“Just justice”: uniti da queste parole la delegazione della rete della società civile C7 ha scandito uno slogan semplice e impegnativo; il G7 può essere parte del problema o parte della soluzione. Le voci degli attivisti e delle attiviste hanno così animato la piazza centrale del Media Center internazionale di Bari per portare le istanze della società civile e sottolineare il ruolo di guida nella transizione verso un mondo a zero emissioni e a una società giusta che spetta ai paesi più ricchi riuniti nel G7.
In questo anno di presidenza italiana del G7, Cambio io cambia il mondo - il progetto dedicato alla crisi climatica promosso dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai - ha avuto l’occasione di partecipare ai lavori di C7, uno dei gruppi di coinvolgimento ufficiali della società civile, forte di oltre 700 associazioni da tutto il mondo. «Abbiamo così avuto modo di condividere il nostro punto di vista centrato sulle azioni che ogni persona può fare per affrontare la crisi climatica a partire dalla propria trasformazione personale. Quella climatica è una questione talmente urgente ed esistenziale da chiamarci in causa tutti, con un impegno personale fatto di consapevolezza e di azioni anche piccole, nutrito dalla speranza e dalla convinzione che siamo perfettamente in grado di fermare il riscaldamento globale con decisioni coraggiose e tempestive» ha affermato Stella Bianchi, direttrice esecutiva della campagna Cambio io, cambia il mondo.
Il comunicato finale del G7 va certamente nella giusta direzione. Sono stati ribaditi gli impegni già assunti nella riunione ministeriale su clima, ambiente ed energia di Torino di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5 gradi rispetto al periodo precedente alla rivoluzione industriale e quindi azzerare le emissioni nette di gas serra al più tardi al 2050. È stato rimarcato l’impegno a uscire dai combustibili fossili e a triplicare l’energia prodotta da fonti rinnovabili come stabilito nella Cop28 a Dubai.
Nel comunicato finale del G7 manca però ancora la definizione di un piano preciso con tappe stringenti e ben delineate per l’uscita dai combustibili fossili e per accelerare la transizione verso le energie rinnovabili. Rimane ancora la porta aperta ad investimenti sul gas che non sono più accettabili. Manca un chiaro e forte impegno sulla finanza climatica per sostenere la transizione dei paesi in via di sviluppo, per proteggere la biodiversità, per realizzare insieme giustizia sociale e ambientale.
A ben guardare le diseguaglianze così profonde, i diritti umani violati, le minacce al pianeta, la pace globale così fragile rendono necessaria una “nuova agenda per la pace” che assicuri un futuro di diritti e di sviluppo sociale e personale per ognuno e ognuna con un investimento necessario nella costruzione di fiducia, solidarietà, universalità e disarmo globale. Ciò che è urgente e necessario è insomma una “giustizia giusta”, “solo giustizia”. “Just justice” appunto.