Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

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11 dicembre 2024

Conservare la memoria per trasformare la realtà

Intervista a Raffaella Bolini, vice presidente nazionale ARCI

Abbiamo intervistato Raffaella Bolini, vicepresidente nazionale Arci che ci ha parlato del portale “Pace in movimento. Storia del pacifismo italiano”, un progetto finanziato dai fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, volto alla divulgazione della storia del movimento pacifista italiano; perché se è tanto importante conoscere gli errori della storia, è bene conoscere anche quali sono le storie positive del nostro paese, quelle che ci danno il coraggio di continuare a impegnarci nella realizzazione della pace

immagine di copertina
Raffaella Bolini, vice presidente nazionale ARCI

Il progetto del Portale è un’impresa collettiva che coinvolge tre organizzazioni: ARCI, “Un ponte per” e “Sbilanciamoci”. L’idea è nata per la congiunzione tra due storie. Quella di Tom Benetollo, presidente indimenticato dell’ARCI e quella del pacifismo italiano. Mentre pensavamo a cosa fare per ricordare Tom, visto che quest’anno cade il ventesimo anniversario della sua morte, abbiamo riflettuto su ciò che sta avvenendo ora in Ucraina e a Gaza. Queste guerre ci danno l’idea che tutti i limiti, in termini di orrore, sono stati superati.
Crediamo fortemente che la memoria di ciò che è stato, sia qualcosa che abbiamo il dovere di trasmettere a chi viene dopo di noi. Gli alberi senza le radici non crescono e siccome la storia dei movimenti sociali e soprattutto del pacifismo non è molto conosciuta, vogliamo raccontarla in modo corretto.
Faccio parte della generazione pacifista che ha mosso i primi passi negli anni ’80 e, seppur continuiamo ad essere attivi, questo è il tempo di una generazione nuova che si affaccia all’attivismo sociale ma che sta affrontando anche delle sfide incredibili.
Quando abbiamo iniziato, si aveva la percezione di poter aspettare affinché gli effetti del movimento pacifista potessero concretizzarsi. Abbiamo visto gli effetti di quelle battaglie per la pace: la nostra generazione ha lottato per l’abbattimento del muro di Berlino ed è caduto, abbiamo combattuto per la liberazione di Nelson Mandela e assistito alla sua scarcerazione. Ora invece le nuove generazioni devono combattere con il fattore “tempo” perché quello che accade sta mettendo in pericolo la sopravvivenza stessa dell’umanità.
La mia generazione non deve dare lezioni ai più giovani, che hanno sfide molto grandi di fronte a sé, poiché ogni generazione costruisce la propria cultura anche rompendo con le generazioni passate. Tuttavia, conoscere la storia permette di avere delle solide basi su cui poter progettare il futuro.

Il portale è ad accesso libero, tutti possono fruirne. Al suo interno è strutturato con diverse sezioni.
Una di queste sezioni racconta le radici del pacifismo prima degli anni ’80, includendo anche il pacifismo precedente alla Prima Guerra mondiale. Un’altra sezione è incentrata sugli anni ’80, sulla lotta al disarmo nucleare e l’abbattimento del muro di Berlino. Poi si raccontano gli anni ’90, in cui il pacifismo si è effettivamente diffuso nel mondo, il decennio delle guerre balcaniche e dell’impegno per la pace in Medio-Oriente.
Si passa poi alla sezione dedicata agli anni 2000, il decennio in cui il movimento pacifista si intreccia con il movimento per la giustizia globale, sociale e climatica. In quel periodo il pacifismo non è più un movimento a parte, ma incorpora tante istanze e l’esistenza di una rete globale che sfocia nella protesta contro la guerra in Iraq che fa dire al New York Times che quel movimento è la seconda super potenza mondiale. Gli anni successivi sono quelli del rafforzamento dell’estrema destra che inizia a prendere piede ovunque, come risposta reazionaria alle paure delle persone di fronte alla crisi globale. Infine, l’ultimo decennio, quello contemporaneo, che ha di fronte a sé una guerra mondiale “a pezzetti”, che rischia di diventare totale.

Le persone tendono a connettere la memoria con le tragedie passate e non alla storia che trasforma il mondo, agli eventi positivi, alla lotta, all’entusiasmo, alla determinazione e alla pazienza che hanno pian piano cambiato le cose.
Tendiamo a non soffermarci sulla storia positiva che ha contribuito al cambiamento ma raccontiamo molto di più le storie tragiche.
È importante secondo me trasmettere alle nuove generazioni che la “strada” su cui camminano è una storia colma di energia positiva e di persone che hanno lottato prima di loro. Il filo rosso che lega la lotta per l’emancipazione e la liberazione degli esseri umani arriva da lontanissimo, ed è un filo che interseca tantissime culture, ideologie, esperienze diverse. La storia pacifista è un filo che corre lungo tutta la storia dell’umanità, comprende le rivolte dei contadini nel ‘500, delle persone bruciate sui roghi, le tante storie di ribellione contro l’ingiustizia. Dovremmo sentirle tutte come storie nostre. Siamo figli di un’immensa narrazione che è riuscita a combattere contro poteri giganteschi orientati verso il dominio.
La memoria significa essere consapevoli che veniamo da un percorso lunghissimo che è passato anche attraverso grandi sconfitte. Un esempio è la storia del movimento di liberazione in Italia dal nazifascismo. Noi celebriamo la sua vittoria, la parte relativa alla liberazione, ma non sappiamo molto della storia precedente, quella che riguarda tutti i partigiani che hanno lottato e perso la vita in un momento in cui il fascismo sembrava essere infallibile. Ma senza di loro, il 25 aprile non ci sarebbe stato. Dobbiamo riappropriarci di tutta la storia di coloro che hanno lottato per liberarci dalla sopraffazione e dal dominio che l’essere umano tenta di manifestare nel controllare l’altro e la natura. In questo modo possiamo pensare che “un altro modo sia possibile”.

L’idea è di organizzare delle iniziative che coinvolgano attivamente le persone, che siano aderenti ai bisogni di chi ce le chiederà. Per esempio, unire la presentazione del Portale a una discussione su come essere migliori pacifisti oggi, con il coinvolgimento dei giovani e degli studenti.
Vorremmo usare il Portale per darci la forza di discutere su come fare ora per essere pacifisti attivi. In una recente iniziativa che abbiamo organizzato a Piacenza, c’erano molti attivisti, una ragazza ha affermato che seppur lei credeva nella nonviolenza, nel mondo contemporaneo ha iniziato a pensare che forse la violenza sia l’unica opzione possibile. Allora, le ho raccontato di quando ero un’attivista giovane negli anni ’70, un movimento che poi degenerò in violenti scontri di piazza. Questo mi portò ad allontanarmi dalla politica in quel periodo, per paura.
Negli anni ’80 ricominciai a seguito di una manifestazione per la pace in cui vidi la partecipazione di tante persone nonviolente. Lì compresi che la forza della non violenza è il mezzo per esprimere il massimo livello di partecipazione. Infatti, grazie alla non violenza tutti esprimono il dissenso senza bisogno di delegare nessuno per la paura di essere coinvolti in un conflitto violento.
La nonviolenza è l’esperienza massima di manifestazione del conflitto – un elemento sempre presente nella storia dell’essere umano - che ha la forza di potersi esprimere pacificamente da parte di tutte e tutti, anche dalle persone più vulnerabili.

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