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22 agosto 2025

Dottorato nazionale in Peace Studies: portare la pace nella ricerca accademica 

Intervista ad Alessandro Saggioro, coordinatore del Dottorato di interesse nazionale in Peace Studies

Abbiamo intervistato Alessandro Saggioro, professore di Storia delle religioni alla Sapienza, coordinatore del Dottorato di ricerca di interesse nazionale in Peace Studies che, primo nel suo genere in Italia, costituisce un luogo di alta formazione interdisciplinare e innovativo sulle tematiche del conflitto e della pace. Per il secondo ciclo di dottorato consecutivo, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai attraverso i fondi 8x1000 sostiene due borse di dottorato

immagine di copertina
Alessandro Saggioro, coordinatore del Dottorato di ricerca in Peace Studies

La Rete delle Università Italiane per la Pace (RUNIPACE) ha elaborato l’idea di creare un dottorato intorno alle tematiche della pace. Non esisteva un dottorato sul tema della pace ma solo singoli dottorati proposti da alcuni professori e in singoli atenei. Il primo passo è stato fare una ricognizione dei vari dottorati in Italia per capire quale fosse l’offerta formativa. Abbiamo poi deciso di mettere in rete docenti attivi in questo ambito. In quel momento ci siamo resi conto che tra le migliaia di dottorati in Italia la parola “pace” non appariva mai nei titoli e nemmeno negli obiettivi formativi, e ci siamo posti l’obiettivo di colmare questa lacuna. La rete RUNIPACE si è riunita in assemblea a Pisa, creando una serie di gruppi su proposta di Enza Pellecchia, coordinatrice insieme a Marco Mascia della Rete. Fra questi, se ne è pensato uno che potesse dedicarsi alla riflessione sul dottorato e io sono stato nominato coordinatore. Il primo passo è stato compiere un'analisi di tutto il quadro dei dottorati in Peace Studies a livello globale. Abbiamo chiesto a professori e professoresse che avevano proposto dottorati di questo tipo di raccontarci la loro esperienza, abbiamo fatto decine e decine di incontri. Nel corso del tempo è stato somministrato un sondaggio chiedendo agli atenei chi di loro fosse interessato a un dottorato in Peace Studies, il supporto è stato notevole ma non sufficiente per far partire l’intero ingranaggio dal primo anno, il 2023. Poi l’anno dopo è andata bene e c’è stato riscontro da parte di numerose università, con il coordinamento della Sapienza. In questo senso la Soka Gakkai italiana tramite i fondi 8x1000 è stata fondamentale, intervenendo con due borse di studio (n.d.r. due borse per il ciclo 2024/2027 e altre due per il ciclo 2025/2028), portando così all’avvio del progetto.

In Italia si parla di studi per la pace, sulla pace e della pace. Per avere una conformazione neutra e rendere questo progetto internazionale si è utilizzato l’inglese, quindi peace studies. L’obiettivo è far sì che ogni settore dello scibile umano possa avere un approfondimento nell’ambito della pace. Tutto lo studio universitario è suddiviso in settori, ci siamo quindi chiesti in che modo la ricerca potesse avere un impatto sulla pace. È importante porre il dottorando di fronte a una domanda di ricerca per elaborare insieme un plus, poter affermare che attraverso quella ricerca si è giunti a qualcosa di nuovo. L’obiettivo è di far progredire ogni singolo settore della ricerca umana portando le tematiche della pace all’interno dell’università attraverso degli allievi che poi saranno futuri ricercatori e professori.

Nelle riunioni di confronto iniziali abbiamo raccolto gli ambiti del sapere umano a cui avremmo voluto legare il tema della pace. Con questo piano di lavoro in mente, che comprendeva anche alcuni ambiti specifici come quello della medicina o dell’informatica, siamo andati in diverse università chiedendo se fossero interessate a garantire una borsa per un dottorato in Peace Studies. Sulla base delle loro risposte abbiamo costituito un curriculum per quelle materie specifiche. Gli ambiti di studio umanistici hanno ciascuno le proprie caratteristiche disciplinari, metodologiche, i rispettivi approcci spesso anche molto differenziati. In termini generali, possiamo dire che non ci sia una grande differenza strutturale rispetto alle cosiddette scienze dure, come ad esempio la fisica o la matematica. Per alcuni di questi settori può risultare un po’ peculiare conseguire un dottorato in Peace Studies: immaginiamo che un medico, un fisico, un matematico vogliano rivolgersi a dottorati di settore, che hanno anche delle caratteristiche formative peculiari. In ogni caso qualsiasi settore è ricollegabile alla pace, ma può darsi che sia un po’ raro venire a fare un dottorato in peace studies provenendo da talune discipline, che pure hanno una lunga tradizione di attenzione alle tematiche della pace. Un esempio è l’architettura come scienza della costruzione di città pacifiche, ricostruzione del paesaggio o trasformazione del paesaggio. Un progetto potrebbe essere la costruzione di un museo della pace o, come alcuni dottorandi stanno già facendo, ripensare gli spazi bellici per trasformarli in spazi di pace e cultura.

Ciò che spinge i ragazzi è la grande passione, lo slancio alla conoscenza, il sentire di poter fare qualcosa. L’università è un luogo in cui ci si forma, molti iscritti al dottorato hanno spesso svolto attività per la pace in giro per il mondo. Molti fanno il dottorato con l’obiettivo di lavorare all’università, altri invece vogliono tornare a fare il lavoro che facevano prima ma essendo maggiormente formati. All’interno del dottorato hanno un network di coetanei ma anche di professori che dà loro la possibilità di muoversi, viaggiare, partecipare anche a molti convegni internazionali. La frustrazione che può emergere nel pacifista è pensare di essere solo, ma questi studenti creano una rete tra di loro e questo è un aspetto positivo, ritornando a questa comunità di persone che stanno agendo in prima persona si riaccende la speranza che qualcosa possa cambiare radicalmente.

Uno sbocco può certamente essere la carriera universitaria, il dottorato nasce con l’obiettivo di formare futuri professori, oppure figure che possano lavorare nell’ambito della ricerca, come istituti di ricerca internazionali e nazionali. Immaginiamo anche la figura del mediatore o di peace maker o peace builder. Molti/e dottorandi hanno già avuto modo di svolgere questi mestieri e quindi l’obiettivo è quello di poter fornire loro maggiore conoscenza. Attualmente stanno frequentando il dottorato anche il preside di una scuola e alcuni insegnanti. Pensiamo che anche al termine del dottorato ciò che queste persone avranno appreso potrà diffondersi nei diversi ambienti in cui andranno a lavorare, nelle persone che saranno a contatto con loro. Ciò a cui puntiamo è che possa diffondersi la convinzione che questo tipo di approccio alla pace possa essere applicato in ogni ambito.

Sono docente di Storia delle religioni e ho intrapreso questa carriera perché fin dall’università credevo nella necessità del confronto e della costruzione di una società pacifica, basata su un pluralismo religioso inteso come espressione di democrazia della cittadinanza. Questa carriera è passata attraverso una riflessione sull’insegnamento scolastico in quanto a scuola si insegna una sola religione, ma auspicavo che potesse esserci una diffusione dalla conoscenza del pluralismo religioso disponibile a tutti. Dal punto di vista della ricerca ho studiato i conflitti interreligiosi, ma negli ultimi anni ho sviluppato progetti di ricerca sulla pace. Le religioni non devono necessariamente essere insegnate nelle università ma farle conoscere è un modo per far sorgere il rispetto reciproco fra ragazzi e cittadini sulla base di una conoscenza reciproca. Questo è un fattore indispensabile per una società pluralizzata che si pluralizza sempre di più. Conoscere questi quarantasei dottorandi e sapere che progetti stanno realizzando è ciò che mi dà maggiore soddisfazione. Sapere cioè di aver contribuito a fare sì che potessero sviluppare le loro idee e i loro progetti e che questi progetti abbiano ciascuno un significato profondo di costruzione di una conoscenza sulla pace e per la pace: già con questo sento di aver raggiunto il più del più che un professore universitario possa realizzare. 


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