Lunedì 23 gennaio, Roma. In occasione delle celebrazioni per la Giornata della memoria (27 gennaio), l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, in collaborazione con la Fondazione Museo della Shoah, ha organizzato al Teatro dell’Opera di Roma un evento speciale intitolato "Giorno della memoria 2023".
Erano presenti diversi esponenti delle principali confessioni religiose, tra cui il presidente dell’IBISG Alberto Aprea, insieme a rappresentanti delle forze dell’ordine e dello spettacolo. E soprattutto, le balconate erano gremite di giovani di diverse scuole della capitale.
A fare gli onori di casa il sovrintendente del Teatro dell’Opera Francesco Giambrone che ha dato il benvenuto sottolineando l’importanza che il teatro dedichi uno spazio non solo all’arte, allo svago, ma anche alla memoria: «I teatri sono luoghi dove si riflette» ha affermato.
In seguito ha preso la parola Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità Ebraiche, che nel sottolineare quanto sia importante non dimenticare, ha affermato: «L’oblio è un grande pericolo». Ha poi continuato, riferendosi al Teatro dell’Opera che ha accolto l’evento: «Ci sono grandi istituzioni che non dimenticano… La cultura può e deve assumersi la responsabilità di educare, di ricordare… l’impegno della cultura è di essere a servizio della libertà… i diritti che sono stati negati non saranno mai più ripristinati».
Infine è intervenuto Mario Venezia, presidente della Fondazione Museo della Shoah che ha prodotto il Docufilm presentato in anteprima, Il respiro di Shlomo, scritto dallo storico Marcello Pezzetti e diretto da Ruggero Gabbai. Il film è la narrazione di ciò che ha vissuto Shlomo Venezia (1923 – 2012), testimone della Shoah tra i più attivi nel racconto della drammatica esperienza vissuta ad Auschwitz dove, deportato con sua madre e i fratelli, fu assegnato al “Sonderkommando” per poi sopravvivere alla “marcia della morte” da Birkenau a Mauthausen nel gennaio del ‘45 e all’imprigionamento nei campi di Melk ed Ebensee.
Esprimendo la sua gioia per la grande partecipazione dei giovani, Mario Venezia ha sottolineato l’importanza dell’amicizia e dell’impegno per riparare allo sterminio di una società: «La memoria non è nostalgia… Noi non arretreremo mai, le parole di odio noi le respingiamo».
Ha inoltre espresso la speranza che la Shoah non sia dimenticata: «Siete voi ragazzi che dovete accogliere il testimone della memoria», ha detto con passione.
Il programma prevedeva inoltre alcuni interventi musicali eseguiti con il “violino di Auschwitz” appartenuto al musicista polacco Jan Hillebrand.
I violinisti Vincenzo Bolognese e Koram Jablonko hanno suonato il violino di Hillebrand che faceva parte della cosiddetta “orchestra di Auschwitz”. I tedeschi costringevano i musicisti ebrei a suonare sia per intrattenere i soldati sia per distrarre o farsi beffe dei deportati che venivano accolti con marcette festanti o musiche tradizionali dei paesi di provenienza. Per mitigare scene di panico suonavano ogni genere di musica, popolare, da camera, jazz… Sono state composte moltissime opere musicali con strumenti forniti dall’amministrazione del lager.
Come è stato affermato a conclusione dell’evento, l’arte e la bellezza nascono anche nell’orrore e lo spirito umano sopravvive alla barbarie.