realizzazione di me stesso. Ciò che faccio è suonare musica. Ciò che sono è, prima di tutto, un essere umano.
In un dialogo che abbiamo condotto con il maestro Ikeda e il mio caro amico scomparso Wayne Shorter, Ikeda affermato che
«la pace si diffonde quando fiorisce una cultura che ha fede nella bontà degli esseri umani e cerca di farli crescere» (Storie di vita, jazz e buddismo, Esperia, pag. 98)