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11 marzo 2024

Giovani europei, protagonisti di solidarietà e accoglienza

Mercoledì 6 marzo presso il Parlamento europeo si è tenuto l’incontro a Europe Of Rights, organizzato dal Comitato Tre Ottobre con il sostegno dei fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai per parlare delle migliaia di vittime del Mediterraneo ancora non identificate, di cosa si può fare e cosa si sta già facendo concretamente per cambiare le cose

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Oltre quattrocento studenti, studentesse e docenti italiani ed europei hanno partecipato a un evento tenutosi al Parlamento europeo nell’ambito del progetto “A Europe of Rights”, sostenuto dai fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai.
Dopo l’esperienza di partecipazione attiva dell’ottobre 2023 alla decima Giornata della Memoria e dell’Accoglienza che si è tenuta a Lampedusa, la conferenza di Bruxelles ha permesso ai giovani protagonisti di approfondire la tematica del riconoscimento delle persone vittime dei naufragi in quanto diritto umano fondamentale da difendere e rispettare.
Prima della conferenza si è tenuto un flashmob davanti al Parlamento Europeo con l’obiettivo di sensibilizzare le istituzioni comunitarie — in particolare i prossimi Europarlamentari in vista delle Elezioni europee — sulla necessità di salvaguardare la vita delle persone che migrano nel nostro continente.

L’incontro è stato aperto dalla moderatrice Susan Dubbois, media officer di Caritas Europa, che ha introdotto i saluti di Maria Domenica Castellone, vicepresidente del Senato della Repubblica Italiana: «È importante interrogarci su quale sia l’Europa che vogliamo» ha affermato, per poi aggiungere: «Sogno un’Europa accogliente, e riconoscere e dare un nome alle vittime della migrazione è un atto di umanità. Negli ultimi dieci anni sono morte oltre trentamila persone nel Mediterraneo, di cui la maggior parte non ha un nome o un volto. È necessario che l’Europa dia un nome a quei sogni e a quelle speranze infrante, spesso di bambini e ragazzi che sognavano di raggiungere il nostro Paese e non ci sono mai arrivate. Su questi temi la società è più avanti della politica. Sono al vostro fianco e vi auguro buon lavoro».

Si sono susseguiti poi i saluti di Domenec Ruiz Devesa, europarlamentare e presidente dell’Unione dei federalisti europei, che ha sottolineato la necessità da parte dei politici di essere coraggiosi e di sviluppare una narrativa positiva del fenomeno migratorio alternativa a quella attuale, mettendo in rilievo la grande contraddizione attualmente esistente in Europa che vede da una parte la necessità di contrastare problemi urgenti come il declino demografico, la lenta morte delle campagne e del mondo rurale, e innumerevoli altre questioni che dall’altra rendono la creazione di un’“Europa fortezza” un controsenso a livello non solo morale ma anche politico.

A seguire, Daniela Di Capua, in rappresentanza dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, ha sottolineato che la scelta di un tale progetto si basa sul valore del rispetto della dignità della vita, e in tal senso il tema delle migrazioni forzate rappresenta la necessità di proteggere la vita in ogni suo aspetto. «Per noi ha un grande significato vedere come un progetto del genere, a partire da valori comuni, stia mettendo in campo azioni quotidiane piccole ma costanti, capaci però di aprire dei solchi – ha affermato – e che tali solchi rimangano aperti per condurre a un cambiamento reale e a un dialogo pacifico, non violento tra le persone».
La tavola rotonda ha visto dialogare interlocutori di spessore quali Danilo De Angelis, professore associato di Medicina forense dell’Università degli Studi di Milano-LabAnOF, Pietro Bartolo, vicepresidente della Commissione LiBE del Parlamento Europeo, Maria Angela Danzi, europarlamentare, membro della Commissione on Environment, Public Health and Food Safety (ENVI), e Andreas Kleiser, direttore politiche e cooperazione dell’International Commission on Missing Persons (ICMP).
Hanno concluso la conferenza i commoventi racconti di Adal Neguse Wedafrash, che ha vissuto in prima persona il naufragio del 3 ottobre 2013 e Wahid Yousef, medico e sopravvissuto al naufragio dell’11 ottobre 2013. «Grazie a chi ha reso possibile questa giornata – ha affermato Adal – Mio fratello è morto durante la tragedia del 3 ottobre ed era il numero 339. Per noi non è un numero, però, si chiama Abraham. Oggi, dieci anni dopo, la maggior parte delle vittime sono state identificate e il loro nome è sulla loro tomba. Dobbiamo ricordarci che queste persone avevano pelle e carne, avevano un nome, un’identità, erano madre, padre o figlio di qualcuno, avevano delle persone amate a cui mancano tantissimo. Nella nostra cultura è importante sapere che abbiamo lasciato qualcuno, non possiamo processare il lutto senza avere una risposta. Oggi molte famiglie non hanno questa possibilità. Mia madre dice che è fortunata a sapere dove è seppellito suo figlio, si considera fortunata solo per averlo potuto identificare anche se lo ha perso. Penso che ad altre famiglie debba essere data questa possibilità».
Tareke Brhane, presidente del Comitato Tre Ottobre, ha infine salutato e ringraziato i partecipanti, in particolare i giovani, per il loro impegno instancabile.

Il progetto “A Europe of Rights” vuole contribuire a sviluppare una cultura di solidarietà, accoglienza e dialogo, fondata sul pieno e consapevole rispetto dei diritti umani. Il suo scopo è quello di offrire alle nuove generazioni opportunità di riflessione e approfondimento su temi quali l’accoglienza, la memoria, le migrazioni, l’integrazione culturale, al fine di stimolarle a diventare agenti di cambiamento duraturo attraverso il dialogo, la condivisione e lo scambio di buone prassi.

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