Il Buddismo incoraggia a non restare “imprigionati” nelle illusioni e nei desideri ma a vivere sulla base del nostro io più grande affinché le nostre azioni si accordino con la Legge eterna e immutabile, Nam-myoho-renge-kyo, che include anche tutti i fenomeni caratterizzati dall’impermanenza.
La tendenza a creare attaccamenti di vario genere è spesso causa d’infelicità, per tale ragione negli insegnamenti precedenti al Sutra del Loto Shakyamuni insegnava a liberarsene.
Tuttavia l’attaccamento è un comportamento che si sviluppa sin dalla prima infanzia, fa parte del modo in cui gli esseri umani crescono e, come ogni cosa, nasconde aspetti positivi e negativi in base a come lo viviamo. Ad esempio se non fossimo “attaccati” alla vita o al desiderio di realizzare kosen-rufu non difenderemmo il rispetto per la vita e non porteremmo avanti le nostre sfide per la pace. Il maestro Ikeda citando Toda scrive a riguardo:
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9 ottobre 2024
Dobbiamo negare i nostri attaccamenti per essere felici?
Risposta a cura della redazione
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