In queste pagine pubblichiamo un’intervista sul progetto realizzato con ACRA, finanziato con i fondi 8x1000 relativi al 2020. Ha risposto alle nostre domande Sara Marazzini, responsabile dei progetti ACRA in Italia e in Europa. Con lei abbiamo approfondito alcuni aspetti di questo progetto di sensibilizzazione riguardo l’educazione, il cambiamento climatico e la cittadinanza globale
In cosa consiste il progetto finanziato dai fondi 8X1000 dell’IBISG “Climate Change? Claim the Change!”?
Il progetto Climate Change? Claim the Change! – i cui corsi rivolti a docenti sono accreditati presso il MIUR – ha come obiettivo generale l’educazione alla cittadinanza globale, intesa come empowerment dei singoli individui e del ruolo attivo di questi nel proprio territorio, con particolare riferimento ai comportamenti che possono contrastare la crisi climatica e ambientale.
Le azioni del progetto sono principalmente due:
Il progetto si sviluppa su tutto il territorio nazionale e, in particolare per quanto riguarda le attività in presenza, in otto regioni italiane: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto.
ACRA ha una presenza storica su Lombardia ed Emilia Romagna, e grazie al finanziamento del progetto con l’8x1000 dell’IBISG ha potuto estendere il raggio di azione ad altre regioni.
La possibilità di lavorare su interventi in territori nuovi per oltre un anno è una grande occasione ed è molto importante lavorare in più contesti (non solo in ambito scolastico). Con il finanziamento dei fondi 8X1000 dell’IBISG, infatti, abbiamo potuto sostenere anche le iniziative extrascolastiche dei giovani e mettere a sistema delle sperimentazioni fatte in passato in forma più ridotta.
In che modo e con quali metodologie coinvolgete i ragazzi e le ragazze su tematiche così globali?
Le metodologie che utilizziamo sono di tipo cooperativo e partecipativo. Tutti gli interventi di ACRA, sia in ambito scolastico che di educazione non formale dei giovani, mettono sempre al centro i partecipanti, non sono frontali o trasmissivi ma partono da cosa sanno già i ragazzi e le ragazze, sia a livello di informazione sia a livello di valori e attitudini.
Nelle regioni di intervento di questo progetto sperimentiamo metodologie differenti: in alcuni contesti lavoriamo con la rappresentazione teatrale o, in base al profilo dei colleghi, con l’outdoor training, con l’apprendimento esperienziale, con l’immergersi nelle situazioni che facciano sperimentare le problematiche ambientali in prima persona, per poi passare alla presa di coscienza e alla mobilitazione.
Tutto è improntato a rendere i/le partecipanti giovani cittadini/e attivi/e. Giochiamo spesso su diversi linguaggi e livelli di comunicazione, come la produzione di prodotti audio video oppure fotografici, non per avere un prodotto fine a se stesso, ma per veicolare dei messaggi anche, e soprattutto, al di fuori degli interventi formativi. Si utilizza molto la narrazione, infatti abbiamo creato delle carte “inventa storie” sulla sostenibilità e la crisi climatica, un set di carte di eroi ambientali, per riflettere su esempi di attivisti e attiviste ambientali che hanno generato un cambiamento nel proprio contesto.
I giovani con i quali entrate in contatto come vivono la sfida ambientale e come recepiscono i temi dell’agenda 2030?
Nel progetto lavoriamo tendenzialmente con laboratori indirizzati a due macro tipologie di giovani: alcuni rivolti ad ambienti scolastici e altri a gruppi giovanili (gruppi scout e centri di aggregazione giovanile). La sensibilità verso i problemi ambientali è molto varia.
Coloro che sono già impegnati rispetto alla crisi ambientale, come succede in alcune associazioni giovanili, hanno molto chiara l’urgenza della crisi climatica, la mancanza di tempo che l’umanità ha nell’agire sulle tematiche ambientali e il ruolo che ciascuno può giocare come individuo attraverso il cambiamento delle proprie abitudini e come cittadino, chiedendo cambiamenti alle istituzioni.
Quando si parla di ambienti dove più o meno specificatamente si trattano queste tematiche, il lavoro dipende dall’impostazione che è stata data ai ragazzi e alle ragazze: ci sono gruppi molto sensibili che partono da una consapevolezza avanzata e ci chiedono di acquisire più fiducia e strumenti. Un rischio dell’attivismo ambientale, infatti, è quello di sentirsi impotenti e percepire le problematiche come insormontabili. In questo caso il lavoro che si fa è il racconto di storie di successo e l’esame di cambiamenti che ci sono stati in tempi recenti e che possono esserci grazie all’azione individuale e collettiva.
Quando, invece, si lavora in contesti molto lontani dalle tematiche dell’Agenda2030 e dei cambiamenti climatici, si inizia analizzando ciò che non è sostenibile nel nostro stile di vita, a partire dalla realtà che ci circonda, da ciò che è più comprensibile per i giovani: buone pratiche, piccoli passi che costruiamo insieme a loro.
Le modalità in cui si attua il progetto, quindi, si esplicano in maniera diversa in base a chi avete davanti?
I laboratori hanno format diversi a seconda dell’età target (da scuole primarie a secondarie di primo e secondo grado) e nelle diverse regioni di intervento ciascuno dei formatori che implementano le attività ha delle modalità di azione diverse: linguaggio teatrale, outdoor training, lavoro su sostenibilità ambientale legata ad esempio all’orticoltura, agli orti urbani ecc… quindi si varia a seconda del contesto e delle collaborazioni locali che si riescono ad attivare (ad esempio con dei festival che massimizzano la visibilità del progetto).
Di solito a chi parte da una certa consapevolezza del problema proponiamo di partecipare a quella che chiamiamo “sfida ambientale”, che consiste in un’azione di progetto, una sorta di bando per finanziare delle iniziative sostenibili, delle attività a carattere ambientale portate avanti dai giovani stessi (associazioni giovanili, centri giovanili, gruppi informali).
L’idea non è quella di implementare delle attività ma piuttosto di dare direttamente ai ragazzi e alle ragazze l’opportunità di realizzare delle azioni concrete nel loro territorio con un supporto anche economico da parte del progetto.
Il progetto parte da una raccolta dei bisogni dei docenti nella fase appena successiva alla didattica a distanza e alla fase più penalizzante della pandemia. Che quadro emerge sul mondo della scuola dopo questi due anni, e in che modo il progetto mira a un ripensamento in chiave partecipativa del mondo della scuola?
In generale abbiamo trovato una gran voglia di tornare in presenza in tutti i contesti dove lavoravamo. Le nostre metodologie trovano un forte apprezzamento, perché basate su cooperazione e lavori di gruppo, molto importanti nel post lockdown e in un quadro come quello della scuola italiana attuale in cui le necessarie regole di distanziamento fisico e periodiche chiusure per motivi sanitari pongono sfide inedite alla dimensione relazionale ed emotiva dei giovani.
Nella scuola si sente molto il bisogno di introdurre metodologie di partecipazione, ma anche uno sguardo costruttivo capace di incoraggiare il cambiamento e far credere ai ragazzi che questo sia possibile. È difficile per i giovani vivere in un’epoca pandemica, i cambiamenti climatici sono un enorme problema, difficile da affrontare… quindi stimolare un pensiero capace di futuro è una cosa che la scuola, così come gli ambiti di educazione informali, condividono con noi.
In tutti i nostri interventi e progetti cerchiamo di portare l’attenzione alla dimensione collettiva, all’agire collettivo. In primis considerare le scuole e i centri formativi come luoghi che devono e possono diventare sostenibili, come strutture, comunità in cui si può generare direttamente il cambiamento.
Inoltre cerchiamo di lavorare sulle competenze di cittadinanza attiva affinché dal micro, tramite le istituzioni a loro vicine, siano poi capaci di portare avanti delle rivendicazioni e orientare la collettività verso una nuova consapevolezza.
Acquisire questi strumenti di democrazia è la chiave per superare lo scoraggiamento e il rischio dell’inazione, della sfiducia.
Cos’è più in generale per ACRA l’educazione alla cittadinanza globale e in che modo può essere una risposta alla formazione delle nuove generazioni?
Attraverso i nostri progetti stiamo cercando di passare il messaggio che siamo tutti in una casa comune e i nostri comportamenti hanno un costo e una conseguenza che ricadono su tutti noi. L’ambiente è di tutti e di ciascuno. Anche quando le persone sono meno propense a modificare i propri stili di vita, bisogna favorire il cambiamento di percezione da “inquinare è figo” a “inquinare è poco furbo”. Cerchiamo di evidenziare i costi invisibili che ricadono su tutti noi.
Inoltre introduciamo uno sguardo globale sulle tematiche cercando di connettere le azioni locali a delle sfide internazionali o planetarie: non è semplice ma il nostro obiettivo è far comprendere come ogni nostra scelta qui e ora ha una relazione diretta con tutto quello che accade altrove, su dinamiche ambientali, migrazioni... Con i nostri interventi vogliamo favorire un senso di comunità che vada oltre i confini e riconosca una comune appartenenza a una casa comune.
Nell’ambito del progetto ACRA ha lanciato un contest audiovisivo con il Festival del Cinema di Orvieto rivolto ai ragazzi delle scuole superiori. In cosa consiste?
A dicembre 2021 è stato lanciato un contest per la realizzazione di opere audiovisive sui temi della sostenibilità ambientale e crisi climatica, diviso in tre sezioni in base alla fascia di età (11-14, 15-19, under 25). È possibile accedere sia con candidature di gruppo (scuole, ambienti non formali), sia nella terza categoria anche come singoli (video maker, iscritti a scuole di cinema…, e chiunque abbia già competenze sul linguaggio della comunicazione).
È prevista la premiazione a settembre all’Orvieto Cinema Fest, che ha ideato l’iniziativa con ACRA.
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Come si articola il progetto
Obiettivi
Attività
Impatto
Beneficiari diretti
Beneficiari indiretti
In cosa consiste il progetto finanziato dai fondi 8X1000 dell’IBISG “Climate Change? Claim the Change!”?
Il progetto Climate Change? Claim the Change! – i cui corsi rivolti a docenti sono accreditati presso il MIUR – ha come obiettivo generale l’educazione alla cittadinanza globale, intesa come empowerment dei singoli individui e del ruolo attivo di questi nel proprio territorio, con particolare riferimento ai comportamenti che possono contrastare la crisi climatica e ambientale.
Le azioni del progetto sono principalmente due:
- Supporto alle attività didattiche in presenza in otto regioni (almeno duemila beneficiari diretti), nello specifico in Emilia Romagna (Piacenza), Friuli Venezia Giulia (Pordenone), Lazio (Roma), Lombardia (Milano e provincia, provincia di Monza e Brianza), Marche, Toscana, Umbria e Veneto.
- Formazione online di docenti in tutta Italia (almeno cento beneficiari diretti), con interventi mirati sulla base delle maggiori difficoltà espresse a livello locale.
Il progetto si sviluppa su tutto il territorio nazionale e, in particolare per quanto riguarda le attività in presenza, in otto regioni italiane: Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Toscana, Umbria e Veneto.
ACRA ha una presenza storica su Lombardia ed Emilia Romagna, e grazie al finanziamento del progetto con l’8x1000 dell’IBISG ha potuto estendere il raggio di azione ad altre regioni.
La possibilità di lavorare su interventi in territori nuovi per oltre un anno è una grande occasione ed è molto importante lavorare in più contesti (non solo in ambito scolastico). Con il finanziamento dei fondi 8X1000 dell’IBISG, infatti, abbiamo potuto sostenere anche le iniziative extrascolastiche dei giovani e mettere a sistema delle sperimentazioni fatte in passato in forma più ridotta.
In che modo e con quali metodologie coinvolgete i ragazzi e le ragazze su tematiche così globali?
Le metodologie che utilizziamo sono di tipo cooperativo e partecipativo. Tutti gli interventi di ACRA, sia in ambito scolastico che di educazione non formale dei giovani, mettono sempre al centro i partecipanti, non sono frontali o trasmissivi ma partono da cosa sanno già i ragazzi e le ragazze, sia a livello di informazione sia a livello di valori e attitudini.
Nelle regioni di intervento di questo progetto sperimentiamo metodologie differenti: in alcuni contesti lavoriamo con la rappresentazione teatrale o, in base al profilo dei colleghi, con l’outdoor training, con l’apprendimento esperienziale, con l’immergersi nelle situazioni che facciano sperimentare le problematiche ambientali in prima persona, per poi passare alla presa di coscienza e alla mobilitazione.
Tutto è improntato a rendere i/le partecipanti giovani cittadini/e attivi/e. Giochiamo spesso su diversi linguaggi e livelli di comunicazione, come la produzione di prodotti audio video oppure fotografici, non per avere un prodotto fine a se stesso, ma per veicolare dei messaggi anche, e soprattutto, al di fuori degli interventi formativi. Si utilizza molto la narrazione, infatti abbiamo creato delle carte “inventa storie” sulla sostenibilità e la crisi climatica, un set di carte di eroi ambientali, per riflettere su esempi di attivisti e attiviste ambientali che hanno generato un cambiamento nel proprio contesto.
I giovani con i quali entrate in contatto come vivono la sfida ambientale e come recepiscono i temi dell’agenda 2030?
Nel progetto lavoriamo tendenzialmente con laboratori indirizzati a due macro tipologie di giovani: alcuni rivolti ad ambienti scolastici e altri a gruppi giovanili (gruppi scout e centri di aggregazione giovanile). La sensibilità verso i problemi ambientali è molto varia.
Coloro che sono già impegnati rispetto alla crisi ambientale, come succede in alcune associazioni giovanili, hanno molto chiara l’urgenza della crisi climatica, la mancanza di tempo che l’umanità ha nell’agire sulle tematiche ambientali e il ruolo che ciascuno può giocare come individuo attraverso il cambiamento delle proprie abitudini e come cittadino, chiedendo cambiamenti alle istituzioni.
Quando si parla di ambienti dove più o meno specificatamente si trattano queste tematiche, il lavoro dipende dall’impostazione che è stata data ai ragazzi e alle ragazze: ci sono gruppi molto sensibili che partono da una consapevolezza avanzata e ci chiedono di acquisire più fiducia e strumenti. Un rischio dell’attivismo ambientale, infatti, è quello di sentirsi impotenti e percepire le problematiche come insormontabili. In questo caso il lavoro che si fa è il racconto di storie di successo e l’esame di cambiamenti che ci sono stati in tempi recenti e che possono esserci grazie all’azione individuale e collettiva.
Quando, invece, si lavora in contesti molto lontani dalle tematiche dell’Agenda2030 e dei cambiamenti climatici, si inizia analizzando ciò che non è sostenibile nel nostro stile di vita, a partire dalla realtà che ci circonda, da ciò che è più comprensibile per i giovani: buone pratiche, piccoli passi che costruiamo insieme a loro.
Le modalità in cui si attua il progetto, quindi, si esplicano in maniera diversa in base a chi avete davanti?
I laboratori hanno format diversi a seconda dell’età target (da scuole primarie a secondarie di primo e secondo grado) e nelle diverse regioni di intervento ciascuno dei formatori che implementano le attività ha delle modalità di azione diverse: linguaggio teatrale, outdoor training, lavoro su sostenibilità ambientale legata ad esempio all’orticoltura, agli orti urbani ecc… quindi si varia a seconda del contesto e delle collaborazioni locali che si riescono ad attivare (ad esempio con dei festival che massimizzano la visibilità del progetto).
Di solito a chi parte da una certa consapevolezza del problema proponiamo di partecipare a quella che chiamiamo “sfida ambientale”, che consiste in un’azione di progetto, una sorta di bando per finanziare delle iniziative sostenibili, delle attività a carattere ambientale portate avanti dai giovani stessi (associazioni giovanili, centri giovanili, gruppi informali).
L’idea non è quella di implementare delle attività ma piuttosto di dare direttamente ai ragazzi e alle ragazze l’opportunità di realizzare delle azioni concrete nel loro territorio con un supporto anche economico da parte del progetto.
Il progetto parte da una raccolta dei bisogni dei docenti nella fase appena successiva alla didattica a distanza e alla fase più penalizzante della pandemia. Che quadro emerge sul mondo della scuola dopo questi due anni, e in che modo il progetto mira a un ripensamento in chiave partecipativa del mondo della scuola?
In generale abbiamo trovato una gran voglia di tornare in presenza in tutti i contesti dove lavoravamo. Le nostre metodologie trovano un forte apprezzamento, perché basate su cooperazione e lavori di gruppo, molto importanti nel post lockdown e in un quadro come quello della scuola italiana attuale in cui le necessarie regole di distanziamento fisico e periodiche chiusure per motivi sanitari pongono sfide inedite alla dimensione relazionale ed emotiva dei giovani.
Nella scuola si sente molto il bisogno di introdurre metodologie di partecipazione, ma anche uno sguardo costruttivo capace di incoraggiare il cambiamento e far credere ai ragazzi che questo sia possibile. È difficile per i giovani vivere in un’epoca pandemica, i cambiamenti climatici sono un enorme problema, difficile da affrontare… quindi stimolare un pensiero capace di futuro è una cosa che la scuola, così come gli ambiti di educazione informali, condividono con noi.
In tutti i nostri interventi e progetti cerchiamo di portare l’attenzione alla dimensione collettiva, all’agire collettivo. In primis considerare le scuole e i centri formativi come luoghi che devono e possono diventare sostenibili, come strutture, comunità in cui si può generare direttamente il cambiamento.
Inoltre cerchiamo di lavorare sulle competenze di cittadinanza attiva affinché dal micro, tramite le istituzioni a loro vicine, siano poi capaci di portare avanti delle rivendicazioni e orientare la collettività verso una nuova consapevolezza.
Acquisire questi strumenti di democrazia è la chiave per superare lo scoraggiamento e il rischio dell’inazione, della sfiducia.
Cos’è più in generale per ACRA l’educazione alla cittadinanza globale e in che modo può essere una risposta alla formazione delle nuove generazioni?
Attraverso i nostri progetti stiamo cercando di passare il messaggio che siamo tutti in una casa comune e i nostri comportamenti hanno un costo e una conseguenza che ricadono su tutti noi. L’ambiente è di tutti e di ciascuno. Anche quando le persone sono meno propense a modificare i propri stili di vita, bisogna favorire il cambiamento di percezione da “inquinare è figo” a “inquinare è poco furbo”. Cerchiamo di evidenziare i costi invisibili che ricadono su tutti noi.
Inoltre introduciamo uno sguardo globale sulle tematiche cercando di connettere le azioni locali a delle sfide internazionali o planetarie: non è semplice ma il nostro obiettivo è far comprendere come ogni nostra scelta qui e ora ha una relazione diretta con tutto quello che accade altrove, su dinamiche ambientali, migrazioni... Con i nostri interventi vogliamo favorire un senso di comunità che vada oltre i confini e riconosca una comune appartenenza a una casa comune.
Nell’ambito del progetto ACRA ha lanciato un contest audiovisivo con il Festival del Cinema di Orvieto rivolto ai ragazzi delle scuole superiori. In cosa consiste?
A dicembre 2021 è stato lanciato un contest per la realizzazione di opere audiovisive sui temi della sostenibilità ambientale e crisi climatica, diviso in tre sezioni in base alla fascia di età (11-14, 15-19, under 25). È possibile accedere sia con candidature di gruppo (scuole, ambienti non formali), sia nella terza categoria anche come singoli (video maker, iscritti a scuole di cinema…, e chiunque abbia già competenze sul linguaggio della comunicazione).
È prevista la premiazione a settembre all’Orvieto Cinema Fest, che ha ideato l’iniziativa con ACRA.
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Come si articola il progetto
Obiettivi
- Aumentare la consapevolezza dei giovani (bambini e ragazzi) sui comportamenti individuali e collettivi utili a contrastare il cambiamento climatico.
- Rafforzare le competenze dei docenti coinvolti nell’affrontare le tematiche ambientali con i propri studenti.
- Offrire strumenti innovativi e metodologie partecipative volte a innovare e migliorare la didattica in fase post-emergenza Covid-19.
- Promuovere la partecipazione e il coinvolgimento dei giovani nella lotta al cambiamento climatico potenziando esperienze positive di gruppo.
Attività
- 4 corsi per docenti di scuole primarie e secondarie in modalità mista (presenza e online).
- 80 workshop per studenti delle scuole primarie, secondarie di primo e secondo grado.
- Produzione di un kit sui cambiamenti climatici per insegnanti.
- Campus residenziale per 50 giovani attivisti.
- Lancio di una “sfida ambientale” per la co-progettazione con i giovani attivisti sul territorio italiano.
- Misurazione dell’impatto dell’intervento.
Impatto
Beneficiari diretti
- 100 docenti formati
- 2.000 studenti (6-19 anni)
- 50 giovani (18-30 anni)
Beneficiari indiretti
- 500 docenti
- 1.000 studenti (6-19 anni)
- 500 giovani (18-30 anni)
- 2.000 famiglie