Potreste parlarci del contributo di Daisaku Ikeda in ambito educativo?
Giulia: Daisaku Ikeda è stato un filosofo buddista, costruttore di pace, autore e poeta che ha scritto più di 150 volumi tra saggi, articoli, romanzi, dialoghi, libri per bambini e per giovani. In questo momento la sua figura sta attirando sempre più attenzione in ambito educativo e accademico. Il suo impegno è stato riconosciuto con più di quattrocento dottorati e cattedre onorarie, che ha ricevuto in vita.
Ikeda Sensei ha affermato più volte che l’educazione è il mezzo più potente per trasformare e dare una nuova direzione alla società e alla storia. Troviamo la sua eredità in molti scritti e dialoghi, e nelle diciotto scuole che ha fondato in Giappone, Brasile, Hong Kong, Corea del Sud, Malesia, Singapore e Stati Uniti, dalle scuole materne alle università. Come se non bastasse, ha fondato altre istituzioni che si dedicano a iniziative differenti nell'ambito dell'educazione alla pace, dell’educazione ambientale e dell’educazione alla cittadinanza globale, come l'Istituto Soka Amazzonia in Brasile, il Centro Ikeda per la Pace l’Educazione e il Dialogo negli Stati Uniti, l’Istituto Toda per la Pace, l’Associazione Concertistica Min-On e il Museo d’Arte Fuji a Tokyo, in Giappone. Questo avviene naturalmente anche tramite la Soka Gakkai Internazionale, che Ikeda ha fondato, e le organizzazioni nazionali a questa affiliate.
Valentina: Daisaku Ikeda non è stato un insegnante in classe eppure è riconosciuto ormai a livello globale e sicuramente accademico come una voce autorevole rispetto all'educazione.
Spesso si verifica uno scollamento tra la teoria e la pratica, per cui il dialogo tra chi esercita l'insegnamento tutti i giorni in classe e l’ambito accademico risulta difficile.
Invece non esiste uno scollamento tra la visione filosofico-educativa di Ikeda e l'insegnamento di tutti i giorni in classe poiché si traduce sempre nell'azione di empowerment e incoraggiamento della persona che si ha di fronte. Inoltre, quando si studia pedagogia c’è sempre un punto di vista molto forte che ne esclude altri oppure che nasce da una critica rispetto a un altro approccio. Invece la filosofia di Ikeda, pur essendo molto chiara, riesce a creare ponti di dialogo con qualsiasi interlocutore, con qualsiasi approccio e punto di vista, mantenendo alla base ovviamente l'importanza dell'essere umano. E questo emerge anche nelle istituzioni educative da lui fondate dove non c’è un'impronta metodologica o pedagogica imposta. Educazione umana è il concetto chiave di Ikeda perché mette a fondamento la dignità della vita. Come si declina ciò in classe, a scuola? Accade talvolta, per fare un esempio frequente, che alcuni studenti, con i quali gli insegnanti non riescono subito a instaurare una relazione di fiducia, siano considerati “combina guai”. Secondo l’approccio della educazione umana, che considera il processo educativo come una relazione in cui sia l’educatore che lo studente crescono insieme, vediamo invece che l’insegnante non si relaziona ad essi come un elemento di disturbo alla realizzazione delle lezioni (da “combina guai” appunto), bensì i ragazzi e le ragazze diventano parte integrante della rivoluzione umana dell’educatore stesso. Diventano un aspetto cruciale per la sua stessa crescita: possiamo dire che, in questo senso, diventano i suoi maestri. Questa crescita reciproca è un aspetto cardine dell’approccio educativo di Ikeda. La cosa incredibile è che in questo tipo di relazione, e attraverso questa lettura della relazione educativa, insegnanti e studenti hanno il potere di influenzare senza alcun dubbio il proprio ambiente, scolastico e non.
Che cos’è l’educazione umana di Daisaku Ikeda?
Giulia: Quando parliamo di educazione umana parliamo di un’educazione orientata ad approfondire, espandere e affinare sempre di più la nostra umanità. È inutile cercare un “libro di regole” per fare questo perché, come scrive Ikeda, l’educazione umana avviene tramite l’interazione. Allo stesso tempo ciò non significa che, mancando una metodologia prescrittiva, non ci sia una direzione ben definita. Possiamo trovare questa direzione forte e chiara negli scritti di Ikeda, nelle sue azioni e nelle istituzioni da lui fondate.
Il libro La luce dell’apprendimento, che raccoglie alcuni saggi di Ikeda a tema educativo, è il punto da cui partire e ripartire per approfondire. Quando lo studiamo, scopriamo che l’impegno di Ikeda nel dialogo è un aspetto fondante della sua visione educativa. E troviamo la sua visione di educazione alla cittadinanza globale, che descrive il cittadino globale come moderno bodhisattva, caratterizzato da:
- La saggezza di percepire l’interconnessione di tutte le forme di vita e degli esseri viventi.
- Il coraggio di non temere o negare la differenza, ma di rispettare e sforzarsi di comprendere le persone provenienti da culture diverse e di crescere grazie a tali incontri.
- La compassione che permette di mantenere un’empatia ricca di immaginazione, che vada oltre il proprio ambiente immediato e si estenda a coloro che soffrono in luoghi distanti (p. 5).
Un altro elemento chiave è l’educazione come crescita reciproca, perché l’apprendimento va sempre in entrambe le direzioni. Lo spiega bene Jason Goulah nella prefazione al volume La luce dell’apprendimento (pp. v-xix). Ancora, Ikeda propone di rovesciare il paradigma a cui siamo abituati: creare una società al servizio dei bisogni essenziali dell'educazione, anziché tenere l'educazione al servizio della società (pp. 58-63). In questa visione tutta la comunità è coinvolta nell’apprendimento, non soltanto genitori e insegnanti. Imparare e migliorarci dovrebbe far parte dell’esperienza di tutti: se vi rinunciamo, stiamo rinunciando alla nostra umanità. Un altro nucleo forte è il concetto di coesistenza creativa, che ci invita a partire dai conflitti e dalle necessità stringenti in cui ci troviamo per elaborare soluzioni che creano valore, per noi e per gli altri. Troviamo poi la proposta di costituire l’educazione come istituzione indipendente, con una commissione permanente dedita a ricostruire il sistema educativo con una prospettiva a lungo termine (pp. 67-72). Ce ne sono molte altre da approfondire, La luce dell’apprendimento è una miniera di stimoli!
C’è un aspetto che vi appassiona particolarmente dell’educazione umana?
Valentina: Ikeda incoraggia a sviluppare uno “spirito poetico”, il che non si riferisce naturalmente allo scrivere dei versi, è lo spirito dell’essere umano che è consapevole delle sofferenze degli altri, se ne fa carico e cerca di cambiare la società.
Dare tutto ciò in mano all’essere umano e ricordargli costantemente che ha tutte queste qualità, ma anche queste funzioni e scopi, amplia la visione dell’impatto della vita in una misura senza limiti. Ikeda prende ad esempio il Rinascimento fiorentino, era un momento così buio e le persone si sono tirate su le maniche e hanno iniziato a creare e a costruire allo scopo di cambiare la società. Parlando di questi artisti rinascimentali afferma che non erano artisti snob ma artigiani coinvolti perché ciò a cui stavano lavorando era un cambiamento profondo della società[1]. Lo spirito poetico è l'abilità dell'essere umano di sentire cosa accade intorno e con quell’empatia farsi carico delle sofferenze e fare qualcosa per trasformarle; quindi, in questo senso è una persona sempre attiva. Non è su un eremo a soffrire ma vive sempre in questa dimensione comunitaria. Quando parlo con gli studenti dello spirito poetico, loro riescono subito a cogliere il concetto e farlo loro perché capiscono che non devi essere un poeta, bensì un essere umano per sentire la sofferenza degli altri e percepire una spinta dentro di te per agire al fine di trasformare la situazione in cui ti trovi. Ikeda incoraggia tutti noi a coltivare lo spirito poetico che è in grado di darci speranza e sogni mentre riempie il nostro cuore di coraggio. Lo spirito poetico, secondo Ikeda, rende possibile la realizzazione dell’armonia e dell’unità mentre dalla nostra vita scaturisce una tale forza che nessun esercito sarebbe in grado di sconfiggere. Questa forza che nasce dallo spirito poetico ci permette di trasformare il nostro mondo interno da una sensazione di profonda desolazione a una di ricchezza e creatività.
Quindi possiamo dire che l’educazione umana non è rivolta solo a chi si occupa di educazione (genitori, educatori...), ma riguarda il nostro modo di stare nel mondo?
Giulia: In La nuova rivoluzione umana vol. 24, capitolo Educazione umanistica (o, potremmo dire, educazione umana!) leggiamo che Toda definiva la Soka Gakkai come un’università senza campus. E in un bell’articolo accessibile online Masayuki Shiohara[2] racconta di come Ikeda abbia fondato l’Università Soka con il desiderio di permettere a più persone possibile di sperimentare il tipo di educazione che aveva ricevuto dal suo maestro, Josei Toda. Che ne siamo consapevoli o meno, ciò che facciamo attraverso la pratica buddista e la nostra organizzazione è una forma di educazione, in cui impariamo gli uni dagli altri e ci sforziamo di approfondire ed espandere la nostra umanità. Ognuna e ognuno di noi ha sperimentiamo che, quando lo facciamo, la nostra vita si espande, siamo più felici, proviamo un senso di appagamento e i problemi nelle nostre vite si trasformano in soluzioni, non solo per noi ma anche per tante altre persone. Forse non ci pensiamo perché sembra che i nostri sforzi finiscano nel nulla o si perdano nel caos quotidiano, ma noi stessi siamo studenti di questa grande “università Ikeda”.
Nella situazione attuale, quali punti ritenete di maggiore impatto e urgenza?
Valentina: Sempre più spesso intorno a me percepisco un senso di impotenza fortissimo che porta con sé una grande sofferenza, porta alla passività, e a vivere con un peso e una frustrazione. E questo si trasmette anche alle generazioni più giovani che sono più o meno vicino a noi. Ikeda incoraggia a non farsi prendere dal nichilismo e dall’impotenza che portano a pensieri come: “tanto non lo sapremo mai”, “tanto decidono per noi”, frasi e sentori molto presenti che però tolgono tutto, ci annichiliscono veramente. Il costante incoraggiamento di Ikeda volto a far emergere il potenziale di ogni essere umano così com’è e ovunque sia, dà subito un beneficio alla vita delle persone. Fa vivere diversamente, felice. Nei dialoghi che ho con gli adulti ma anche con i giovani in realtà, non solo all'interno della Soka Gakkai, ma con gli esseri umani che ho intorno, cerco sempre di incoraggiare quella persona, rovesciando: “ma in fondo sei potente”, “ma qualcosa puoi fare” e questo è proprio l'incoraggiamento di fede che in questo momento mi arriva tutti i giorni da Ikeda e che cerco di mettere in pratica io stessa.
Giulia: Ikeda scrive che imparare è lo scopo stesso della vita, è quello che ci rende pienamente umani. Eppure sempre più spesso ragazze e ragazzi non vogliono andare a scuola o non sono interessati a quello che si fa a scuola. Ikeda descriveva questo fenomeno già all'inizio degli anni Duemila: la chiamava “fuga dall’apprendimento” (pp. 55-58). Purtroppo, spesso studenti e studentesse non sono considerati nei percorsi scolastici. Ikeda ci ricorda che invece sono il cuore delle istituzioni educative, che esistono per loro. Trovare il modo di rispondere ai loro bisogni, al loro sentire e ai loro interessi è la priorità. Non tutti siamo in grado di influenzare i programmi scolastici o universitari, ma possiamo dedicarci a qualcosa di più profondo e duraturo: ristabilire le funzioni educative della società, diventando adulti capaci di riflettere su se stessi, correggersi e rinnovarsi, imparando a mettere bambini e giovani al centro nelle nostre comunità e famiglie. Può capitare di cedere alla tentazione di criticare gli atteggiamenti negativi che vediamo nei bambini e nei giovani. Ikeda però ci ricorda che loro sono il nostro specchio, e ci stimola a migliorare noi stessi proprio imparando da loro. Se raccogliamo questa sfida non ci troveremo mai a un punto morto, come recitano gli ultimi versi del poema La luce dell’apprendimento:
Non perdete mai la voglia
di imparare e di crescere.
Continuate sempre ad andare avanti.
Il cammino che avete intrapreso
è quello che voi, solo voi, potete percorrere e che diventerà
il cammino della vostra missione,
il cammino della realizzazione, il cammino della vittoria (p. xxiii).
[1] https://www.soka.ac.jp/files/ja/20220404_111424.pdf dal numero 2022 di Soka Education Journal
[2] Da un saggio di Daisaku Ikeda aprile 2000, Seikyo Press.