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1 agosto 2019

Esiste una chiave per la felicità?

immagine di copertina

Alla base del Buddismo di Nichiren Daishonin c’è il desiderio di aprire la strada verso la felicità a tutte le persone.
La Soka Gakkai è nata con lo scopo di realizzare la pace, promuovendo gli ideali umanistici del Buddismo.
Con la speranza di offrire una prospettiva positiva per realizzare un concreto miglioramento della vita, proponiamo un’introduzione ad alcuni dei princìpi cardine della pratica buddista, oltre a tre esperienze di persone che hanno trasformato la loro vita mettendo in pratica il Buddismo.
I testi proposti in questo speciale sono tratti da una serie di lezioni di Daisaku Ikeda dedicate a coloro che iniziano a praticare il Buddismo.
Ad eccezione del primo brano, già pubblicato nel libro Gli eterni insegnamenti, edito da Esperia, gli altri saranno pubblicati prossimamente su Buddismo e società, la rivista di studio della Soka Gakkai italiana

Indice dei contenuti

  • Il potere di Nam-myoho-renge-kyo
  • Primi passi con il Buddismo, esperienza di Francesco
  • Cos’è la rivoluzione umana?
  • Oltre ogni paura, esperienza di Valeria
  • Felicità per sé e per gli altri
  • La relazione tra maestro e discepolo
  • Con il desiderio di aiutare altri giovani, esperienza di Virginia e Gherardo
  • La missione della Soka Gakkai

Il potere di Nam-myoho-renge-kyo

«È possibile raggiungere la Buddità solo recitando Nam-myoho-renge-kyo?». Daisaku Ikeda spiega l’essenza del Buddismo di Nichiren Daishonin

Un quesito di fondamentale importanza
L’aspirazione a una vita realmente felice accomuna gli esseri umani e tutti vorrebbero giungere al momento della morte con un senso di piena realizzazione.
Solo alcuni, tuttavia, vedono soddisfatto questo desiderio. Come fare perché ciò non rimanga appannaggio di pochi?
Una donna, discepola di Nichiren Daishonin, pose in modo semplice e diretto un quesito di fondamentale importanza: «È possibile raggiungere la Buddità solo recitando Nammyoho-renge-kyo?».
La Buddità è una condizione suprema in cui sia la vita sia la morte sono fonte di gioia, e la donna voleva capire se sia davvero possibile ottenere uno stato vitale così elevato con la semplice recitazione del Daimoku (Nammyoho-renge-kyo).
Il Daishonin assicura che chi pratica la Legge mistica consegue la Buddità nella forma presente, ovvero in questa esistenza.
Ognuno di noi è in grado di risplendere come un Budda senza dover mutare la propria identità. Questo processo è chiamato “rivoluzione umana”.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima ed esprimono la vita dell’individuo nella sua totalità, così come la semplice formula E=mc2 esprime l’immensa energia di un’esplosione nucleare. Queste sono forse solo delle analogie, ma la singola frase Nam-myoho-renge-kyo è realmente la chiave che consente di sprigionare l’energia senza limiti insita nella nostra vita.

Una macchina per“produrre”felicità
Il maestro Josei Toda una volta sottolineò che il Gohonzon è veramente grande, ma proprio perché è così semplice la gente non lo capisce. Poiché la Legge è profonda, la sua pratica è semplice.
È simile a ciò che avviene con la tecnologia la quale, man mano che progredisce, tende a elaborare macchinari di uso molto semplice. Toda arrivò a paragonare il Gohonzon a una “macchina che fabbrica la felicità”.
Per accenderla basta recitare Daimoku per sé e per gli altri.
Si può dire che il Daishonin abbia ridotto l’intero insegnamento buddista a una semplicità essenziale proprio perché aveva a cuore tutta l’umanità. Può apparire fin troppo elementare, eppure, anche quando fu inventata la televisione le persone si meravigliavano di fronte a un apparecchio tanto utile e allo stesso tempo così facile da maneggiare. Ma ora che è entrato a far parte della quotidianità, nessuno si sogna più di considerarlo un mistero. Lo stesso avverrà per la Legge mistica quando la sua propagazione nel mondo diverrà una realtà.

Una pratica accessibile a tutti
Il Buddismo è un esauriente compendio di saggezza per la felicità dell’essere umano: la sua essenza è il Daimoku del Sutra del Loto, ovvero Nam-myoho-renge-kyo.
La recitazione del Daimoku è accessibile a tutti, può essere svolta in qualunque momento e in qualunque luogo. Si tratta allo stesso tempo di una pratica molto raffinata, ma semplice. È davvero un insegnamento «facile da abbracciare e facile da praticare» (RSND, 1, 821), il perfetto insegnamento buddista per il ventunesimo secolo e i successivi.
Il maestro Toda, con il suo consueto sorriso, era solito fare questo esempio: «Se in un grande ospedale avessero messo a punto una terapia da farsi per un’ora al giorno, che permettesse di stare veramente bene sia nel corpo sia nello spirito, senza dubbio la gente accorrerebbe in massa a dispetto del costo e dell’eventuale lunga attesa. Noi possiamo prendere questa medicina, la medicina del Daimoku, comodamente seduti a casa nostra. Se qualcuno continua a lamentarsi e non decide di praticare, è uno spreco!».
La pratica del Daimoku manifesta il desiderio del Budda di condurre tutti alla felicità: infatti una pratica adatta solo a pochi sarebbe contraria allo spirito del Buddismo.

La preghiera basata sulla Legge mistica
Il Daimoku è come il fuoco.
Quando bruciate la legna delle illusioni e dei desideri, il fuoco della felicità – cioè dell’Illuminazione – risplende ancora più vivo.
Le sofferenze non sono altro che la materia prima per costruire la felicità.
Certo, per chi non ha fede nella Legge mistica la sofferenza resta sofferenza, ma per chi possiede una forte fede la sofferenza ha la precisa funzione di farci diventare ancora più felici. Chi ha vissuto per tanto tempo nell’infelicità forse ha acquisito la tendenza a rassegnarsi, ma grazie alla Legge mistica potrà reagire alla sconfitta.
Proprio quando ci imbattiamo in situazioni che richiedono una sfida abbiamo bisogno della preghiera. La chiave sta nel pregare intensamente e nell’agire fino a quando non si produce un risultato.
Pregare vuol dire dialogare con l’universo: la preghiera è una lotta per espandere la vita.
La preghiera non è una debole consolazione, ma una convinzione forte e possente, che si traduce in azione. Dunque, la preghiera diventa manifesta nell’azione e l’azione deve essere sostenuta dalla preghiera.
Bisogna coltivare una grande fiducia e vivere con speranza. Quando siamo sorretti dalla speranza, possiamo osservare con serenità ciò che prima era un tormento.
È come se il Buddismo stesse facendo un appello a tutti gli esseri umani: «Viviamo con speranza! Eternamente!».

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Nichiren Daishonin
(1222-1282)

Vissuto in un periodo di forti tensioni sia a livello sociale che religioso, Nichiren Daishonin studiò approfonditamente l’intero corpo degli insegnamenti buddisti per stabilire una pratica che fosse accessibile a tutti e potesse risolvere le sofferenze degli esseri umani.
Tra tutti i testi buddisti, individuò nel Sutra del Loto l’insegnamento più importante e istituì la recitazione di Nammyoho-renge-kyo, la Legge fondamentale della vita e dell’universo, come pratica per conseguire la Buddità.
Materializzò questa Legge nel Gohonzon, l’oggetto di culto davanti al quale si recita Nam-myoho-renge-kyo.


STORIE DI RIVOLUZIONE UMANA

Primi passi con il Buddismo

Grazie alla pratica buddista Francesco dà il via a una profonda trasformazione della sua vita

Ero l’ultimo cliente della giornata e Paolo, il mio parrucchiere, iniziò a parlarmi di Buddismo con molta tranquillità.
Stavo passando un brutto momento: frequentavo Giurisprudenza ma non riuscivo a superare un esame, per quanto studiassi ero già stato bocciato una quindicina di volte! Scoraggiato, stavo scivolando nell’indolenza, dopo diciassette anni avevo smesso di giocare a calcio e persino uscire con gli amici era diventato faticoso. Andai alla prima riunione buddista per curiosità e provai a recitare Nam-myoho-renge-kyo. Si avvicinava un altro appello, ero certo che sarei stato bocciato e invece, incredibilmente, fui promosso! Fu una grande soddisfazione, tanto che decisi di continuare a praticare il Buddismo. Uscivo dalle riunioni pieno di energia e in poco tempo ritornai a correre e a giocare a calcio, provando finalmente gioia e non fatica. Non solo: da gennaio a febbraio passai tutti gli esami che mi rimanevano e cominciai a dedicarmi alla tesi.
Tuttavia non sempre si ha la costanza e la forza di proseguire a praticare: a marzo smisi perché mi sembrava di essere felice anche senza quello strumento che mi aveva restituito la vita, e mi ripetevo: “Io sono sereno così”. Ovviamente, in poco tempo le vecchie tendenze tornarono fuori. Il professore che avevo scelto per la tesi non mi faceva proseguire e la salute di mia nonna peggiorò drasticamente. Mi sentivo schiacciato dai problemi e decisi di riaffidarmi alla pratica buddista, come un bambino disubbidiente che capisce di essersi sbagliato. Dopo aver recitato molto Daimoku mi resi conto che ero io stesso a rendere i miei problemi degli ostacoli insormontabili, e sentii nascere una grande determinazione.
Pensavo al fiore di loto che pur crescendo dal fango rimane puro, senza farsi contaminare. Intanto il professore mi comunicò che aveva avuto un nuovo incarico e a me sarebbe stato assegnato un nuovo relatore; mi disse anche che lui ci avrebbe messo una buona parola. Scrissi al nuovo professore, che però non rispose mai alle mie mail.
Optai per un altro docente che accettò di buon grado. Andai a recuperare la copia cartacea della tesi e dentro ci trovai un bigliettino firmato dal primo docente che diceva: «Caro professore, questa tesi è al limite dell'inammissibilità, chiamami e ti spiego i dettagli».
Altro che “buona parola”!
Lo sconforto fu tanto, tuttavia non mi arresi e consegnai la tesi al nuovo professore.
Recitai molto Daimoku per continuare a credere in me stesso e affinché tutto andasse al meglio. Mi sono laureato con il massimo punteggio in sede di laurea. Subito dopo ho ricevuto il Gohonzon.
Nel frattempo sono stato contattato da una società che lavora nell’ambito dell’argomento della mia tesi, e il giorno dopo aver ricevuto il Gohonzon ho iniziato a lavorare!
Se mi confronto con la persona che ero poco più di un anno fa mi sembra di essere rinato. Ma la mia ambizione non finisce qui: voglio continuare a migliorare, rivoluzionare la mia vita e soprattutto trasmettere agli altri i valori del Buddismo facendo di kosen-rufu un obiettivo certo nella mia vita.


Cos’è la rivoluzione umana?

Il Buddismo del Daishonin è un insegnamento volto alla trasformazione della realtà. Il cambiamento della propria vita e della società si basa su un processo di trasformazione interiore chiamato “rivoluzione umana”

Tutto ciò che accade nella società è opera degli esseri umani.
Per tale ragione, anche se può sembrare una strada indiretta, qualsiasi iniziativa che miri a costruire un futuro migliore deve iniziare da un cambiamento negli esseri umani.
Tutte le cose, compresa la realizzazione della pace nel mondo e la felicità dell’umanità, hanno inizio dalle persone e finiscono con le persone.
Potremmo dire che le strutture complicate e monolitiche della società contemporanea indeboliscono il potere del singolo e ciò può produrre un senso di impotenza, distruggere l’autostima e la fiducia in se stessi, facendoci sentire che non valiamo nulla e che la vita non ha significato. Tuttavia, prendendo coscienza della nostra dignità, e trovando dentro di noi un senso di motivazione e di fierezza, possiamo far sgorgare un coraggio invincibile in grado di affrontare qualsiasi difficoltà indipendentemente dalle circostanze esterne.
Il modo in cui percepiamo la nostra vita è anche il modo in cui percepiamo la vita degli altri. Quando siamo consci della nostra dignità riconosciamo anche quella degli altri e il valore della loro vita.

Trasformare il karma in missione
Il Buddismo di Nichiren Daishonin non è una religione che ricerca la felicità in qualche altro luogo lontano da noi. È un insegnamento che ci aiuta a far emergere uno stato vitale puro e incontaminato capace di resistere a qualsiasi difficoltà si possa incontrare in mezzo alle dure realtà del mondo e di costruire una felicità indistruttibile, proprio come il fiore di loto che cresce dal fango.
Quando ci troviamo di fonte a una difficoltà la nostra tendenza è chiederci perché sta accadendo proprio a noi, rimanendo così intrappolati nella sofferenza che proviamo in quell’istante.
Tuttavia, se ci limitiamo a vedere i nostri problemi o sofferenze come il risultato del karma che abbiamo creato in precedenza, stiamo assumendo un approccio rivolto al passato. Invece, dovremmo rivedere il nostro atteggiamento e considerare i problemi come qualcosa che ci permette di realizzare la nostra missione.
Quando ci risvegliamo alla nostra missione diventiamo infinitamente forti.
Non solo riusciamo a superare i problemi personali, ma la nostra storia vittoriosa traccerà anche una strada per aiutare molte altre persone a diventare felici.
Quando adottiamo questo modo di pensare, i nostri cuori, che prima erano avvolti dall’oscurità della sofferenza, si colmano della luce della speranza e del coraggio.
Il nostro stato vitale si espande immensamente, smettiamo di concentrarci unicamente sulla vittoria personale e ci preoccupiamo maggiormente di aiutare anche gli altri a vincere nella vita.
In tal mondo la nostra esistenza assume un significato nuovo e più ricco.

Tutto inizia dalla rivoluzione umana di un singolo individuo
L’obiettivo del Buddismo è che ogni singola persona trasformi il karma e faccia emergere la propria forza, grande quanto l’universo.
Il maestro Josei Toda ha insegnato che la rivoluzione umana di un singolo individuo è in grado di cambiare il mondo, e che la riforma religiosa portata avanti dalla Soka
Gakkai consiste proprio in questo. È giunta l’epoca in cui il nostro comportamento si potrà distinguere sempre più per umanità e dedizione alla pace.
Il movimento umanistico della Soka Gakkai sta risplendendo sul palcoscenico del ventunesimo secolo.
La vittoria della rivoluzione umana di un singolo individuo corrisponde alla vittoria Soka che ci permette di illuminare il genere umano.



STORIE DI RIVOLUZIONE UMANA

Oltre ogni paura

Nata con una malformazione cardiaca, per Valeria il Buddismo è stato «la palestra e il trampolino di lancio per vincere in ogni aspetto della vita»

Sono nata affetta da una malformazione cardiaca che nei primi cinque anni di vita mi ha portata a subire tre interventi, di cui uno a cuore aperto. A causa di questa malattia mia zia e mia mamma cominciarono a praticare il Buddismo.
Alle elementari e alle medie ho subìto episodi di bullismo, tanto che alle superiori pensavo al suicidio. Mi salvò il fatto che partecipai a una riunione della Soka Gakkai. Continuai a frequentarle: facevo Gongyo, Daimoku, ascoltavo le esperienze. Sentivo che finalmente ero libera, una sensazione che mi spronò a continuare a praticare.
A diciotto anni decisi di ricevere il Gohonzon. Faticavo ancora ad aprire il mio cuore, chiuso dalla sfiducia e dalla paura di soffrire, ma ero decisa ad affrontare i miei limiti e le mie paure per trasformare la mia vita e diventare una giovane donna di valore.
In questo percorso mi sentivo sempre incoraggiata e ispirata dal maestro Ikeda
Nel 2014 incontrai un ragazzo con cui iniziai una relazione Mi accorsi però della sua natura violenta e manipolatoria. Quando ci lasciammo mi creò molti problemi, anche sul lavoro. Ho sofferto tantissimo, arrivando sull’orlo di un esaurimento nervoso, ma ho perseverato nel recitare Daimoku, studiare il Buddismo e incoraggiare gli altri. Anzi, ogni volta che la situazione sembrava peggiorare, determinavo ancora più fortemente di voler essere felice.
In quel periodo feci un passo avanti importante nella mia vita: partecipai a un bando del Comune per giovani precari e inaspettatamente ottenni un monolocale a un prezzo estremamente agevolato in cambio di alcune ore di volontariato. Potevo finalmente vivere da sola! Intanto cercavo un altro lavoro, non essendo pienamente soddisfatta di quello che facevo. Recitando Nam myoho-renge-kyo mi resi conto che non sorridevo più, non scherzavo più con i colleghi. Capii che anche al lavoro potevo accogliere tutti, così come mi veniva naturale durante le attività buddiste: fu un grande cambiamento interiore e ricominciai a sorridere a tutti.
Un mese dopo fui assunta da una delle più importanti aziende di consulenza a livello mondiale.
Incoraggiata dalle aspettative del maestro Ikeda, che ci chiede di realizzare grandi vittorie nella nostra vita, determinai che il 2016 sarebbe stato l’anno della mia vittoria assoluta nel campo dei sentimenti.
Desideravo un figlio e una famiglia, così aprii il mio monolocale a tutti i giovani per recitare Daimoku insieme due ore al giorno. Il mio stato vitale era incredibilmente alto, in ogni occasione incoraggiavo le persone che incontravo.
Durante un’attività al Centro culturale vidi Andrea, un vecchio amico. Lo incontrai una seconda volta, sempre casualmente, e iniziammo a frequentarci.
Dopo qualche mese siamo andati a vivere insieme.
La nostra relazione proseguiva così bene che desiderammo avere un figlio, creare una famiglia.
Mi affiorarono tante paure, ma le affrontai con la fede e la preghiera. Un mese dopo, ero incinta. Che gioia! Facevo controlli ogni quindici giorni e con Andrea andavamo avanti a suon di Daimoku per superare tutti gli ostacoli e per proteggere sia la mia vita che quella di nostra figlia, a cui avrei potuto trasmettere la mia patologia.
La gravidanza proseguì benissimo fino all’ottavo mese. Alla trentaduesima settimana mi hanno ricoverata per minaccia di parto prematuro e sono rimasta venti giorni in ospedale per precauzione.
Incredibilmente, era lo stesso ospedale dove mi avevano operata da bambina, e il cardiologo era lo stesso che aveva contribuito a salvarmi la vita!
In quei giorni mi sostenevano le parole di Nichiren Daishonin: «È scritto che coloro che abbracciano il Daimoku del Sutra del Loto saranno protetti. […] Ovunque tua figlia possa saltare e giocare, non le accadrà niente di male; potrà andare in giro senza paura come il re leone. […] Ma solo la tua fede determinerà tutte queste cose. […] La potente spada del Sutra del Loto deve essere brandita da un coraggioso nella fede» (RSND, 1, 365).
Venne fissato il giorno del parto cesareo, ma io andai in travaglio il giorno prima senza che nessuno se ne accorgesse, così di notte d’urgenza siamo finiti al pronto soccorso. Ebbi un attacco di panico, ma fui sostenuta dall’ostetrica di turno, che non conoscevo. Scoprii che anche lei era buddista e ha recitato Daimoku nel mio orecchio durante tutto il parto.
L’intervento è andato benissimo, Nausicaa Miki è nata sana e non ha neanche avuto bisogno dell’incubatrice, anche se è nata sei settimane prima del termine.
Il giorno dopo i medici mi hanno detto che sono stata la prima donna in Italia, e la quindicesima nel mondo, a partorire con la mia patologia. Sono stata intervistata da un importante quotidiano e tante donne mi hanno scritto per dire che la mia esperienza le aveva incoraggiate.
Posso affermare con certezza che senza la mia lotta incessante di questi sedici anni contro ogni paura, limite o sfiducia, non avrei mai potuto farcela. Perciò ringrazio dal profondo del cuore il mio maestro, i compagni di fede che mi hanno sempre sostenuta, il Gohonzon e l’attività buddista, che è stata la palestra e il trampolino di lancio per vincere in ogni aspetto della mia vita.


Felicità per sé e per gli altri

Il dialogo è un cardine della pratica buddista, il cui scopo è risvegliare ogni persona alla propria natura di Budda, per realizzare la nostra felicità e quella degli altri

Lo scopo fondamentale del Buddismo, il profondo desiderio del Budda, è aiutare coloro che soffrono e permettere al maggior numero di persone di diventare felici.
Il maestro Josei Toda ci insegnava sempre che se avevamo problemi dovevamo parlare del Buddismo agli altri e, così facendo, saremmo riusciti a trasformare il nostro karma.
Condividere il Buddismo non significa scontrarsi o sconfiggere gli altri in un dibattito, bensì esortare l’altra persona a risvegliarsi al fatto che tutti siamo esseri supremamente degni di rispetto che possiedono la natura di Budda. È anche una lotta per spezzare le gelide mura dell’oscurità e dell’ignoranza nella nostra vita, che assumono la forma di apatia, passività e altre emozioni negative.
Per questo, tale azione ci dà la forza per superare i nostri problemi, permettendoci di trasformare stabilmente il nostro stato vitale e cambiare il karma.
Il dialogo è parte integrante della pratica buddista che portiamo avanti creando relazioni con gli altri e parlando con loro.
Perché diffondiamo la Legge mistica? La nostra pratica non termina con l’Illuminazione personale: il suo scopo è realizzare la nostra felicità e quella degli altri. Questo è ciò che fa del Buddismo una religione umanistica.

L’esperienza personale del maestro Ikeda
«Da quando ho iniziato a praticare all’età di diciannove anni, ho condiviso il Buddismo di Nichiren Daishonin con molte persone, dai familiari agli amici, ai vicini e i conoscenti. Alcuni hanno risposto positivamente, altri no. Una persona addirittura respinse tutte le lettere che le avevo scritto riguardo al Buddismo.
Ho pregato assiduamente per parlare a più persone possibili, col desiderio che stabilissero una relazione, anche minima, con il Buddismo, e che ognuno di coloro che incontravo diventasse felice. Niente mi dava più gioia di vedere che, in virtù dei miei sforzi sinceri e costanti nel dialogo, qualcuno aveva deciso di iniziare a praticare il Buddismo del Daishonin. Sono rimasto in contatto anche con gli amici ai quali parlai del Buddismo da giovane e che non hanno deciso di iniziare a praticare.
All’epoca scrissi in una poesia: «Possa tu, amico mio, trovare la felicità!». Il mio desiderio per ognuno di loro non è cambiato, anche se abbiamo preso strade diverse.
Tutti i miei sforzi per condividere il Buddismo con gli altri sono aurei tesori nella mia vita.
E quelle esperienze difficili hanno dato un contributo positivo ai miei dialoghi successivi con vari leader e pensatori a livello mondiale».

La relazione tra maestro e discepolo

Il maestro Ikeda approfondisce la non-dualità di maestro e discepolo, il cuore dell’umanesimo buddista
Il Buddismo è un insegnamento che pone al centro gli esseri umani. Un Budda è un essere umano risvegliato, una persona come noi.
Lo scopo del Budda è «rendere tutte le persone uguali a me, senza alcuna distinzione tra noi» (SDL, 2, 80). Il vero desiderio di Shakyamuni era che tutte le persone potessero ottenere il suo stesso stato vitale.
La persona che per prima si risveglia alla Legge (il Budda) la trasmette agli altri cercando di elevare la condizione vitale di tutti gli esseri.
Da questo punto di vista, la relazione fra il Budda e le persone comuni non è quella fra un dio e gli esseri umani, ma quella tra un insegnante e un allievo, tra un maestro e un discepolo.
Le persone delle epoche successive persero di vista questo messaggio essenziale del Buddismo, per esempio limitando il conseguimento della Buddità a un certo arco di tempo o a persone con determinate capacità. Oppure deificando il Budda, trasformandolo in un’entità completamente separata dagli esseri umani. La relazione tra maestro e discepolo fu completamente dimenticata. Il Sutra del Loto corregge questa visione distorta insegnando la verità fondamentale del Buddismo, cioè che tutte le persone possiedono dentro di loro il supremo stato vitale della Buddità, e descrive gli sforzi del Budda per permettere agli esseri viventi di conseguire il suo stesso stato vitale. Proprio perché si basa sullo spirito di maestro e discepolo, il Buddismo di Nichiren Daishonin è un insegnamento umanistico, nel quale l’iniziativa è affidata alle persone comuni.

Il voto di kosen-rufu
Alla base dello spirito e della preghiera del maestro c’è il suo voto, il grande voto di kosen-rufu formulato dal Daishonin per condurre tutte le persone all’Illuminazione.
Poiché recitiamo Nam-myoho-renge-kyo avendo nel cuore il voto di kosen-rufu, possiamo realizzare la felicità per noi e per gli altri.
Le nostre preghiere, che all’inizio erano concentrate solo su scopi personali, si trasformano naturalmente in preghiere pervase dallo stesso voto del maestro.
Si tratta di un’immensa trasformazione: da discepoli che dipendono dal sostegno del maestro a discepoli che lottano attivamente al suo fianco. Il principio fondamentale del Buddismo è diventare persone d’azione, piene di compassione, che si dedicano ad aiutare gli altri a diventare felici.


Con il desiderio di aiutare altri giovani

Basandosi sul Buddismo, Virginia e Gherardo danno vita a un progetto di successo volto all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro

Virginia Ho vissuto sempre con un gran senso di inadeguatezza e una volta diplomata ho deciso di iscrivermi a Ingegneria energetica per dimostrare a me stessa di non essere stupida. Poco prima di laurearmi ho iniziato a praticare il Buddismo. La mia paura più grande era di non riuscire a realizzarmi dal punto di vista professionale.
Negli zadankai mi colpiva che ci fossero persone che decidevano di dedicare la propria vita a uno scopo “più alto”, anche per gli altri. Così iniziai a praticare il Buddismo per trovare un lavoro che mi rendesse felice e al tempo stesso fosse utile alla società.
Il maestro Ikeda scrive: «Se agite coraggiosamente per la causa del bene, realizzerete senz’altro un cambiamento. […] Ricordate che le azioni basate su una profonda preghiera godono immancabilmente della protezione delle forze positive dell’universo. Coloro che si rifiutano di cedere, alla fine vincono» (Il voto dell’Ikeda Kayo-kai, pag. 52). Sfruttavo ogni occasione per studiare cose nuove e capire l’andamento del mercato del lavoro. Nel frattempo mia madre e il mio ex fidanzato decisero entrambi di ricevere il Gohonzon.
Dopo pochi mesi mi si presentò un’occasione lavorativa allettante in un team che avrebbe gestito la comunicazione online di uno dei comitati del referendum costituzionale.
È lì che incontrai Gherardo, una persona che vedeva in me le potenzialità che io stessa non vedevo e mi spingeva continuamente a superare i miei limiti e le mie paure.

Gherardo Ho iniziato a praticare il Buddismo grazie a Virginia, perché ero rimasto affascinato dal suo equilibrio e dalla sua capacità di entrare profondamente in contatto con le persone. Da piccolo i miei genitori riponevano in me ogni speranza e io mi sentivo in dovere di fare tutto quello che potevo per renderli felici e ripagare i loro sforzi. Avevo scelto Giurisprudenza per soddisfare le loro aspettative, per poi non riuscire a trovare lavoro – come migliaia di altri neolaureati – pur avendo frequentato una università prestigiosa.

Virginia Io e Gherardo eravamo allibiti che a fronte di un tasso di disoccupazione giovanile del 40% esistessero lavori, sconosciuti ai più, in cui si potevano acquisire competenze a qualsiasi età, con stipendi più alti della media, poca concorrenza ai colloqui di lavoro e molta richiesta dalle aziende.
Abbiamo così pensato di aiutare i giovani a trovare la loro strada, dato che entrambi avevamo sofferto molto per trovare la nostra. È così che ho iniziato a capire il significato di “trasformare il karma in missione”: tutte le mie sofferenze mi stavano servendo per trovare la strada da percorrere e aiutare gli altri.

Gherardo All’inizio del 2017 decidemmo di fondare una startup volta a dare ai giovani orientamento e formazione sui nuovi lavori legati al digitale e all’innovazione, insieme alla possibilità di entrare in aziende ad alta crescita e impatto sociale. Il nostro obiettivo era incidere su una situazione paradossale per cui le aziende non riescono a coprire migliaia di posti di lavoro nel digitale e nell’innovazione per mancanza di persone preparate, perché oggi le università non insegnano queste competenze.

Virginia Abbiamo messo su la società in pochi mesi, incontrando circa tremila ragazzi delle scuole superiori e creando una piattaforma online in cui in tre mesi si sono iscritti ottomila giovani.
Il mese successivo al lancio della piattaforma siamo stati invitati a parlare di quello che stavamo facendo al Parlamento europeo. Dopo poche settimane un telegiornale nazionale ci ha dedicato un servizio scegliendoci come uno dei migliori progetti in Italia in grado di aiutare i giovani. Contemporaneamente siamo stati selezionati per un programma televisivo dedicato alle startup innovative ad alto impatto sociale, e nominati tra le migliori cinque startup in Italia.
Questo ci ha aiutati a ricevere una serie di investimenti privati che ci sono serviti per andare avanti un altro anno e soprattutto per poter assumere altre persone, perché fino a quel momento avevamo fatto tutto noi due.

Gherardo Ho deciso di ricevere il Gohonzon e sono successe tante cose, la più importante delle quali è che ho cominciato a raggiungere obiettivi che chiunque altro, me compreso, riteneva impossibili.
Volevamo dare una prova concreta della nostra forza e sapevamo di poterlo fare solo con uno stato vitale alto: abbiamo deciso quindi di aumentare il Daimoku e di offrire la nostra casa per le riunioni del Gruppo giovani, mentre io mi preparavo per l’esame di Buddismo di primo livello.
In quei giorni Facebook ha deciso di investire in un nostro progetto volto a creare centocinquanta posti di lavoro in Italia nei prossimi dodici mesi nel mondo del digitale e dell’innovazione. Due mesi dopo uno dei più famosi YouTuber in Italia, con migliaia di followers, ha deciso di diventare nostro ambassador e raccontare cosa facciamo.
La sfida per i prossimi anni è contribuire a realizzare kosen-rufu aiutando migliaia di giovani a prendere in mano il proprio futuro e sentirsi felici e realizzati lavorando in aziende che possono migliorare la vita di tutti noi sfruttando le nuove tecnologie.

Virginia Con il desiderio di aiutare i giovani, in sei mesi abbiamo creato una società che è stata valutata un milione di euro.
Grazie a essa più di diecimila giovani stanno scoprendo dei talenti che non immaginavano neanche di avere.
Riceviamo quotidianamente messaggi dai ragazzi che ci ringraziano dicendo: «Prima di scoprire tutte queste cose passavo le giornate a guardare Netflix, ora so davvero come occupare il mio tempo e ho deciso di prendere in mano la mia vita».

Gherardo A gennaio ho chiesto a Virginia di sposarmi e il 28 settembre ci sposeremo. Nichiren Daishonin scrive: «Se si accende un fuoco per gli altri, si illuminerà anche la propria strada» (RSND, 2, 996). In questo grande viaggio che ci aspetta, queste parole saranno la nostra via maestra.
Il meglio deve ancora venire.


La missione della Soka Gakkai

Qual è la funzione di un’organizzazione nel mondo del Buddismo? Daisaku Ikeda parla della Soka Gakkai, un’organizzazione che dà sempre la massima importanza all’individualità di ogni signola persona

La Soka Gakkai è l’organizzazione che sta facendo progredire kosen-rufu sulla base dei princìpi del Buddismo di Nichiren Daishonin, i quali affermano il supremo valore della vita. Lo scopo di kosen-rufu è far emergere il potenziale positivo intrinseco in tutte le persone, elevare il loro stato vitale e costruire un’alleanza per la pace e la felicità.
La Soka Gakkai fu fondata nel 1930, nell’intervallo tra le due guerre mondiali, con la missione di permettere alle persone di ogni luogo di conseguire l’Illuminazione e realizzare una felicità duratura.
La SGI (Soka Gakkai Internazionale) fu fondata nel 1975, nel pieno della Guerra Fredda, in un periodo in cui aleggiava la minaccia di un conflitto nucleare.

Un’armoniosa comunità di credenti
Un gruppo di persone che pratica correttamente la via del Budda e diffonde gli insegnamenti buddisti è chiamato sangha, o armoniosa comunità dei praticanti, uniti insieme con spirito aperto ed egualitario.
Esso svolge un ruolo insostituibile nell’aiutare le persone a portare avanti la pratica buddista e oggi ha assunto la forma di un’organizzazione, indispensabile per praticare correttamente il Buddismo, per conseguire la Buddità in questa esistenza e realizzare l’obiettivo di kosen-rufu mondiale.

L’importanza dei “buoni amici”
Nei testi buddisti è descritto un dialogo fra Shakyamuni e il suo discepolo Ananda, il quale chiede: «Mi sembra che avere dei buoni amici e avanzare insieme a loro sia già metà della strada per raggiungere la via del Budda. È corretto pensare così?».
E Shakyamuni risponde senz’ombra di dubbio: «No, Ananda, questo modo di pensare non è corretto. Avere buoni amici e avanzare insieme a loro non è metà della via del Budda, è l’intera via del Budda».
Ciò sintetizza l’essenza della pratica buddista. Abbiamo bisogno di “buoni amici”che ci aiutino e ci sostengano, se vogliamo rimanere sul sentiero corretto della fede e condurre una vita di autentica vittoria.
“Buoni amici”, o influenze positive, sono le persone che ci indirizzano verso l’insegnamento corretto del Buddismo, che comprendono un buon maestro e dei buoni compagni di fede.
Il motivo è che il cammino per conseguire la Buddità è l’unica strada per risolvere alla radice le sofferenze umane di vita e morte. Con dei buoni amici che ci sostengono e ci incoraggiano possiamo rafforzare la fede, far emergere la saggezza per diventare felici e conseguire lo stato vitale della Buddità.
Ciò implica lavorare per creare un ambiente armonioso e inclusivo, trascendendo tutte le differenze e apprezzandoci l’un l’altro come amici preziosi, indispensabili per il benessere e la felicità reciproca, diventando «uniti come i pesci e l’acqua» (RSND, 1, 190).

L’unità che esalta le qualità di ognuno
Alcuni potrebbero pensare che quest’enfasi sull’unità sopprima l’individualità e l’unicità del carattere individuale, ma il Daishonin ci insegna tutt’altro. Egli afferma che ogni individuo ha un potenziale infinito e che tutti possiedono la natura di Budda.
È grazie ai nostri sforzi costanti per rispettare l’individualità di ogni persona, per alimentare la crescita reciproca e rivelare insieme il nostro potenziale che realizzeremo il tipo di unità descritta dal Daishonin, per far sì che la nostra individualità e la nostra personalità brillino ancor di più.
Nelle riunioni della Soka Gakkai, in particolare, man mano che ogni persona rivela le proprie potenzialità uniche, vediamo sbocciare meravigliosi fiori di amicizia e di fiducia.
La crescita di cittadini del mondo che si aiutano l’un l’altro a crescere e svilupparsi – una comunità di “buoni amici” – condurrà a una pace duratura e a un futuro sicuro per la società globale.


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