Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione · Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·Buddismo per la pace, la cultura e l’educazione ·Il Nuovo Rinascimento · Rivista della Soka Gakkai Italiana dal 1982 ·

785  | 
22 novembre 2022

Il sorriso delle donne è la nostra vittoria

8x1000

Abbiamo intervistato Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea, nell’ambito del progetto REAMA a sostegno dei diritti delle donne vittime di violenza e dei loro figli. Finanziato per il secondo anno con i fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, il progetto prosegue le attività dello sportello antiviolenza e delle case rifugio

immagine di copertina
Abbiamo intervistato Luca Lo Presti, presidente della Fondazione Pangea, nell’ambito del progetto REAMA a sostegno dei diritti delle donne vittime di violenza e dei loro figli. Finanziato per il secondo anno con i fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, il progetto prosegue le attività dello sportello antiviolenza e delle case rifugio

La prima domanda che sorge spontanea è questa: perché un uomo crea una fondazione come Pangea, a sostegno dei diritti delle donne vittime di violenza? Come si colloca questa scelta nella sua esperienza personale?

Avevo una carriera di odontotecnico ben avviata e remunerativa ma alcune strade mi hanno portato a un’attività come volontario con Amnesty International sulle violazioni dei diritti umani in zone di guerra. A seguito di una missione in Romania per supportare i bambini è divenuto chiaro per me che aiutare una donna è la strada migliore per aiutare tanti bambini e non solo, tutta la società. Infatti se una donna prende consapevolezza di sé e ha gli strumenti per riuscire a dar seguito al suo futuro e ai suoi sogni, ne moltiplica i benefici a vantaggio della famiglia.
Nel caso della Romania, grazie agli aiuti forniti alle mamme che prima erano costrette a rubare per vivere, i bambini sono tornati a scuola e non hanno più avuto bisogno di raccattare l’immondizia perché avevano il supporto della madre.
Ricordo una donna che aveva delle galline ma non riusciva a vendere le uova a causa dell’aumento della concorrenza. L’abbiamo sostenuta proponendole un’attività di preparazione di dolci e pane… e così abbiamo iniziato a fare interventi di microcredito. Da lì siamo arrivati a 65.000 prestiti…
Perché Pangea ha un presidente maschio? Non saprò mai come le donne vivono la loro quotidianità nell’affrontare l’uscita di casa, un percorso lavorativo o di studi.
Non saprò mai cosa significa avere lo sguardo addosso che ti giudica, che critica, che ti insinua, che ti vuole, ma poiché ne sono consapevole, non posso restare fuori da queste cose. Devo fare in modo che non accada più, perché è una violazione dei diritti umani. Banalmente non è giusto e quindi posso e devo fare la mia parte.

Con la pandemia sono aumentati i casi di violenza di genere? Com’è cambiata la situazione negli ultimi due anni?

Attualmente il dato costante è altissimo ma sommerso. Se non avessimo detto che la violenza domestica era aumentata del 75% durante la pandemia, non si sarebbe saputo che c’era un’emergenza. Le donne erano come in prigione, non potevano allontanarsi fisicamente dal carnefice, né scappare o chiedere aiuto a un centro antiviolenza. È stato veramente orribile anche per i bambini che erano lì e assistevano alla violenza sulla madre mentre veniva picchiata, stuprata o uccisa. Era un allarme rosso che andava segnalato per affrontarlo con decisione e velocità.
Durante la pandemia la Fondazione Pangea ha attivato la modalità di approccio via WhatsApp, che le donne tendenzialmente prediligono poiché c’è un grande imbarazzo a mostrarsi e a parlare direttamente con un’operatrice. La violenza subita ti fa sentire sporca, sbagliata, malata, tanto che la tendenza è cercare subito uno psicologo… perché sei tu che devi curarti, devi guarire… “E poi a quel poverino di mio marito che cosa gli fanno, lo mandano in prigione?”, “Che cosa diranno i miei vicini di casa? Che cosa diranno a scuola i miei figli?”, “Ho sbagliato io, che cosa ho fatto? Quel che è successo è colpa mia”…
È molto difficile decidere di denunciare.

Con i fondi 8x1000 l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai ha finanziato per la seconda volta il progetto REAMA che sviluppa interventi di protezione a 360 gradi sulle donne vittime di violenza e i loro figli. Qual è l’obiettivo del progetto?

Pangea vuole disinnescare le dinamiche che causano la violenza. La Soka Gakkai è portatrice di pace e insieme a voi abbiamo una volontà comune che non è solo il contrasto alla violenza contro le donne, ma è costruire un mondo di pace partendo da tematiche pregnanti della nostra società. La volontà, l’obiettivo è risolvere la violenza, non solo affrontarla.
La violenza è un fattore culturale ma la società lo relega alla vita di coppia, alla famiglia. Infatti viene chiamata “violenza domestica”.
Questa violazione dei diritti umani colpisce un’intera parte del genere umano che viene perseguitata, picchiata, uccisa o discriminata solo perché facente parte di quel genere. È terribile!
Accade in tutti i Paesi del mondo, compresa l’Italia, in maniera più o meno sottile, strutturata o sistematica, e in alcune parti del mondo è addirittura legalizzata. Quando le donne arrivano nei nostri centri vogliono proteggere i loro figli dicendo che li amano ma non sanno come si fa ad amare, perché l’amore dal quale sono passate non era amore, era segregazione e umiliazione.
Le ascoltiamo e cerchiamo il modo per aiutarle ad uscire da quella repressione e a ritrovare la loro forza. Riusciamo a fornire i migliori avvocati e le migliori assistenti sociali, anche perché i loro mariti si appoggiano agli avvocati migliori. Quindi c’è l’assistenza legale, l’accompagnamento alla vita, il reinserimento lavorativo e abitativo…
Un altro aspetto è l’inclusione all’amore per i bambini che hanno assistito alla violenza. Facciamo in modo che ritrovino la vicinanza con la mamma. Spesso la madre dice: “Non me ne vado di casa perché è meglio un padre così, che non averlo”. Che equivoco spaventoso!
L’indicatore di successo è sapere che quei ragazzini non replicheranno a loro volta la violenza a cui hanno assistito, e allora avremo meno violenza.

Cosa consiglierebbe a una donna che sta subendo violenza, oppure a una persona che è molto vicina alla vittima ed è testimone di questi atti? E come aiutare invece una persona che sta compiendo atti di violenza?

Il mio consiglio a una donna che subisce violenza è di non rivolgersi unicamente a persone vicine come l’amica che ti dà un consiglio o alla vicina di casa che si improvvisa psicologa…
È importante rivolgersi subito a un buon centro antiviolenza.
Nel sito del progetto Reama (reamanetwork.org) c’è il numero di telefono dello Sportello antiviolenza a cui le donne possono rivolgersi.
La violenza di genere non è un “problema domestico” che non ci riguarda, è un problema relativo a un sistema culturale che in qualche modo incolpa le donne del male che subiscono.
La vittima deve chiamare le forze dell’ordine? Assolutamente sì. Se non se la sente, chiama un centro REAMA e saremo noi a chiamarle. Lo stesso vale per una persona che è testimone di questi atti, deve chiamare il 113 perché, ripeto: non è un problema domestico.
Nella Convenzione di Istanbul sono citati anche gli uomini maltrattanti. Come scelta professionale noi non lavoriamo con loro. Il mio consiglio a una persona che sta compiendo atti di violenza di genere è che si rivolga al più presto a un centro, in Italia ne stanno nascendo tanti dedicati ai maltrattanti.

C’è una testimonianza significativa che vuole condividere nell’ambito del progetto REAMA?

Vorrei condividere la storia di Sabrina, arrivata a Pangea in una condizione disperata, con un altissimo rischio di essere uccisa e con tre bambini piccoli a carico.
Le donne quando arrivano non hanno neanche la biancheria intima, perché quando decidono di scappare lo fanno senza portar via nulla.
Grazie al progetto REAMA finanziato con i fondi 8x1000 della Soka Gakkai, possiamo comprare tutto ciò che serve. La gente ci chiede di poter donare delle cose ma per noi è importante non togliere loro la dignità di mettersi una maglietta nuova.
La persona che fugge deve ritrovare la sua dignità. Sabrina l’ha fatto con noi, siamo andati subito insieme a fare denuncia. Ha avuto due avvocate bravissime con cui ha affrontato un processo alla grande. Quell’uomo è stato incarcerato, e lei ha avuto l’affidamento esclusivo dei figli.
L’accompagnamento è stato graduale, è rimasta da noi quasi un anno, e quando si è sentita pronta si è emancipata. Adesso Sabrina ha la sua casa e anche il fatto di restituire i soldi prestati inizialmente per l’affitto, è un atto che le restituisce dignità.
Con il progetto REAMA quest’anno abbiamo l’obiettivo di aumentare i centri antiviolenza nella rete nazionale (attualmente sono quaranta circa) .
Noi viviamo di raccolta fondi e se quest’anno non avessimo avuto i finanziamenti della Soka Gakkai forse avremmo chiuso il progetto… qualcosa ci sta dicendo che un mondo di pace si può costruire.
Il sorriso delle donne è la nostra vittoria.

• • •

REAMA

Data di avvio: 25 ottobre 2022
Durata: 12 mesi
Realizzato da: Fondazione Pangea

In corso - Diritti umani

Il nuovo progetto — sostenuto grazie ai fondi 2022 — si concentra su percorsi di empowerment delle donne che subiscono violenza di genere e dei loro figli, facilitando il loro inserimento lavorativo e abitativo e sostenendoli nel percorso di rielaborazione del trauma

Obiettivi
Garantire un’azione di protezione delle donne vittime di violenza e una loro presa in carico su misura a livello nazionale, grazie a uno sportello online antiviolenza (che include anche l’aspetto della violenza economico-finanziaria).
Proteggere le donne a rischio di vita e i loro eventuali figli in una casa rifugio situata nella regione Lazio, con accoglienza di donne provenienti da tutta Italia inviate dalla rete REAMA.

©ilnuovorinascimento.org – diritti riservati, riproduzione riservata